chewbacca
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venerdì 1 novembre 2019
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ridi, pagliaccio
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È, questo Joker, un film in cui le risate risuonano quasi ossessivamente. Ride incontrollatamente Joker, a causa di un grave disturbo neurologico che lo porta a sogghignare nei momenti di tensione; ride forzatamente il pubblico delle stand up comedy e degli show televisivi, un mondo al quale Joker, aspirante comico, vorrebbe disperatamente appartenere. Il film è un susseguirsi di risate, ma nessuna mette davvero allegria. Il Joker di Todd Philips è un artista incompreso e fallito, un outsider emotivamente instabile, un individuo inesprimibilmente solo, e soprattutto è un personaggio profondamente umano rispetto al villain che si tende di solito a rappresentare, la cui personalità si esaurisce semplicemente nel ruolo di supercattivo.
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È, questo Joker, un film in cui le risate risuonano quasi ossessivamente. Ride incontrollatamente Joker, a causa di un grave disturbo neurologico che lo porta a sogghignare nei momenti di tensione; ride forzatamente il pubblico delle stand up comedy e degli show televisivi, un mondo al quale Joker, aspirante comico, vorrebbe disperatamente appartenere. Il film è un susseguirsi di risate, ma nessuna mette davvero allegria. Il Joker di Todd Philips è un artista incompreso e fallito, un outsider emotivamente instabile, un individuo inesprimibilmente solo, e soprattutto è un personaggio profondamente umano rispetto al villain che si tende di solito a rappresentare, la cui personalità si esaurisce semplicemente nel ruolo di supercattivo. Ad interpretarlo è uno straordinario Joaquin Phoenix, che usa il suo intero corpo - l’intensità dello sguardo, le smorfie del viso, i contorcimenti del busto, il tremore delle gambe, i piedi che danzano come seguendo una melodia interiore - come uno strumento per dare una profondissima espressività ad un personaggio complesso e discordante come Joker, che nel corso del film ride terrorizzato, balla inferocito, piange sogghignando. Quella di Joker è un’esistenza segnata dalla dissonanza e dall’incomunicabilità, entrambe espresse attraverso la sua sconvolgente, disperata risata. E questa terribile dissonanza, questa potente contraddizione, pervade l’intero film, a partire dalla bellissima colonna sonora, nella quale si succedono Hurt di Johnny Cash, Frank Sinatra con That’s Life, White Room dei Cream in un alternarsi quasi schizofrenico di melodie dai toni e colori opposti; si ritrova nel viso pitturato di bianco, blu e rosso di Joker, nei suoi abiti di uno sgargiante arancione, che spiccano vividamente mettendo dolorosamente in risalto, per contrasto, il grigiore della solitudine e della depressione, lo squallore della periferia di Gotham City, la miseria della povertà e della malattia. Centrale è anche il tema dell’incomunicabilità, dell’incapacità di esprimersi e di essere compresi. Il trucco da pagliaccio non è qui volontà di nascondersi, ma incapacità, vissuta con estrema sofferenza, di mostrarsi. La violenza di Joker può essere così interpretata come ultimo, unico modo di comunicarsi al mondo. La violenza è comunicazione diretta, impossibile da fraintendere: diventa la sola maniera in cui Joker può sperare di essere compreso. Non a caso è proprio un suo atto di estrema violenza, l’assassinio di tre giovani broker, la sua unica azione che viene pienamente compresa dalla collettività: il suo omicidio è un chiaro messaggio di rabbia e di protesta contro le classi privilegiate, immediatamente raccolto dai poveri e dagli emarginati che si possono riconoscere in lui. Joker può essere letto a livello politico come simbolo di tutti i reietti, degli altri, di quelli che scoppiano a ridere quando tutti sono in silenzio, reclamando la loro presenza nel mondo, esprimendo un malessere che l’élite al potere non sa, non vuole comprendere, e non riesce di conseguenza a rappresentare. Ed è così che la massa degli ultimi finisce per identificarsi con Joker, qui opposto ad un giovane, ricco Bruce Wayne che sembra vivere fuori dalla realtà, a rappresentare le distanze prese dalla classe dominante da una parte della società che preferiscono ignorare, dimenticare, oppure ridicolizzare. Dal film emerge il ritratto di una realtà sociale feroce, rappresentata come un palcoscenico il cui pubblico impietoso deride tutti coloro che non sono dei bravi attori: fra questi, sicuramente i malati mentali. All’interno di questa società l’arte e la comunicazione sono messe al servizio dell’intrattenimento, del divertimento, della risata: la televisione nasconde sotto ad un manto d’ilarità forzata una realtà inopportuna, almeno fino a che questa non fa irruzione negli studios televisivi con Joker che uccide in diretta un noto conduttore televisivo. La dissociazione fra apparenza e realtà vissuta da Joker si ritrova così anche a livello sociale: quello che il film sembra suggerire è che in fondo Joker si nasconde in ognuno di noi. Joker può essere infatti interpretato come rappresentazione dell’intera umanità nella società dell’immagine, un’umanità spinta a mostrarsi felice sempre e in ogni caso, a nascondere la disperazione sotto ad una rossa risata da pagliaccio.
