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Border, e se le creature leggendarie vivessero realmente tra noi?

Una mano sicura e uno stile coerente ed efficace per un film che affascina col suo mescolare disadorno realismo e sense of wonder. Da giovedì 28 marzo al cinema.
di Rudy Salvagnini

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Eva Melander . Interpreta Tina nel film di Ali Abbasi Border - Creature di confine.
lunedì 25 marzo 2019 - Focus

Cosa succederebbe se le creature delle leggende vivessero realmente tra noi? E, in questo caso, fino a che punto si spingerebbe la cattiveria del genere umano? Border, scritto e diretto dal promettente Ali Abbasi, cerca di rispondere a queste domande e la risposta è amara. Il film ci fa riflettere in modo profondo sul significato stesso di razzismo e sull'atteggiamento ottuso e cupo degli esseri umani nei confronti del diverso. L'approccio filosofico non è dissimile da quello del classico L'uomo che cadde sulla Terra dove l'alieno interpretato da David Bowie finiva preda dell'accoglienza pelosa dei terrestri o dell'ancor più classico Il terrore sul mondo (terzo della trilogia dedicata al mostro della laguna nera) dove il mostro acquatico finiva vittima di studi frankensteiniani degli scienziati "umani". E a "disumani" - ma in fondo fin troppo "umani" - studi scientifici si accenna anche in questo film con riferimento ai genitori naturali della protagonista per ricordare come l'atteggiamento verso il diverso sia sempre quello: studiato come se si trattasse di un insetto e poi abbandonato e rifiutato.

Sospeso tra il tentativo di un'impossibile (o quantomeno improbabile) integrazione - che è in realtà una resa incondizionata all'annientamento della propria specificità - e la ribellione violenta contro la società dominante, il film rappresenta, nei due personaggi principali, due aspetti classici della reazione delle minoranze etniche.
Rudy Salvagnini

Integrazione e ribellione hanno ciascuna le proprie ragioni e i propri limiti, in una dicotomia che determina scelte individuali difficili e quasi sempre sbagliate, non tanto in quanto tali, ma perché rese inefficaci dalla situazione di fatto che in genere lascia poche speranze.

La storia è molto semplice. La protagonista del film è Tina, un'agente addetta alla sorveglianza doganale di un aeroporto. La sua funzione è scovare eventuali illegittimità. La sua specialità è la caccia ai pedofili, che vive come una missione morale. La sua arma - letteralmente - un fiuto implacabile che le permette di scovare quello che nessun altro potrebbe scovare. Vive con Roland, un tizio più interessato ai suoi cani da competizione che a lei (che ricambia l'indifferenza). Solo il magico contatto con gli animali del bosco che attornia casa sua sembra darle respiro. Visita regolarmente e mestamente il suo vecchio padre - affetto da una ancora leggera forma di demenza senile - in una casa di riposo. Questa sua tranquillità ben lontana da qualsiasi traccia di felicità viene sconvolta dall'incontro fortuito con Vore, un tipo strano che le assomiglia in modo straordinario e la mette in confusione, in difficoltà. Lei lo fa perquisire da un collega perché percepisce qualcosa di insolito, ma il collega esce dallo stanziano con un notevole imbarazzo: benché sembri un uomo, Vore ha gli organi sessuali di una donna. Vore e Tina scoprono di avere molte cose in comune, nel loro passato. Tozza, goffa, per nulla attraente, Tina trova in Vore un suo simile sotto tutti gli aspetti e questo la attrae e la disorienta. Attraverso di lui, Tina scopre la realtà sulla sua vera natura e da quel momento nulla è più lo stesso.


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In foto una scena del film Border - Creature di confine.
In foto una scena del film Border - Creature di confine.
In foto una scena del film Border - Creature di confine.

Il confine che intitola il film è anche e soprattutto quello esistenziale in cui si trova a essere Tina che deve decidere se andare da una parte o dall'altra o restare, appunto, sospesa nel confine tra una natura e l'altra con tutte le difficoltà che ciò comporta.

La visione di creature ritenute leggendarie come minoranze etniche maltrattate e perseguitate per la loro diversità traccia un parallelo con la realtà di questi giorni e, per la verità, di qualunque giorno precedente a questi. Un modo come un altro per dire che ogni leggenda può avere un fondo di verità, ma soprattutto che la persecuzione del diverso trova molteplici forme di applicazione. Nello stesso tempo, il film mostra come la magia della natura abiti il mondo di chi sappia coglierla e come ciò che sembra deforme (come la stessa Tina ritiene di essere) sia invece perfetto (come la reputa Vore) se visto da un'altra prospettiva e con altri canoni. Come ci ricordava quel famoso episodio della serie Ai confini della realtà, "Eye of the Beholder".

Ali Abbasi trova un difficile equilibrio tra le esigenze narrative e quelle dell'approfondimento psicologico dei personaggi riuscendo a dare spessore al loro dramma e a veicolare allo stesso tempo in modo efficace il messaggio sociale e anche, perché no, politico che emerge dalla storia.
Rudy Salvagnini

Lento e senza troppi avvenimenti, il film è stranamente affascinante nel suo mescolare disadorno realismo e sense of wonder. E proprio questa scelta di una chiave realistica per rappresentare una vicenda metaforica e per certi versi fantasy è vincente e assolutamente convincente. Abbasi, al suo secondo lungometraggio, rivela una mano sicura e uno stile coerente ed efficace. Il suo primo film era un horror (Shelley) e anche se Border non è affatto un horror, si nota, in certe scene notturne e nella gestione di certi momenti di tensione, la scuola del cinema orrorifico, che aiuta a dare spessore drammatico e figurativo. Sotto questo aspetto ricorda Trollhunter, film horror norvegese che anch'esso immerge figure leggendarie in un contesto moderno e realistico con tutt'altri scopi ed esiti (senz'altro inferiori rispetto ai risultati raggiunti da Border), ma anch'esso in modo in qualche misura interessante.


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