roberto
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lunedì 14 ottobre 2019
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grazie phillips, grazie phoenix
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Nel momento in cui entrate in sala rimuovete dalla vostra mente il termine "cinecomic", sarebbe un insulto. Questo film è molto di più, è un film d'autore che si rifà molto al "Taxi Driver" di Scorsese. E' un film profondo, ragionato, equilibrato, ben scritto, mai noioso, che cresce col passare dei minuti ed esplode nelle scene finali. E' un film mostruoso e talmente potente che alla fine anche i più sfegatati sostenitori dell'uomo pipistrello sono tentati dallo schierarsi con il clown perchè riescono, ora, a comprenderlo. L'impressione che hai all'uscita della sala è di aver visto qualcosa di strano, di qualità, di perfetto. La colonna sonora è semplice ed efficace, perfetta. Non riesco a trovare difetti.
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Nel momento in cui entrate in sala rimuovete dalla vostra mente il termine "cinecomic", sarebbe un insulto. Questo film è molto di più, è un film d'autore che si rifà molto al "Taxi Driver" di Scorsese. E' un film profondo, ragionato, equilibrato, ben scritto, mai noioso, che cresce col passare dei minuti ed esplode nelle scene finali. E' un film mostruoso e talmente potente che alla fine anche i più sfegatati sostenitori dell'uomo pipistrello sono tentati dallo schierarsi con il clown perchè riescono, ora, a comprenderlo. L'impressione che hai all'uscita della sala è di aver visto qualcosa di strano, di qualità, di perfetto. La colonna sonora è semplice ed efficace, perfetta. Non riesco a trovare difetti. Phoenix merita l'Oscar. Phillips scrive e dirige meglio di Nolan. Se siete un fan dell'uomo pipistrello non potete perdere questo film, se non lo siete non badate al titolo della pellicola e andate a vedere la storia di un semplice uomo, sfortunato e malato. Questa pellicola prova che per fare un bel film non servono montagne di dollari ed effetti speciali. Basta avere un'idea, saper scrivere una sceneggiatura ed avere un regista che sa fare il suo mestiere. Fa capire quanto sia bassa la qualità dei film Disney/Marvel sia dal punto di vista della sceneggiatura che della regia. Questo film rimarrà un cult, un punto di riferimento per tutti i progetti che seguiranno.
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loland10
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lunedì 14 ottobre 2019
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arthur e il...clown re
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“Joker” (id., 2019) è il decimo lungometraggio del regista-sceneggiatore newyorkese Todd Phillips.
Una risata ci seppellirà; Un volto annulla lo schermo; Un mare di immondizia ci coprirà; Un applauso è un colpo in canna; Uno sguardo ci annienterà; Una vita paga della disperazione;Un clown è circo malefico; Uno show per la celebrità. Il piatto odorante di vizioso contrappasso … è pronto.
Strano modo di uscire dalla sala, strano modo per essere coinvolti, strani mondi in Arthur Fleck, strani mondi quelli della pura follia. O meglio la pazzia come confine labile, fragile e tragico tra un esempio e l’esempio.
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“Joker” (id., 2019) è il decimo lungometraggio del regista-sceneggiatore newyorkese Todd Phillips.
Una risata ci seppellirà; Un volto annulla lo schermo; Un mare di immondizia ci coprirà; Un applauso è un colpo in canna; Uno sguardo ci annienterà; Una vita paga della disperazione;Un clown è circo malefico; Uno show per la celebrità. Il piatto odorante di vizioso contrappasso … è pronto.
Strano modo di uscire dalla sala, strano modo per essere coinvolti, strani mondi in Arthur Fleck, strani mondi quelli della pura follia. O meglio la pazzia come confine labile, fragile e tragico tra un esempio e l’esempio. Tra una schiuma di labbra esplosive e un fuoco interiore atroce e troppo violento.
Il regista firma il suo film marchiato di presente e di ieri scontento dell’oggi; arriva ad una pellicola che ‘non è una notte da leoni’ irriverente e sadica, ma una ‘vita da sconquasso ’ con un’arma libera di tutto e da tutto, tragica e inespressa. Ecco che il sangue ne rimarca il simbolo di un luogo simbolo dove l’eroe non c’è e tutti (forse) aspettano. E’ il cinema che ancora deve iniziare.
