antonio montefalcone
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sabato 18 maggio 2013
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gatsby e lo scopo controcorrente di una vita…
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Terzo remake cinematografico dopo quello del ’49 e quello del ’74 con Robert Redford e Mia Farrow e la sceneggiatura di Coppola, questa versione de “Il grande Gatsby” diretta da Buz Luhrmann rilegge con ritmo, atmosfera e stile fiammeggiante il capolavoro di Francis Scott Fitzgerald sulla caduta di valori nella società Usa prima della crisi del ’29, e sulla perdita di identità di un uomo a causa di un amore impossibile. In sintonia con i tempi attuali il film (come il romanzo) rende ancora valida oggi la metafora del disfacimento sociale e morale di un mondo destinato inevitabilmente alla crisi. La pellicola coinvolge gli occhi e le orecchie dello spettatore, ma solo parzialmente il suo cuore.
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Terzo remake cinematografico dopo quello del ’49 e quello del ’74 con Robert Redford e Mia Farrow e la sceneggiatura di Coppola, questa versione de “Il grande Gatsby” diretta da Buz Luhrmann rilegge con ritmo, atmosfera e stile fiammeggiante il capolavoro di Francis Scott Fitzgerald sulla caduta di valori nella società Usa prima della crisi del ’29, e sulla perdita di identità di un uomo a causa di un amore impossibile. In sintonia con i tempi attuali il film (come il romanzo) rende ancora valida oggi la metafora del disfacimento sociale e morale di un mondo destinato inevitabilmente alla crisi. La pellicola coinvolge gli occhi e le orecchie dello spettatore, ma solo parzialmente il suo cuore. Ed è un peccato perché la passione di attori, tecnici e regista si vede tutta; ammirevole è l’aspetto visivo-sonoro, godibile la narrazione, affascinante la ricchezza di temi, bravi tutti gli attori; però qualcosa non funziona, non convince. A cominciare dai dialoghi finti, dallo spettacolo troppo frastornante e effimero, dalla voglia di rendere tutto esplicitato e spiegato, togliendo così mistero e fascino alle vicende e ai personaggi. Tutto è marcato e troppo ostentato, dalla recitazione allo sfarzo lussuoso delle belle scenografie, dai sgargianti e curati costumi all’accesa e policromatica fotografia, dai gratuiti effetti speciali al 3D piuttosto inutile. Un invadenza stilistica che ha soffocato la forza espressiva del romanzo, e che a differenza dei film precedenti del regista mal si è sposata stavolta con la materia trattata. Persino il mix di musiche Jazz e Hip hop, seppur in sé interessante, non sembra riesca a vivificare la tragedia che descrive. Forse se si rendeva più equilibrata l’estetica (troppo sovreccitata) con il “contenuto” (troppo inconsistente), l’opera poteva risultare più riuscita e soprattutto più emozionante. La pellicola sembra assomigliare al suo protagonista e alle sue feste sfarzose e orgiastiche: tanto lusso e poca verità. Restituisce con efficacia la frenesia e la vacua avidità di una società corrotta e di un’epoca ubriaca di potere, soldi e piaceri sfrenati; ma resta incapace di toccare ogni necessaria profondità. Al pari del suo protagonista, anche il regista si perde nel suo sogno… Nella fragile sceneggiatura, scritta dal regista con Craig Percie, si possono però ancora ritrovare i molti temi del libro: la solitudine, l’illusione dell’amore, il tempo giovanile e passato che non ritornano, l’ipocrisia della società, il ritratto tragico di un uomo che fa e possiede tutto solo per conquistare l’amore di una donna. E proprio quest’ultimo è in fondo l’aspetto che, al di là dei pregi e difetti del film, più rapisce: l’immensa figura di Gatsby. Il Gatsby malinconico, orgoglioso, bugiardo, contrabbandiere, speranzoso, fatalmente attratto e rovinato da un sogno che è già alle sue spalle, senza che se ne renda conto. Di Gatsby colpisce la sua ambizione, idealistica e impossibile; il suo romanticismo, tenero ma irrealizzabile. E' l’ingenuo sfruttatore di una società corrotta, e al tempo stesso anche la sua innocente vittima. Vittima di un sogno individuale (diventare diverso per amore di Daisy) che non potrà mai afferrare, ma anche di quello collettivo (il Sogno Americano nell’ottica sfrenata e avida) destinato di lì a poco a finire. Ancora una volta è il suo grandioso ritratto a farci provare comprensione e pietà per lui, malgrado tutto. Perché il suo è il volto delle illusioni, e nei suoi occhi ci rispecchiamo anche noi…
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leonardo malaguti
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sabato 18 maggio 2013
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l'eccessivo gatsby
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Per una volta mi trovo d'accordo con la critica internazionale: Il Grande Gatsby non funziona e la nota dolente è chiaramente la regia. Tutto è troppo forte, troppo veloce, troppo esagerato, troppo kitsch (anche per uno come Luhrmann). La prima mezz'ora è inguardabile, tra musica assordante e inappropriata, colori troppo forti, montaggio ipercinetico da videoclip, più che un grande party è un grande mal di testa per chi guarda. Poi lentamente tutto si calma e diventa più godibile, meno esagitato, finalmente ci si può immergere nella storia e nella ricostruzione mozzafiato dei roaring 20's, anche se qua e là la regia continua a peccare di cattivo gusto.
