Fu il poeta Trilussa a introdurre la giovane Giselda Lombardi presso la maggior Casa cinematografica italiana, la Cines, e anche a trovarle il nome d'arte di Leda Gys, un nome che le portò rapidamente fortuna: già nel gennaio 1913 l'attrice compariva come protagonista di tre brevi film (Amore e automobilismo, La dama di picche e L'albero che parla), diretti dal Conte Baldassarre Negroni, uno dei realizzatori di punta del cinema italiano degli anni Dieci. Dividendosi tra la Cines e la consociata Celio, negli anni 1913-14 Leda interpretò non meno di due dozzine di film, in genere a corto e medio metraggio, in cui ebbe modo di saggiare le proprie attitudini nel dramma moderno come nella commedia o nei film in costume, cominciando a definire un personaggio che prese poi maggiore consistenza nella più impegnativa dimensione del lungometraggio. I suoi registi abituali, oltre Negroni, Enrico Guazzoni, Ivo Illuminati, Giulio Antamoro, caratterizzavano spesso i ruoli a lei affidati all'insegna del patetico, in una serie di operine nelle quali l'attrice rappresentava il più delle volte la ragazza romantica e ingenua, di nobile lignaggio o d'estrazione popolare, vittima innocente di madri indegne, patrigni o mariti disonesti, loschi avventurieri.
Personaggi positivi i suoi, che i casi della vita costringevano in situazioni tragiche e che per questo facevano appello alla simpatia ed alla solidarietà degli spettatori.
La consacrazione dell'attrice avviene con il Christus (1916), interamente girato in Egitto e Palestina, ove l'attrice presta il suo volto dolente e sofferto alla Madonna. Seguono vari film in Spagna, i cui pubblici l'acclamano «actriz encantadora» e, per diverse editrici italiane, intense interpretazioni di lavori tratti da Sardou, Murger, Notari.
È a questo punto - siamo nel 1917 - che da Napoli, dove sta sorgendo un nuovo polo cinematografico sulla collina del Vomero, giunge una pressante richiesta. L'attrice accetta, partecipando ad una esperienza completamente nuova e stimolante. Alla PoliFilm, le prime opere, benché tratte da Verga, D'Annunzio e Nicodemi, non hanno grande esito; ma appena alla testa della società subentra il produttore Gustavo Lombardo, le cose cambiano subito, dalla ragione sociale che diventa Monopolio Lombardo al genere di film che vengono realizzati. La lezione degli americani che verso la fine degli anni Dieci hanno invaso l'Europa con i loro prodotti freschi e moderni, trova in Gustavo Lombardo uno che impara presto e bene.
Inizia così un'attività cinematografica molto più disinvolta e cattivante rispetto a quella che si continua a fare a Roma o a Torino, una linea di produzione che sa adeguare il modulo d'oltreoceano alla realtà italiana. Di questa linea, Leda Gys, che di lì a poco sposerà Lombardo, diventa la incontrastata reginetta, da una briosa Santarellina (1923) ad un'allegra Trappola (1923), dal drammatico I figli di nessuno (1921), non privo di coraggiosi spunti di critica sociale e - ma potrebbero citarsi molti altri titoli - fino ai divertenti film di Eugenio Perego dai titoli in dialetto napoletano come Vide Napuli e po’... mori! (1924), Napule è ‘na canzona (1927), Napule e... niente cchiù! (1928). Leda Gys in questi film ha modo di dimostrare, con una recitazione ora indiavolata ora sentimentale, di saper passare da un tenero momento romantico ad un accenno piccante, da un tono melanconico ad un sorriso sbarazzino.
La Gys è stata una beniamina dei pubblici cinematografici durante tutto l'arco del muto; nel 1929 decise di ritirarsi per dedicarsi al figlio Goffredo, oggi titolare della Titanus, fondata da suo padre Gustavo nel lontano 1908.
Da Le dive del silenzio, Le Mani, Genova, 2001.