Un film orribilmente forte e tragicamente (in)comico; il pugno allo stomaco arriva per immagini già viste e che hanno segnato lo schermo (da Kubrick a Scorsese passando per tutti i dintorni) alcuni lustri fa. Ciò che inorridisce è che ti aspetti (dopo una trentina di minuti) quello che avviene. E non può essere altrimenti. Metropolitane veloci, vicoli bui, corridoi al neon, appartamenti sconci e stanze miserevoli: non un spiraglio di lena vita, non un piccolo poro di arguzia positiva, non un filo di aria respirabile. Tutto gronda di sudore inviperito, tra trucco ingrossato e pelli sfinite, in un putiferio di ‘bella-notizia’ per il popolo notturno e vorace che aspetta il male sopra una carcassa di un’auto. Lo skyline non ha la forma dei grattacieli metropolitani ma le onde delle braccia del ‘clown’ e la forma ‘ inospitale’ di uno sguardo che scarnifica il volto pieno di ‘purè’ di rosso. Arthur è il clown, Joker è il vile corpo che fa ondeggiare la colonna vertebrale e risaltare macabramente le costole. Non ci sono
Il ‘De Niro scorsesiano’ (da ‘Re per una notte’ a ‘Cape Fear‘) si annienta e si morde, si compiace e si azzera davanti al gaudente applausometro; non passa il testimone a Joker ma vive il suo alter-ego. Una scommessa perdente (e che forse annulla veramente il molto fatto prima) o meglio una parte di fine carriera che senz’altro aggiunge poco e toglie troppo. D’altronde Scorsese è nella produzione: a scanso di doppi e tripli argomenti.
E ‘La notte del giudizio’ (trilogia del regista James DeMonaco) è dentro il film che sconvolge per alcune scene cruente e ridondanti nell’orrore: compiaciute o no sa di meccanismo già visto. Una pistola si prende e un paio di forbici ci sono sempre: il resto va da se. Solo, un alieno a tutti, come l’amico nano che inaspettatamente si ritrova al centro della scena, con un seti che corre e non rincorre il suo sguardo in fuga.
Il dramma della famiglia che esplode e si annienta. Una madre e il figlio. Ma poi è il figlio di chi… Arthur vuole spazio, vuole farsi notare, vuole la camera per se, da una vita scarnificata ad una clown-azione che cerca un riscatto senza il (vero) sorriso. La presa in giro continua e l’isolamento si trasformano in un circolo vizioso orribile e senza nessuno sconto. Il Joker diventa ‘giustiziere’ in ogni dove senza paura.
Nel film il gioco si trasforma in incubo vero e il riso irriverente e non conosciuto è segnato dal sangue.Tutto questo si dice per quello che si vede. Sentirlo è durissimo. Il pugno allo stomaco rimane forte. Certo è che il vivere male va da se, il vivere meglio si vuole, il vivere macabro meglio non pensarci, il vivere a Gotham City per una festa di grugno sanguigno e di scaraventi violenti come un epilogo di inizio battaglia fa scoppiare le vene e desta il ricordo, condensato di neuroni follia, di un certo cinema poco alimentare, tra Kubrick e Scorsese e ciò che il cinema anni settanta ha generato.
Una (quasi) vita di ordinaria follia tra feroci risate (peregrinanti) e sguaiati resoconti di sangue. Un film dove l’empio si ricongiunge e gli astri sono dalla sua parte, dove ogni destino si ritrova festante con bandiere tetre e sanguinolenti. Un film dove il sorriso finale è solo di sangue, di arcuato dolore e di sfintere oltre ogni dove.
La città è in subbuglio e il soqquadro vivere è solo dentro una pallottola che arriva. Prima il gesto con le dita, poi il gesto copiato, poi la pistola scarica e poi la pistola dove le pallottole si scaricano con un piacere di gusto feroce.
‘Siamo venuti perché abbiamo saputo di tua madre’, ‘Come mi sento....mi sento libero da ogni cosa’. Joker non solo ride in in modo anomalo, ma scompone gli e il suo sguardo con due oculari che ricordano la pazzia vera di un ‘cuculo’ di riferimento e la ‘camera-in-mano’ (‘Shining’) cinematografica che fu di ieri tra corridoi poco illuminati e di un tetro dove non si vedono neanche le porte di ingresso. Jack Nicholson ne fu prigioniero.
