filippo_24
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venerdì 3 aprile 2020
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l'epilogo drammatico di una società disastrata
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Per impostare un commento critico sulla pellicola di Phillips è necessario partire da una premessa: il film è poco o niente fedele all'effettiva storia del Joker narrata nei fumetti DC. Non c'è, dunque, da aspettarsi un trattato biografico del variopinto villain (del quale non si conobbe mai il vero nome, per esempio), quanto una libera e svincolata interpretazione caratteriale e psicologica che il regista ha voluto rappresentare. Il racconto si apre su una Gotham City sporca e piena di rifiuti, nella quale fa capolino l'aspirante comico Arthur Fleck. Egli lavora come clown presso una struttura che non si preoccupa di tutelare i propri lavoratori, che vengono regolarmente aggrediti in strada o derubati dei propri cartelli pubblicitari.
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Per impostare un commento critico sulla pellicola di Phillips è necessario partire da una premessa: il film è poco o niente fedele all'effettiva storia del Joker narrata nei fumetti DC. Non c'è, dunque, da aspettarsi un trattato biografico del variopinto villain (del quale non si conobbe mai il vero nome, per esempio), quanto una libera e svincolata interpretazione caratteriale e psicologica che il regista ha voluto rappresentare. Il racconto si apre su una Gotham City sporca e piena di rifiuti, nella quale fa capolino l'aspirante comico Arthur Fleck. Egli lavora come clown presso una struttura che non si preoccupa di tutelare i propri lavoratori, che vengono regolarmente aggrediti in strada o derubati dei propri cartelli pubblicitari. Disturbato mentalmente, Fleck emette risate stridule fuori controllo, motivo per cui la madre gli ha affibbiato il soprannome di "Happy". La vita del clown prende una piega drammatica nel momento in cui viene pestato in metropolitana da tre ragazzi, associati alla grande società di Thomas Wayne, padre di Bruce (Batman) e del quale la madre psicotica è sempre stata innamorata in maniera ossessiva e malsana. L'uccisione dei tre ragazzi comporterà il cambiamento profondo di Arthur, deriso e ormai fallito nei propri "sogni da cabaret", trasformandolo in un pericoloso omicida che tenta di fare giustizia in una città piena di egoismo, crudeltà e rifiuti che forse non sono soltanto materiali. Il messaggio che Phillips sembra infatti voler mandare attraverso il suo Joker è in tutto e per tutto considerabile quanto più drammatico possibile: la società rende l'uomo malvagio. Per quanto banale, l'idea di fondo è resa con efficacia dalla bravura di tutto il cast nella recitazione unita alla grande abilità cinematografica dell'entourage del quale Phillips si è servito per il film. La magistrale interpretazione di Phoenix è coadiuvata da una sceneggiatura che ne esalta l'importanza e da una fotografia eccellente che lo rende l'epicentro della narrazione anche a livello di immagine. Il film ha alcuni spunti interessanti, come quello della "fidanzata immaginaria", che però non riescono a sostenere una narrazione un po' forzata e per certi versi inverosimile. La rivalità tra Joker e Thomas Wayne (frutto di terribile equivoco) o la rivolta finale che vede Phoenix elevarsi a "Re di Gotham" e dei suoi cittadini, insoddisfatti del "ricco che surclassa il povero", sono soluzioni che non prestano purtroppo fede a quella che dovrebbe essere una storia con un fondo di reale, cadendo a tratti nell'utopismo societario e trasformando nel finale una Gotham City cupa e "noir", resa perfettamente da un'ambientazione cinematografica impeccabile, in un'arena per combattimenti. L'idea della società insoddisfatta degli squilibri tra ceti sociali è un evergreen che ha sempre funzionato, in questo caso non è però supportata da una concretezza narrativa nel descrivere la natura di questi squilibri, finendo per rendere i cittadini di Gotham dei vandali che prendono le parti di un clown assassino ancor prima di conoscerne le motivazioni che lo hanno spinto a massacrare tre giovani neolaureati, rei (per i cittadini) di lavorare per un uomo potente come Thomas Wayne, e dunque necessariamente sacrificabili. Quello di Phillips è un Joker che forse vive in un universo parallelo a quello originale, e questo è di grande audacia, la pecca principale del film è però quella di soffermarsi in maniera fin troppo marcata, stopposa ed elefantiaca su eventi narrativi irrilevanti e inverosimili, uno su tutti la convinzione di Arthur di essere figlio di Wayne per via dei disagi della madre. L'opera di Phillips può quasi prendere la valenza di un trattato utopistico di psico-sociologia con un fondo di sostanziosa realtà, che non rende però omaggio a quella che è in tutte le sue complesse sfaccettature la mente criminale più complessa e geniale di tutto l'universo dei cinecomics, puntando tutto sul sentimento e lasciando poco spazio alla verosimiglianza, sia rispetto al personaggio descritto e sia ad una successione di eventi che lasciano perplessi per via di un'esagerazione nell'esaltazione della follia del Fleck, condita troppo spesso da situazioni paradossali. Cinematograficamente parlando, il film è una pellicola di pregevole fattura, a tratti incrinata da una storia che nei momenti clou si perde nelle proprie complicazioni.