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Per una volta mi trovo d'accordo con la critica internazionale: Il Grande Gatsby non funziona e la nota dolente è chiaramente la regia. Tutto è troppo forte, troppo veloce, troppo esagerato, troppo kitsch (anche per uno come Luhrmann). La prima mezz'ora è inguardabile, tra musica assordante e inappropriata, colori troppo forti, montaggio ipercinetico da videoclip, più che un grande party è un grande mal di testa per chi guarda. Poi lentamente tutto si calma e diventa più godibile, meno esagitato, finalmente ci si può immergere nella storia e nella ricostruzione mozzafiato dei roaring 20's, anche se qua e là la regia continua a peccare di cattivo gusto.
Detto questo DiCaprio è Grande, un gigante a cui i panni di Gatsby stanno a pennello; la sua performance straordinaria (per la quale si spera che gli Academy lo tengano in considerazione una buona volta) è vibrante, intensa, e rappresenta il fulcro emotivo di un film che sotto il suo scintillio abbagliante manca di calore umano. Bravo anche MacGuire.
Certamente non un brutto film che merita una visione soprattutto per vedere come ormai Leonardo DiCaprio sia diventato uno dei migliori attori in circolazione, ma nel suo tentativo di conquistare con un overdose di sfarzo barocco, fallisce il colpo. Proprio come Gatsby.
VOTO: **1/2
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hiroaki
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domenica 26 maggio 2013
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un grande gatsby
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Non avrei mai pensato di poter dare il massimo a questo film, o perlomeno, ne ero certo quando sono uscito dal cinema. Ritornando a casa, ero davvero confuso, non ero nemmeno certo che il film mi fosse piaciuto. Continuavo a non trovare un termine di paragone con qualunque cosa avessi visto in precedenza o con la trasposizione del '74. Per tutta la sera ho pensato, poi ho sognato il film la notte,e il giorno dopo ancora ci pensavo. Finalmente avevo capito, che quel film mi aveva lasciato qualcosa. La trasposizione è molto fedele al libro, con molti passi riportati per intero, e tuttalpiù qualche variazione quasi ininfluente. La prova d'attore di Di Caprio, è grandiosa, seppur un po' meno brillante rispetto a Django unchained; si sente per tutto il film, anche quando non è presente, come nella spasmodica attesa del suo ingresso in scena.
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Non avrei mai pensato di poter dare il massimo a questo film, o perlomeno, ne ero certo quando sono uscito dal cinema. Ritornando a casa, ero davvero confuso, non ero nemmeno certo che il film mi fosse piaciuto. Continuavo a non trovare un termine di paragone con qualunque cosa avessi visto in precedenza o con la trasposizione del '74. Per tutta la sera ho pensato, poi ho sognato il film la notte,e il giorno dopo ancora ci pensavo. Finalmente avevo capito, che quel film mi aveva lasciato qualcosa. La trasposizione è molto fedele al libro, con molti passi riportati per intero, e tuttalpiù qualche variazione quasi ininfluente. La prova d'attore di Di Caprio, è grandiosa, seppur un po' meno brillante rispetto a Django unchained; si sente per tutto il film, anche quando non è presente, come nella spasmodica attesa del suo ingresso in scena. Tutti in sala, aspettano solo lui. Una Carey Muligan dalla bellezza disarmante, che incarna quasi alla perfezione, la Daisy di Fitzgerlad, e che è perfettamente in sintonia con le luci che il film emette in sala. Tutto sembra davvero più bello anche allo spettatore, quando è presente lei. Buone anche gli altri attori, e una menzione va a Tobey Maguire che scuce il suo volto dall'associazione con i precedenti spiderman. Dall'inizio alla fine, il film è una festa di colori e di luci accecanti, che restano impressi durante tutta la visione del film, che danno un'atmosfera quasi fiabesca e un'aria di festa che difficilmente troverà riscontro altrove. questo è un film, che solo per questo motivo, va assolutamente visto al cinema. Non riuscirà a ricreare facilmente, in casa, le stesse atmosfere che crea in una sala. La scelta di mantenere intatti molti dei dialoghi, di riportare praticamente ogni immagine così come è stata scritta quasi cento anni fa, sul grande schermo, ha trovato il mio favore. Le corse in macchina hanno dello spettacolare, così come i costumi. La regia invece non esalta particolarmente, ma fa il suo dovere senza farsi notare in maniera eccezionale. è comunque bastevole a regalare un'esperienza visiva unica ( confrontabile solo con "Hugo Cabret" o "i colori della passione". Le musiche sono invece una nota dolente a mio avviso. A differenza di film come Django unchained, in cui vi è integrazione tra Black music e western, nel capolavoro di Luhrmann, avrei preferito sentire più musiche jazz o perlomeno, che gli attori sentissero e ballassero il foxtrot e il jazz, piuttosto. Ma non si può avere tutto. Assolutamente consigliato, se al cinema. un po' meno a casa.