Sceneggiatura di traino per piacere dove ogni gesto è costruito i. Modo metodico e dove il ballo di joker diventa uno spot ...non facile fa emulare ma possibilmente...si.
Joaquin Phoenix: è magistralmente in parte o il clownesco modo si addice alle sue forme; non vorrei che il ruolo gli si attaccasse per sempre: è un rischio. Ma…si legge di un seguito. Cosa fare? Meglio non dire nulla e ricordare l’attore ne ‘Il gladiatore’ di R. Scott.
Robert De Niro: marchia il suo stile con classe e non certo fa fatica (data la sua grandezza). “Un’ultima cosa…mi puoi presentare come Joker” dice Arthur a Murray, e di risposta “E Joker…sia”. Ecco il passaggio è avvenuto tra l’ironia di uno spettacolo e la vita truce di un folle. Senza freni con un solo colpo. E per compiacere (forse il pubblico in sala cine) mentre non confà (al pubblico dello show che si dilegua in un battibaleno).
Fotografiadi Lawrence Sher (collaboratore del regista): acre e sconcia, scarna e aleatoria; fortemente dileguante.
Musicadi Hildur I. Guðnadóttir con afflato roboante, metrica da metallo(ro).
Regia: vistosa, referenziale, acuta e triste, vispa e languida.
Film opinabile che non rivedrei volentieri a stretto giro (e forse neanche un po’ dopo) e che traina giudizi di omnia capolavoro (o quasi) ma l’originalità inciampa in più tratti: Joker con J. Phoenix ruba il film a tutti (fagocitando recitazione e sceneggiatura). Si rischia il vintage e l’omnia referenza (comprensiva).
Voto: 7/10 (***½) -cinema disfatto-
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aleksandros2002
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lunedì 14 ottobre 2019
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un gran bel film! da non perdere.
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Non concordo con la recensione di Marianna Cappi. Il film per me è bellissimo! Io credo che il Joker di Phillips sia davvero straordinario e molto diverso da tutti quelli che lo hanno preceduto. Il regista usa il personaggio e la città di Gotham come “appliglio” narrativo per raccontare una storia che pochissimo ha a che vedere con il ben noto fumetto di Batman. Si tratta di una coinvolgente storia di emarginazione e disperazione, raccontata con una sapiente regia che coinvolge lo spettatore e lo conduce, dapprima lentamente poi con un ritmo sempre più incalzante, dentro la follia del protagonista, nei confronti del quale non si prova mai una vera empatia: Joker resta un folle visionario, emarginato, reietto, violento, ma nel procedere della storia e della sua follia, si acquisisce consapevolezza della profonda critica alla società americana, rappresentata da una Gotham lurida e squallida e da Thomas Wayne, simbolo di un potere costituito scollato dalla società reale, del tutto insensibile verso gli ultimi, i disperati, che vengono definiti e considerati inutili clown.
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Non concordo con la recensione di Marianna Cappi. Il film per me è bellissimo! Io credo che il Joker di Phillips sia davvero straordinario e molto diverso da tutti quelli che lo hanno preceduto. Il regista usa il personaggio e la città di Gotham come “appliglio” narrativo per raccontare una storia che pochissimo ha a che vedere con il ben noto fumetto di Batman. Si tratta di una coinvolgente storia di emarginazione e disperazione, raccontata con una sapiente regia che coinvolge lo spettatore e lo conduce, dapprima lentamente poi con un ritmo sempre più incalzante, dentro la follia del protagonista, nei confronti del quale non si prova mai una vera empatia: Joker resta un folle visionario, emarginato, reietto, violento, ma nel procedere della storia e della sua follia, si acquisisce consapevolezza della profonda critica alla società americana, rappresentata da una Gotham lurida e squallida e da Thomas Wayne, simbolo di un potere costituito scollato dalla società reale, del tutto insensibile verso gli ultimi, i disperati, che vengono definiti e considerati inutili clown. Joaquin Phoenix è semplicemente perfetto! La sua evoluzione nel film da vittima del sistema a carnefice è da grande attore. Peraltro, ogni step evolutivo è cadenzato da una danza folle ed inquietante, che sottolinea l’evolversi del personaggio. Phoenix è l’unico incontrastato protagonista al centro di ogni ripresa, bravissimo, con una presenza scenica degna dei più grandi attori di sempre (ricorda De Niro, Nicholson, Brando, Pacino e chi più ne ha più ne metta). Tanti sono i richiami a precedenti film (Taxi Driver, Re per una notte etc.), ma Joker ha una sua spiccata “personalità” che lo rende comunque unico. Un gran bel film che vincerà altri premi sicuramente. Consigliatissimo!