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filippo_24
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venerdì 3 aprile 2020
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il joker di phillips è l'epilogo drammatico di una società che non conosce il bene e il male
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Per impostare un commento critico sulla pellicola di Phillips è necessario partire da una premessa: il film è poco o niente fedele all'effettiva storia del Joker narrata nei fumetti DC. Non c'è, dunque, da aspettarsi un trattato biografico del variopinto villain (del quale non si conobbe mai il vero nome, per esempio), quanto una libera e svincolata interpretazione caratteriale e psicologica che il regista ha voluto rappresentare. Il racconto si apre su una Gotham City sporca e piena di rifiuti, nella quale fa capolino l'aspirante comico Arthur Fleck. Egli lavora come clown presso una struttura che non si preoccupa di tutelare i propri lavoratori, che vengono regolarmente aggrediti in strada o derubati dei propri cartelli pubblicitari.
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Per impostare un commento critico sulla pellicola di Phillips è necessario partire da una premessa: il film è poco o niente fedele all'effettiva storia del Joker narrata nei fumetti DC. Non c'è, dunque, da aspettarsi un trattato biografico del variopinto villain (del quale non si conobbe mai il vero nome, per esempio), quanto una libera e svincolata interpretazione caratteriale e psicologica che il regista ha voluto rappresentare. Il racconto si apre su una Gotham City sporca e piena di rifiuti, nella quale fa capolino l'aspirante comico Arthur Fleck. Egli lavora come clown presso una struttura che non si preoccupa di tutelare i propri lavoratori, che vengono regolarmente aggrediti in strada o derubati dei propri cartelli pubblicitari. Disturbato mentalmente, Fleck emette risate stridule fuori controllo, motivo per cui la madre gli ha affibbiato il soprannome di "Happy". La vita del clown prende una piega drammatica nel momento in cui viene pestato in metropolitana da tre ragazzi, associati alla grande società di Thomas Wayne, padre di Bruce (Batman) e del quale la madre psicotica è sempre stata innamorata in maniera ossessiva e malsana. L'uccisione dei tre ragazzi comporterà il cambiamento profondo di Arthur, deriso e ormai fallito nei propri "sogni da cabaret", trasformandolo in un pericoloso omicida che tenta di fare giustizia in una città piena di egoismo, crudeltà e rifiuti che forse non sono soltanto materiali. Il messaggio che Phillips sembra infatti voler mandare attraverso il suo Joker è in tutto e per tutto considerabile quanto più drammatico possibile: la società rende l'uomo malvagio. Per quanto banale, l'idea di fondo è resa con efficacia dalla bravura di tutto il cast nella recitazione unita alla grande abilità cinematografica dell'entourage del quale Phillips si è servito per il film. La magistrale interpretazione di Phoenix è coadiuvata da una sceneggiatura che ne esalta l'importanza e da una fotografia eccellente che lo rende l'epicentro della narrazione anche a livello di immagine. Il film ha alcuni spunti interessanti, come quello della "fidanzata immaginaria", che però non riescono a sostenere una narrazione un po' forzata e per certi versi inverosimile. La rivalità tra Joker e Thomas Wayne (frutto di terribile equivoco) o la rivolta finale che vede Phoenix elevarsi a "Re di Gotham" e dei suoi cittadini, insoddisfatti del "ricco che surclassa il povero", sono soluzioni che non prestano purtroppo fede a quella che dovrebbe essere una storia con un fondo di reale, cadendo a tratti nell'utopismo societario e trasformando nel finale una Gotham City cupa e "noir", resa perfettamente da un'ambientazione cinematografica impeccabile, in un'arena per combattimenti. L'idea della società insoddisfatta degli squilibri tra ceti sociali è un evergreen che ha sempre funzionato, in questo caso non è però supportata da una concretezza narrativa nel descrivere la natura di questi squilibri, finendo per rendere i cittadini di Gotham dei vandali che prendono le parti di un clown assassino ancor prima di conoscerne le motivazioni che lo hanno spinto a massacrare tre