Hong Kong, 1950. La Cina è contagiata dalle pellicole hollywoodiane, quelle con Clark Gable e Carole Lombard o quelle dove Fred Astaire zompetta felice con Ginger Rogers. Solo una manciata di storici del cinema è a conoscenza del fatto che, in risposta a queste pellicole, assimilate durante anni e anni di visione delle stesse in veste di spettatore, arriva un uomo come Tang Huang che aveva intuito la grande potenzialità del mezzo cinematografico e non era rimasto immune alla bellezza e ai caratteri di quello americano. Tang Huang è l'autore di una sarabanda filmica che richiama i fasti del grande cinema statunitense, sostituendo ai volti spesso dolenti di divismo degli USA quelli più grondati di identità cinese. Il tutto con un approccio diverso, più fresco, che riuscisse a entrare maggiormente in quel tipo di immaginario asiatico che cominciava a scoprire il cinema. Prepotente, forte e (dipende dai generi) anche violento, dipinge la Cina con tratti turistici caratteristici e offre ai suoi personaggi dagli occhi a mandorla quella mancanza di identità tale per cui si scatena la molla della proiezione spettatore-attore. Maestro dei sentimentalismi, apre la strada alle prime pellicole di kung fu, consegnandosi alla Storia del Cinema.
Le pellicole intrise di "hollywoodianeità"
Esordisce alla regia quando ormai ha più di quarantanni con Yin hai huan meng (1949), poi comincia a rifarsi allo stile hollywoodiano, quello dell'epoca d'oro del cinema statunitense (tanto per intenderci), che tante volte aveva visto nelle piccole e fumose sale di proiezione di Shangai. Impadronitosi delle loro tecniche cinematografiche realizza film che girano il mondo. La prima è più famosa è senza dubbio Yi ming jing ren (1954), conosciuto anche con il titolo The Beauty and the Dumb, che realizza con il suo amico e sceneggiatore di fiducia Yi Wen, ricalcando il film di Anatole France The Man Who Married a Dumb Wife (1912). Seguono poi Yu nu si qing (Her Tender Heart, 1959), Yun chang yan hou (Cinderella and Her Little Angels, 1959) e Ti yu huang hou (Beauty Parade, 1961). Spesso coadiuvato da Lo Wei che impone anche come attore in alcuni dei suoi film, è uno dei più apprezzati registi di musical, commedie e pellicole drammatiche che l'Asia abbia mai avuto. Uno dei suoi capolavori è Liu yue xin niang (The June Bride, 1960), una commedia romantica che ha per protagonista l'attrice Grace Chang, forse una delle interpreti da lui più amate professionalmente, ma non la sola a essere lanciata dalla sua filmografia. Non bisogna infatti dimenticarsi di nomi come Lai Wang, Enjia Liu, Roy Chiao, Kelly Lai Chen, Bing Bai, Yang Zhang e Annette Changg Hui Hsien.
La filmografia degli Anni Sessanta-Settanta
Intorno a metà degli Anni Sessanta sposterà la sua attenzione all'esplorazione di altri generi come le pellicole d'azione e i thriller. Dirige così Qi chong tian (Seveneth Heaven, 1966), Die hai jiao long (Operation Bangkok, 1967), Ying xiong dan (Operation Macao, 1967) e Sun wu kong dan nao Xianggang (Monkey Comes Again, 1969). Fra le (purtroppo) poche pellicole che arrivano in Italia spiccano invece titoli avventurosi, ricchi di arti marziali e qualcuna che strizza l'occhio al fantasy come King Tze - L'uomo dalle mani d'acciaio (1973), La sorella di Bruce Lee (1974, non lasciatevi ingannare dal titolo) e Yang - L'implacabile del karaté (1975, uscito psotumo) La sua ultima pellicola sarà She wang yu yan wang dal titolo inglese A Resort Called Hell, poi morirà. Raramente, dopo di lui, un regista cinese è riuscito a focalizzare l'aspetto umano del cinema e la specificità di un genere come ha fatto lui.
