Liaison

Gabriel Delage e Alison Rowdy si ritrovano a lavorare insieme dopo molti anni; a obbligare questo incontro sono due hacker siriani che riescono a entrare in possesso di informazioni vitali. I due protagonisti, rispettivamente legati ai servizi segreti francesi e britannici, devono salvare i due hacker e fermare gli attacchi informatici che stanno colpendo i loro paesi. Ma la tensione tra Gabriel e Alison è fortissima perché i loro trascorsi non sono stati dimenticati da nessuno dei due.

La miniserie in 6 episodi franco-britannica di Apple TV +, scritta da Virginie Brac (Cheyenne & Lola, Insoupçonnable) e interamente diretta da Stephen Hopkins (Lost in Space, 24), si caratterizza da subito per il doppio binario che la trama intraprende.

Da un lato abbiamo una classica spy story, che attraverso un intreccio piuttosto esposto e lineare ci porta a riflettere sulle complesse connessioni geopolitiche tra Europa e Medio Oriente, rendendo contemporaneo il conflitto freddo attraverso il mezzo - fin troppo reiterato nella produzione degli anni 2000 - dell'attacco hacker terroristico. Unico elemento di originalità, al quale la sceneggiatura affida gran parte dei suoi punti di svolta, è la vulnerabilità della nazione britannica e le conseguenze della Brexit, che rendono il paese alla mercé di minacce internazionali.

Da questo punto di vista Liaison non introduce elementi interessanti, benché la regia di Hopkins dia modo di sviluppare degli ottimi momenti di suspence, che nascono prevalentemente dagli esiti di questi attacchi informatici: dall'inondazione del Tamigi che distrugge metà capitale inglese al deragliamento di un treno, le immagini sono in grado di assorbire e catapultare lo spettatore, annichilendolo attraverso dei piacevoli passaggi dallo sguardo soggettivo a quello oggettivo dell'inquadratura. Ciononostante, l'efficienza di questi passaggi rende l'attenzione dello spettatore "morbosa", in attesa cioè del successivo evento catastrofico e perdendo così interesse per l'articolazione drammatica, per le connessioni geopolitiche e sostanzialmente portando tutto il cast a un secondo piano, in special modo quello corale che circonda le due figure protagoniste.

Il secondo binario narrativo è interamente trainato dal fascino dei due protagonisti: Vincent Cassel ed Eva Green si incontrano finalmente sui nostri schermi. Due sex symbol, che portano entrambi un bagaglio fascinoso e intrigante, vuoi per il loro aspetto fisico - entrambi spigolosi, lei algida, lui ruvido - ma anche per la loro celebrity e per i personaggi che hanno portato in scena nel corso delle loro carriere, che sono ricondizionati e palpabili nella loro interpretazione di una ex-coppia di amanti.

Il fascino europeo dell'attore e dell'attrice funge da catalizzatore e permette alla miniserie di svilupparsi, come ogni racconto thriller, attraverso il principio di causa-effetto: il passato, sia della loro relazione che delle condizioni politiche internazionali, determina il futuro, portando a galla vecchi problemi e paure che sembravano ormai risolte o ben celate.

Malgrado le indiscutibili capacità attoriali dei due protagonisti, che reggono il loro ruolo in tutti gli episodi e attirano costantemente la nostra attenzione, esattamente come gli eventi catastrofici che si alternano nella miniserie, anche questo aspetto risulta estemporaneo, gratuito, uno specchio per le allodole.

La grande difficoltà di Liaison sta nell'incrocio di questi due binari, che non vengono mai adeguatamente coniugati, rendendo così, anche in questo caso, pressoché trascurabili le storie degli altri personaggi - malgrado il cast sia maestoso: da Peter Mullan e Gérard Lanvin, che interpretano rispettivamente il capo di Alison e quello di Gabriel, a Thierry Frémont, nel ruolo del presidente francese. Liaison non affascina quanto Cassel e Green; spreca, potremmo dire, questo atteso incontro attoriale, portando in scena una spy story già vista e un'attrazione spinosa che avviene più fuori dagli schermi che all'interno del racconto. 