giovani neolaureati, rei (per i cittadini) di lavorare per un uomo potente come Thomas Wayne, e dunque necessariamente sacrificabili. Quello di Phillips è un Joker che forse vive in un universo parallelo a quello originale, e questo è di grande audacia, la pecca principale del film è però quella di soffermarsi in maniera fin troppo marcata, stopposa ed elefantiaca su eventi narrativi irrilevanti e inverosimili, uno su tutti la convinzione di Arthur di essere figlio di Wayne per via dei disagi della madre. L'opera di Phillips può quasi prendere la valenza di un trattato utopistico di psico-sociologia con un fondo di sostanziosa realtà, che non rende però omaggio a quella che è in tutte le sue complesse sfaccettature la mente criminale più complessa e geniale di tutto l'universo dei cinecomics, puntando tutto sul sentimento e lasciando poco spazio alla verosimiglianza, sia rispetto al personaggio descritto e sia ad una successione di eventi che lasciano perplessi per via di un'esagerazione nell'esaltazione della follia del Fleck, condita troppo spesso da situazioni paradossali. Cinematograficamente parlando, il film è una pellicola di pregevole fattura, a tratti incrinata da una storia che nei momenti clou si perde nelle proprie complicazioni.
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johseph
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lunedì 23 marzo 2020
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raffinato
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Phoenix mi ha lasciato praticamente incantato durante alcuni momenti della sua performance. Probabilmente il massimo della prova la mostra con De Niro ospite del programma. In quel momento Joaquin tira fuori tutto il suo repertorio. Eleganza, raffinatezza, ironia, rabbia. Nell'interpretazione, sembra addirittura effemminato, difficile da decifrare la scelta di quel messaggio. Jocker, è un quadro d'autore che viaggia di pari passo con la eccellente colonna sonora. I suoni ricreati, mi restituivano l'esatto stato psichico della mente di Arthur. Erano anni che non mi sentivo cosi eccitato durante l'inserimento del disco nel lettore Bluray. Gia dal primo minuto è possibile assaporare l'angisciante atmosfera del film.
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Phoenix mi ha lasciato praticamente incantato durante alcuni momenti della sua performance. Probabilmente il massimo della prova la mostra con De Niro ospite del programma. In quel momento Joaquin tira fuori tutto il suo repertorio. Eleganza, raffinatezza, ironia, rabbia. Nell'interpretazione, sembra addirittura effemminato, difficile da decifrare la scelta di quel messaggio. Jocker, è un quadro d'autore che viaggia di pari passo con la eccellente colonna sonora. I suoni ricreati, mi restituivano l'esatto stato psichico della mente di Arthur. Erano anni che non mi sentivo cosi eccitato durante l'inserimento del disco nel lettore Bluray. Gia dal primo minuto è possibile assaporare l'angisciante atmosfera del film. Una pellicola da vedere e rivedere, pellicola che ho saputo ritagliarsi uno spazio solido nel cinema contemporaneo.
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(di stefania)
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psicosara
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lunedì 23 marzo 2020
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ride bene chi ride ultimo
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“Joker”scritto e diretto da Todd Phillips è un film molto discusso. E non credo che ciò riguardi soltanto l’aver vinto il Leone d’Oro come miglior Film alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica aVenezia. Il film ha suscitato un’attenzione quasi morbosa, perché i temi trattati sono ad alto contenuto psicologico e attivano dinamiche molto personali. Ecco spiegato il bisogno di ognuno di esprimere la propria opinione e il proprio commento a riguardo.
E’ vero che l’immagine del Joker fa parte dell’immaginario collettivo da oltre cinquanta anni, ma la storia pensata da Todd Phillips è molto distante dal solito standard dei cinecomic, non è la storia di un eroe o di una qualche redenzione; rispetto agli altri film della DC (ma anche della Marvel) siamo davvero agli antipodi.
