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ONDA&FUORIONDA

Lettera aperta di Pino Farinotti a Giuseppe Tornatore.
di Pino Farinotti

In foto una scena del film.
Geoffrey Rush (73 anni) 6 luglio 1951, Toowoomba (Australia) - Cancro. Interpreta Virgil Oldman nel film di Giuseppe Tornatore La migliore offerta.

domenica 6 gennaio 2013 - Focus

Caro Tornatore. Le scrivo da critico e da romanziere.
Ho visto la sua La migliore offerta, e credo davvero che sia la migliore, da quando lei è Giuseppe Tornatore. Rilevo il profilo del racconto, di alta estetica, elegante, non autoctono, buono per il mondo. E rilevo la sua presa di distanza dall'"italianità" corrente, coi suoi codici monocordi, poveri e depressi, e anche dal suo precedente percorso artistico. E mi riferisco ai suoi film recenti: La sconosciuta, l'immancabile vicenda socialmente "corretta", della straniera approdata da noi, e poi all'enfasi di Baarìa che finiva per sovrastarne i contenuti.
Tutti, me compreso, le hanno sempre riconosciuto una padronanza dello stile, del linguaggio e del mezzo, molto alta. Parlo di linguaggio cinematografico naturalmente. Lei è un cineasta dotato, il dato è certo, appunto. In questo suo ultimo film è chiara, lo ribadisco, un'evoluzione importante. Il personaggio Virgil Oldman è davvero nella mani migliori, quelle di Geoffrey Rush, grande attore riconosciuto, ma dal quale lei ha ottenuto persino qualcosa in più. Non era facile. Oldman è un modello molto ricco, in quel suo stile di eleganza sorpassata ma credibile, coi suoi alti e bassi di umore e di reazioni. In lui c'è persino della buona letteratura. E questo, lo rileverà più avanti nella lettera, da parte mia è un riconoscimento importante. Il grande banditore collezionista che porta i guanti per non toccare il mondo; le aste dove si battono opere per milioni di sterline; l'antica magione abbandonata piena di tesori e di storia; il complesso artificio degli ingranaggi che formano il robot; il vecchio amico-complice fedele, e poi la grande stanza-museo, dove Oldman ha raccolto i suoi tesori personali, che sono la sua ragione di vita; e naturalmente Claire, la ragazza misteriosa e angosciante che non si fa mai vedere, che porta Oldman, così sicuro di sé, uomo abituato e vedere gli altri girargli intorno, a capovolgere la sua prospettiva di vita, e poi la vita: tutti elementi di partenza pieni di promesse.
E poi, il "cinema". Mi rifaccio a un paio di citazioni, che vengono da modelli accreditati, magari nobili. Comincio con Morricone, grande maestro e sempre tutore dei registi. Il musicista spesso ha completato l'intenzione dell'autore, a volte l'ha persino migliorata. I suoi fraseggi hanno sostenuto e rilanciato le sequenze, ne diventavano non parte integrante, ma sequenza a sua volta. Nel suo film Morricone aggiusta il tema secondo i momenti naturalmente, e nella fase in cui Oldman "insegue" Claire, la tensione sospesa della musica è quella di Bernard Herrmann, il grande compositore di Hitchcock. Nella ricerca di Oldman c'è davvero molto di James Stewart che pedina Kim Novak in La donna che visse due volte, magari fra i dipinti di un museo. Con la suggestione d'angoscia dettata dal sottofondo di Herrmann -e di Morricone-, come l'indicazione di qualcosa che ti tiene per la gola e che non finirà bene. Un altro riferimento, palese, è Hugo Cabret, con quegli ingranaggi e l'automa. E qui mi fermo. Ma le citazioni, se fatte con stile, e lei le fa con stile, sono riconoscimenti di nobiltà che aggiungono, non tolgono.
Dunque: ottimo soggetto e base per una promessa davvero importante. Che lei ha mantenuto, ma fino a un certo punto.
E qui devo cambiare registro. Oldman entra nella sua stanza-museo, il cuore della sua esistenza e la trova vuota. È stato derubato, soprattutto è stato truffato della sua vita e tradito da tutti. Da quel momento le misure della storia vengono smarrite. Lei cerca spiegazioni del finale, anzi dei finali. Continua ad aggiungere episodio su episodio senza mai arrivare alla conclusione decisiva, alla soluzione indiscutibile. Succede perché da quel momento manca una scrittura adeguata. Come cineasta lei ha l'attitudine a mettere, a comprimere, aggiungere continuamente. Sentimento su sentimento, simbolo su simbolo, in una spirale che gira e gira senza risolversi. Lei ha scritto il film completamente, soggetto, sceneggiatura, dialoghi. Se avesse avuto accanto uno scrittore vero -con la cultura pura della scrittura- le avrebbe certo giovato. Lo scrittore le avrebbe spiegato che l'efficacia drammaturgica, in questa epoca, deriva dal togliere, non dal caricare. Certo con quell'architettura di racconto non era semplice trovare una sintesi univoca del finale. Ma... faccio un nome, un Cerami, l'avrebbe trovata. E forse le avrebbe anche suggerito qualche aggiustamento sui dialoghi, magari quelli fra Rush e Sutherland, a volte didascalici e di maniera, ma è un piccolo dettaglio. E l'armonia che lei aveva raggiunto fino a venti minuti dalla fine sarebbe stata completata. Le sarebbe stata indicato che la soluzione della nanetta "lynchiana" è certo cinematografica, ma sproporzionata, un troppo evidente coniglio dal cappello. Il cinema, per sua natura, riesce spesso a far prevalere la suggestione, l'effetto, il trucco sulla sostanza. Ma quando si tratta di grande cinema allora l'autore ha il dovere di privilegiare la sostanza e il rigore, rispetto al "trucco". E nel suo film c'è andato vicino. Certo, ribadisco, lei è un artista giustamente affermato. Se qualcuno le dice "fai attenzione, stai prendendo una strada sbagliata" lei può rispondere "io ho vinto l'Oscar, dunque lasciatemi in pace, so cosa devo fare". Ma non è così. Può fare di meglio. Ci sono autori, sappiamo, di sangue nobile, il più nobile, che erano felici di "migliorarsi" ricorrendo a scrittori veri. De Sica aveva, fra gli altri, Zavattini, Fellini Flaiano e Guerra, Visconti Suso Cecchi d'Amico e persino Tennessee Williams e Paul Bowles, Monicelli si affidava ad Age e Scarpelli, Risi a Sonego, Benigni -che certo sa anche scrivere- si divide con... Vincenzo Cerami. Appunto.
Se in futuro lei deciderà di affidarsi a scrittori sicuri, sono certo che riuscirà a firmare un'opera all'altezza di quelle dei nomi appena detti. Il resto, il "cinema" lei già lo tiene in pugno.

Con stima,
Pino Farinotti

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