kmarcio
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mercoledì 22 maggio 2013
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più che il grande gatsby, la grande delusione
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Il grande Gatsby si apre con il racconto di Nick Carraway, scrittore senza ispirazione che, trasferitosi a New York nel 1922, abbandona la macchina da scrivere e inizia una carriera a Wall Street. Nick affitta una minuscola casa in un quartiere ricco di New York e scopre che il suo vicino, un certo Gatsby, è una delle personalità più enigmatiche della città, solito dare feste aperte al pubblico all'insegna dello sfarzo e dell'eccesso. Gatsby non inviava mai inviti ma, notato Nick, per la prima volta una persona riceve un invito ufficiale ad una festa del grande Gatsby e da qui inizia la scoperta di un personaggio enigmatico e particolare ai limiti dell'estremo.
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Il grande Gatsby si apre con il racconto di Nick Carraway, scrittore senza ispirazione che, trasferitosi a New York nel 1922, abbandona la macchina da scrivere e inizia una carriera a Wall Street. Nick affitta una minuscola casa in un quartiere ricco di New York e scopre che il suo vicino, un certo Gatsby, è una delle personalità più enigmatiche della città, solito dare feste aperte al pubblico all'insegna dello sfarzo e dell'eccesso. Gatsby non inviava mai inviti ma, notato Nick, per la prima volta una persona riceve un invito ufficiale ad una festa del grande Gatsby e da qui inizia la scoperta di un personaggio enigmatico e particolare ai limiti dell'estremo. Dopo aver tanto atteso un film reso epico dagli spot pubblicitari, quando si sono riaccese le luci nel cinema la faccia di tutte le persone presenti in sala (incredibilmente piena) era la stessa: una faccia confusa e delusa. Luhrmann non riesce ad esprimere a pieno lo spirito di Gatsby, lo snatura forzando lo spazio concesso al suo amore mancato. La morale del personaggio e la sua filosofia si notano solo in un breve scorcio e in alcuni tratti, non me ne vogliate, ma ho rischiato di addormentarmi quando non ero impegnato a sperare che il film finisse presto. Per fortuna Di Caprio riesce a salvare un minimo il film con le sue doti recitative, ci fosse stato un altro attore il film avrebbe reso ancora meno. Non si può dire che sia un film "assolutamente da vedere", soprattutto per chi ha letto il libro a cui il film si ispira. Nonostante sia un personaggio curato sotto l'aspetto fisico e abbastanza intrigante sotto l'aspetto filosofico e la buona proposizione della società corrotta e materialista a fare da cornice, il tutto risulta esageratamente portato in scena, per non parlare di un 3D messo lì tanto per moda.
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renato volpone
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sabato 18 maggio 2013
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troppa luce nella città
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Imponente, suggestivo, emozionale questo film di Baz Luhrmann che riprende il famoso romanzo di Francis Scott Fitzgerald. I lettori del romanzo non pensino però di trovare la stessa atmosfera del racconto perché il regista si spinge ben oltre dimenticando ogni regola di contestualizzazione storica. Non basta lo charme di Tobey Maguire, splendido interprete, e la bravura di Di Caprio per salvare il film dalle sue pecche. E’ comunque un buon prodotto dove il fascino del “grande” Gatsby emerge totalmente in una storia d’amore e d’egoismo, di rivalsa e di falsi miti: il vero sconfitto è l’essere umano come “razza superiore” che combatte per arrampicarsi e raggiungere il mito del “Dio denaro” abbandonando il vero sentimento di cui non riesce più a cogliere le sfumature e l’essenzialità.