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frenky 90
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domenica 19 maggio 2013
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una perfetta trasposizione
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Un capolavoro post-moderno. Una mastodontica opera cyber-punk sfarzosa e sopra le righe di un regista che ha riscritto ed adattato al tempo contemporaneo il concetto di “visionario”. Questa, non me ne vogliano Coppola e Robert Redford, è nettamente la versione più grandiosa, resa in tutta la sua immaginifica magnificenza teorizzata da Fitzgerald, messa in atto grazie agli illimitati mezzi del cinema odierno. Il merito è sì della penna di colui che è considerato uno dei migliori autori della cosiddetta “Età del Jazz”, adattato con maestria dallo script di capitan Baz, ma soprattutto di chi merita una medaglia al valore più veridica di quella montenegrina di Gatsby: il cast, per l'appunto. Bisogna ad esempio vedere con le proprie pupille proiettato su telo bianco il lavoro della splendida Carey Mulligan (che già ci aveva deliziato in “Shame” di McQueen) e dell'ottimo Joel Edgerton, quest'ultimo aiutato dal proverbiale “physique du role” come il buon Tobey “Peter Parker” Maguire.
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Un capolavoro post-moderno. Una mastodontica opera cyber-punk sfarzosa e sopra le righe di un regista che ha riscritto ed adattato al tempo contemporaneo il concetto di “visionario”. Questa, non me ne vogliano Coppola e Robert Redford, è nettamente la versione più grandiosa, resa in tutta la sua immaginifica magnificenza teorizzata da Fitzgerald, messa in atto grazie agli illimitati mezzi del cinema odierno. Il merito è sì della penna di colui che è considerato uno dei migliori autori della cosiddetta “Età del Jazz”, adattato con maestria dallo script di capitan Baz, ma soprattutto di chi merita una medaglia al valore più veridica di quella montenegrina di Gatsby: il cast, per l'appunto. Bisogna ad esempio vedere con le proprie pupille proiettato su telo bianco il lavoro della splendida Carey Mulligan (che già ci aveva deliziato in “Shame” di McQueen) e dell'ottimo Joel Edgerton, quest'ultimo aiutato dal proverbiale “physique du role” come il buon Tobey “Peter Parker” Maguire. Ma nonostante la straordinarietà particolarmente della performance della protagonista femminile e del fantomatico Mr. X cui sto per arrivare, è la coralità del gruppo di attori a rendere il prodotto indimenticabile. La scena della discussione a tre in cui Jay porta Daisy a confessare confusamente di non aver mai amato Tom ne è un fulgido esempio. Baz Luhrmann ci scaraventa fin dal primo fotogramma in una New York che non esiste, non è mai esistita e, forse, non esisterà mai, ma dal fascino irresistibile. Dimenticate gli anni venti, la borsa, il crollo del '29, i film muti in bianco e nero, i costumi a righe e le maschere di Groucho Marx. Chiudete gli occhi per un momento e lasciatevi trasportare in un mondo di corse sfrenate in macchina e miniere di carbone controllate da occhi miopi, cappelli di paglia e abiti rosa pallido, fiori, bastoni da passeggio e abiti ricoperti di strass su corpi frementi di cantanti e ballerine di colore; sole, mare, esplosioni di luce. Non ne puoi avere la certezza, è chiaro, ma hai la netta sensazione che fosse questa l'idea di folle apparenza povera d'animo del disegno originale, e che il regista australiano ne stia solo ricalcando con maestria il disegno a china. Che stia solo scalpellando (paradossalmente) il superfluo, come insegna l'arte della grande scultura. Dal quadro resta fuori quello che forse è il suo maggior pregio, che riconduce al punto focale dell'intera pellicola. Magistrale, difatti, è con ogni probabilità più di ogni altra cosa la suspence con cui introduce il divino motore dell'intera operazione: il personaggio, s'intende, dell'eccellente Leonardo Di Caprio. A consacrazione abbondantemente avvenuta per tutti sin dai tempi di “The Aviator”, Leo, alla soglia dei quarant'anni, sfodera un'altra prestazione da incorniciare, che fa il paio con le più recenti in “Inception” e soprattutto in “Django – Unchained” di Tarantino. Disperatamente ricco, innegabilmente fasullo, degnamente innamorato e, infine, brutalmente assassinato, il tutto condito dall'eleganza di una interpretazione stilisticamente perfetta sin dal primo sguardo, come detto, fatto desiderare come l'acqua nel deserto. Quando arriva, però, ti colpisce come una palla di cannone perchè a travolgerti è l'impeto silente del caracter dipinto dall'autore, incarnato veramente alla perfezione. Nient'altro da dire, si corra nelle sale.