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alessandra
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lunedì 14 ottobre 2019
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eccessivo
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Film assolutamente sconsigliato per chiunque intenda il cinema come momento di svago e di relax. Il regista infatti, non contento di aver affrontato un tema, quello della malattia mentale, già di per se molto duro, lo appesantisce ulteriormente con una bella dose di violenza e di sangue sempre in primo piano.
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gian.ab
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lunedì 14 ottobre 2019
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*****
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jonnylogan
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lunedì 14 ottobre 2019
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killer per una notte... o quasi
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Arthur Fleck, clown di strada e per feste di bambini, vive con la madre, malata e bloccata in casa, in un macilento condominio alla periferia di Gotham City. Arthur, reduce da un ricovero presso l’ospedale psichiatrico e ancora in cura da una psichiatra, sogna di avere successo come comico e per questo cerca di carpire i segreti dei tempi scenici osservando in TV il suo idolo: Murray Franklin, conduttore di una trasmissione che va in onda in seconda serata.
Sgombrando il campo da possibili fraintendimenti la pellicola firmata da Todd Phillips, divenuto famoso grazie ai capitoli due e tre della serie “Una notte da leoni”, e per questo capace di convincere Bradley Cooper a partecipare alla produzione della pellicola, non rappresenta il classico cinecomics e anzi per stessa ammissione del regista si può parlare di ‘un cinecomics mascherato da dramma’ o, per come lo abbiamo vissuto noi, ‘di un dramma mascherato da fumetto tridimensionale’, dove l’agiografia del principe del crimine viene per l’occasione ridisegnata sulle spalle scavate di Joaquin Phoenix, capace di raccogliere a oltre dieci anni di distanza, il testimone passatogli da Heath Ledger, riuscendo a completare la riscrittura apocrifa di un personaggio alla soglia degli ottant’anni dalla sua prima pubblicazione.
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Arthur Fleck, clown di strada e per feste di bambini, vive con la madre, malata e bloccata in casa, in un macilento condominio alla periferia di Gotham City. Arthur, reduce da un ricovero presso l’ospedale psichiatrico e ancora in cura da una psichiatra, sogna di avere successo come comico e per questo cerca di carpire i segreti dei tempi scenici osservando in TV il suo idolo: Murray Franklin, conduttore di una trasmissione che va in onda in seconda serata.
Sgombrando il campo da possibili fraintendimenti la pellicola firmata da Todd Phillips, divenuto famoso grazie ai capitoli due e tre della serie “Una notte da leoni”, e per questo capace di convincere Bradley Cooper a partecipare alla produzione della pellicola, non rappresenta il classico cinecomics e anzi per stessa ammissione del regista si può parlare di ‘un cinecomics mascherato da dramma’ o, per come lo abbiamo vissuto noi, ‘di un dramma mascherato da fumetto tridimensionale’, dove l’agiografia del principe del crimine viene per l’occasione ridisegnata sulle spalle scavate di Joaquin Phoenix, capace di raccogliere a oltre dieci anni di distanza, il testimone passatogli da Heath Ledger, riuscendo a completare la riscrittura apocrifa di un personaggio alla soglia degli ottant’anni dalla sua prima pubblicazione. Questa volta l’alias nel quale c’imbattiamo ha il volto deturpato di un uomo in perenne bilico fra il riso e il pianto, figlio di una donna alla ricerca di aiuto da parte del suo ex datore di lavoro Thomas Wayne, mentre il figlio, da lei soprannominato Happy, vorrebbe solamente fare quello per il quale crede di essere tagliato, ovvero far sorridere e rallegrare la gente, mentre attorno a sé dovrà inevitabilmente fare i conti con una città, e una nazione, alla deriva, dove il degrado non manca e dove, per persone come lui e la madre, pare non esservi posto.
