The Tree of Life

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un film ingenuamente consolatorio Valutazione 2 stelle su cinque

di laulilla


Feedback: 2061 | altri commenti e recensioni di laulilla
martedì 31 maggio 2011

il film descrive una famiglia texana negli anni ’50, soffermandosi sui rapporti affettivi, e sul dolore provocato dalla morte di un figlio; sfondo di questa tragedia familiare è il processo grandioso che ha reso l’ambiente naturale adatto all’insediamento della vita vegetale, animale e infine umana, secondo una visione evoluzionistica, priva di senso e di finalità. Venti minuti di immagini molto belle ed elaborate si susseguono, suscitando sconcerto o meraviglia negli spettatori, per ripercorrere la storia del cosmo e della terra, collocando perciò il dolore dei personaggi nella più generale tragedia di ogni vivente, per il quale nascita e morte segnano i confini dell’esistenza senza tener conto di progetti, di affetti, di voglia di vivere. Il regista, però, fin dall’inizio del film, ci dice che se noi non accettassimo una visione esclusivamente naturalistica e scientistica dell’Universo e ricorressimo a una spiegazione fondata sulla Grazia, potremmo trovare un senso e un fine alle cose e alle vicende che ne paiono prive. Il preciso richiamo al libro di Giobbe, nell’incipit, significa che la ricerca del senso non comporta necessariamente una risposta positiva all’aspirazione dell’uomo a vivere senza soffrire. Il Dio che Malick postula potrebbe, come quello di Giobbe, chiedere agli uomini fede e obbedienza a leggi umanamente poco comprensibili, apparentemente capricciose e arbitrarie, come fa il padre del film, che pare compiaciuto dell’arbitrio delle sue imposizioni e che, non a caso, esige che i figli lo chiamino “Signore”. L’accostamento è forse plausibile: nel film abbondano, infatti, altri parallelismi più o meno espliciti, che ne permettono una migliore comprensione. La parte centrale (e forse migliore) del film è dedicata alla descrizione della vita familiare e delle dinamiche che si creano fra i diversi membri del piccolo nucleo: un padre severo e autoritario che fissa i paletti entro i quali i figli possono muoversi e agire; una madre dolce e protettiva, a sua volta vittima delle sue angherie ; tre bambini che, incuranti dei divieti paterni, si dedicano all’esplorazione sistematica del mondo che li circonda, ai giochi anche violenti e aggressivi nei quali misurano le proprie forze, sospinti dalla volontà di conoscersi e di conoscere il mondo, come è avvenuto nella storia dell’uomo, il cui incoercibile bisogno di sapere non ha mai accettato limiti. La conoscenza disgiunta dalla Grazia, tuttavia, ha ottenuto solo apparentemente risultati positivi: la razionalità fredda dei bellissimi grattacieli, che gareggiano per imponenza con gli spettacoli naturali, non emoziona, è priva di pathos, non suscita desiderio di protezione e d’amore. Le esigenze profonde postulano l’esistenza di un Dio che ci risarcirà, sia pur tardivamente (è tardivo anche il perdono che il padre chiederà al figlio a lungo vessato), colmando lo scarto fra le leggi dellala creazione, che impongono rigidi e dolorosi limiti, e la nostra aspirazione all’ amore e alla gioia. Il guaio è, però, che questo tardivo risarcimento, nel film, è poco allettante: un al di là incolore e melenso, in cui domina l’amore smanceroso che si scambia fra le creature, se dovesse durare in eterno, sarebbe di una noia insopportabile. Questo film è molto discutibile, così come la Palma d’oro che gli è stata assegnata. La frammentarietà della narrazione, quasi impressionistica, rivela una forma secondo me non all’altezza del contenuto filosofico, rimasto in una condizione di ingenua velleità.

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partenopeo7 martedì 12 luglio 2011
l'amore melenso ti annoia...cattivona!
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"La frammentarietà della narrazione, quasi impressionistica...".Scopriamo con questa frase che l'impressionismo è frammentarietà (giuro non lo sapevo). Cosa si dice pur di riempirsi la bocca eh!? Ma a parte i commenti superflui, gratuiti ed "eruditi" mi soffermo su: "la narrazione ha una forma che non è all'altezza del contenuto, rimasto in una condizione di ingenua velleità". Il pessimo uso della lingua -il contenuto è alto o velleitario?- esprime anche confusione mentale.La frammentarietà, che non è prerogrativa certo dell'impressionismo, è sicuramente un modo artistico di esprimersi. E il film artisticamente si esprime con questa frammentarietà. Forse la bellezza reale di questo film è il tremore che deriva da un racconto spezzato, proprio di chi vacilla nella fatica nostalgica del ricordare. [+]

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