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filippo catani
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domenica 19 maggio 2013
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un film esuberante come il suo protagonista
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1922 Long Island. Nell'America che galoppa verso quello che appare un futuro radioso fatto di ricchezza per tutti, un giovane scrittore si trasferisce in una casa in riva alla baia. Il ragazzo si mantiene vendendo obbligazioni in un mercato che non pare conoscere crisi. Accanto a lui sorge l'immensa dimora del signor Gatsby famoso per la sua ricchezza e per le feste che illuminano ogni weekend. Un giorno al giovane vicino di casa arriva l'invito per la festa.
Ennesimo rifacimento dell'omonimo romanzo di Fitzgerald che arrivava nelle sale dopo un grande battage promozionale. Ebbene il film è davvero molto gradevole e, seppur provvisto di una durata che sfiora le due ore e mezzo, non provoca mai nello spettatore l'effetto di noia o spossatezza.
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1922 Long Island. Nell'America che galoppa verso quello che appare un futuro radioso fatto di ricchezza per tutti, un giovane scrittore si trasferisce in una casa in riva alla baia. Il ragazzo si mantiene vendendo obbligazioni in un mercato che non pare conoscere crisi. Accanto a lui sorge l'immensa dimora del signor Gatsby famoso per la sua ricchezza e per le feste che illuminano ogni weekend. Un giorno al giovane vicino di casa arriva l'invito per la festa.
Ennesimo rifacimento dell'omonimo romanzo di Fitzgerald che arrivava nelle sale dopo un grande battage promozionale. Ebbene il film è davvero molto gradevole e, seppur provvisto di una durata che sfiora le due ore e mezzo, non provoca mai nello spettatore l'effetto di noia o spossatezza. Parte del merito va ascritto sicuramente a Luhrmann il quale è stato capace di creare un atmosfera a metà tra l'antico e il moderno. Sono letteralmente meravigliose le ricostruzioni delle fantastiche feste date da Gatsby in un trionfo di corpi, luci e colori scintillanti. La trama è piuttosto fedele a quella del romanzo che ci porta nell'America degli anni '20 dove tutto pareva possibile ed ogni sogno era a portata di mano. Wall Street non conosceva freni (e se ne pagheranno le conseguenze nel '29) e il proibizionismo aveva sortito l'effetto contrario da quello voluto e anzi aveva finito per rimpinguare le casse della criminalità. In tutto questo scenario si insinua la figura magnificente e dolente di Gatsby: distinto e sicuro padrone di casa all'esterno ma fragile e maniacale dentro di se. Un uomo schiavo della sua voglia di primeggiare e di cancellare un passato di tribolazioni e sofferenze in quanto lui si sentiva un predestinato e con gli ultimi cinque anni della sua vita spesi ad attendere di incontrare l'amore della sua vita andata ormai in sposa ad un altro uomo (che non manca peraltro occasione di tradirla). Ovviamente è importante esserci alle feste ma tutti hanno invidia per un uomo di cui si conosce poco e nulla e la cui fortuna ha origini quantomeno dubbie. E così solo il fidato giovane romanziere rimarrà accanto a Gatsby fino al drammatico epilogo finale perchè come si sa appena si cade nella polvere tutti fingono di non conoscerti dal capo della polizia ai senatori amanti delle belle donne e delle bische in giù. Insomma un dramma che parla anche a noi contemporanei e che è impreziosito da una bella colonna sonora che spazia dal jazz a Jay-Z e Beyonce. Bravissimo Di Caprio ormai incapace di sbagliare un colpo e che regala un'altra grande performance e spiace vedere che, almeno a premi, l'attore raccolga molto meno di quanto semini. Si conferma ad alti livelli anche la Mulligan spesso alle prese con ottime interpretazioni di ruoli dolenti. Un film da vedere anche senza l'ausilio del 3D che a una visione "normale" pare del tutto superfluo.