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chewbacca
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giovedì 31 ottobre 2019
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ridi pagliaccio
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È, questo Joker, un film in cui le risate risuonano quasi ossessivamente. Ride incontrollatamente Joker, a causa di un grave disturbo neurologico che lo porta a sogghignare nei momenti di tensione; ride forzatamente il pubblico delle stand up comedy e degli show televisivi, un mondo al quale Joker, aspirante comico, vorrebbe disperatamente appartenere. Il film è un susseguirsi di risate, ma nessuna mette davvero allegria. Il Joker di Todd Philips è un’artista incompreso e fallito, un’outsider emotivamente instabile, un individuo inesprimibilmente solo, e soprattutto è un personaggio profondamente umano rispetto al villain che si tende di solito a rappresentare, la cui personalità si esaurisce semplicemente nel ruolo di supercattivo.
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È, questo Joker, un film in cui le risate risuonano quasi ossessivamente. Ride incontrollatamente Joker, a causa di un grave disturbo neurologico che lo porta a sogghignare nei momenti di tensione; ride forzatamente il pubblico delle stand up comedy e degli show televisivi, un mondo al quale Joker, aspirante comico, vorrebbe disperatamente appartenere. Il film è un susseguirsi di risate, ma nessuna mette davvero allegria. Il Joker di Todd Philips è un’artista incompreso e fallito, un’outsider emotivamente instabile, un individuo inesprimibilmente solo, e soprattutto è un personaggio profondamente umano rispetto al villain che si tende di solito a rappresentare, la cui personalità si esaurisce semplicemente nel ruolo di supercattivo. Ad interpretarlo è uno straordinario Joaquin Phoenix, che usa il suo intero corpo - l’intensità dello sguardo, le smorfie del viso, i contorcimenti del busto, il tremore delle gambe, i piedi che danzano come seguendo una melodia interiore - come uno strumento per dare una profondissima espressività ad un personaggio complesso e discordante come Joker, che nel corso del film ride terrorizzato, balla inferocito, piange sogghignando. Quella di Joker è un’esistenza segnata dalla dissonanza e dall’incomunicabilità, entrambe espresse attraverso la sua sconvolgente, disperata risata. E questa terribile dissonanza, questa potente contraddizione, pervade l’intero film, a partire dalla bellissima colonna sonora, nella quale si succedono Hurt di Johnny Cash, Frank Sinatra con That’s Life, White Room dei Cream in un alternarsi quasi schizofrenico di melodie dai toni e colori opposti; si ritrova nel viso pitturato di bianco, blu e rosso di Joker, nei suoi abiti di uno sgargiante arancione, che spiccano vividamente mettendo dolorosamente in risalto, per contrasto, il grigiore della solitudine e della depressione, lo squallore della periferia di Gotham City, la miseria della povertà e della malattia. Centrale è anche il tema dell’incomunicabilità, dell’incapacità di esprimersi e di essere compresi. Il trucco da pagliaccio non è qui volontà di nascondersi, ma incapacità, vissuta con estrema sofferenza, di mostrarsi. La violenza di Joker può essere così interpretata come ultimo, unico modo di comunicarsi al mondo. La violenza è comunicazione diretta, impossibile da fraintendere: diventa la sola maniera in cui Joker può sperare di essere compreso. Non a caso è proprio un suo atto di estrema violenza, l’assassinio di tre giovani broker, la sua unica azione che viene pienamente compresa dalla collettività: il suo omicidio è un chiaro messaggio di rabbia e di protesta contro le classi privilegiate, immediatamente raccolto dai poveri e dagli emarginati che si possono riconoscere in lui. Joker può essere letto a livello politico come simbolo di tutti i reietti, degli altri, di quelli che scoppiano a ridere quando tutti sono in silenzio, reclamando la loro presenza nel mondo, esprimendo un malessere che l’élite al potere non sa, non vuole comprendere, e non riesce di conseguenza a rappresentare. Ed è così che la massa degli ultimi finisce per identificarsi con Joker, qui opposto ad un giovane, ricco Bruce Wayne che sembra vivere fuori dalla realtà, a rappresentare le distanze prese dalla classe dominante da una parte della società che preferiscono ignorare, dimenticare, oppure ridicolizzare. Dal film emerge il ritratto di una realtà sociale feroce, rappresentata come un palcoscenico il cui pubblico impietoso deride tutti coloro che non sono dei bravi attori: fra questi, sicuramente i malati mentali. All’interno di questa società l’arte e la comunicazione sono messe al servizio dell’intrattenimento, del divertimento, della risata: la televisione nasconde sotto ad un manto d’ilarità forzata una realtà inopportuna, almeno fino a che questa non fa irruzione negli studios televisivi con Joker che uccide in diretta un noto conduttore televisivo. La dissociazione fra apparenza e realtà vissuta da Joker si ritrova così anche a livello sociale: quello che il film sembra suggerire è che in fondo Joker si nasconde in ognuno di noi. Joker può essere infatti interpretato come rappresentazione dell’intera umanità nella società dell’immagine, un’umanità spinta a mostrarsi felice sempre e in ogni caso, nascondendo la disperazione sotto ad una rossa risata da pagliaccio.
