Titolo originale | Baby |
Anno | 2018 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Italia |
Regia di | Andrea De Sica, Anna Negri |
Attori | Benedetta Porcaroli, Alice Pagani, Riccardo Mandolini, Isabella Ferrari Claudia Pandolfi, Paolo Calabresi, Edoardo Purgatori, Federica Lucaferri, Giuseppe Maggio, Brando Pacitto, Massimo Poggio, Tommaso Ragno, Galatea Ranzi, Chabeli Sastre Gonzalez, Mirko Trovato, Lorenzo Zurzolo, Beatrice Bartoni, Francesca De Martini, Nina Pons. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 24 agosto 2020
Baby, la serie tv dove crescere appare come un segreto inconfessabile.
CONSIGLIATO N.D.
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Liberamente ispirata ad una storia vera (lo scandalo delle baby squillo scoppiato a Roma nell'estate 2014), la serie racconta le vicende di un gruppo di ragazzi dei Parioli in cerca della propria identità e indipendenza tra amori proibiti, pressioni familiari e segreti condivisi. È la terza serie originale italiana prodotta da Netflix.
Una stagione conclusiva a caccia della verità, dove tutti sono responsabili. Episodi interessanti sotto molti punti di vista ma scarsa efficacia narrativa
Recensione
di Claudia Catalli
I segreti hanno vita breve e Ludovica e Chiara sono alle strette. Quando la verità sulle loro vite parallele verrà a galla dovranno subire le conseguenze delle proprie azioni e decidere quali strade prendere, affiancate da genitori spesso meno maturi e più egoisti di loro.
Crescere è l'impresa più ardua del mondo. Specie se, come dicono le protagoniste di Baby in questa nuova e ultima serie, vivi in un acquario ma sogni il mare.
L'agiatezza di un piccolo mondo fatto di benessere economico ma mai psicologico è da sempre il terreno sdrucciolevole di Baby, serie originale Netflix liberamente ispirata alle vicende delle prostitute minorenni dei Parioli. È lì che si muovono tutti i personaggi della serie, che oramai il pubblico conosce in ogni loro peculiarità e che nella terza serie si dividono in due gruppi in modo marcato e definitivo. Da una parte gli adulti, presi da se stessi più che dai figli e dai loro progetti lavorativi, dall'altra i ragazzi, con le loro problematiche adolescenziali e quel malessere nel trovarsi di fatto soli, senza punti di riferimento né certezze.
Ragazzi allo sbando, che questa terza serie tende a comprendere e giustificare fino all'ultimo episodio. Sei episodi in tutto, con regie diverse, ma con lo stesso mood e stile. Andrea De Sica firma il primo, un ritorno nei meandri controversi delle vite scelte da Chiara e Ludovica, notturno e magnetico. Lucrezia Lamartire dirige il resto della serie, che vede nelle prime due puntate l'emergere della punta dell'iceberg, con una verità che inizia a venire a galla e a sconvolgere le famiglie delle protagoniste. Nota di merito per Antonio Le Fosse dei Grams, il collettivo di ragazzi che ha ideato la serie e curato la sceneggiatura delle tre stagioni: è lui a dirigere l'episodio più originale, il terzo, che parte con un tocco onirico di animazione, decisamente convincente, e prosegue con un ritmo incandescente.
L'ultima è la puntata in cui tutti i nodi vengono al pettine, la verità è alla portata di tutti e si decidono le sorti dei protagonisti in via processuale. Tra arresti e interrogatori, simpatie personali e brutte sorprese, fughe e pistole, la terza stagione si fa molto più interessante e accattivante delle precedenti, con un ritmo più serrato dovuto alla svolta della storia nella tonalità "crime" / "legal".