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frederickstudio
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martedì 21 maggio 2013
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spettacolo gatsby!
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Non voglio scrivere niente sulla storia perché molti la conoscono. Non sono un critico cinematografico strapagato. Sono solo un uomo del popolo che ama la settima arte e ama andare al cinema. Ho visto IL GRANDE GATSBY di Baz Luhrman in 3d il secondo giorno che era uscito in Italia: posso solo dire che il film vale tutto il prezzo del biglietto. Sono stati i migliori soldi spesi al cinema da un anno a questa parte! Il film mi è piaciuto molto: tutti questi eccessi ed effetti speciali che molti rinfacciano al regista sono assolutamene al servizio della storia e neanche così eccessivi, neanche ce ne accorgiamo da come sono fatti bene. La scelta delle musiche è a dir poco perfetta.
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Non voglio scrivere niente sulla storia perché molti la conoscono. Non sono un critico cinematografico strapagato. Sono solo un uomo del popolo che ama la settima arte e ama andare al cinema. Ho visto IL GRANDE GATSBY di Baz Luhrman in 3d il secondo giorno che era uscito in Italia: posso solo dire che il film vale tutto il prezzo del biglietto. Sono stati i migliori soldi spesi al cinema da un anno a questa parte! Il film mi è piaciuto molto: tutti questi eccessi ed effetti speciali che molti rinfacciano al regista sono assolutamene al servizio della storia e neanche così eccessivi, neanche ce ne accorgiamo da come sono fatti bene. La scelta delle musiche è a dir poco perfetta. Era molto più eccessivo, barocco e rutilante "Moulin Rouge" (che peraltro ho molto amato) e lo era perché doveva esserlo. Questo "Grande Gatsby" è la visione di un cineasta molto innamorato della settima arte e da come ha combattuto per quasi dodici anni per portarlo su grande schermo, innamorato del romanzo di Fitzgerald. Un cineasta che aveva una visione del Grande Gatsby. Una visione che è rimasta molto fedele al libro. Ho trovato gli attori perfetti, non solo di Caprio ma anche Carey Mulligan e Tobey Maguire sembrano usciti dalle pagine del libro di Fitzgerald come pure l'attore che interpreta il marito di Daisy e il cui nome ora mi sfugge. 10 assoluto alle fiabesche scenografie e ai costumi. In merito di scenografia Catherine Martin, abituale collaboratrice di Luhrman (nonché moglie nella vita) si riconferma con questo film una delle migliori professioniste cinematografiche seconda soltanto a Dante Ferretti. Questo film non meritava tutte le stroncature che la critica gli ha fatto. Auguro a Luhrman e a tutta la sua squadra una pioggia di Oscar!
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luca tessarin
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giovedì 23 maggio 2013
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gatsby: il lato oscuro dello sfarzo
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Il cinema vive spesso di confronti: ci ritroviamo quasi sempre a paragonare attori, registi, sceneggiature, colonne sonore e tutti quegli elementi che contribuiscono alla “costruzione” del film. In Gatsby più che mai è spontaneo il paragone con il film che consacrò un già affermato Redford nel 1974, ma altrettanto spontanea sorge la domanda: è giusto tutto ciò? E’ giusto confrontare una pellicola odierna con una di 40 anni fa? E’ pur vero che il cinema non ha età e che, a maggior ragione, questo film è la trasposizione un romanzo degli anni ’20, ma fra i due film ci sono differenze troppo abissali per poter fissare dei parametri di paragone: lo stile di narrazione, la tecnologia impiegata, le risorse e l’aspettativa del pubblico, solo per citarne alcune.
