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ONDA&FUORIONDA

Marlon e Mario: eroi diversi.
di Pino Farinotti

Marlon Brando 2 aprile 1924, Omaha (Nebraska - USA) - 2 Luglio 2004, Los Angeles (California - USA).

domenica 20 ottobre 2013 - Focus

Marlon Brando e Mario Balotelli: cos'hanno in comune? Niente naturalmente, salvo il lemma del titolo, "eroi". Un altro termine che definisce il concetto che sta per seguire è "franchigia". Brando è stato il divo assoluto di una disciplina, il cinema, che ha assunto, nel tempo, un'importanza abnorme. Dunque è un protagonista, anzi, "il" protagonista. Era fisicamente il cinema, stava al cinema come l'idrogeno sta all'acqua. La gente, uomini e donne, impazzivano per lui. Era un portatore del massimo incanto, un legislatore, il firmatario di un codice che varrà per sempre. E, come spesso, anzi, quasi sempre accade , era un talentoso&matto&maledetto. Tutto questo gli ha permesso di ottenere una franchigia, se l'è guadagnata. Significa che era al di sopra di qualsiasi regola, ma che tutto gli perdonavi. Quando fece "Il Bounty", a Tahiti, si innamorò della partner locale, Tarita, scomparve dal set, costosissimo, per un paio di settimane. Ebbene lo attesero. Fece impazzire Pontecorvo in Queimada, tanto che il regista pensò di non firmare il film. Anche Bertolucci, in "Ultimo tango" dovette sottostare alle intenzioni di Brando, peraltro giuste, e ne uscì a pezzi. Ma... lui era Brando. Quello che aveva fatto comprare le moto, e indossare il "chiodo" ai giovani del mondo, dopo Fronte del porto. Quello che facendo Antonio nel Giulio Cesare di Shakespeare, aveva dato lezione di recitazione ai maestri inglesi shakespeariani. Certo la sua vita privata era un disastro, famiglie dovunque, abbandoni, persino una morte violenta nell'ambito famigliare. Chi aveva a che fare con lui ne usciva distrutto. Ma... era Brando, il semidio, il Primo. Valeva il suo incanto, valeva il modello artistico e pubblico. Una così era la Callas, altra divinità, la voce "come non ce n'era mai stata una e come non ce ne sarebbe mai più stata un'altra". Si faceva attendere delle ore negli intervalli fra gli atti. Ma l'aspettavi... era la Callas. Due modelli fra i molti, ma non moltissimi.

Domina
In queste ore domina Maradona. La Gazzetta dello Sport venerdì intitolava, in copertina "Quanto entusiasmo per un eroe senza tempo". Trattasi di "Gazzetta" una -anzi "la"- piattaforma che fa testo. Tutti conosciamo il "privato" di Maradona: evasore fiscale, provocatore, distruttore di famiglie, cocainomane, carattere impossibile. Ma poi c'è il calciatore, c'è l'"eroe", appunto. Perché Diego è stato, nella sua epoca, e forse in tutte le epoche, l'imperatore, il Primo, il più grande di tutti. Lo è diventato coi fatti, titolo mondiale, scudetti, gol, arte calcistica generale e tutto il resto. E poi le parole: Maradona nei suoi concetti magari deborda per giudizi e provocazioni, ma sa quello che dice, non è banale, lo ascolti con piacere. Ed eccola la franchigia. Vale, come ho detto per Brando, il modello artistico e pubblico.

E poi c'è Balotelli. Inutile ricordarne il privato: incidenti grandi (non grandissimi), fesserie che vengono definite giovanili, una figlia mai vista e tutto il resto, sin troppo conosciuto, appunto. Personaggio non simpatico (Maradona lo è), si vede costruire attorno un monumento del quale farebbe volentieri a meno. Un idolo con una prerogativa singolare: non parla, meglio, non fa discorsi. Credo che nessuno abbia mai sentito, parlo di "pubblico" naturalmente, il calciatore bresciano comporre non solo un concetto, ma una frase compiuta. Forse è discrezione, forse auto protezione o semplicemente frasi e idee.. non ci sono. Ma c'è dell'altro, anomalo. Ogni volta che Balotelli scivola, diciamo così, l'incidente viene rilevato, irradiato, enfatizzato. La solita storia che conosciamo. Ma poi il risultato è che, incredibilmente, la scivolata porta materia al suo monumento che è un corpo unico, senza differenze fra cose buone e cattive. Il personaggio ci guadagna sempre. E tutto questo potrebbe anche starci se poi, sul fronte "artistico", ci fosse il giusto contrappasso. Che non c'è, perché Balotelli non è Brando e non è Maradona. È calciatore, meglio goleador, da quindici, più o meno, gol all'anno, di cui quasi la metà su rigore. Messi e Ronaldo ne segnano ottanta. Quelli sì, si accreditano come eroi, ci sono le opere a dimostrarlo. Quelli sono numeri uno, Mario da Brescia forse è un numero quindici, o venti. Ma in questa epoca, soprattutto del nostro Paese, occorre reperirlo qualche eroe, e allora si lavora su quello che il Paese offre, ci si accontenta. E il discorso potrebbe essere allargato a tutti i campi, dell'arte, della cultura, della politica. E così succede che il lavoro dei media debba essere ancora più faticoso e fantasioso, perché deve inventare cose che non ci sono.
È apprezzabile Balotelli quando, tirato in ballo per vicende troppo più grandi di lui, e forse troppo grandi per tutti, dice, lasciatemi in pace. Anche questa è un'anomalia, un eroe che non vuole esserlo.

