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Adorazione, la storia di un amore folle, impossibile, illogico e dalle conseguenze impressionanti

Quella di Fabrice Du Welz è una storia di solitudini che si incrociano. Ed è una storia estrema, una grande e pazzesca storia d’amore senza limiti. Premiato al Festival di Locarno e ora al cinema.
di Giovanni Bogani

Thomas Gioria . Interpreta Paul nel film di Fabrice Du Welz Adorazione.
venerdì 20 maggio 2022 - Focus

C’è già tutto, volendo, nelle prime immagini. Un ragazzino che cura un uccellino impigliato dentro dei fili, in un groviglio inestricabile. È una storia di vite impigliate, di vite prigioniere, di vite intrappolate Adorazione di Fabrice Du Welz, presentato e premiato a Locarno, e ora nelle sale italiane. E ci sono dei motivi per andarlo a vedere.

Prima di tutto, perché è una grande e pazzesca storia d’amore. Un amore folle, impossibile, illogico e dalle conseguenze impressionanti. Poi perché ha due protagonisti adolescenti bravissimi, Thomas Gioria e Fantine Harduin. Oltre all’apparizione, più tardi nel film, di Benoit Poelvoorde, l’attore belga che ci aveva provato, qualche anno fa, che Dio esiste e vive a Bruxelles.

Poi perché, con pochi mezzi, con una regia quasi cronachistica, in un 16 millimetri torbido, stando sempre addosso ai suoi due protagonisti, Du Welz costruisce una storia piena di tensione, di pathos. Che racconta, dei suoi due adolescenti, la dolcezza, la ferocia, lo smarrimento, la fragilità, la violenza.

Adorazione è una storia di solitudini che si incrociano. Ed è una storia estrema, di amore senza limiti.

Lui, che ha tratto in salvo l’uccellino, vive con la madre in un’ala di un istituto psichiatrico, dove la madre lavora. Vive in una solitudine pressoché totale, perché non può avere contatti con i pazienti. Ma un giorno, mentre corre inseguita dagli infermieri, lo travolge – letteralmente, facendolo cadere a terra – Gloria, bella come un dipinto di Botticelli. Una visione che lo cattura, che lo ossessiona: nasce una complicità immediata, e – per lei – il balenare della chance di una fuga impossibile.

Quello di Paul e Gloria è un viaggio disperato, dentro una natura di corsi d’acqua, boschi, ferrovie che spuntano dal nulla, barche lungo il fiume, come nei libri di Georges Simenon – che viene citato nel film, quando il ragazzino legge alla madre “Il borgomastro di Fournes”. Un viaggio disperato, con il ragazzo sospeso fra la voglia di proteggere quella creatura bella e impigliata in mille fili invisibili, e un amour fou che tutto travolge.

Camminano lungo l’acqua, in una progressione che pare inesorabile, come il viaggio dell’imbarcazione di Apocalypse Now verso la fine, verso la follia. Sembra quasi di vedere l’Aguirre di Werner Herzog, il “furore di Dio”, anche lui in caduta libera verso l’acqua e la follia.

I ragazzini si prendono tutta la storia, e non sono dolci, carini, teneri. Sono una forza selvaggia, primitiva. Thomas Gioria – era il bambino de L’affido, premiato a Venezia 2017 – con i capelli rossicci e gli occhi ardenti è bravissimo nell’incarnare un bambino smarrito nella terra di nessuno tra l’infanzia e l’età adulta, tra la felicità e la sensazione di peccato. Destabilizzante.

Eppure, c’erano tutte le premesse per un “già visto” che brucia. L’incontro fra un ragazzino sensibile e un uccellino ferito, quello fra il ragazzino e una ragazza affascinante perché mentalmente instabile. L’idea della coppia che urla di fronte alla natura immensa, per esprimere la gioia di aver ritrovato la libertà. Ma in realtà non c’è retorica, c’è furore selvaggio, c’è una purezza che se ne frega di tutto, in quei due bambini stretti in un abbraccio violento. In cui lei sa come suscitare e gestire il desiderio di lui: e lui sa che quella tensione finora ignota che lo pervade la avrà vinta su tutto.

Fra gli attori, le crisi di lei sono terrificanti, così come sono inquietanti e irresistibili i momenti di dolcezza. E lui sa interpretare in modo perfetto i turbamenti di un ragazzo che non sa più cosa è giusto e cosa è sbagliato: sconcertato, sconvolto, delicato, travolto dallo sguardo, dalla determinazione di lei. Che, quando ha girato il film, aveva solo tredici anni. E non è un caso se, ancora prima, l’aveva scelta per Happy End un genio come Michael Haneke.


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