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Imponente, suggestivo, emozionale questo film di Baz Luhrmann che riprende il famoso romanzo di Francis Scott Fitzgerald. I lettori del romanzo non pensino però di trovare la stessa atmosfera del racconto perché il regista si spinge ben oltre dimenticando ogni regola di contestualizzazione storica. Non basta lo charme di Tobey Maguire, splendido interprete, e la bravura di Di Caprio per salvare il film dalle sue pecche. E’ comunque un buon prodotto dove il fascino del “grande” Gatsby emerge totalmente in una storia d’amore e d’egoismo, di rivalsa e di falsi miti: il vero sconfitto è l’essere umano come “razza superiore” che combatte per arrampicarsi e raggiungere il mito del “Dio denaro” abbandonando il vero sentimento di cui non riesce più a cogliere le sfumature e l’essenzialità. Alla fastosità dei ricevimenti e della ricchezza si contrappone la povertà emozionale di ciascun personaggio che, ingordo di “futuro”, dimentica con drammatica velocità ogni sentimento e drammatico avvenimento. La costruzione delle cose, del potere e della ricchezza infrangono i sentimenti. Splendidi i costumi e la costruzione scenica, ma le musiche e i comportamenti sono troppo moderni, le auto troppo veloci, e la città troppo luminosa. La volontà del regista è probabilmente quella di rappresentare il romanzo nella sua attualità in quanto rappresenta una perfetta metafora della società moderna, dove i bambini vengono dimenticati e regna solo il “falso amore”, ma l’esperimento è riuscito solo a metà.
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graziano.nanetti
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sabato 25 maggio 2013
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la grande delusione
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Il soggetto è tratto dall'omonimo romanzo di Fitzgerald. Durante i "roaring twenties" Jay Gatsby, misterioso e affascinante miliardario americano, organizza feste nel suo bellissimo palazzo situato a Long Island. Si scopre che queste sono il modo per ritornare in contatto con la sua amata Daisy, ragazza incontrata nel passato, ma andata in sposa a Tom Buchanan, ricco e famoso campione di polo. Nick Carraway, amico e vicino di casa di Gatsby, tenterà di rimettere insieme i pezzi di questa impossibile storia d'amore.
L'opera di Luhrmann non riesce a trasmettere fino in fondo la grandezza del personaggio principale, Gatsby. Anche la scelta di Leonardo Di Caprio appare quanto meno azzardata: con la sua eterna faccia da ragazzino, Di Caprio appare come un adolescente ricco e viziato, alla Justin Bieber, che cerca di soddisfare il suo antico capriccio amoroso.
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Il soggetto è tratto dall'omonimo romanzo di Fitzgerald. Durante i "roaring twenties" Jay Gatsby, misterioso e affascinante miliardario americano, organizza feste nel suo bellissimo palazzo situato a Long Island. Si scopre che queste sono il modo per ritornare in contatto con la sua amata Daisy, ragazza incontrata nel passato, ma andata in sposa a Tom Buchanan, ricco e famoso campione di polo. Nick Carraway, amico e vicino di casa di Gatsby, tenterà di rimettere insieme i pezzi di questa impossibile storia d'amore.
L'opera di Luhrmann non riesce a trasmettere fino in fondo la grandezza del personaggio principale, Gatsby. Anche la scelta di Leonardo Di Caprio appare quanto meno azzardata: con la sua eterna faccia da ragazzino, Di Caprio appare come un adolescente ricco e viziato, alla Justin Bieber, che cerca di soddisfare il suo antico capriccio amoroso. Manca perciò la profondità di carattere che sarebbe stata meglio trasmessa da un attore diverso: considerate che nella trasposizione del 1974 di Jack Clayton era nientemeno che Robert Redford a vestire i panni di Jay Gatsby!
Le scenografie sono alquanto penose: molte scene sembrano mediocri dipinti a cartone animato della New York degli anni '20, cioè quanto di più lontano dalle meravigliose atmosfere di quegli anni vissuti al frenetico ritmo del jazz.
Ultima nota pietosa: la colonna sonora sarebbe tutta da rifare, con musiche hip hop martellanti che nulla hanno a che fare con il periodo storico del racconto.
Soltanto il potente marketing americano può portarvi a vedere questo film veramente penoso.
