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The Whale: il cinema di Darren Aronosky è un 'corpo a corpo' tra fisici devastati e anime tormentate

Nel film, come in tutta la filmografia del regista, sono proprio i corpi, testimoni di scelte sbagliate portate all’estremo, ad avere la meglio sulle anime tormentate che li hanno maltrattati a vita. The Whale, candidato a 3 premi Oscar, è ora al cinema.
di Claudia Catalli

Brendan Fraser (Brendan James Fraser) (55 anni) 3 dicembre 1968, Indianapolis (Indiana - USA) - Sagittario. Interpreta Charlie nel film di Darren Aronofsky The Whale.
martedì 28 febbraio 2023 - Focus

Il cinema di Darren Aronofsky può essere descritto e aggettivato in vario modo, tuttavia se c’è una costante in tutte le sue opere, diverse tra loro, è l’attenzione maniacale al corpo dei protagonisti. Si potrebbe anche dire che ogni suo film è di fatto un corpo a corpo, con la carne dei suoi personaggi, con il tormento delle loro anime, con la carta della letteratura.

Lo è di sicuro il potente e memorabile The Whale, ritratto titanico di un uomo-pachiderma, malato di obesità fino al punto di essere terminale. Un processo di autodistruzione lo ha logorato giorno dopo giorno, a seguito di un trauma che lo ha segnato in modo indelebile. È anche un professore di letteratura, di quelli appassionati alla L’attimo fuggente, capace di motivare i suoi studenti come pochi al mondo. Il corpo del testo può salvare, là dove la carne cede al logorio del tempo, pare voler dire Aronofsky, specie nelle scene in cui il suo protagonista – un eccezionale Brendan Fraser, per cui ogni superlativo è addirittura limitativo – sta per esalare l’ultimo respiro e ogni volta a salvarlo è la ripetizione a memoria di un elaborato su Moby Dick di Melville.

Le parole, quelle sincere, che vengono dall’anima, hanno il potere di salvare. Non è la prima volta che Aronofsky si concentra sul binomio malattia – letteratura, corpo sofferente da una parte e catarsi tramite scrittura dall’altra: già L'albero dela vita (The Fountain) si giocava tutto su questo. Certo, i toni del film, visionario e mal compreso dai più, erano ben diversi, ma anche lì c’era una malattia terminale che solo la letteratura aveva il potere di salvare.

Nessuna salvezza è prevista invece per il corpo dei protagonisti della cinematografia di Aronofsky: sofferenti, torturati dall’interno, sono corpi maltrattati quelli che svettano al centro dei suoi film. Lo è certamente quello della ballerina malata di perfezionismo Natalie Portman in Il cigno nero, con i piedi squassati e pieni di ferite. Lo è ancor di più quello di Mickey Rourke in The Wrestler, con il cuore pervaso di fitte doloranti e la pelle attraversata da cuciture da sparapunti, ferita da uno scatto di rabbia consumato sulla lama di un’affettatrice.

Entrambi hanno in comune, oltre alla passione esagerata per quello che fanno, l’ostinazione ad arrivare fino in fondo. Malgrado i limiti del proprio corpo. Sono anzi i primi a massacrarlo, a distruggerlo, a piegarlo ai loro scopi tormentati. Per questo il loro gran finale non può che essere un lancio nel vuoto: Il cigno nero in quello che sarà il suo ultimo volo “perfetto”, The Wrestler nel lancio in quella che sarà la sua ultima mossa sul ring, The Whale in un salto in piedi, impossibile per un uomo di 300 chili, che è anche un salto nella memoria per ripercorrere l’attimo più bello di un’intera esistenza.

Un’altra costante narrativa per Aronofsky sin dal suo primo film è l’inesorabilità del destino dei protagonisti, unita a un’onestà estrema nel raccontarli che sfiora a volta il sadismo visivo: non risparmia mai nessun dettaglio ripugnante al suo pubblico, nessuna ferita, nessun sangue, nessuna conseguenza devastante di condotte poco ortodosse (il junk food, come la droga) sui corpi dei suoi protagonisti. Risale al 2000 Requiem for a dream, tra i film più fisicamente dolorosi mai stati girati: impossibile dimenticare l’infezione al braccio incancrenito del tossicodipendente interpretato da Jared Leto, così come l’ossessione per il cibo di Ellen Burstyn, che cade nella trappola di una dieta veloce a base di anfetamine.

Ventitré anni dopo, Aronofsky mette in scena un altro personaggio ossessionato dal cibo, che è doloroso seguire nella sua estrema difficoltà di movimento, nel respiro affannato, soffocato da tutti quei chili addosso. Lui però non ha alcuna intenzione di dimagrire, né di prendersi cura di sé: per The Whale mangiare serve a sanare una ferita impossibile da rimarginare e riempire un vuoto impossibile da colmare.

Malgrado lui divori pizza, sandwich, pollo fritto e qualunque cosa gli capiti a tiro, la mancanza che sente della persona che ama (il compagno, come sua figlia) sarà impossibile da superare. Come puntualmente accade con i personaggi dei film di Aronofsky, saranno proprio i corpi, testimoni di scelte sbagliate portate all’estremo, ad avere la meglio sulle anime tormentate che li hanno maltrattati per tutta la vita. 


THE WHALE: SCOPRI DOVE VEDERE IL FILM
In foto Natalie Portman in una scena del film Il cigno nero
In foto Mickey Rourke in una scena del film The Wrestler
In foto Aronofsky e Fraser sul set di The Whale.

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