Un film che non lascia di certo indifferenti, nel quale il dibattito fra violenza e giustizia e dove il torto e la ragione sono sempre relegate in una nebulosa zona grigia impreziosita da una fotografia e da una colonna sonora di primissimo livello. Nel quale New York è impiegata come set per descrivere la Gotham dei primi anni ottanta, in cui i distinguo fra ricchezza e povertà sono sempre molto marcati ed è proprio fra le pieghe di quest’ultima che si muove Joaquin Phoenix, occupando con una risata folle, pianti inspiegabili, contorsioni e mimiche facciali ogni angolo del grande schermo fino a ergersi a pericoloso paladino degli ultimi e degli oppressi e relegando Robert De Niro a presenza marginale nel ruolo di un conduttore supponente degno del Jerry Langford di “Re per una notte”.
Siamo quindi certi che Paul Kersey sarebbe stato fiero dell’operato di Arthur Fleck, molto meno chi ha una visione ben differente del mondo.
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fabiofeli
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domenica 13 ottobre 2019
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"questa è la vita: sorridi!"
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C’è poco da ridere a Gotham City (la lugubre New York anni ’60-’80 dell’uomo pipistrello/Batman, nemico di Joker): immondizia dappertutto e topi. Arthur Fleck (un portentoso, straordinario Joker/Joaquin Phoenix) non riesce a sfondare come comico; come clown pubblicitario in strada rimedia il furto del cartellone, un inseguimento a perdifiato per recuperarlo e tante botte da giovani teppisti. Ma deve sorridere per dare gioia a tutti; glielo ha inculcato la madre: ricordate le parole dolciastre di Smile, la canzone di Nat King Cole? “Sorridi anche se il tuo cuore soffre e sei a pezzi”.
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C’è poco da ridere a Gotham City (la lugubre New York anni ’60-’80 dell’uomo pipistrello/Batman, nemico di Joker): immondizia dappertutto e topi. Arthur Fleck (un portentoso, straordinario Joker/Joaquin Phoenix) non riesce a sfondare come comico; come clown pubblicitario in strada rimedia il furto del cartellone, un inseguimento a perdifiato per recuperarlo e tante botte da giovani teppisti. Ma deve sorridere per dare gioia a tutti; glielo ha inculcato la madre: ricordate le parole dolciastre di Smile, la canzone di Nat King Cole? “Sorridi anche se il tuo cuore soffre e sei a pezzi”. Perché? Altra canzone, questa di Frak Sinatra, That’s life: “Questa è la vita: cadi, poi torni su, sei in gara; da burattino, povero, pedina a re.” Arthur si ciba del Murray Franklin Show (il cinico conduttore è il sempre validissimo Robert De Niro) e prima o poi sfonderà, lo sa …
Todd Philips confeziona una storia nera sul corpo scarno e versatile di Phoenix e coglie il Leone d’oro al 76° Festival del Cinema di Venezia. Il suo film è colmo di citazioni fumettistiche e cinematografiche: ad esempio De Niro (sempre e ancora lui!), il vendicatore di Taxi Driver o il sequestratore di Jerry Lewis in Re per una notte; la analogia all’aspetto del Joker di Jack Nicholson in Batman del 1989 era ineluttabile, perché dettata dal fumetto, ma forse col personaggio di Phoenix ci sono anche analogie nella (in apparenza futile) frustrazione del primo in Qualcosa è cambiato (1997) per l’impossibilità di non calpestare le righe delle piastrelline davanti allo studio dello psichiatra e nella scoperta (pesante, ma già ampiamente attesa) del secondo che la psicologa fa finta di ascoltarlo. Il riccone Wayne, padre di Bruce e forse anche di Arthur come sembra insinuare la madre malata di Joker (Bruce Wayne è l’identità segreta di Batman), si candida a Sindaco della Città: dichiarerà fuorilegge lo sciopero dei rifiuti e il gioco sarà fatto … Sarebbe fatto, se … Se Arthur, che sale la lunga scalinata davanti al vetusto palazzo in cui tristemente abita, non dovesse anche subire gli ascensori che si fermano, il licenziamento, la psicologa che non vede che alla vita irrilevante che conduce il giovane solo la morte potrebbe dare un senso e che il taglio dei fondi del welfare le impedirà di prescrivergli i medicinali calmanti. Joker ha molto poco da perdere oltre a quel poco di pazienza ai soprusi che gli resta, per scivolare definitivamente giù. Ed allora il rictus della sua risata irrefrenabile è agghiacciante come ripetuti colpi di pistola; la sua maschera da clown si moltiplica in Città, quasi fosse un gilet giallo, emblema di persone malcontente per motivi ed interessi diversi, a volte in conflitto tra loro stessi. Il bersaglio sono i ricchi, ma non tutti i ricchi; solo quelli indicati da un ricco furbo e maneggione che trova – ma guarda un po’! - i “giusti” slogan populisti. Il risultato sarà: tante, tantissime maschere sorridenti, ma nessuna gioia, per nessuno nella devastazione. Eppure la soluzione, la libertà dalla povertà e dalla sofferenza sembrava lì, ad un passo; bastava allungare le mani per prenderla, con il “meritato” successo in uno show televisivo. Il montaggio serrato conduce la trama agli inferi … E si tratta di un film da non perdere.