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lucio di loreto
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giovedì 31 ottobre 2019
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la tristezza di essere un villain
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La bruttezza e ipocrisia della società attuale, vengono raccontati nello spaccato di una surreale ma similare Gotham City, prima dell’avvento del supereroe pipistrello. La politica infatti è anche qui carente, i ricchi si ergono a salvatori della patria, i servizi pubblici scarseggiano, gli ultimi non hanno vie di sbocco e bullismo e prepotenza la fanno da padroni. Gli Yuppies anni 80 inoltre, pure da queste parti lavorano sodo durante la giornata, guadagnandosi lauti stipendi e ottenendo enormi soddisfazioni personali, ma dopo cena si sballano in giacca e cravatta prendendosela con donne in metro o barboni per strada. Ad affrontare l’American Psycho di Christian Bale dunque, si innalzerà Arthur Fleck, prototipo primordiale dei serial killer modello, quello che prima di esplodere rabbia e veemenza abbozza in silenzio, riflette, capisce minuziosamente quali sono i nemici e poi li colpisce uno ad uno.
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La bruttezza e ipocrisia della società attuale, vengono raccontati nello spaccato di una surreale ma similare Gotham City, prima dell’avvento del supereroe pipistrello. La politica infatti è anche qui carente, i ricchi si ergono a salvatori della patria, i servizi pubblici scarseggiano, gli ultimi non hanno vie di sbocco e bullismo e prepotenza la fanno da padroni. Gli Yuppies anni 80 inoltre, pure da queste parti lavorano sodo durante la giornata, guadagnandosi lauti stipendi e ottenendo enormi soddisfazioni personali, ma dopo cena si sballano in giacca e cravatta prendendosela con donne in metro o barboni per strada. Ad affrontare l’American Psycho di Christian Bale dunque, si innalzerà Arthur Fleck, prototipo primordiale dei serial killer modello, quello che prima di esplodere rabbia e veemenza abbozza in silenzio, riflette, capisce minuziosamente quali sono i nemici e poi li colpisce uno ad uno. Soprattutto la sua psicologia, il passato e le ombre sono negative e traumatiche non per colpa propria ma per un’infanzia mai vissuta o al massimo infelice. Le polemiche sul film di Todd Phillips e in particolare sulla scrittura “violenta”, intesa come morbosa pratica esaltante della brutalità psicofisica del protagonista, stanno infatti nel voler quasi giustificare le reazioni impetuose del suo Joker, impersonato da un Joaquin Phoenix – clamoroso a dirsi vista la magnifica filmografia – nel lifetime rule e probabilmente al canto del cigno, per quanto concerne intensità e improvvisazione. Purtroppo l’amara verità, che innalzerà il pagliaccio di Arthur a simbolo di una rivolta civile, è che i mostri presenti nei secoli di ogni civiltà, gli assassini o gli spostati di turno, nascono tali in una sorta di aggressività latente e introspettiva, ma scoppiano verso l’estrema eversione per colpa di una collettività che non concede loro valvole di sfogo e ripresa. L’omaggio al Rupert Pupkin di Scorsese ci sta tutto e l’uguaglianza fra i due è spiccicata. Se l’antieroe di Re per una Notte non “splattera” nessuno è semplicemente perché ottiene ciò di cui ha bisogno, a differenza di Arthur: superare la border line che impedisce ad un ultimo represso e accantonato dalla vita di salire sul carro della celebrità e redenzione, più che verso gli altri verso se stesso. Pure lì c’è una mamma opprimente, un mito da odiare/imitare, molteplici difficoltà sociali e lavorative ed una furia contenuta ma pronta a deflagrare in ogni istante. La splendida fotografia di Lawrence Sher crea una City ancor più dark dei racconti DC e collima in modo perfetto con le inquadrature che il regista effettua nei meravigliosi campi lunghi, specializzati in questo caso a farci ricordare la New York notturna di Taxi Driver, mai così noir. Phillips inoltre, si avvale della propria esperienza da comedy maker di livello, dando perciò ampio risalto nella sua sceneggiatura alla magistrale capacità di Phoenix di impersonare qualunque cosa, riuscendo a trasformare l’unico e ambiguo sguardo del villain in un miscuglio di sensazioni caratteriali diverse. Ciò che un po' manca nel soggetto del film è una giustificazione più convincente del repentino cambiamento e metamorfosi da Arthur a Joker, allorquando si passa da isterici e continui pianti, risate, strilla