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Il cinema vive spesso di confronti: ci ritroviamo quasi sempre a paragonare attori, registi, sceneggiature, colonne sonore e tutti quegli elementi che contribuiscono alla “costruzione” del film. In Gatsby più che mai è spontaneo il paragone con il film che consacrò un già affermato Redford nel 1974, ma altrettanto spontanea sorge la domanda: è giusto tutto ciò? E’ giusto confrontare una pellicola odierna con una di 40 anni fa? E’ pur vero che il cinema non ha età e che, a maggior ragione, questo film è la trasposizione un romanzo degli anni ’20, ma fra i due film ci sono differenze troppo abissali per poter fissare dei parametri di paragone: lo stile di narrazione, la tecnologia impiegata, le risorse e l’aspettativa del pubblico, solo per citarne alcune. Quindi soffermiamoci su questo “Gatsby” e analizziamolo senza l’alibi di un insuperabile Robert Redford. Luhrmann ci narra la vicenda non tanto a suo modo, quanto a modo di Gatsby, come se fosse egli stesso il regista: sfarzo, musica assordante (un improbabile ma riuscito R&B jazzato), scenografie carnevalesche e caotico depennamento dei valori morali. E’ la New York degli anni ’20, la New York che stava salendo sulla vetta della giostra, inconsapevole che dopo sarebbe iniziata la discesa, la quale, come è noto, è molto più rapida e terrificante della salita. Gatsby incarna la maschera dietro la quale tutti, almeno una volta nella vita, ci siamo nascosti: l’illusione, l’esteriorità, la menzogna, il materialismo e la finta onnipotenza. Ma dietro quella maschera si nasconde ciò che realmente siamo: creature deboli, schiacciate e trasformate dai nostri stessi sentimenti, vulnerabili davanti alla passione (qui rappresentata in maniera encomiabile da Carey Mulligan), apparentemente debole ed effimera, ma tremendamente letale quando ti rapisce.
Il messaggio (non di sicuro profondo ma neanche banale) raggiunge piacevolmente lo spettatore, questo grazie anche e soprattutto all’espressività degli attori (il fatto che al Kodak Theatre nessuno si sia ancora accorto di un individuo come Di Caprio è inaccettabile). Purtroppo i dialoghi e la narrazione tendono a seguire la stessa linea delle feste di Gatsby, cadendo, a tratti, nel grottesco e nell’eccessiva suntuosità.
Il film di Luhrmann va quindi contemplato proprio come fosse una festa di Gastby, una bella festa e niente di più. Entrate in sala, sedetevi e deliziate occhi e orecchie con la frenesia di un mondo perfettamente riprodotto in tutta la sua folle esuberanza. Non aspettatevi chissà quali significati o pensieri profondi, ammirate e basta.
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flyanto
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martedì 21 maggio 2013
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il ritratto di un uomo e di un'epoca ormai infrant
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Ennesimo remake del film "Il Grande Gatsby", tratto dal famoso ed omonimo romanzo di Francis Scott Fitzgerald, in cui viene narrato l'incondizionato amore provato dal personaggio Gatsby per la bella e ricca Daisy, sposata però ad un altro uomo, ricco e donnaiolo. Tutta la sua ricchezza poco onestamente accumulata, il suo essersi dato da fare in ogni modo per raggiungerla ed i suoi numerosi sfoggi caratterizzati da fastosi parties non costituiscono altro per Gatsby che la maniera per avvicinarsi e conquistare definitivamente la sua amata di sempre e liberarla da un matrimonio ormai per lei "di facciata".
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Ennesimo remake del film "Il Grande Gatsby", tratto dal famoso ed omonimo romanzo di Francis Scott Fitzgerald, in cui viene narrato l'incondizionato amore provato dal personaggio Gatsby per la bella e ricca Daisy, sposata però ad un altro uomo, ricco e donnaiolo. Tutta la sua ricchezza poco onestamente accumulata, il suo essersi dato da fare in ogni modo per raggiungerla ed i suoi numerosi sfoggi caratterizzati da fastosi parties non costituiscono altro per Gatsby che la maniera per avvicinarsi e conquistare definitivamente la sua amata di sempre e liberarla da un matrimonio ormai per lei "di facciata". Egli si servirà dell'aiuto del suo vicino di casa, Nick Carraway, che peraltro è il cugino stesso di Daisy e che funge per tutta l'opera da narratore esterno delle varie vicende. Dopo numerose vicissitudini però la storia si conclude molto tragicamente, principalmente per Gatsby che, per un equivoco, viene ucciso a sangue freddo nella sua piscina privata. L'opera di Baz Luhrmann è nel complesso maestosa nella sua realizzazione e sicuramente di maggior effetto rispetto a quella precedente di 40 anni fa interpretata da Robert Redford e Mia Farrow, ma sono passati, appunto, 40 anni, e le varie migliorie tecniche, grazie anche all'uso del computer, avvenute nel mondo del cinema, sono facilmente riscontrabili e tali da giustificare la maestosità del film. A parte ciò, che secondo me, rappresenta l'unica differenza con la pellicola