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“Joker”scritto e diretto da Todd Phillips è un film molto discusso. E non credo che ciò riguardi soltanto l’aver vinto il Leone d’Oro come miglior Film alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica aVenezia. Il film ha suscitato un’attenzione quasi morbosa, perché i temi trattati sono ad alto contenuto psicologico e attivano dinamiche molto personali. Ecco spiegato il bisogno di ognuno di esprimere la propria opinione e il proprio commento a riguardo.
E’ vero che l’immagine del Joker fa parte dell’immaginario collettivo da oltre cinquanta anni, ma la storia pensata da Todd Phillips è molto distante dal solito standard dei cinecomic, non è la storia di un eroe o di una qualche redenzione; rispetto agli altri film della DC (ma anche della Marvel) siamo davvero agli antipodi.
E’ un Joker che si ispira ad Hollywood, a “Re per una notte” (1983) e “Taxi Driver” (1976) di Martin Scorsese. Ma senza il bisogno di scene d’azione. La presenza di Robert de Niro nel cast è una conferma del bisogno di realismo da cui si è fatto ispirare il regista statunitense, già famoso per film quali “Una notte da leoni (2009), “Parto col folle (2010)” e “Trafficanti” (2016), film in cui il cinismo si mescola con la comicità e la drammaticità.
Il progetto di Phillips per Joker è ambizioso: sfruttare un personaggio noto al grande pubblico come Joker per realizzare un film "vecchio" (perché figlio dell'epoca cui guarda con tanta ammirazione), ma al tempo stesso innovativo e nuovissimo se guardato con gli occhi del pubblico di oggi. Nel film non viene mai specificato in che anno si sviluppa la vicenda, ma da soli riusciamo a collocarla orientativamente tra la fine degli Anni ’70 e gli inizi degli Anni ’80: questo lo si può dedurre dalle ambientazioni, dagli indumenti dei personaggi, da alcuni dettagli degli arredi, come la carta da parato e dalla centralità della TV nelle case.
Il protagonista si chiama Arthur Fleck, ed è interpretato magistralmente da Joaquin Phoenix. Arthur (che non è ancora Joker), è un tipo ‘strano’ ma in fondo buono, dedito ad occuparsi della madre malata con la quale vive in un palazzo grottesco. Fa il clown di professione a Gotham City e spera di diventare un grande comico come il suo idolo, il presentatore del quiz show Murray Franklin (Robert De Niro). Arthur intende portare gioia alle persone, ma ben presto si rende conto che le persone non ridono con lui ma di lui.
La scelta dell’attore protagonista si è rivelata fondamentale: dopo Cesar Romero, Jack Nicholson, Heath Ledger e Jared Leto è dunque Joaquin Phoenix a indossare i panni di Joker, anche se la sua è un'operazione diversa dalle precedenti. Joaquin Phoenix sembra essere la persona adatta a questo ruolo perché dai suoi occhi e dalla sua infanzia, proviene la giusta malinconia che rende Joker un personaggio con cui è molto facile entrare in empatia. Il Joker di Phoenix (anche se non immediatamente) diventa il vero protagonista del film. Possiamo tranquillamente dire che all'inizio del film, Joker non esiste ancora e che esisterà soltanto dopo Arthur, dopo le delusioni e i soprusi, quindi soltanto grazie al fallimento di Fleck. Joker è dunque il risultato di un fallimento, ed in questo è molto diverso dai Joker che lo hanno preceduto che invece esistevano già all’inizio come espressione del male, come antagonisti dell’eroe buono Batman.
In una della scene più epiche, il protagonista si esibisce proprio sulla scalinata in un ballo accompagnato dalle note di Rock and Roll Part 2 di Gary GlitteIn. Il ballo, tutta la rappresentazione, assomiglia a un rito catartico: serve a calmare dopo un evento stressante. Quando Arthur/Joker danza e canta, si distacca dalla realtà che lo circonda. Sembra allontanarsi, prendere le distanze dal resto. Sia in termini di Spazio che di Tempo. Dice lo stesso Joaquin: “Ho voluto creare il mio Joker, che fosse frutto della mia immaginazione o della mia pazzia. Per esempio nei movimenti: ci sono momenti in cui danza in modo così leggero che sembra sollevarsi dalla tristezza del mondo in cui vive. Per questo mi sono ispirato a Ray Bolger, lo spaventapasseri de “Il mago di Oz”.