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babagi
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martedì 21 maggio 2013
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c'era una volta un uomo
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C’era una volta un uomo, un uomo il cui nome era sulla bocca di tutti e la cui fama non solo lo precedeva ma lo sostituiva. Catapultati alla corte di Gatsby nel bel mezzo di una festa all’insegna dell’eccesso, lo spettatore catturato da musica, colori, fiumi di vino e da ogni genere di ballo non può che rimanere estasiato da tanta grandiosità fino a chiedersi: “Ma chi è Gatsby?” (E fino a qui la trasposizione di Luhrmann sembra davvero essere perfetta, originale e fedele allo stesso tempo.)
Gatsby è ciò che si è creato, risiede nelle sue cose, è la sua villa, è le sue feste, è il suo vestito, è qualcosa di effimero e inafferrabile, è un’idea che tutti possiedono ma che nessuno conosce.
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C’era una volta un uomo, un uomo il cui nome era sulla bocca di tutti e la cui fama non solo lo precedeva ma lo sostituiva. Catapultati alla corte di Gatsby nel bel mezzo di una festa all’insegna dell’eccesso, lo spettatore catturato da musica, colori, fiumi di vino e da ogni genere di ballo non può che rimanere estasiato da tanta grandiosità fino a chiedersi: “Ma chi è Gatsby?” (E fino a qui la trasposizione di Luhrmann sembra davvero essere perfetta, originale e fedele allo stesso tempo.)
Gatsby è ciò che si è creato, risiede nelle sue cose, è la sua villa, è le sue feste, è il suo vestito, è qualcosa di effimero e inafferrabile, è un’idea che tutti possiedono ma che nessuno conosce. Ma soprattutto è quella luce verde dall’altra parte della baia. Una luce brillante, la speranza di un cambiamento, il ponte che unisce il protagonista al suo passato e lo proietta verso il suo futuro alimentandolo ogni giorno, facendolo crescere nella convinzione che egli possa raggiungere tutto, che possa toccare ciò che non ha consistenza e rendere possibile anche l’impossibile. Gatsby è “grande” in questa sua aspirazione all’infinito e nella sua volontà di potenza. Una volontà che sembra non avere limiti e lo mantiene “grande” fino alla fine quando il suo unico amico, Nick, l’osservatore oggettivo dei fatti, colui che diventa testimone e complice della sua vita, aggiungerà al manoscritto”the Great” sopra al suo nome; perché è quando si esaurisce “il super” ed esce “l’uomo” che rema controcorrente, che egli è davvero grande.
Il tema molto ben rappresentato nel film è quello del guardare. Guardare se stessi, essere guardati e guardare gli altri. Questo accomuna Gatsby e Nick e li pone all’interno di una cornice più vasta e di un occhio più grande, quello del dio pagano, rappresentato da un cartellone nel quartiere operaio, che tutto scruta. Gatsby è l’osservatore misterioso, che sembra curarsi più delle vite degli altri e del loro divertimento che della propria. E’ infatti proprio nel concetto di “sembrare” che risiede la natura del suo personaggio. Fare di tutto per sembrare quel qualcuno che desidera essere. Da qui la sua personale tragedia, rendersi conto di non poter comprare l’unico privilegio che più desidera al mondo, quello di esser nato ricco. Il suo percorso di Homo Faber non si può infatti compiere pienamente perché tutto ciò che ha costruito intorno e dentro di lui è privo di consistenza e nonostante i tentativi, la realtà figlia del passato lo ricaccerà sempre con maggiore violenza al punto di partenza rendendo ogni suo sforzo solo un passo verso l’inevitabile destino tragico.
La critica verso una certa classe aristocratica immobile che gode e scappa senza curarsi delle conseguenze solo per evitare di turbare la propria vita, è rappresentata dall’agire della coppia Daisy – Tom. Lei, interpretata da Carrey Mulligan non riesce però nell’intento di rappresentare una donna tanto superficiale quanto morbosamente ammaliante da essere motore e giustificazione dell’agire di Gatsby. E qui forse la mancanza maggiore del film, che a mio parere delude per aver dato più spazio all’aspetto visivo rispetto ai personaggi che danno la sensazione di essere burattini spaesati all’interno di un teatrino delle meraviglie con cui non esiste relazione.