Dispiace tuttavia notare una certa - troppa - indulgenza per le protagoniste, dipinte ancora una volta graniticamente come vittime di un sistema e una società malati. Ma qui si parla di prostituzione e, come Benedetta Porcaroli ben interpreta e sottolinea, di uno sfruttamento del proprio e dell'altrui corpo volontario e senza costrizioni. A livello narrativo si arriva, inoltre, con troppa faciloneria e sbrigatività al gran finale, che mostra qualche ingenuità di sceneggiatura e un'esagerata dose di buonismo sparso in quella che si configura come una storia di grande amicizia, costellata giusto da un'esperienza fuori dal comune (la prostituzione "condivisa", appunto). Ottima era stata, invece, la scelta di puntare il dito contro tutti nelle prime puntate, come a indicare la responsabilità di tutti i personaggi, ciascuno nel suo.
A livello di cast sorprende la new entry Anna Lou Castoldi, Aurora di nome e di fatto, dark girl nel look ma personaggio luminoso nella realtà, capace di apportare positività ai tormenti esistenziali di Damiano / Riccardo Mandolini. Benedetta Porcaroli / Chiara tiene testa a "sua madre" Galatea Ranzi / Elsa in un dialogo feroce fatto di rimproveri reciproci. Alice Pagani / Ludovica mantiene intatto il registro anche espressivo adottato sin dalla prima puntata, Brando Pacitto / Fabio e Mirko Trovato / Brando sviluppano la relazione tra i loro personaggi in modo convincente, Lorenzo Zurzolo / Niccolò si trasforma in compagno silente capace di sospendere il giudizio. E ancora Isabella Ferrari / Simonetta è una madre in frantumi che non capisce da che parte iniziare per riprendere in mano le redini della sua vita, Claudia Pandolfi / Monica dà per la prima volta prova di responsabilità, e Max Tortora / Roberto sprofonda nel suo percorso oscuro e poco paterno. C'è poi Giuseppe Maggio sempre i panni di Fiore, il colpevole per antonomasia, bad boy narrativamente piatto e con poche sorprese, che tuttavia fa la differenza nelle ultime puntate, sospese tra caccia del colpevole e volontà di comprensione di minorenni emotivamente indifesi.
Una stagione interessante per molti punti di vista, ma che in termini di efficacia narrativa soprattutto (e di dialoghi) non regge mai il confronto con i teen drama internazionali su Netflix, da Elite a Tredici, di ben altro livello e respiro.
Il cast è in crescita ma la serie fatica ancora ad abbandonare generalizzazioni e bidimensionalità dei personaggi
Recensione
di Claudia Catalli
Cosa ne è dei ragazzi una volta tornati dalle vacanze estive? La disinibita Ludo sembra cresciuta, prova a mettere ordine al caos della sua vita emotiva e cerca sempre in Chiara una guida, una luce, un sostegno sincero. Chiara, da parte sua, deve imparare a tenere in equilibrio l'amore ormai esploso con Damiano e la sua vita segreta, e in questa stagione l'equilibrio vacillerà costantemente.
Se i primi due episodi sono di recupero redini narrative e introduzione alla stagione, dal terzo il passo accelera: il quarto è quello imperdibile in cui tutte le carte vengono scoperte, per poi capire cosa accadrà nelle ultime due puntate. L'ultima, dal punto di vista narrativo, forse più deludente perché rimanda direttamente alla prossima stagione: ci si aspetterebbe la conclusione di alcune vicende centrali (che cosa ne sarà di Ludo e Chiara, chi svelerà cosa, fino alla scoperta dell'identità sessuale di chi si scopre omosessuale e non lo accetta), invece tutto rimane sospeso e viene tatticamente rinviato.
Restano intatte le atmosfere di Baby, divise tra il diurno e il torbido notturno, i dialoghi a tratti melodrammatici tipici dell'adolescenza, le tematiche importanti come bullismo e coming out, le musiche suggestive ma onnipervasive (tanto da far somigliare alcune puntate a dei videoclip).
Resta anche quell'ombra di perbenismo morale che aleggia sui personaggi: non esistono veri cattivi, i carnefici sono altrove, in Baby sbagliano tutti solo perché vittime di un sistema malato. Quello delle famiglie altoborghesi della Roma bene, che mettono il nome della famiglia e i loro interessi economici di fronte al benessere dei figli sempre e comunque.
