Un film ambizioso che riusa il girato dell'epoca nel modo migliore possibile completandolo con delle sequenze di re-enactement che imitano il sapore e la grana analogica degli anni ’90. Dal 27 al 29 settembre al cinema.
di Raffaella Giancristofaro
Sulla linea ambigua tra l’atto di restituzione e la captatio benevolentiae a fini promozionali (il film prelude all’uscita, a novembre, del doppio live omonimo con relativo merchandise), un film concerto che trova senz'altro nella voce dei fan il fattore più originale.
Il girato dell’epoca è di Dick Carruthers, autore di molti video e documentari per la band, che qui aveva a disposizione sei operatori fissi, tre in Super 8, due in steadycam, cinque in gru a braccio. Oasis Knebworth 1996 lo riusa nel modo migliore possibile, con gran senso del ritmo e del montaggio, e lo completa con delle sequenze di re-enactement che imitano il sapore e la grana analogica degli anni ’90, ricreando le attese al telefono o le corse ai negozi di dischi per procurarsi i biglietti, o le ansie di chi seguì da casa il concerto, per registrarlo su nastro dallo stereo, cambiando manualmente il lato dell’audiocassetta.
Operazione autocelebrativa che cristallizza il momento più alto e della band, non ancora (troppo) contaminato dal sensazionalismo sui gesti spettacolari e irriverenti da rockstar, la rivalità tra fratelli e con altre formazioni britanniche, Oasis Knebworth 1996 è un recupero che può contare sulla qualità e la varietà del materiale e della regia di partenza.
Un ingente investimento produttivo che a distanza di venticinque anni anni si dimostra ampiamente ripagato, in grado com’è – grazie all’identificazione che coglie e suscita tra spettatori e attori, e alla spensieratezza disinvolta dell’era pre-11 settembre – di conquistare un pubblico ben più ampio dei fedelissimi. Come ha dichiarato Noel Gallagher: “Grazie a Dio abbiamo avuto la lungimiranza di filmarlo”.