e profondi pensieri tuttavia soltanto introspettivi, alla freddezza dell’esecutore “Tarantiniano”, che non risparmia nessuno, dai colleghi svegli e smaliziati fino all’adorata mamma malata, scopo esclusivo della sua vita, graziando dalla sua missione finale perciò solamente a chi società e vita hanno riservato lo stesso trattamento, che siano nani sbeffeggiati o ragazze isolate e abbandonate, a meno che quest’ultime non rappresentino solamente sogni e fantasie. I primi piani sul protagonista valgono da soli la perfezione della pellicola, carpendone tutte le sensazioni, i sospiri, gli umori e i tormenti dell’animo, però portandoci purtroppo a fare il tifo per lui, criminale sociopatico camuffato da supereroe contro l’ingiusta società moderna.
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eden artemisio
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mercoledì 30 ottobre 2019
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... e se fosse una commedia
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“Pensavo che la mia vita fosse una tragedia, ma ora mi rendo conto che è una commedia”. La frase pronunciata da Arthur delinea i confini del mondo di Joker. Se, però, la narrativa tragica scende di livello e di tono nella commedia, la drammaticità e la sofferenza dei protagonisti non scema. Il film mi è piaciuto molto perché riesce a comunicare con maestria la banalità del male. L’estremo disagio sociale ed esistenziale in cui vivono Arthur e sua madre è l’inizio di una ricerca che porta Arthur a conoscere chi è veramente. E’ quella una storia di una progressiva e graduale presa di coscienza.
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“Pensavo che la mia vita fosse una tragedia, ma ora mi rendo conto che è una commedia”. La frase pronunciata da Arthur delinea i confini del mondo di Joker. Se, però, la narrativa tragica scende di livello e di tono nella commedia, la drammaticità e la sofferenza dei protagonisti non scema. Il film mi è piaciuto molto perché riesce a comunicare con maestria la banalità del male. L’estremo disagio sociale ed esistenziale in cui vivono Arthur e sua madre è l’inizio di una ricerca che porta Arthur a conoscere chi è veramente. E’ quella una storia di una progressiva e graduale presa di coscienza. E’ così che Arthur comprende di non essere il protagonista di una tragedia, ma di una commedia, nella quale finisce per scomparire la distinzione tra il bene e il male. Ma quando il male diventa banale non ha più riprovazione. Per trattare quel tema senza cadere nel ridicolo della inverosimiglianza occorreva molto equilibrio, del quale bisogna rendere merito alla scrittura e alla direzione del film. Appartiene, invece, allo straordinario talento di Joaquin Phoenix la capacità di farci conoscere la mente bacata di Arthur nella sua degenerazione progressiva fino a diventare l’universo infernale di Joker. Le doti interpretative di Phoenix non dovrebbero sorprendere chi ricorda la mente contorta di Commodo, impersonato nel film “Il gladiatore”, e il tormento di Johnny Cash, protagonista del film “Quando l’amore brucia l’anima”. Con Joker, Phoenix supera sé stesso impersonando un ruolo ancora più complesso, la personificazione del male. Questo film non racconta soltanto la storia del cattivone di turno, ma anche, come sopra anticipato, la banalizzazione del male. Arthur uccide e diventa Joker. Da quel momento si pone al di là del bene e del male, ma parallelamente alla sua metamorfosi, anche i suoi concittadini mutano le loro personalità. La folla non solo approva le gesta di Joker, ma lo emula dando sfogo ad una follia collettiva che non lascia posto a salvezza e speranza alcuna. Joker involontariamente diventa l'uomo che rompe gli schemi ordinari. E per questo può diventare un simbolo per la folla che giustifica la violenza verso l'ingiustizia. Insomma, la folla è attratta dalla giustizia fai da te. Sarebbe, però, irriverente bigotteria ritenere diseducativo questo film che, in definitiva, si limita a riconoscere l’indecifrabilità del comportamento delle folle. Abbiamo imparato da tempo che le masse incoronano re, o acclamano dittatori, coloro che si pongono al di là del comportamento comune, che superano i limiti consentiti, magari sfidando l'ordine costituito, passando, per così dire, il Rubicone. Quello accade perché, soltanto dopo aver gettato il dato, un valente generale può diventare Cesare. Questa riflessione di fondo non può offuscare la grandezza del film. Immenso Phoenix.
