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Religiolus, un documentario che spaventa divertendo

Bill Maher e Larry Charles prendono di mira la religione.
di Marianna Cappi

Un'impresa epica

mercoledì 11 febbraio 2009 - Incontri

Un'impresa epica
Bill Maher è un conduttore televisivo e un comico politicamente scorretto (così titolava il suo programma d'esordio) con un bersaglio prediletto: la religione. Larry Charles è sceneggiatore, produttore e regista; un titolo su tutti: Borat. Insieme hanno deciso di cimentarsi nell'epica impresa di sondare il ridicolo di proprietà delle credenze religiose, sollecitati dal ruolo che le stesse sono tornate a giocare nella politica dei massimi livelli, nelle parole di signori come George Bush e Bin Laden o Amadinejd, per esempio. Nei cinema italiani in 30 copie, a partire dal 13 febbraio, Religiolus , è il documentario che promette di spaventare divertendo o di divertire spaventando, muovendosi tra Gerusalemme e il Vaticano, le comunità di mormoni dello Utah, le moschee e i bar di Amsterdam, lo Speaker's Corner di Hyde Park a Londra e il parco dei divertimenti a tema biblico di Orlando in Florida.
Al termine dell'anteprima romana per la stampa, la vis polemica del film si rinnova nel dibattuto tra Victor Magiar, assessore alla cultura dell'Unione Comunità Ebraiche Italiane, Khalid Chaouki, fondatore dell'Associazione Giovani Musulmani d'Italia e direttore di www.minareti.it, Paolo Naso, curatore della rubrica televisiva Protestantesimo e direttore del mensile Confronti e Raffaele Carcano, segretario dell'Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti.

Quali sono le vostre prime impressioni dopo la visione di Religiolus?
M agiar: Il film non è un trattato di religione, pone simpaticamente delle questioni, ci mette in maniera disincantata di fronte a temi che andrebbero comunque indagati in maniera più approfondita. I concetti delle varie religioni vengono presentati in maniera tranchant e non sempre corretta; ho visto il film con amici di altre confessioni e su ogni cosa abbiamo trovato tutti molto da ridire. Una cosa però è certa: o le religioni recuperano il movente profondo per cui sono sorte (costruire società fondate sul rispetto dell'individuo e del dialogo tra le persone) o diventano strumenti di potere e di oppressione.
Chaouki: Mentre guardavo il film pensavo alle reazioni possibili degli altri musulmani. Possiamo considerarlo un film di stimolo, specie per quel che riguarda l'accettare un modo diverso di presentare temi forti. Qui lo stile in alcuni casi è irriverente, ma io non ho problemi in questo senso. Connota bene alcuni estremismi, le devianze, le manipolazioni, ma non riflette adeguatamente il punto di vista delle religioni in esame, e dell'Islam in particolare.
Naso: Premetto che io sono un credente, una sorta di Ned Flanders dei Simpson. Nel film, la denuncia del dogmatismo mi pare salutare, così come il pluralismo religioso. Non a caso i paesi indagati sono gli Stati Uniti e l'Olanda, dove questo pluralismo esiste, non come in Italia, dove il confronto è sempre e soltanto tra credenti e non. L'assunto più importante, però, è quello che individua lo scontro non tra le religioni ma nelle religioni, all'interno delle comunità di fede, tra una visione ottusa e una dialogica. Non capisco invece l'omelia finale del film, che vuole far quadrare il cerchio, proponendo in fin dei conti un sistema chiuso, quando la ricchezza del discorso fino a quel momento stava proprio nel sollecitare il dubbio.
Carcano: Il film ha un doppio livello di lettura: quello semplice della critica al fondamentalismo religioso, quasi folcloristico, in cui il protagonista si limita a fare da spalla al personaggio di turno, e un secondo livello, quello dei temi all'ordine del giorno, primo fra tutti la possibilità di poter criticare le religioni. Quando invece cerca di entrare nella critica scientifica finisce fuori luogo. Noi abbiamo chiesto recentemente, a Genova, di poter scrivere sugli autobus "la cattiva notizia è che Dio non esiste, quella buona è che non ne hai bisogno" e si è infiammata la polemica. Perché? È necessario per una società avere una morale religiosa? Questo è un altro tema attualissimo. Chi fa parte di una religione che non è quella predominante non ha spazio in una società come la nostra. L'invito ai moderati delle varie religioni ad esporsi maggiormente è molto importante, perché il film ha un linguaggio accessibile ai giovani e le scelte fondamentali sulla propria esistenza si compiono da giovani.