Storia
Un po' di storia di eroi. Nello sport ne abbiamo avuti molti. Autentici. Peppino Meazza era quella che allora si definiva una testa calda. Qualche affinità col Mario. Ma vinse due titoli mondiali con la Nazionale, scudetti con l'Inter e segnò 265 gol in serie A. Ma c'è di più: nel 1938 al Duce servivano segnali di regime importanti per la Conferenza di Monaco, dove si sarebbe deciso il destino dell'Europa. Mussolini chiamò Meazza e gli ordinò di vincere il Mondiale, e lui lo vinse. Non è roba di tutti i giorni. "Regime" richiama un altro campione, Gino Bartali, che ebbe lo stesso ordine, nello stesso anno: "vinca il Tour, serve all'Italia e a me" disse il Duce. E Bartali lo vinse. E Mussolini assunse, in quel congresso, il ruolo di leader. Servì a poco, perché Hitler stava già preparando l'invasione dell'Austria. A Bartali toccò un altro ruolo oltre lo sport. È notorio: nel '48, nei giorni dell'attentato a Togliatti Gino stava ri-vincendo il Tour. L'opinione comune ne fu coinvolta e, una parte, si distrasse dalla tentazione dei disordini, o peggio, della violenza. Ma non è ancora finita. È di questi giorni la notizia di Bartali nominato "Giusto tra le nazioni". È assodato che durante la guerra rischiò la vita per salvare quella di centinaia di ebrei destinati ai campi di concentramento, trasportando documenti falsi nascosti nel telaio della bicicletta. Israele gli ha attribuito quell'attestato raro e magnifico. Un riconoscimento da gente seria, che sa dare il giusto peso alle cose. Dunque eroe assoluto, senza virgolette. Contemporaneo al toscano era un piemontese, Fausto Coppi, silenzioso e buono. Vincitore di tutte le corse, mito ed eroe eterno. L'atleta e il personaggio di sport più grande di tutti, con implicazioni importanti: vincendo dovunque in Europa, negli anni quaranta e cinquanta, riscattava gli italiani da una guerra brutta e persa. Anche per Fausto: via le virgolette. Salendo nel tempo gli eroi non ci sono mai mancati. Nino Benvenuti è stato campione olimpico a Roma e mondiale dei welter e dei medi. Tolse il titolo a Griffith, in casa sua, al Madison Square Garden, a New York. Se questo non è un eroe... Negli anni ha mantenuto charme e brillantezza. Agostini, motociclista, ha dominato nelle categorie, è primatista di titoli mondiali. E' uomo intelligente, sa raccontare e dare giudizi esatti. Rivera è stato un altro eroe, sul campo possedeva l'incanto dei predestinati, fuori dal campo era sempre leader, mai convenzionale, magari coraggioso. E' stato senatore, è tuttora uomo carismatico e ascoltato. Alberto Tomba era un altro che parlava poco - forse meglio così, per lui e per tutti- ma era un monarca che regnò sulla sci, vinse titoli olimpici e mondiali. Valentino Rossi è stato, fino a poco fa, un altro Primo. L'italiano del mondo. Quando parla senti il talento e la sua leadership generale. Tutti eroi con la personalità e coi fatti. Meritevoli di franchigia.
Chiudendo su Balotelli: certo è giovane e dicono che il tempo ci sarebbe, forse. Ma la qualità genetica, la grazia, non contemplano mutazioni. I nostri sciagurati media hanno costruito un piedistallo, abnorme e invasivo, detestato dallo stesso titolare. Un piedistallo sproporzionato che fa da base al...poco o niente, e imbarazzante, intorno al quale quasi tutti sono costretti a un gioco delle parti recitando battute che esprimono il contrario di quello che pensano.

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