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Charlot, che bello!

Stanno uscendo i più importanti film di Charlie Chaplin
di Pino Farinotti

Fustiga il potere e riabilita la dignità degli umiliati
Charles Chaplin (Charles Spencer Chaplin) Altri nomi: (Charlie Chaplin, Charlot) 16 aprile 1889, Londra (Gran Bretagna) - 25 Dicembre 1977, Vevey (Svizzera).

lunedì 23 novembre 2009 - Focus

Fustiga il potere e riabilita la dignità degli umiliati
Nell'ottobre del 1997 un giornalista entrò nell'ufficio di Indro Montanelli a Telemontecarlo a Roma e gli disse che Dario Fo aveva vinto il Premio Nobel. Montanelli sorrise perché pensava a uno scherzo. Quando il giornalista ribadì "Guardi che è vero" il "direttore", dopo aver metabolizzato la notizia domandò: "La motivazione?" L'altro gli lesse il breve stralcio di cui disponeva: "... fustiga il potere e riabilita la dignità degli umiliati...". Poco dopo Montanelli disse: "Chaplin si starà rivoltando nella tomba."
Una volta ero al Tempio del video, in centro a Milano. Il "tempio" è una videoteca che tutti i cinefili frequentano, dagli appassionati "puri", a tutti gli addetti del cinema, critici, giornalisti, registi, attori. A rovistare fra gli scaffali c'era un critico importante e competente, (non è detto che i due aggettivi si sposino sempre) firma di un grande quotidiano. Stava mettendo da parte una piccola pila di dvd. "Posso vedere?" gli chiedo. "Ma certo". Sono tutti titoli di Chaplin. Mi dice "Ogni tanto bisogna pure rifarsi la bocca."

Clown
Fustiga il potere e riabilita la dignità degli umiliati" è una didascalia perfetta per Charlie Chaplin. In questi giorni sono in distribuzione, in dvd, sei titoli del Grande Clown, che lo rappresentano al meglio, prodotti in un arco di tempo di 31 anni: Il monello ('21), Il circo ('28), Luci della città ('31), Tempi moderni ('36), Il grande dittatore ('40), Luci della ribalta ('52) . C'è davvero tutto Chaplin, tutta la sua parte più nobile. Charlot è lì immobile, piccolo e magro, con quella divisa logora, quelle scarpe troppo grandi, gli occhi sgranati che dicono "chissà cosa sta per capitarmi, speriamo che me la cavo (anche lui)". Perché sopra di lui incombe un poliziotto immenso, tutto nero, con il manganello in mano, minaccioso. Il poliziotto gli farà delle prepotenze, e lui, piccolo e debole, dovrà difendersi coi mezzi che ha: essere furbo, indurre a compassione, aspettando con pazienza il momento che l'altro si distragga e così scappare o fare lo sgambetto. Il poliziotto immenso, il potere prepotente, è in quasi tutti i film di Charlot. In Tempo moderni è costretto, oltre che a una catena di produzione impossibile da rincorrere, a fare da cavia per una macchina che detta i tempi del cibo in automatico. Charlot è immobilizzato a una sedia, apre la bocca e la macchina gli spinge dentro un boccone, persino il tovagliolo lavora in automatico. Il tutto per ottimizzare il tempo, e il denaro. Una sequenza comica più drammatica di tutte le rappresentazioni di sfruttamento degli "umiliati". E non parlava mai Chaplin, nei suoi film, anche quando il cinema parlava. E quando, nel 1940, decise di cedere, di parlare, lo fece... troppo. Nel Grande dittatore è il sosia di Hitler e naturalmente tutti lo prendono per quello vero. Dal palco Chaplin detta un suo accorato, retorico messaggio sulla libertà dell'uomo. C'è sì demagogia e quel discorso è un inserto anomalo nella sua poetica, ma è una piccola scivolata, un'ingenuità veniale. Il suo mestiere non era parlare, ma rappresentare e convincere.
Tuttavia quando prese le misure parlò e come. In Luci della ribalta è Calvero, un artista al tramonto che prima salva la vita a una giovane ballerina poi la trasforma in grande artista, prima di morire di infarto sul palcoscenico. E lì, senza grandi temi sulla vita, nella poesia del quotidiano, riesce a essere Chaplin anche parlando.

Cifra
Il tutto con dei momenti di comicità esplosiva, mai più raggiunta. In Un re a New York (che non è in distribuzione), è un monarca sfuggito a una rivoluzione, per sopravvivere fa il testimonial di prodotti. Ma è troppo vecchio, occorre qualche ritocco. Accetta, suo malgrado di farsi correggere il volto con un intervento, ed era la prima volta, di chirurgia estetica. Dal momento il cui si guarda nello specchio, per un dozzina di minuti – il re non può far niente, non può ridere o si sfascerebbe tutto - il pubblico è letteralmente tenuto a terra dal ridere. In quello stesso film, ecco un versante serio: Chaplin viene accusato di comunismo, è il momento del maccartismo, la caccia alle streghe. Il re viene giudicato da una commissione. C'è un momento in cui si trova in mano un idrante che scarica sui giudici. Metafora alla Charlot. Poi, il re, sconsolato, dice: "io, un re comunista". E pagò di persona Chaplin, perché dovette lasciare l'America per tornarci molti anni dopo. Giusto per ricevere un Oscar alla carriera. Il "potere", alla fine, aveva richiamato il Clown. E Charlot, debole e mite, aveva sgambettato il poliziotto prepotente e nero. Si era fatto capire. Anche a nome degli altri "umiliati".
Più nessuno, da allora, avrebbe trovato strade tanto leggere ed efficaci, comiche e drammatiche, per rappresentare argomenti tanto seri. Con un'ultima nota: gli argomenti arrivavano.
Sei film di Chaplin. Non voglio fare titoli a confronto, titoli di oggi, e non distinguo fra grandezza di schermi, ma dico che dovunque ci si sieda, saremo lontanissimi da quella qualità, e da quella felicità. È tornato Charlot. Rifacciamocela tutti, la bocca.

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