Detto questo il film è puro divertissment e invece non delude se visto in quest’ottica(la colonna sonora, le scenografie, i costumi sono eccellenti); ma é poco altro o meglio troppo altro, perché l’esagerazione e l’aver caricato tutti gli elementi così tanto rendono il film poco apprezzabile da chi, amatore del libro, ne ricercava le atmosfere originali di misterioso “non detto” e quella sensazione di fiaba tragica ma reale di un amore impossibile.
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mickey97
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martedì 21 maggio 2013
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film senz'anima che vuole essere ammirato
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Nella New York degli anni novanta un giovane di nome Nick Carraway rimane alquanto incuriosito dallo stile di vita del miliardario Jay Gatsby, che è solito organizzare feste memorabili dietro le quali però si celano motivazioni particolarmente importanti inerenti al suo passato che vanno oltre il concetto di piacevole serata. Del misterioso Gatsby si dicono molte cose persino che abbia ucciso un uomo ma la gente in realtà ne sa molto poco e solo a Nick gli viene rivelata l'infelice infanzia dell'uomo più chiaccherato di New York, interpretato da un Leonardo di Caprio che finalmente ha la possibilità di recitare con l'amico Maguire, lo spiderman della trilogia Raimi, che gli rimarrà fedele sino alla fine.
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Nella New York degli anni novanta un giovane di nome Nick Carraway rimane alquanto incuriosito dallo stile di vita del miliardario Jay Gatsby, che è solito organizzare feste memorabili dietro le quali però si celano motivazioni particolarmente importanti inerenti al suo passato che vanno oltre il concetto di piacevole serata. Del misterioso Gatsby si dicono molte cose persino che abbia ucciso un uomo ma la gente in realtà ne sa molto poco e solo a Nick gli viene rivelata l'infelice infanzia dell'uomo più chiaccherato di New York, interpretato da un Leonardo di Caprio che finalmente ha la possibilità di recitare con l'amico Maguire, lo spiderman della trilogia Raimi, che gli rimarrà fedele sino alla fine. Senza Di Caprio il film non avrebbe ottenuto tutto questo successo nè in Italia nè negli Stati Uniti ma d'altrocanto è già noto a tutti quanto lui goda di un'ottima fama e in questo film si confermano le sue grandi dote recitative anche in ruoli molto più raffinati come appunto Il Grande Gatsby ma a risultare alquanto palese è la brillante interpretazione di un Maguire decisamente in forma, che supera un Di Caprio questa volta inferiore. Purtroppo, sia Di Caprio che Maguire si ritrovano a reggere un film assolutamente mediocre le cui note positive sono appunto loro stessi, i costumi e la piacevole scenografia che affrontano quelle negative uscendone ovviamente totalmente sconfitte. Ad irritare specialmente il pubblico maschile è la componente femminile costituita da pessime attrici inespressive, le loro interpretazioni non hanno anima, sono completamente vuote e per quanto riguarda la componente maschile escludendo Di Caprio e Maguire bisogna prendere in considerazione a malincuore l'interpretazione di Joel Edgerton poco convincente e l'inutilità di Jason Clarke. La sceneggiatura è a dir poco imbarazzante, il film è troppo lungo, noiosissimo specialmente nella seconda parte e melenso nel sentimento, vittima del dramma di Gatsby e muore con quest'ultimo dopo essersi trovato nell'impossibilità date le brutte circostanze di legare in amore la nobile e ricca Daisy e il misterioso miliardario Gatsby. Un film davvero inconsistente che non possiede anima nemmeno nel celebrare il dramma dell'uomo più ricco e popolare che nella tomba alla fine si porta solo la fedeltà di Nick Carraway e il doloroso disprezzo che il popolo prova nei suoi confronti perchè ritenuto l' assasino di quella donna morta nella miniera di carbone. Un finale dove predominano tristezza e malinconia che allo spettatore non arrivano poichè deluso dal pessimo trattamento del sentimento che si concretizza con una Daisy che della morte del grande Gatsby se ne frega. Questo è stato il finale più brutto che abbia mai visto. Non si può rivivere il passato è la frase più bella detta da Nick, il passato non si può ripetere ed è proprio in questa affermazione del tutto vera che il film sprofonda nella mediocrità poichè totalmente incapace di svilupare una buona idea che viene tradita da una pessima esecuzione dovuta naturalmente a una trama piatta e monotona e alla fine troppo amara la cui causa è solo l'incapacità di elaborare un dramma importante. Il film nonostante sia senza anima e quindi incapace di raccontare sia il dramma che il sentimento, pretende di essere ammirato dallo spettatore che prende solo in considerazione la grande prova di amore di Gatsby, non notando così la gravità che dietro questo è nascosta.