Danzare è un gesto ancestrale: il ballo ritorna in varie scene del film, dopo il suo primo crimine, Arthur scappa inorridito e si rifugia in una toilette ed è proprio lì che comincia a danzare, in preda ad un senso di liberazione, comincia a muoversi in maniera sinuosa, non è dato sapere se il senso di liberazione sia dovuto di più al crimine commesso o al ballo messo in atto per celebrarlo.
E’ come se solo dopo aver ballato i suoi problemi psicologici scomparissero per quel breve momento, restituendogli una momentanea leggerezza interiore.
Dalla sinossi ufficiale del film leggiamo: “L’esplorazione di Phillips su Arthur Fleck, interpretato in modo indimenticabile da Joaquin Phoenix, è quella di un uomo che lotta per trovare la sua strada in una società fratturata come Gotham”. Il passo in avanti che fa questo film è raccontare la malattia mentale del singolo inserendola in una società distratta o cinica, per così dire. La malattia è raccontata nel dettaglio: attraverso i dialoghi con la psicologa, attraverso i ricordi dei traumi subiti, nel tentativo di recupero delle proprie origini, nell’uso di psicofarmaci; è una malattia che emerge dal corpo emaciato del protagonista e dai suoi problemi relazionali, dalle sue allucinazioni, in cui si immagina una volta protagonista di un talk show e una volta a cena con l’inquilina del suo palazzo.
La malattia di Arthur Fleck esiste, ma viene fraintesa, minimizzata, ironizzata dagli altri. Come la sua risata, che è sempre fuori luogo e fuori tempo, così fuori tempo da essere incompresa. Perciò Arthur lascia dei biglietti alle persone che incontra per spiegare loro il suo disturbo, per spiegare che la sua risata non è segno di gioia ma una richiesta di aiuto. E’ ipotizzabile pensare ad un Sequel di Joker perché il film apre una serie di questioni sociali quanto mai attuali e desta molta curiosità: che fine faranno i cattivi? Che fine faremo noi?
Gli ultimi diventeranno i primi o resteranno ultimi?
Per quanto questo momento storico stia cercando di minimizzare la realtà, dissimulandola, trasformandola in un Meme, non si può non considerare come inevitabili, condizioni come la solitudine, la malattia e il disagio sociale.
Dunque, la condizione di Arthur sarebbe inevitabile. Ma possiamo fare in modo che non si arrivi al Joker?
Siamo ancora in tempo?
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penna e calamaio
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mercoledì 18 marzo 2020
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ahahahahah
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Anche il più fervido sostenitore di Batman potrebbe tendere la mano a questo Joker .
Folle , dinamico , figlio di una società malata ma fondamentalmente molto fragile.
Un pagliaccio inquieto pronto ad esplodere in ognuno di noi, in determinate situazioni, in determinati contesti.
La danza sulle scale di periferia vale da sola il prezzo del biglietto al pari di un Phoenix ai massimi livelli.
Come al solito si può discutere se un film piaccia o meno , ma non si può discutere sulla qualità oggettiva di musiche, ambientazioni,costumi e recitazione che in questo caso sono medio alte .
Lontanissimo dalle produzioni con effetti speciali dedicate al mondo dei fumetti , catturera ' sicuramente le attenzioni di un pubblico adulto e maturo.
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Anche il più fervido sostenitore di Batman potrebbe tendere la mano a questo Joker .
Folle , dinamico , figlio di una società malata ma fondamentalmente molto fragile.
Un pagliaccio inquieto pronto ad esplodere in ognuno di noi, in determinate situazioni, in determinati contesti.
La danza sulle scale di periferia vale da sola il prezzo del biglietto al pari di un Phoenix ai massimi livelli.
Come al solito si può discutere se un film piaccia o meno , ma non si può discutere sulla qualità oggettiva di musiche, ambientazioni,costumi e recitazione che in questo caso sono medio alte .
Lontanissimo dalle produzioni con effetti speciali dedicate al mondo dei fumetti , catturera ' sicuramente le attenzioni di un pubblico adulto e maturo.
Vi saluto vado a mettermi il rossetto.
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giorgy
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giovedì 12 marzo 2020
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capolavoro assoluto
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una meraviglia per i miei occhi, guardatevelo tutti! Tra i film piu' belli del ventunesimo secolo.