Più o meno tutte le religioni non sopportano di essere derise, ma l'islam addirittura minaccia di morte chi lo fa, come nel caso di Rushdie o delle vignette su Maometto.
C haouki: Il contesto dell'Islam in Occidente e in Italia è quello di una minoranza che non è stata ancora riconosciuta istituzionalmente e non ha spazi pubblici di comunicazione e di culto. È la seconda minoranza del paese ma si fatica a riconoscerla come cittadina. È chiaro che in questo contesto hanno buon gioco le frange fondamentaliste. Questo non giustifica la violenza, con i giovani musulmani stiamo facendo un grande sforzo in questo senso, ma bisogna capire che tutte le negazioni (che il Corano sia un libro di pace, ad esempio) fanno il gioco degli estremisti.
Naso: Il film richiama alcuni temi che sono oggetto di scienza, fanno parte di quella che noi chiamiamo la critica alla religione e su cui si ragiona anche nelle comunità teologiche. Il 25 dicembre è una data convenzionale, tante situazioni bibliche sono simboliche, si spiegano antropologicamente prima che religiosamente, ma il film non è corretto quando attribuisce per primi ai cattolici la collocazione storica di certe espressioni; non sono stati loro i primi a farlo.
Magiar: Noi ebrei le vignette ce le facciamo da soli. Ma il discorso cambia quando le polemiche non riguardano questioni teologiche ma politiche, come nel caso del paragone tra la situazione in Medio Oriente e i campi di concentramento nazisti. Il nodo che porta alle esperienze fanatiche è la combutta tra religione e politica, il guaio è tutto lì.

Come siamo arrivati, all'inizio del nuovo millennio, al recupero di un clima tanto buio?
M agiar: Quando fu fondato lo stato di Israele, Ben-Gurion suggerì di aspettare prima di redigere la costituzione, per evitare di litigare con rabbini e religiosi. Diceva: "fra qualche decennio non ci saranno più", ma è avvenuto tutto il contrario. Ci sono stagioni in cui gli uomini riescono a ragionare e altre no. L'ebraismo può essere spiegato in tre parole: "perché", "ma" e "se". Senza se e senza ma, non c'è il pensiero. Se l'ebraismo perde i se e i ma diventa una dottrina di fanatici. Moderati non significa niente, io non amo i moderatamenti onesti o i moderatamenti simpatici, è una categoria della politica prestata ad altre categorie -tra cui la religione- ma il confronto vero è quello tra persone ragionevoli e persone fanatiche. Dobbiamo sapere che la religione è una cosa e la politica è un'altra; nella zona grigia (staminali, embrioni, ecc.) bisogna entrare in punta di piedi, consci che non abbiamo la risposta in tasca.
Naso: Tutti i ricordiamo la battuta di Woody Allen "Marx è morto, Dio è morto e anch'io non mi sento tanto bene", ma oggi non funziona più. È evidente che Dio non è affatto morto: l'orizzonte religioso è tornato ad essere attualissimo. Negli anni '70-'80 si è proceduto ad una secolarizzazione superficiale, ma l'umanità non vive senza le domande fondamentali; così, in assenza di competitor ideologici forti, le proposte di fede sono diventate delle ideologie di fede, talvolta totalitarie. Certo, la politica ha cavalcato questo segmento del mercato, ma non è solo colpa della politica. Il tema vero del film è la critica all'occupazione da parte delle religioni dello spazio pubblico in modo eccessivo e pericoloso.
Carcano: La secolarizzazione dilagante, il pluralismo religioso e la crescita della libertà di espressione hanno provocato nelle religioni questa risposta fondamentalista, che non era l'unica risposta possibile. L'altra risposta è l'ascolto, il dialogo.

Il film non nega Dio ma dice che le tre grandi fedi monoteistiche sono superate. Oggi c'è l'informazione, la coscienza della contaminazione, quella formula si svuota progressivamente di senso. Dobbiamo pensare che la religione trova un terreno fertile dove permane l'ignoranza?
N aso: Ci sono certe tradizioni religiose che hanno relativizzato e altre che, al contrario, hanno esasperato le loro espressioni. Oggi, l'ascolto delle altre voci è la cosa più importante.
Magiar: Alcune ideologie laiche sono nuove chiese. L'uomo ha bisogno di risposte e si rivolge alla religione. Il conflitto in Irlanda è un esempio: una guerra tra cristiani, dove la politica usa la religione e viceversa. Il problema non è la religione, è l'uomo e il suo modo di porsi rispetto alle cose.
Naso: Le religioni hanno fallito? Può darsi, perché le religioni sono una costruzione dell'uomo, passibili di fallimento. Noi siamo un paese che rivendica una precisa identità, il principio della radice cristiana dell'Italia viene ribadito ogni volta, ma una mia ricerca indica che gli italiano non conoscono i 10 comandamenti e se ne ricordano qualcuno -non uccidere, non rubare- non ricordano il primo e più importante, "Io sono il Signore Dio tuo". È una grossa incongruenza. Una volta, chiesero ad un cardinale cosa fosse la verità e lui rispose con la storiella dei tanti ciechi attorno ad un elefante: a seconda di quel che ogni cieco toccava dava una definizione diversa dell'elefante. Dovremmo renderci conto di essere ciechi e mettere a disposizione degli altri il nostro pezzo di verità.
Chaouki: Oggi non si può più dibattere dei temi religiosi in modo separatista ma c'è bisogno di condivisione, per non fare il gioco degli estremismi.
Carcano: L'ignoranza si comincia a combattere a scuola, gli spazi si devono aprire a partire dal sistema educativo. L'Unione Europea e l'Unicef hanno bollato la discriminazione che nella scuola italiana subiscono i figli di genitori non cattolici, ma nessuno ha detto niente.

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