Un doc sulle tracce del misterioso Buono Legnani, il pittore delle agonie.
di Rudy Salvagnini
La casa dalle finestre che ridono, diretto da Pupi Avati nell'ormai lontano 1976, è un film importante e originale, capace di creare una sorta di piccolo sottogenere, successivamente definito come gotico padano. Nel corso degli anni il suo fascino non è diminuito e anzi il suo mito è aumentato proprio per la forza e la singolarità dei concetti e delle idee alla base del film. Uno di questi è l'avere un protagonista, quel Buono Legnani "pittore delle agonie", che è in sostanza invisibile, nel senso che pervade tutto il film e gli dà significato, ma in pratica non è presente.
Non mancano, in questo film, le dichiarazioni dello stesso Avati che danno conto dell'origine delle paure infantili che lo hanno "informato" e formato.
Man mano che si compie il percorso critico e "geografico" di ricerca sul gotico padano e su Buono Legnani, il film tende sempre più a trascendere la sua natura documentaristica per cercare di catturare il mito e sviluppare il mistero concludendosi su note macabre di ambiguo fascino. Un film, quindi, nel complesso interessante che tende a perpetuare l'aura leggendaria de La casa dalle finestre che ridono e, soprattutto e meritoriamente, a stimolare nuove visioni.