Eden Artemisio
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francesca romana cerri
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martedì 29 ottobre 2019
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joker , un capolavoro assoluto del cinema mondiale
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Giunta al cinema con qualche pregiudizio, mi attendevo di vedere la progressiva scalata di un emerginato , un escluso dalla società nell'Olimpo. Credevo che Artur , il protagonista divenisse alla fine un comico famoso, come ci abiutuato tanto cinema americano. Nulla di tutto ciò, Artur, emerginato, povero, umiliato e con seri problemi mentali è preso a calci dalla società in continuazione, la sua rabbia esplode e si comporta da criminale. Quello che il film riesce a far provare allo spettatore , ed è questo il punto fondamentale è la stessa pietas per il protagonista del magistrale romanzo Delitto e Castigo. Noi riusciamo letteralmente a penetrare le ragioni di uno che non ha più ragione.
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Giunta al cinema con qualche pregiudizio, mi attendevo di vedere la progressiva scalata di un emerginato , un escluso dalla società nell'Olimpo. Credevo che Artur , il protagonista divenisse alla fine un comico famoso, come ci abiutuato tanto cinema americano. Nulla di tutto ciò, Artur, emerginato, povero, umiliato e con seri problemi mentali è preso a calci dalla società in continuazione, la sua rabbia esplode e si comporta da criminale. Quello che il film riesce a far provare allo spettatore , ed è questo il punto fondamentale è la stessa pietas per il protagonista del magistrale romanzo Delitto e Castigo. Noi riusciamo letteralmente a penetrare le ragioni di uno che non ha più ragione. Non ha ragione perchè spara, uccide e non ha ragione perchè non ragiona. Eppure noi usciamo completamente da quel giustizialismo tipico dei tempi di oggi, dove un criminale è un criminale ed un matto è solo un matto da rinchiudere. Noi percepiamo chiaramente con le emozioni dove è insita la mostruosità, dove si annidano i nemici del bene, e l'accusa è chiara, esplicita , senza mezzi termini: non si può giudicare l'individuo se non si legge il Contesto Sociale, se non si osserva l'atrocità della violenza Sociale, della disparità tra le classi, dell'intero sistema basato sull'Io, sull'Ego, sui rapporti di Dominazione. Fotografia, musica, sceneggiatura, interpretazione di tutti , non solo del grande protagonista collaborano in modo sinergico a questa comunicazione. Un'unità di intenti così forte, così limpida che non può non portare ad un Capolavoro Assoluto. Questo film resisterà al tempo, gli altri saranno dimenticati.
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vita
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martedì 29 ottobre 2019
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joker l'antiuomo
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Joker non è un film, è il film. Narra di una storia talmente irreale da sembrare reale dove tutto si basa sul concetto di normalità agli occhi di una società troppo cieca per vedere veramente. Il protagonista subisce nel corso della pellicola una trasformazione in climax che lo porta a diventare Joker, uno pseudouomo resosi conto dell'incomprensione della società che ha davanti ai suoi occhi, ma la sua non è una strada semplice, anzi: man mano perde ogni certezza e ognuna serve per definire il suo essere non uomo finale, caratterizzato dal l'opposto rispetto alla persona che è all'inizio. In una società priva di valori, dove conta più apparire che essere, il gioco di luci e colori ben studiato fanno concentrare lo spettatore su un protagonista tanto strano quanto affascinante.
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Joker non è un film, è il film. Narra di una storia talmente irreale da sembrare reale dove tutto si basa sul concetto di normalità agli occhi di una società troppo cieca per vedere veramente. Il protagonista subisce nel corso della pellicola una trasformazione in climax che lo porta a diventare Joker, uno pseudouomo resosi conto dell'incomprensione della società che ha davanti ai suoi occhi, ma la sua non è una strada semplice, anzi: man mano perde ogni certezza e ognuna serve per definire il suo essere non uomo finale, caratterizzato dal l'opposto rispetto alla persona che è all'inizio. In una società priva di valori, dove conta più apparire che essere, il gioco di luci e colori ben studiato fanno concentrare lo spettatore su un protagonista tanto strano quanto affascinante. Attori di una bravura unica, regia lodevole, significato profondo, in poche parole: imperdibile!