Valutazione ****
FabioFeli
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nadia meden
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domenica 13 ottobre 2019
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premio azzeccato !
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Ho potuto assistere a un film straordinario, di grande impatto emotivo e sociale. Una magistrale interpretazine di Joaquin Phoenix, Arthur Feck nel film. Arthur, un attore comico che si esibisce nelle strade di Gotham City travestito da clown per divertire la gente e guadagnarsi la pagnotta . Gotham City, una città che potrebbe essere una qualsiasi delle nostre degradate periferie o di qualsiasi altra città, dove l' immondizia, i topi, la sottocultura e le babygang che se la prendono con i più deboli fino ad arrivare ai pestaggi, fa da sfondo a questa triste storia di un uomo che lotta quotidianamente con la sua malattia mentale e con la sua voglia ditrovare una strada in una società già apparentemente distrutta.
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Ho potuto assistere a un film straordinario, di grande impatto emotivo e sociale. Una magistrale interpretazine di Joaquin Phoenix, Arthur Feck nel film. Arthur, un attore comico che si esibisce nelle strade di Gotham City travestito da clown per divertire la gente e guadagnarsi la pagnotta . Gotham City, una città che potrebbe essere una qualsiasi delle nostre degradate periferie o di qualsiasi altra città, dove l' immondizia, i topi, la sottocultura e le babygang che se la prendono con i più deboli fino ad arrivare ai pestaggi, fa da sfondo a questa triste storia di un uomo che lotta quotidianamente con la sua malattia mentale e con la sua voglia ditrovare una strada in una società già apparentemente distrutta. Un uomo dall'apparente età di circa quarant'anni , seguito dai servizi sociali, vive con la mamma Penny in un fatiscente appartamento di periferia ; una mamma che lui sembra amare ed accudire e che è convinta che un giorno il suo ex datore di lavoro, uomo facoltoso, potrà aiutare lei e il figlio ad uscire dallo squallore che li circonda . Da notare come un difetto causato dalla malattia mentale di Arthur ( risate isteriche e incontrollate ) lo porterà ulteriormente a scontrarsi con la società indifferente in cui vive. In una escalation di perdita di dignità, di continue derisioni, di continui soprusi, porterà Arthur a diventare Joker, un astuto e violento omicida . Ottimo il cast di attori, fotografia meravigliosa, colonna sonora azzeccatissima . Un film che fa pensare.........non distruggiamo i più deboli.......non hanno colpa se sono così........facciamo qualcosa se possiamo prima dell' irreparabile. Grazie.
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ancocco
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domenica 13 ottobre 2019
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un film sorpresa!
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Una bella sorpresa per chi si aspettava un film sullo stile "Batman". Il film di Joker infatti non tratta una storia basata su una lotta tra buono e cattivo, ma è prettamente una rappresentazione di un dramma profondo del personaggio interpretato da Joaquin Phoenix, protagonista straordinario in un ruolo molto difficile. Il dramma di un uomo che è stato spento da una serie di errori causati dalla "madre" che lo ha portato a far crescere in lui tanta rabbia repressa e che trova sfogo soltanto nell'esaltazione sfrenata e irrefrenabile di un personaggio recitato nel ruolo del pagliaccio, lavoro che tra l'altro è costretto a fare per vivere. L'ambientazione del tempo (anni 80), molto semplice e povera, esalta molto il personaggio di Joker ma soprattutto il valore della persona, i suoi drammi, la sua rabbia, e permette di stimolare nello spettatore un senso di compassione ma anche un forte sentimento di ribellione.