Anche qui, una generalizzazione che ben inquadra una certa categoria sociale, ma che tuttavia finisce in scrittura per essere banalizzata senza avere alcun contraddittorio. Non c'è un solo genitore che si preoccupi davvero che suo figlio stia mentalmente bene, fatta eccezione per il Preside che però in questa stagione è più preso dalle sue vicende sentimentali con la madre di Ludovica, una Isabella Ferrari perfetta nel ruolo di madre sbandata.
Il cast si conferma di livello, le protagoniste Benedetta Porcaroli e Alice Pagani continuano a convincere nel loro essere complementari. Benedetta pare ormai un'attrice navigata, poliedrica ed espressiva, credibile in ogni scena. Alice invece esprime bene con i suoi occhi comunicativi l'alienazione e il senso di straniamento che vive il suo personaggio, sembra faticare di più nei confronti attoriali con gli altri personaggi (su tutti Thomas Trabacchi, attore di esperienza qui nei panni del nuovo professore di Filosofia, con cui ovviamente non può sostenere il livello). Anche gli altri ragazzi convincono, ed è più che gradevole l'entrata in scena di Denise Capezza, che da Gomorra arriva nella squadra di "brave ragazze" gestite dal dark boy Giuseppe Maggio / Fiore.
La regia mantiene saldo lo stile della prima puntata, esagera come detto sul piacere musicale, ma tiene un ritmo incalzante alla Elite, altra serie Netflix giunta alla seconda stagione che racconta la vita collegiale di ragazzi privilegiati con numerosi scheletri nell'armadio. Lì, tuttavia, a livello di sceneggiatura si osa eccome: al coming of age si aggiunge una trama fitta di intrighi, scandali, sparizioni, passioni, delitti e omicidi.
In Baby invece pare predominante - oltre alla musica e alla cura estetica/estetizzante di certe scene (specie quelle girate al ralenti) - l'analisi dei rapporti familiari. Come a indicare che se le radici sono malate le piante difficilmente riusciranno a dare frutti non marci.
L'augurio per la terza stagione è che, mantenendo il linguaggio visivo contemporaneo, il ritmo incalzante e lo stile accattivante, si possa finalmente andare oltre alle generalizzazioni e fornire un ritratto tridimensionale di ragazzi che cercano - come gli adulti, come tutti - il loro barlume di felicità. Anche nei patinati appartamenti dei Parioli.
Una serie fin troppo timida, quasi pudica, che vuole fare da monito sulla crisi morale di un'adolescenza senza orizzonti ideali
Recensione
di Andrea Fornasiero
Chiara è una "pariolina", una ragazza del quartiere più altoborghese di Roma, ma a dispetto del benessere la sua è una famiglia in crisi con padre e madre che sono separati in casa. Lei è migliore amica di Camilla, che vorrebbe andassero insieme in America per una borsa di studio, nonostante i genitori di Chiara siano contrari tanto che la ragazza deve falsificarne le firme. L'aiuta Ludovica, che ha genitori divorziati e una mamma vittima di uomini che si approfittano di lei, al punto da faticare a pagare la retta. Ludovica ha una pessima fama a scuola perché un ragazzo ha diffuso un video in cui lei gli praticava sesso orale. C'è poi Damiano, che arriva dai quartieri popolari ma dopo la morte della madre si è trasferito a casa del padre, un diplomatico libanese, e così oltre a vivere in ambasciata inizia a frequentare il collegio Collodi. Qui si invaghiscono di lui sia Chiara sia Camilla e pure il loro amico Fabio, il figlio del preside.
Ispirata molto liberamente allo scandalo di prostituzione minorile che aveva investito il quartiere "bene" di Roma, Baby è la seconda serie prodotta in Italia da Netflix e nasce all'insegna di un progetto giovane, scritta un collettivo di autori emergenti, i GRAMS*, supervisionati dal più esperto Giacomo Durzi e con la regia a firma di Andrea De Sica e Anna Negri.