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saokekelle
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lunedì 28 ottobre 2019
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era molto che un film non mi prendeva così
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E' il racconto di una sofferenza personale. Bellissimo affresco, cupo, del malessere di vivere nella città. Ambientato in un imprecisato tempo del '900. Con sprazzi di pura genialità.
La domanda che lo spettatore, dopo aver apprezzato la fantastica fotografia del film è: Joker è una vittima o un carnefice?
La mia risposta è: la gentilezza e l'altruismo sono la salvezza del mondo ma la rapacità e la cattiveria lo distruggeranno: non ci sembrano essere vie d'uscita.
Si rimane, quindi, perplessi, con la sensazione, però, di aver visto un ottimo film, ottimamente girato e superbamente interpretato. Che non vuole inebetire lo spettatore con una violenza gratuita, anzi vuole raccontargli di una vita perduta che cerca in tutti i modi di redimersi.
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E' il racconto di una sofferenza personale. Bellissimo affresco, cupo, del malessere di vivere nella città. Ambientato in un imprecisato tempo del '900. Con sprazzi di pura genialità.
La domanda che lo spettatore, dopo aver apprezzato la fantastica fotografia del film è: Joker è una vittima o un carnefice?
La mia risposta è: la gentilezza e l'altruismo sono la salvezza del mondo ma la rapacità e la cattiveria lo distruggeranno: non ci sembrano essere vie d'uscita.
Si rimane, quindi, perplessi, con la sensazione, però, di aver visto un ottimo film, ottimamente girato e superbamente interpretato. Che non vuole inebetire lo spettatore con una violenza gratuita, anzi vuole raccontargli di una vita perduta che cerca in tutti i modi di redimersi.
Migliore scena del film: "vai pure Tom, non ti farò nulla, tu sei sempre stato gentile con me".
Struggente la citazione d'amore per Chaplin.
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cinemad70
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sabato 26 ottobre 2019
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ridi, happy
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Ridi, Happy
Corri.
Alzati, Happy
Metti sempre una faccia felice.
Non fa male.
”That's Life...that's what people say..."
Arthur, Happy per la madre, è un uomo disturbato. Vive nella parte più misera dei sobborghi di una Gotham city divorata dai topi. Deve salire ogni giorno una scalinata interminabile. Deve controllare ogni giorno la cassetta della posta e riferire a sua madre che la lettera tanto attesa non c'è.
"Arriverà" dice lei. "Siedi con me, e guardiamo il nostro show".
Ridi, Happy, un giorno ci sarai tu in quello show.
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Ridi, Happy
Corri.
Alzati, Happy
Metti sempre una faccia felice.
Non fa male.
”That's Life...that's what people say..."
Arthur, Happy per la madre, è un uomo disturbato. Vive nella parte più misera dei sobborghi di una Gotham city divorata dai topi. Deve salire ogni giorno una scalinata interminabile. Deve controllare ogni giorno la cassetta della posta e riferire a sua madre che la lettera tanto attesa non c'è.
"Arriverà" dice lei. "Siedi con me, e guardiamo il nostro show".
Ridi, Happy, un giorno ci sarai tu in quello show. Il sogno di una carriera da attore comico non può infrangersi contro una società che non sa più ridere. Che è diventata egoista, violenta, spietata.
Ti hanno pestato a sangue, Happy.
Prendi una pistola. Difenditi, Happy.
Ti pestano, di nuovo, Happy. Spara!
Spara!
Alzati.
Corri, Happy.
E ridi. Non ti venga mai in mente di scoppiare in un pianto liberatorio.
Non ci sono abbracci per te. Non c'è consolazione, per te.
La società non ha né tempo né voglia per accorgersi di te.
Il capitalismo ci ha voluto così, carne da macello per le pingui pance dei padroni.
Hanno iniziato con lo sfruttamento a due soldi, ci hanno illuso che i sacrifici saranno ripagati con un mondo di benessere per tutti. Ci hanno tolto la dignità, prima, e il tempo, dopo. La macchina deve funzionare. Un po' di sacrificio.
Lo show, il grande show, ci attende per il nostro successo.
Il treno percorre la periferia di una città fantasma. Sullo sfondo, i grattacieli delle istituzioni politiche e commerciali, le case dei politici, gli studi dello show tanto amato da Arthur. Due mondi. Una linea immaginaria al confine.
Ma qualcosa è cambiato.
Si è rialzato, Arthur, questa volta davvero.