precedente, questa di Luhrmann è un'opera altamente riuscita e perfettamente aderente al testo originale dello scrittore. La tematica principale del famoso "sogno americano", presto infranto, qui è ben esposta e molto ben rappresentati sono pure l'epoca in generale di precarietà, di effimero benessere e forti differenze sociali. Le persone ricche sono "noncuranti", come affermerà lo stesso Fitzgerald attraverso le parole del narratore Nick fuori campo, e pertanto insensibili agli sforzi della gente comune nel condurre e sopportare la propria dura esistenza o, come nel caso di Gatsby, a seguito di sacrifici e compromessi. Essi esistono e vivono solo nella propria gabbia dorata, distanti e distaccati da tutto e tutti. Di questo film, inoltre, si deve ammirare e lodare in particolare l'interpretazione di Leonardo Di Caprio che non oscura affato quella precedente di Robert Redford. Ben calati nei loro ruoli sono pure gli altri attori, da Tobey Mc Guire, a Joel Edgerton ed a Carey Mulligan, sebbene non spicchino però in una maniera così eclatante. Stupendi e meravigliosi le scenografie, i costumi disegnati da Miuccia Prada ed i gioielli veri della gioielleria Tiffany che contribuiscono notevolmente ad una rappresentazione efficace e quanto mai realistica dell'epoca degli anni '20. Una menzione particolare va anche alla bella colonna sonora composta anche dall' adattamento in chiave moderna di molti brani di autori quali, per esempio, Gershwin, propri di quell'epoca. Insomma, non un capolavoro ma senza alcun dubbio un' opera ben realizzata.
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nikki schwartz
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sabato 18 maggio 2013
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libera nos a malo. gatsby il magnanimo
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Una storia come quella raccontata da Fitzgerald non può lasciare indifferenti. Esiste un uomo che aspetta una donna per cinque anni, si costruisce un castello, organizza feste da sogno, lasciandovi entrare tutta la città, nella speranza che nella marmaglia ci sia lei, la donna che stava aspettando? Si, si chiama Gatsby. È umano? Forse è divino. Di certo e'un grande. La magnanimità e' la caratteristica che descrive al meglio Gatsby. Il male contro cui lotta il romantico, autentico, sensibile, hopeful, coraggioso e carismatico Gatsby e' l'indifferenza. Jay Gatsby e' un fiore nell'asfalto. Anche se tutti malignano sul suo conto, (troppi soldi sanno di corruzione), non importa chi sia davvero nella società, quali siano le sue origini.
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Una storia come quella raccontata da Fitzgerald non può lasciare indifferenti. Esiste un uomo che aspetta una donna per cinque anni, si costruisce un castello, organizza feste da sogno, lasciandovi entrare tutta la città, nella speranza che nella marmaglia ci sia lei, la donna che stava aspettando? Si, si chiama Gatsby. È umano? Forse è divino. Di certo e'un grande. La magnanimità e' la caratteristica che descrive al meglio Gatsby. Il male contro cui lotta il romantico, autentico, sensibile, hopeful, coraggioso e carismatico Gatsby e' l'indifferenza. Jay Gatsby e' un fiore nell'asfalto. Anche se tutti malignano sul suo conto, (troppi soldi sanno di corruzione), non importa chi sia davvero nella società, quali siano le sue origini. Gatsby e' realmente qualcosa di diverso. Martire della mediocrità e dell'opportunismo, Gatsby si sacrifica quasi per liberare la codarda, file e marcia umanità dal male, solo con l'amore, la speranza e il sorriso sul volto in un corpo senza più vita. Sullo schermo il sorriso mozzafiato e' quello d Leonardo Di Caprio: un attore troppo bravo, troppo bello DA ESSERE VERO, per nostra fortuna.Il film esce in un momento storico adatto a recuperare II valori dell'autenticita' , della speranza, dei grandi sentimenti. I mali degli USA degli anni trenta sono anche i nostri. Può una sbronza, un bel party, della bella musica o degli ospiti glamour colmare il vuoto interiore? Solo l'amore, anche non corrisposto, anche se sembra sprecato o non sembra meritato,è l'unica risposta per Gatsby. Lo stile di Baz Luhrmann può far impazzire o discutere. Ma di certo affascina e rende godibile qualsiasi prodotto. Il romanzo di Scott Fitzgerald doveva essere rivalutato e riscoperto e, in questo, per la pubblicità, per le spese per il cast, per i magnifici costumi e per l'incantevole scenografia sono stati soldi ben spesi! Il cast vale e Di Caprio si rivela un mostro sacro dell'Olimpo holliwoodiano. Lana Del Rey e'stata la migliore scelta musicale per raccontare la capitalista e viziata America dai sogni infranti o corrotti. Significativa la scelta di riprendere con una cover la triste e disillusa Back to black di Amy Winehouse, proprio durante uno degli sfavillanti party. Dietro il trucco si nascondono le lacrime... Lo swing e il jazz avrebbero reso il film scontato mentre il rap e il 3D attualizzano e infondono colore, luce, ottimismo e speranza... in pieno stile Gatsby!
