Finestkind

Charlie, in attesa di andare all'università dove vuole studiare legge, decide di mettersi alla prova nella dura vita dei pescatori sulla barca capitanata dal fratellastro Tom. Si innamora presto del lavoro, della squadra di colleghi e pure di Mabel, una ragazza che orbita loro intorno. La barca su cui lavora Tom viene messa fuori gioco da un incidente, che porta il capitano a litigare con l'impresario e a perdere il lavoro. Suo padre Ray gli offre allora di portare a pesca la sua barca, la Finest Kind, ma le cose prenderanno una brutta piega e a Tom e gli altri rimarrà aperta solo una strada per trovare i soldi necessari a rimediare: quella del crimine.

Prodotto da Taylor Sheridan, Finestkind è un crime drama proletario scritto e diretto da Brian Helgeland, che cerca di tenere insieme due film diversi e finisce per soffocarli entrambi.

La presenza di Sheridan è evidente nell'epica di chi si sporca orgogliosamente le mani e insegue il proprio sogno americano senza mischiarsi ad avvocati, burocrati e altro. Per più di metà durata il film, che supera le due ore, sembra accontentarsi della storia di questi uomini, infarcita di bravate e retorica, ma bidimensionale quanto a profondità (basti dire che di altri pescatori non c'è traccia: il sogno americano resta individuale o al massimo di squadra, non prevede collettivismo né solidarietà tra lavoratori). Solo quando il dramma ha del tutto finito la benzina ecco che arriva la svolta crime, che curiosamente le sinossi pubblicate sul film mettono subito in evidenza mentre è invece un'aggiunta tardiva, con personaggi scritti in modo ancora più esile e uno sviluppo che brucia le tappe. Un peccato perché il cast vanta almeno due volti con la faccia giusta per una storia di uomini induriti dalla vita come il grande Tommy Lee Jones e il bravo Ben Foster.
Convince meno invece il co-protagonista Toby Wallace, mentre Jenna Ortega non è aiutata da un ruolo femminile solitario, unica donna tra uomini in pieno "principio di Puffetta", costretta ad apparire forte e un po' matta in modo risaputo. Se lei ha una famiglia con la quale è spesso in conflitto, i due fratellastri e Ray mettono invece al centro di tutto il legame di sangue. La famiglia è dunque, in pure stile Sheridan, il nucleo sociale che si sfida la società civile, le sue regole e le sue leggi, che preferisce un lavoro umile e pericoloso ma onesto, che vive in un importante porto commerciale (New Bedford in Massachussets, il primo degli Stati Uniti) rappresentato però quasi come una piccola cittadina, in opposizione alla metropoli di Boston dalla quale vengono i corrotti criminali. Questi sono uno specchio nero dei protagonisti: sono a loro volta una famiglia e si fidano di conseguenza solo gli uni degli altri.
Helgeland, dopo molti inciampi, arriva a indovinare una cosa: la risoluzione della vicenda, affidata a Tommy Lee Jones, ma non sa accontentarsi e deve ulteriormente azzoppare il tutto con un retorico epilogo multiplo. Non stupisce che il film, malamente accolto dalla critica Usa, sia finito relegato a una piattaforma streaming - in attesa supponiamo di successivi passaggi televisivi su altri lidi. Alla fine è in fondo giusto così: Finestkind, ben lungi dal tener fede a un titolo che significa "il miglior tipo di...", può incuriosire per cast e ambientazione, ma si può davvero sopportare solo con una visione distratta, casalinga, mentre si fa altro o si tiene attivo un secondo schermo. 