Ha sparato, Arthur...e ha compreso che non ha rimorsi, Arthur.
Pensava che ne avrebbe avuti. Ma non ne ha.
È su tutti i giornali, Arthur, con la sua faccia felice. E lo emulano. Tutti con la stessa faccia che ride.
"Per tutta la vita non ho mai saputo se esistevo veramente, ma esisto. E le persone iniziano a notarlo.”
Ora sei un eroe, Happy. L'eroe di quella società che agiva con la stessa spietata mancanza di rimorsi che ora fa agire te.
Puoi finalmente scendere quell'interminabile scalinata, Happy, senza fatica. Anzi, ballaci su, Happy.
La vita è in discesa, adesso.
Sei felice, Happy?
Sei forte, adesso.
E sei il benvenuto.
Benvenuto all'inferno...
"That's Life... that's what people say"...
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uragano
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venerdì 25 ottobre 2019
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nessuno si salva da solo
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URAGANO
JOKER
Straordinario Doloroso Inquietante
Quando la Warner ha chiesto a Todd Phillips di definire il genere del film che avrebbe dovuto produrre il regista ha risposto che il film poteva definirsi una tragedia e Joker è davvero assimilabile ad una tragedia greca.
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URAGANO
JOKER
Straordinario Doloroso Inquietante
Quando la Warner ha chiesto a Todd Phillips di definire il genere del film che avrebbe dovuto produrre il regista ha risposto che il film poteva definirsi una tragedia e Joker è davvero assimilabile ad una tragedia greca. Aristotele sosteneva che la tragedia assolvesse ad una funzione catartica sul popolo che assisteva alla rappresentazione perchè attraverso il racconto di un personaggio e della sua vicenda umana lo spettatore immedesimandosi in esso ne provava le stesse emozioni e sperimentava la sofferenza e l'infelicità dell'esistenza
Ed è ciò che accade assistendo al film di Todd Phillips
La vita di Arthur Fleck è una tragedia egli è un uomo con problemi psichici che vive con l'anziana madre in un fatiscente appartamento di Gotham City La prima inquadratura del film ci catapulta in una città sommersa dalla spazzatura e dal degrado morale dove imperversano bande di ragazzini che compiono atti vandalici e che quando si imbattono in Arthur che gira per le strade della città con un insegna pubblicitaria lo deridono lo prendono a calci e lo lasciano tramortito in un vicolo buio sepolto da sacchi di immondizia. Attraverso la storia di Flek il regista ci fa compiere un cammino iniziatico che ha origine in un individuo con disturbi psichici sottoposto a terapie di riabilitazione e sedato da psicofarmaci.
ATTENZIONE SPOILER!
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Il susseguirsi degli avvenimenti dei soprusi delle violenze che l'uomo subisce e il taglio alla spesa farmaceutica con conseguente sospensione dei farmaci e dell assistenza psichiatrica lo conduranno in un delirio psicotico in un crescendo di alienazione che si trasformerà in follia omicida
Lentamente e dolorosamente assistiamo alla trasformazione di Flick in Joker nome che l'uomo assume nel momento in cui egli reagisce alla violenza impugnando una pistola ed uccidendo i suoi violentatori Balzando agli onori della cronaca i reietti di una società ingiusta interpreteranno le sue gesta come un riscatto contro il potere ed egli diventerà il simbolo di un movimento di protesta sociale Per la prima volta nella sua vita Flick si sentirà riconosciuto come essere umano "Per tutta la vita non ho mai saputo se esistevo veramente ma esisto e le persone iniziano a notarlo" E' cominciata la discesa agli inferi In un alternarsi di visioni nelle quali lo spettatore non riesce più a distinguere la finzione dalla realtà perchè diventa egli stesso Flick nel vivere le sue allucinazioni, l'uomo raggiungerà l'acme della follia nella scena finale nella quale deprivato di ogni sentimento andando oltre il confine del bene e del male sgozzerà la psicoanalista nell'ospedale in cui è ricoverato ricordandoci uno di quei personaggi balzati agli onori della cronaca di cui a volte leggiamo stando accomodati sulla nostra comoda poltrona nelle nostre confortevoli abitazioni e davanti alle cui gesta nella nostra presunta sanità mentale restiamo stupiti chiedendoci come un individuo possa imbracciare il fucile per sparare su una folla di innocenti…
La scena finale ci lascerà con un magone in gola in quanto come citava Platone ci siamo sentiti nel dipanarsi degli avvenimenti dentro Jocker diseredati ma anche investiti di una responsabilità che non vogliamo addossarci quella di essere incapaci di prenderci cura di chi è un nostro fratello più debole che non deve essere abbandonato ma sostenuto ed aiutato nel nostro stesso interesse perchè come ha detto qualcuno "nessuno si salva da solo"
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michelec
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venerdì 25 ottobre 2019
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la comprensione della follia dell' (anti)eroe
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Arthur Fleck è un clown di professione che cerca di celare le sue sofferenze e i suoi traumi cercando la propria ragion d'essere nel far ridere gli altri. Peccato che, in una Gotham City tetra anche di giorno dove regnano prepotenza e meschinità, non c'è spazio per le persone fragili e deboli, per cui o sei cacciatore o sei facile preda.