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(di ddlewis)
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giugy3000
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venerdì 17 maggio 2013
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non si replica un capolavoro caro baz!
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Il re australiano delle trasposizioni cinematografiche da grandissime opere letterarie ritorna sugli schermi dopo cinque anni e lo fa con trailer ripetuti, cartelloni ovunque e pubblicità in pompa magna. Si respira aria di gran kolossal americano che porta come sempre al solito bivio i cinefili e gli amanti del grandissimo libro del 1925 firmato Francis Scott Fitzgerald: sarà un bluff assoluto o un capolavoro? La faccenda che intrigava di più era senz'altro astutamente giocata anche da un doppio ritorno, quello di Di Caprio nelle vesti di protagonista dopo ben diciassette anni da un ruolo che consacrò sia lui che Luhrmann, ossia "Romeo + Juliet".
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Il re australiano delle trasposizioni cinematografiche da grandissime opere letterarie ritorna sugli schermi dopo cinque anni e lo fa con trailer ripetuti, cartelloni ovunque e pubblicità in pompa magna. Si respira aria di gran kolossal americano che porta come sempre al solito bivio i cinefili e gli amanti del grandissimo libro del 1925 firmato Francis Scott Fitzgerald: sarà un bluff assoluto o un capolavoro? La faccenda che intrigava di più era senz'altro astutamente giocata anche da un doppio ritorno, quello di Di Caprio nelle vesti di protagonista dopo ben diciassette anni da un ruolo che consacrò sia lui che Luhrmann, ossia "Romeo + Juliet". Dopo questa quinta pellicola che si aggiunge alla scarna filmografia del regista posso senza dubbio affermare che di sicuro l'effetto finale del "Grande Gatsby" non è un bis alla superlativa reinvenzione Shakesperiana che ambientò il dramma d'amore più famoso di tutti i tempi una moderna Verona Beach. Senza dubbio il nostro Baz un pregio ce l'ha e bisogna riconoscerglielo dapprincipio: le sue sono rimodernizzazioni d'opere letterarie sfarzose ed esteticamente ineccepibili; ma questa volta il suo budegt da ben 105 milioni di dollari poteva esser usato in diversa maniera. La storia la conosciamo tutti ed è rappresentata super fedelmente per ciò che concerne la fabula narrativa: il magnate Gatsby par essere l'uomo più ricco di West Eggs, un villaggio sulla costa settentrionale di Long Island, ma la sua esistenza è segnata da segreti e menzogne; la lussosissima villa in cui ogni settimana si tengono feste rocambolesche è piena di luci e fuochi d'artificio, ma nel cuore di Gatsby aleggia l'ombra di un amore conclusosi tempo addietro per la cugina del narratore (nonchè suo unico amico) Nick Carraway, ossia Daisy, ormai già sposata ad un altro ricco uomo. E se l'uomo corrotto da potere, soldi e meri affari è contemplato sino ad un certo punto come un arrivista senza scrupoli, il rovescio della medaglia arriverà presto e purtroppo, non nel più felice dei modi.