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matt
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sabato 29 febbraio 2020
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il film più bello del xxi secolo!
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Questo film è unico! Non ho mai visto un film come questo, questo è un film che mi ha cambiato quasi il modo di vedere il mondo, a vedere che ci sono milioni di Arthur nel mondo, migliori di persone che tendono la mano senza risposta. Questo film è diretto alla stragrande, e la fotografia segue Arthur con un tocco di maestria. Beh Joaquin Phoenix è meraviglioso, e l’oscar che ha vinto è meritato al 100%! Anche se lui ha fatto decine di capolavori, Her, The Master, Il gladiatore, walk in the line, e ora si aggiunge Joker. Todd Phillips già l’ho letteralmente amato in Una Notte Da Leoni, dove a creato una delle commedie più belle di sempre, e io ho sempre saputo che lui è un grande regista, e ha un grandissimo potenziale! Film geniale, meraviglioso Voto :
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gbavila
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lunedì 24 febbraio 2020
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contro i mulini a vento
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"Tutti sono orrendi oggigiorno, abbastanza da far impazzire chiunque". E' lo sfogo di Arthur che da troppo buono diventa troppo cattivo o troppo folle. L'ombra di don Chisciotte è immanente, e il novello cavaliere errante intraprende la sua missione di difensore dei deboli incurante delle conseguenze, contro i gigant (mulini a vento?) di cui questo mondo si riempie. "Quelli di noi che hanno prodotto qualcosa nella virta vedranno quelli che non l'hanno fatto soltanto come clown", così speiga l'aspirante sindaco di Gotham City, Thomas Waine, che è anche genitore negato di Arhur il cui riso somigia tanto a un pianto: "è che non voglio più stare così male" sussurra Arthur.
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"Tutti sono orrendi oggigiorno, abbastanza da far impazzire chiunque". E' lo sfogo di Arthur che da troppo buono diventa troppo cattivo o troppo folle. L'ombra di don Chisciotte è immanente, e il novello cavaliere errante intraprende la sua missione di difensore dei deboli incurante delle conseguenze, contro i gigant (mulini a vento?) di cui questo mondo si riempie. "Quelli di noi che hanno prodotto qualcosa nella virta vedranno quelli che non l'hanno fatto soltanto come clown", così speiga l'aspirante sindaco di Gotham City, Thomas Waine, che è anche genitore negato di Arhur il cui riso somigia tanto a un pianto: "è che non voglio più stare così male" sussurra Arthur. Ma non c'è pietà, il municipio ha tagliato i fondi, non vuole ascoltare il pianto di tanti e non vuole che alcuno li ascolti, anche la psicologa (sacerdote), lo showman (barbiere), l'investigatore (baccelliere). Gi rimane la vicina Sophie (Dulcinea) che lenisce appena la sua angoscia finendo col testimoniare l'inevitabile vortice autodistruttivo di Arthur che nel diario evidenzia il suo epitaffio: "spero che la mia morte abbia più senso della mia vita". Questa amara riflessione ci richiama a quella dell'antesignano del romanzo, Cervantes, che ha saputo guardarci come eravamo e siamo: "io penso che quel tizio che l'ha fatto sia un eroe". Grande lavoro anche pedagogico con un gigantesco Joaquin Phoenix, sempre fortemente credibile, e un Todd Philips coraggiosissimo.
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rebbi
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giovedì 20 febbraio 2020
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un joker
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La mia recensione arriva quando ormai tutti i premi possibili questo Joker li ha ricevuti. Suonerà quindi scontata o ripetitiva una recensione che premia questo film. Il mio primo Joker l’ho visto al cinema, ed era il joker di Jake Nicholson, ormai tanti anni fa. Da allora molti altri hanno interpretato il cattivo Joker ma, a mio parere, Joaquin ha superato se stesso ed il personaggio, mostrando la sua nascita. È nel cambiamento, nello scoprire o mostrare la maschera che troviamo il fascino di un film che ci mostra non solo un cattivo, ma l’uomo che era. Film da vedere almeno una volta nella vita, da rivedere per intenditori. Grazie Phoenix.
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rikitikitawi
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giovedì 13 febbraio 2020
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ma siamo matti ?!
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Assolutamente mediocre : film noioso , scontato , un qualcosa di già visto, regia più che mediocre . Non mi capacito del successo che ha .
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