La vista dall'alto della città riassume le sue caratteristiche: gli irraggiungibili grattacieli in fondo e una ferrovia al centro che annuncia la divisione della parte povera della città, chi si accontenterà della propria condizione e chi sceglierà di rivoluzionarla.
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Arthur Fleck è un clown di professione che cerca di celare le sue sofferenze e i suoi traumi cercando la propria ragion d'essere nel far ridere gli altri. Peccato che, in una Gotham City tetra anche di giorno dove regnano prepotenza e meschinità, non c'è spazio per le persone fragili e deboli, per cui o sei cacciatore o sei facile preda.
La vista dall'alto della città riassume le sue caratteristiche: gli irraggiungibili grattacieli in fondo e una ferrovia al centro che annuncia la divisione della parte povera della città, chi si accontenterà della propria condizione e chi sceglierà di rivoluzionarla. Non splende mai il sole su Gotham, domina il grigio e un senso di angoscia e claustrofobia anche in scene all'aria aperta.
Il luogo peggiore per una persona come Arthur, che avrebbe talmente bisogno di comprensione e affetto da cercarli addirittura nel candidato sindaco della città Thomas Wayne. La consapevolezza che sua madre possa averlo ferito per sempre e la realtà di prevaricazione in cui è costretto a vivere lo spingeranno a compiere qualcosa di terribile, ma da cui vuole anche fuggire almeno inizialmente, come un bambino che ha appena imparato a correre e che fugge da se stesso per trovare una nuova strada. Arthur sceglie di far esplodere la sua ira contro chi lo minaccia o lo ha trattato male, non sceglie di diventare un terrorista o di uccidere innocenti, riesce a conservare una sua morale, seppur criminosa.
La trasformazione in Joker avviene dopo un brutale omicidio e dopo aver lasciato quel suo lugubre palazzo, abbandonandosi a una danza liberatoria su quelle scale che, da ripide e oscure in salita, diventano una divertente e luminosa discesa, dove ogni nuova risata sarà quella di una turbata beatitudine. La musica rock accompagna l'accumulo crescente del suo squilibrato equilibrio in una nuova Gotham ai suoi occhi, dove la mancanza di un marcio ordine precostituito sarà la sua nuova regola e non sarà l'unico a volerlo. Ma prima che qualcuno dia una spinta al popolo dei clowns verso il mondo criminale, Arthur la spinta dovrà darsela da solo...
Da appassionato di film psicologici, è il film che ho sempre sognato di vedere. Realistico ai limiti del fumettistico, magnificamente disturbante (la frase della madre al figlio "Ma un comico non dovrebbe essere divertente?" è straziante), un film che funziona quando hai smesso di guardarlo. Pieno di inquadrature dal basso e di ingombranti primi piani per rappresentare al meglio l'intimità dei tormenti dell'uomo e l'evoluzione di una pazzia creata da un contesto malato, in analogia col contesto in cui Zeno, in "La coscienza di Zeno", sceglie di adeguarsi per vivere in modo sereno. Tuttavia, Harvey Dent (personaggio del mondo di Gotham City) affermerebbe "O muori da eroe o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo", perchè tale società avrebbe ucciso Arthur, che sarebbe morto da eroe per chi sceglie la via dell'adeguamento. La caratterizzazione del protagonista e della città non potevano che spianare la strada verso un tipo di eroe opposto, nato da una danza ipnotica in uno squallido bagno, come se Gotham ne avesse avuto bisogno.
Ma quanto l'empatia per il personaggio può farci capire non solo il senso di una risata ma anche comprendere una vendetta o discernere il bene dal male? Non basterà un solo Arthur per rispondere, perchè non è facile stabilire se l'evoluzione in Joker sia una vittoria o una sconfitta, ma allora una città di quale tipo di eroe ha bisogno? La violenza, anche se addolcita da musica leggera stile Arancia Meccanica, non può essere la risposta, ma dove scegliere il punto entro cui comprenderla? Può il caos avere sfumature di giustizia o equità? Forse è meglio non saperlo, ed è questo il punto.
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