Ci troviamo di fronte ad una trama rispettata senza scivoloni o interpretazioni fuori luogo, il proposito di Luhrmann, come dice in ripetute interviste, è portare sugli schermi quello per lui fu il primo capolavoro della letteratura statunitense e vuole che il suo Gatsby sia uno spettacolo per gli occhi, che avvicini il pubblico a questa storia incredibile con le sue contraddizioni, il suo vittimismo e la sua tragicità. Il problema è che non basta prendere un attore divino e maturo al massimo come Di Caprio, ricopiare qua e là nel testo filmico parti del vero testo di Fitzgerald e seguire l'ossatura guida della vicenda; non basta tinteggiare scenografie luccicanti e prendere forse la miglior truccatrice e costumista di Hollywood. L'estetica ha il suo ruolo, la musica anche (e"Moulin Rouge" ne è la prova incontestabile), ma poi si devono toccare anche le corde dell'anima e del cuore e da qui in poi non possiamo che stendere un velo pietoso. Il Gatsby di Luhrmann par aver fretta di rivelarsi, la narrazione scorre velocissima e male in queste due ore e venti di pellicola, non ci si sofferma su nulla, si fagocitano nozioni ripetute sulla vita dell'ex James Gatz senza un filo di pathos, senza esser veramente coinvolti. Tobey Maguire è colui che convince meno fra tutti: completamente inadatto al suo ruolo, senza verve segue Gatsby in ogni suo cambio di direzione, pare annoiato egli stesso da quello che lo circonda e non prova mai una benchè minima commozione nemmeno di fronte all'epilogo tremendo di quel che è stato per lui un uomo cardine della sua giovane età. Il libro di Fitzgerald si basa sull'ambiguità dei gesti, delle emozioni e delle scelte dell'uomo solo per eccellenza in quella società degli anni '20 solo in apparenza perfetta e in auge come si voleva credere, e anche il regista pare fermarsi all'apparente semplicità emotiva di un carattere che era tutto fuorchè comprensibile, anche dopo la parola "fine" del libro. Il nostro Leo bravo come sempre, ma di sicuro non nei suoi panni migliori, mentre lodo la Mulligan per esser stata scelta nel ruolo di Daisy, con quella sua eleganza fredda e perfetta, capace di sciogliersi per delle camicie costose di seta o per qualche bicchiere in più di champagne. Montaggio frettoloso e nervoso, incapace di seguire con maestria l'alternanza di flashback che costruiscono l'intreccio di un romanzo in cui ogni cosa va a suo posto al momento giusto, dedicando sempre l'adeguato spazio ad ogni ambito nell'esistenza di Gatsby: la sua infanzia modesta, la sua adolescenza sotto il segno della fortuna, la sua maturità-immatura in cui crede che ripetere il passato sia un gioco da ragazzi. ...e si esce dalla sala così, consci di saperne tanto quanto prima se non meno "dell'uomo più corrotto che mai ma con un sogno incorruttibile", consci che per afferrare un personaggio come J.Gatsby non basta un carosello hip hop di luci e colori, qualche bella ambientazione computerizzata, qualche bella corsa in macchina e alcuni aforismi citati qua e là. Gatsby ci lascia come Joe Gillis in "Viale del tramonto", a faccia in giù esanime nell stessa piscina teatro di feste e sorrisi...e a raccontarcelo non basta un Nick Carraway simil Christian in Moulin Rouge! con la sua compiaciuta macchina da scrivere. Il flop totale non c'è in toto, ma resta l'ennesima prova del fatto che più un film è sponsorizzato in ogni dove, più bisogna dubitarne in toto del suo valore.
