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La Caccia come Succession: una storia di intrighi e potere che sviscera le inquietudini dell’animo umano

Apparentata con la serie capolavoro di Jesse Armstrong, l’opera seconda di Marco Bocci è una fiaba contemporanea nera che ruota attorno a ricchezza, eredità, fratellanza. In una parola, la caccia alla successione. Al cinema.
di Anna Maria Pasetti

Filippo Nigro (53 anni) 3 dicembre 1970, Roma (Italia) - Sagittario. Interpreta Luca nel film di Marco Bocci La caccia.
venerdì 12 maggio 2023 - Focus

C’era una volta un padre che aveva quattro figli.  

Antico come la notte dei tempi, l’incipit classico delle fiabe più classiche ha da sempre chiesto comodo asilo poetico al cinema che felicemente l’ha ospitato. 

Con la voce narrante di Laura Chiatti, anche La caccia di Marco Bocci si apre come una favola. Un racconto famigliare di cui, senza spoilerare sviluppi narrativi e tanto meno gli esiti del finale, si può rivelare la natura arcaica, perimetrata all’interno di quegli elementi archetipici che ne esplicitano il registro fiabesco. Gli ingredienti ci sono tutti: un bosco popolato da animali feroci, un castello, dei bambini, financo un albero di Natale con relativi canti allegati. E soprattutto degli eroi e degli antieroi. 

Ma quella informata nell’opera seconda di Bocci è una fiaba contemporanea nera, in cui i sopra elencati ingredienti si declinano nelle inquietudini più profonde dell’animo umano, e si legano alla semantica del Potere, sì quello maiuscolo: ricchezza, eredità, fratellanza. In una parola, la caccia alla successione

Per restare nella contingenza presente e con le dovute differenze, è immediato l’apparentamento con la serie capolavoro di Jesse ArmstrongSuccession, giunta alla sua quarta stagione. 

Un padre/padrone titolare di un patrimonio e i suoi quattro rampolli oggi adulti, ma le cui coscienze riverberano di un’infanzia traumatica. Come in Succession si tratta di tre maschi e una femmina: la tossicodipendente Silvia (Laura Chiatti), l’artista Mattia (Pietro Sermonti), il venditore d’auto Luca (Filippo Nigro) e l’impiegato di banca Giorgio (Paolo Pierobon). Diversamente responsabili sul rapporto causa/effetto dei loro gesti inevitabilmente condizionati da ferite e rimossi del passato, i quattro fratelli mutano pelle quando il tema eredità diventa cogente. 

Nulla di nuovo, s’intende, e persino Succession è a suo modo ispirata a Shakespeare che a sua volta rivisita la tragedia greca. Ciò che forse costituisce elemento di originalità è proprio la caccia, attività eponima al titolo, che rivela una mescolanza ab origine del comportamento umano con quello animale, anzi, bestiale. La caccia infatti parte da lontano, innervandosi nella bio/fisiologia dei mammiferi (e non solo) costretti alla sopravvivenza attraverso gesti di violenza e di sopraffazione del più “forte” sul più “debole”.

La caccia propone e impone il concetto di selezione prima e di estinzione poi, laddove quest’ultimo si applica non casualmente anche al tema del patrimonio, in particolare di un debito, in estensione del denaro. L’economia della caccia in qualche modo ha a che fare anche con il tema della pre-destinazione: colei o colui che è predestinata o predestinato alla sopravvivenza, alla successione, al Potere. 

Fratelli alleati e/o fratelli coltelli. Il branco non conosce eccezioni davanti alla Successione. Pertanto poco importa l’intreccio specifico del racconto sceneggiato da Bocci stesso con Alessandro Pondi e Alessandro Nicolò, ciò che conta è come e in che misura l’elemento arcaico ancora pesi nel gesto contemporaneo. 

 


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