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Seydou Sarr, Moustapha Fall e la corsa di Io capitano verso l'Oscar

A poche ore dalla notte degli Oscar i due attori raccontano da Los Angeles le loro emozioni. Ad aprile porteranno il film in Senegal.
di Giovanni Bogani

Seydou Sarr . Interpreta Sedydou nel film di Matteo Garrone Io capitano.
venerdì 8 marzo 2024 - Oscar

A Los Angeles, dove è da quasi un mese, nel bailamme delle presentazioni, delle proiezioni, degli incontri con il pubblico e con i giornalisti, con Io capitano candidato all’Oscar, gli hanno fatto i complimenti anche Sean Penn e Joaquin Phoenix. Due che hanno vinto l’Oscar come miglior attore. E lui ha detto “grazie”, ma non è scomposto più di tanto. Perché lui, Seydou Sarr, senegalese, diciannove anni, è pazzo per il calcio. E allora, si è sconvolto, e si è quasi messo a piangere dalla gioia, quando in un ristorante ha incontrato Giorgio Chiellini. 

Seydou e il suo amico, compagno e collega Moustapha Fall si trovano, da giorni, al centro di un turbine. Quello nel quale è infilato  Io capitano di Matteo Garrone, che è uscito nelle sale americane con recensioni lusinghiere: il 96% di critiche positive sull’aggregatore Rotten Tomatoes, fra cui quelle nobili del “New York Times” e del sito RogerEbert.com, Bibbia della cinefilia negli Stati Uniti. E anche fra gli spettatori, sono standing ovation che si ripetono ad ogni proiezione. È piaciuta, questa storia di migranti giovani, e anche un po’ incoscienti, che portano nel film – recitato in Wolof – tutta la loro verità, e la loro vitalità. 
Incontriamo Seydou e Moustapha in videochiamata, a poche ore – ormai – dalla notte degli Oscar. 
 


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Come vivete l’attesa dei premi?
“In realtà non sentiamo troppo la pressione addosso, anche se in tanti ci dicono ‘l’Oscar, l’Oscar’... Noi lasciamo fare al destino, non abbiamo amuleti o portafortuna. E certo, preghiamo Allah, e confidiamo nel suo volere”. Moustapha, che sogna un futuro nella moda, aggiunge un dettaglio. “In realtà, mi rende felice l’idea di poter indossare un abito per questa occasione. Ho conosciuto vari stilisti qua negli Stati Uniti. Non avrei mai immaginato di trovarmi qui come una star”.

Andrete anche in Senegal a presentare “Io capitano”? Come sono i rapporti con le vostre famiglie?
 “Andremo in Senegal in aprile, per una presentazione speciale del film, che è uscito adesso a Dakar. Poi il film verrà proiettato, con uno schermo mobile, anche nei villaggi dove il cinema non è ancora mai arrivato. Riguardo alle nostre famiglie, ci hanno sempre sostenuto, sono fiere di noi. Ci stanno sostenendo, ci stanno dando dei consigli per evitare di perderci”. E Seydou aggiunge: “Mia madre e mia sorella hanno fatto teatro, sono state con me sul set per un periodo. È un po’ come se stessi realizzando anche il loro sogno”.

In Italia, invece, avete incontrato una persona speciale: papa Francesco. Che cosa vi ha detto, nell’incontro che avete avuto con lui?
“Sono sincero”, dice Seydou: “non capivo che cosa diceva, perché non padroneggiavo ancora bene l’italiano. Ma è stato molto caloroso, ci ha abbracciati, ci ha ringraziato, ci ha fatto anche un piccolo regalo. Una medaglietta, la medaglietta papale”. 
 


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E l’Italia, che effetto vi ha fatto quando siete arrivati?
“Prima di arrivare, ne avevamo un’immagine differente. Pensavamo che fosse tutto perfetto. Poi abbiamo visto anche le persone che dormono sulle panchine, i senzatetto. Non immaginavamo che ci fosse tanta sofferenza anche in Europa. Però, abbiamo visto e vissuto anche cose meravigliose. Per esempio, l’incontro con la madre di Matteo Garrone. E il ragù che prepara, nella sua casa a Fregene”. 

Dopo tante visioni del film, vi emoziona ancora?
“Durante le proiezioni, qui in America, entriamo di nascosto, ai titoli di coda. E quando la gente ci vede, si alza in piedi per applaudirci. Non ci abitueremo mai”. Poi Seydou aggiunge: “Per me è un’emozione ancora più forte, perché sui titoli di coda passa la canzone che ho scritto per mio padre. E sentirla qui, in America, è un’emozione che non si può raccontare”.

Fra gli estimatori del film, anche la regista premio Oscar Jane Campion, che ha conversato con Matteo Garrone negli scorsi giorni. Alla CNN, Garrone ha dato grande spazio proprio al lavoro fatto con Seydou, Moustapha e con gli altri protagonisti del film. “Io, questa volta, sono solo un intermediario. Metto in connessione il pubblico con i migranti, con le loro storie, quelle che ho ascoltato, che sono finite nel film. Quasi tutte le comparse del film hanno vissuto davvero quelle esperienze e quel viaggio. Mi hanno aiutato a trovare la verità, l’autenticità del mio racconto”.


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