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flyanto
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lunedì 20 maggio 2013
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il ritratto di un uomo e di un'epoca ormai infrant
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Ennesimo remake del film "Il Grande Gatsby", tratto dal famoso ed omonimo romanzo di Francis Scott Fitzgerald, in cui viene narrato l'incondizionato amore provato dal personaggio Gatsby per la bella e ricca Daisy, sposata però ad un altro uomo, ricco e donnaiolo. Tutta la sua ricchezza poco onestamente accumulata, il suo essersi dato da fare in ogni modo per raggiungerla ed i suoi numerosi sfoggi caratterizzati da fastosi parties non costituiscono altro per Gatsby che la maniera per avvicinarsi e conquistare definitivamente la sua amata di sempre e liberarla da un matrimonio ormai per lei "di facciata". Egli si servirà dell'aiuto del suo vicino di casa, Nick Carraway, che peraltro è il cugino stesso di Daisy e che funge per tutta l'opera da narratore esterno delle varie vicende.
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Ennesimo remake del film "Il Grande Gatsby", tratto dal famoso ed omonimo romanzo di Francis Scott Fitzgerald, in cui viene narrato l'incondizionato amore provato dal personaggio Gatsby per la bella e ricca Daisy, sposata però ad un altro uomo, ricco e donnaiolo. Tutta la sua ricchezza poco onestamente accumulata, il suo essersi dato da fare in ogni modo per raggiungerla ed i suoi numerosi sfoggi caratterizzati da fastosi parties non costituiscono altro per Gatsby che la maniera per avvicinarsi e conquistare definitivamente la sua amata di sempre e liberarla da un matrimonio ormai per lei "di facciata". Egli si servirà dell'aiuto del suo vicino di casa, Nick Carraway, che peraltro è il cugino stesso di Daisy e che funge per tutta l'opera da narratore esterno delle varie vicende. Dopo numerose vicissitudini però la storia si conclude molto tragicamente, principalmente per Gatsby che, per un equivoco, viene ucciso a sangue freddo nella sua piscina privata. L'opera di Baz Luhrmann è nel complesso maestosa nella sua realizzazione e sicuramente di maggior effetto rispetto a quella precedente di 40 anni fa interpretata da Robert Redford e Mia Farrow, ma sono passati, appunto, 40 anni, e le varie migliorie tecniche, grazie anche all'uso del computer, avvenute nel mondo del cinema, sono facilmente riscontrabili e tali da giustificare la maestosità del film. A parte ciò, che secondo me, rappresenta l'unica differenza con la pellicola precedente, questa di Luhrmann è un'opera altamente riuscita e perfettamente aderente al testo originale dello scrittore. La tematica principale del famoso "sogno americano", presto infranto, qui è ben esposta e molto ben rappresentati sono pure l'epoca in generale di precarietà, di effimero benessere e forti differenze sociali. Le persone ricche sono "noncuranti", come affermerà lo stesso Fitzgerald attraverso le parole del narratore Nick fuori campo, e pertanto insensibili agli sforzi della gente comune nel condurre e sopportare la propria dura esistenza o, come nel caso di Gatsby, a seguito di sacrifici e compromessi. Essi esistono e vivono solo nella propria gabbia dorata, distanti e distaccati da tutto e tutti. Di questo film, inoltre, si deve ammirare e lodare in particolare l'interpretazione di Leonardo Di Caprio che non oscura affato quella precedente di Robert Redford. Ben calati nei loro ruoli sono pure gli altri attori, da Tobey Mc Guire, a Joel Edgerton ed a Carey Mulligan, sebbene non spicchino però in una maniera così eclatante. Stupendi e meravigliosi le scenografie, i costumi disegnati da Miuccia Prada ed i gioielli veri della gioielleria Tiffany che contribuiscono notevolmente ad una rappresentazione efficace e quanto mai realistica dell'epoca degli anni '20. Una menzione particolare va anche alla bella colonna sonora composta anche dall' adattamento in chiave moderna di molti brani di autori quali, per esempio, Gershwin, propri di quell'epoca. Insomma, non un capolavoro ma senza alcun dubbio un' opera ben realizzata.
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