Il problema dei tre corpi

Durante la rivoluzione culturale cinese il padre di Ye Wenjie viene pestato a morte per non aver ritrattato le proprie idee sulla relatività. La figlia sarà condannata a lavorare in un campo di prigionia, dove avrà ulteriori prove della crudeltà di cui è capace il genere umano, tanto da commettere un gesto sconsiderato. Diventerà successivamente una astrofisica di grande fama internazionale e prenderà sotto la sua ala alcuni studenti di Oxford, inclusa sua figlia Vera.

Ai nostri giorni, due tra loro, Vera e il fisico Saul, lavorano presso un acceleratore di particelle e quando riscontrano un problema insolubile Vera si toglie la vita. Non è l'unica fisica ad averlo fatto e l'agente del controspionaggio Da Shi indaga su queste misteriose morti, che sembrano legate da uno strano casco per la realtà virtuale. La verità supererà di gran lungo la sua immaginazione e travolgerà le vite di altri studenti di Oxford: la fisica Jin Cheng, l'ingegnere Auggie Salzar, l'imprenditore Jack Rooney e l'insegnante Will Downing.

Il problema dei 3 corpi è un lussuoso adattamento dell'omonimo romanzo di Liu Cixin, il primo di una vertiginosa trilogia.

Gli autori arricchiscono i personaggi, ma tolti alcuni momenti spettacolari le puntate troppo spesso scivolano nella banalità. È per esempio difficile appassionarsi a una storia tanto usurata e patetica quanto quella di Will, innamorato non corrisposto di Jin e oltretutto malato terminale, che quando assume farmaci ha stucchevoli allucinazioni in cui si trova su barchette di carta giganti. Allo stesso modo il personaggio di Jack - un'invenzione degli autori della serie del quale manca un corrispettivo nei romanzi originali - è di deprimente prevedibilità: bambinone ricco, nerd e sovrappeso ha messo in piedi un'azienda di snack, mangia spesso patatine, non ha relazioni sentimentali e ha la casa piena di costosi modellini, riproduzioni di oggetti di scena e action figure. Anche il suo destino è esattamente quello che ci si aspetta. Jin è poi lo stereotipo della donna asiatica tutta concentrata sul lavoro scientifico e per tanto anaffettiva, infatti non si è mai capacitata della corte di Will e si è legata a un ufficiale della marina che le richiede poco impegno, perché spesso assente.

Più interessanti invece l'edonista Saul, che è un promettente fisico ma ama godersi la vita, tra droghe ricreazionali e sesso occasionale. Auggie sarebbe poi uno stereotipo, quello della bella (la interpreta Eiza González) che non si mette in mostra, con un taglio di capelli ordinario e vestiti casual, per essere presa sul serio. Per fortuna però il suo personaggio vive anche interessanti conflittualità morali ed è quella che più di tutti avversa i progetti di Wade, il capo di Da Shi che si dimostra via via più tirannico. Non lo interpretasse Liam Cunningham, con il suo sense of humour, sarebbe un personaggio terribilmente appiattito dalla sua ossessione.

A uscire meglio di tutti sono però Rosalind Chao e Benedict Wong, che vestono rispettivamente i panni di Jie Wenjie e Da Shi, una donna e un uomo segnati dalla vita, disillusi ma ancora acuti. Wong in particolare risulta la figura più empatica e umana di una serie che, come i romanzi da cui deriva, si inerpica sui rarefatti sentieri della teoria quantistica.

David Benioff e D.B. Weiss, ossia gli autori di Il Trono di Spade, qui affiancati da Alexander Woo, firmano un adattamento che non trova una grande propulsione nemmeno prima del finale, ma che indovina almeno un paio di grandi scene: quella sul canale di Panama dove vengono usate le microfibre con un effetto davvero impressionante, a metà tra il film catastrofico e lo splatter, e quella del messaggio ricevuto da Jin e Wade attraverso l'elmo, in un virtuoso vorticare d'immagini che arriva a una chiusura circolare. Il resto però è patinato come ci si aspetta ormai da una produzione Netflix, a parte per le grigie scene nei campi di prigionia cinese che comunque rimangono concentrate sulla protagonista.

Il vero punto dolente sono le scene nel mondo della realtà virtuale, in primo luogo perché stanno in una sorta di "uncanny valley" troppo realistica e allo stesso tempo finta, quando invece sarebbero state occasione per una ricerca stilistica più originale. Inoltre nel loro essere una narrazione fittizia creano una falla logica quando gli alieni diranno, con tanto di repentino cambio di atteggiamento verso l'umanità, di non capire le storie e di aver paura degli umani.

A differenza poi de Il Trono di Spade, che si faceva più appassionante già sulla pagina con il procedere dei libri, la trilogia di Liu Cixin "Alla ricerca della Terra perduta" si fa invece sempre più astratta e distesa su tempi quasi inconcepibili all'uomo. Sembra davvero impossibile si possa rappresentare in Tv, anche con questo ampio budget, e la prima pur discreta stagione di Il problema dei 3 corpi non convince del contrario. 