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Una bella sorpresa per chi si aspettava un film sullo stile "Batman". Il film di Joker infatti non tratta una storia basata su una lotta tra buono e cattivo, ma è prettamente una rappresentazione di un dramma profondo del personaggio interpretato da Joaquin Phoenix, protagonista straordinario in un ruolo molto difficile. Il dramma di un uomo che è stato spento da una serie di errori causati dalla "madre" che lo ha portato a far crescere in lui tanta rabbia repressa e che trova sfogo soltanto nell'esaltazione sfrenata e irrefrenabile di un personaggio recitato nel ruolo del pagliaccio, lavoro che tra l'altro è costretto a fare per vivere. L'ambientazione del tempo (anni 80), molto semplice e povera, esalta molto il personaggio di Joker ma soprattutto il valore della persona, i suoi drammi, la sua rabbia, e permette di stimolare nello spettatore un senso di compassione ma anche un forte sentimento di ribellione. Uscito dal cinema lo spettatore si trova scombussolato nell'animo, sorpreso dalla trama del film inaspettata, ma anche rigido e con un senso di agitazione. Insomma un film da vedere per apprezzare un attore formidabile, una regia attenta, dei valori che suscitano confronto col mondo moderno, ma con occhio critico sulla realtà, con il consiglio di non farsi confondere. Insomma è solo un film, ma da un impatto forte!
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cardclau
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domenica 13 ottobre 2019
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troppa pazzia
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Il film del regista americano Todd Philips pensa di descrivere come potrebbe essere la società umana futuribile e lontana, direi degli Stati Uniti, forse tra qualche decennio o fra qualche secolo. Per certi versi porta a pensare all’ambiente un po’ inquietante, ma sicuramente più fantascientifico di questo, descritto dall’indimenticabile Blade Runner di Ridley Scott. Il merito è che Todd Philips con Joker, forse, apparentemente, inconsapevolmente, per tema di dar fastidio, sta dipingendo con insolito realismo non come sarà ma come è, la società occidentale.
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Il film del regista americano Todd Philips pensa di descrivere come potrebbe essere la società umana futuribile e lontana, direi degli Stati Uniti, forse tra qualche decennio o fra qualche secolo. Per certi versi porta a pensare all’ambiente un po’ inquietante, ma sicuramente più fantascientifico di questo, descritto dall’indimenticabile Blade Runner di Ridley Scott. Il merito è che Todd Philips con Joker, forse, apparentemente, inconsapevolmente, per tema di dar fastidio, sta dipingendo con insolito realismo non come sarà ma come è, la società occidentale. Dico con insolito realismo perché gli americani sono sorprendenti, hanno bisogno di studiare tutto, scientificamente, e nel farlo dimostrano incontrovertibilmente che i poveri muoiono prima dei ricchi. Punto, poi tutto si ferma là, la discussione politica svapora in una nuvoletta azzurrina impalpabile, Ken Loach è assimilabile al CCCP, e tutto procede come niente fosse stato. Ritorniamo al film, Todd Philips riesce a fare un passo avanti nella comprensione di questo marasma, magari non così efficacemente come il Dogman di Matteo Garrone, ma sempre un passo avanti. Descrive una società sempre più impoverita e virtuale, i media, dove la povertà si coniuga decisamente con la miseria, dove per la stragrande maggioranza dei più, troppo normali, l’uniche possibilità di sopravvivenza sono il crimine, la galera, fare i poliziotti o la guerra per i potenti, la prostituzione, …, la pazzia, come in questo caso. E questo è il limite del film, la pazzia sconfina nell’individualità e pur essendo inquietante, in qualche modo rassicura lo spettatore, perché deresponsabilizzante. Arthur Fleck/Joker [Joaquin Phenix] lo è troppo, picchiatello. La “storia d’amore” con Sophie Dumond [Zazie Beetz] incredibilmente ingenua. Il suo ambiente lo è troppo, sghiandato. Solo Murray Franklin [Robert De Niro] appare adeguato nella sua parte.
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