Investita di polemiche in America al suo annuncio, nel pieno dell'era #metoo, Baby non parla però di prostituzione se non verso la fine di questi primi episodi e comunque senza mai spingersi in là. È anzi una serie piuttosto pudica, tanto che per restare a Netflix Elite appariva sicuramente più ammiccante e presentava anche comportamenti sessuali più insoliti e trasgressivi. Ci sono diversi punti in comuni tra le due serie, visto che entrambe sono ambientate tra adolescenti in una scuola esclusiva e costosa. Anche la dinamica narrativa è simile, perché l'arrivo di personaggi di estrazione popolare rompe lo status quo e scatena nuovi e più avventurosi desideri. Cosa particolarmente evidente in Baby dove Damiano è ricco di fascino per ben tre personaggi principali, che non sanno resistere a quello che gli è proibito e diverso in quanto proveniente da un altro mondo, più brutale ma anche più vitale.
La principale differenza tra le due serie è in Ludovica, che fa la ribelle motivata dall'assenza paterna e dalle difficoltà con la madre. Nel suo essere rifiutata dal mondo altoborghese che la circonda sceglie una strada più trasgressiva, ma sempre in modo molto contenuto. Non si mette per esempio a usare la webcam in modo sexy, non conduce una vita promiscua e non si droga, neppure di pasticche in discoteca o di cocaina, anzi a ben vedere è quella che non vediamo nemmeno fumare marijuana, invece piuttosto diffusa tra gli altri studenti - di nuovo come in Elite.
Proprio la cocaina è il baratro in cui Damiano rischia di cadere, perché questa è una serie che vuole fare da monito sulla crisi morale di un'adolescenza senza orizzonti ideali. Un'assenza che riguarda anche gli adulti, incapaci di fare altro che pregare i figli di comportarsi bene. Solo la madre di Camilla accenna a una prospettiva un poco politica, ma in bocca a lei appare caricaturale. A confronto dei ragazzi di SKAM Italia, quelli di Baby sono più credibili e disinibiti, ma rispetto a quelli di Elite la serie appare più timida e incapace di osare. Inoltre risulta sempre ben chiaro chi siano i buoni e chi i cattivi, chi le vittime e chi i carnefici, svicolando da ogni sorta di ambiguità.
Gli adulti sono dipinti in fondo in modo tradizionalmente conservatore: magari troppo rigidi oppure disinteressati, ma sempre animati da buoni sentimenti. Tolti i protagonisti gli altri ragazzi cadono presto in uno schema dove si sta da una parte o dall'altra, in particolare Brando ci viene presentato come un personaggio senza redenzione (ma non ci stupiremmo di scoprire una qualche terribile storia sul suo passato in futuro, non a caso non vediamo mai la sua famiglia, e lo stesso vale per "la ragazza più popolare della scuola" cattivella come da copione). Ci sono inoltre sottotrame introdotte ma ancora tutte da sviluppare per le future stagioni e ci sono anche elementi di conflitto risolti davvero in modo eccessivamente sbrigativo, come un episodio di vandalismo. Anche peggio viene lasciata in bella mostra una scritta razzista su un banco eppure, in una scuola di benpensanti, non suscita alcuna reazione nemmeno da parte degli insegnanti.
Il finale manca poi di crescendo o di un rilancio efficace per l'annata a venire, quasi Baby potesse pure finire qui, dove l'illegalità è una pallida minaccia da parte di un personaggio ben poco efficiente, e l'interesse principale sembra per italianissime questioni di rapporti famigliari. Oltre che un prodotto dignitoso ma non eccellente per fotografia e alcune interpretazioni, cui solo la molto presente colonna sonora di brani italiani e internazionali sembra dare un ritmo, Baby ricorre a snodi narrativi a volte troppo comodi e soprattutto risulta in una promessa mancata e volutamente rimandata.
Baby è una serie tv prodotta da Netflix la quale si ispira allo scandalo delle due baby-squillo che nel 2013 travolse l’Italia. A distanza di 5 anni dall’accaduto ecco che Andrea De Sica dà vita alla prima stagione, che verrà seguita altre due. La serie si apre con le tematiche della solitudine, del bullismo e dell’incomprensione che fanno parte in particolar [...] Vai alla recensione »