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salvo gulizia
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venerdì 17 maggio 2013
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buon film, ma... (di caprio non adatto al ruolo)
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Partiamo da due presupposti: 1) sono andato al cinema con un'enorme aspettativa, e non c'è da meravigliarsi: raramente un film è pubblicizzato così tanto. 2) Sono un grandissimo estimatore di Leonardo Di Caprio e lo ritengo uno dei più abili attori contemporanei. Passiamo adesso alla recensione, che intitolerei: "IL FILM E' UN BUON FILM, MA...". Perché? La regia è ottima, soprattutto in certi passaggi, affidata tra l'altro al regista di Moulin Rouge (Baz Luhrmann), la scenografia e le musiche sono spettacolari e fatiscenti (in questi Luhrmann è quasi insuperabile), ma non trovo tutto questo adatto a questa pellicola in particolare. L'idea, tra l'altro, di inserire musica contemporanea in molte scene è stuzzicante, ma trovo il risultato poco felice e molto caotico: avrei preferito di gran lunga la stessa storia narrata nel mondo attuale, con costumi e auto attuali, nella New York attuale: sarebbe stato tutto più equilibrato e accettabile.
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Partiamo da due presupposti: 1) sono andato al cinema con un'enorme aspettativa, e non c'è da meravigliarsi: raramente un film è pubblicizzato così tanto. 2) Sono un grandissimo estimatore di Leonardo Di Caprio e lo ritengo uno dei più abili attori contemporanei. Passiamo adesso alla recensione, che intitolerei: "IL FILM E' UN BUON FILM, MA...". Perché? La regia è ottima, soprattutto in certi passaggi, affidata tra l'altro al regista di Moulin Rouge (Baz Luhrmann), la scenografia e le musiche sono spettacolari e fatiscenti (in questi Luhrmann è quasi insuperabile), ma non trovo tutto questo adatto a questa pellicola in particolare. L'idea, tra l'altro, di inserire musica contemporanea in molte scene è stuzzicante, ma trovo il risultato poco felice e molto caotico: avrei preferito di gran lunga la stessa storia narrata nel mondo attuale, con costumi e auto attuali, nella New York attuale: sarebbe stato tutto più equilibrato e accettabile.
Ciò che rende, però, il film troppo lento, pesante e indigeribile è principalmente una cosa: l'interpretazione di Di Caprio. Come mai? Quando pensiamo all'attore non possiamo fare a meno di pensare al medodo Stanislavskij, e cioè dell'attore che abbandona il suo vero se stesso per interpretare qualunque parte. Niente di più falso: Di Caprio, come qualunque altro attore della sua stazza, ha ormai fagocizzato se stesso e creato il suo personaggio. Di Caprio ha assunto un taglio e una forma e può fare (in maniera ineccepibile) solo certi film: per esempio è perfetto nel personaggio bipolare e combattuto, o in quello schizzofrenico. Ha assunto questa forma, e deve ciò (oltre al suo carattere autentico, naturalmente) soprattutto all'accoppiata con Scorsese. E' una cosa naturale nel cinema, e così potremmo dire di altre grandi coppie del cinema, come J. Depp con T. Burton, De Niro con lo stesso Scorsese, e così via: quando si crea un legame duraturo e indelebile tra attore e genere di film/regista (congeniale a quell'attore) è inevitabile che quell'attore assuma quella forma e la trasmetta in ogni parte interpreti, qualunque sia la parte che interpreti. Detto questo Di Caprio è (non abile, ma) perfetto in alcune parti (si pensi a The Departed, si pensi a Shutter Island, si pensi a Inception). I grandi film sono quelli che creano uno sposalizio perfetto tra personaggio e interprezione di quell'attore (pensate a Il Gladiaore e R. Crowe, a Iron Man e R. Downey Jr, a Shine e G. Rush (e si potrebbe andare avanti all'infinito). Se consideriamo, adesso, che Gatsby di Fitzgerald è già una storia molto complessa e contorta, che necessiterebbe già di per se' di essere imboccata a pillole da una morbida e dolce interpretazione del personaggio, la scelta di Di Caprio, per quanto sia il grande Di Caprio, è, secondo me, sbagliata. Per questo motivo ritengo che un attore come Robert Redford ha interpretato una parte come questa in modo molto più consono ed equilibrato. Baz Luhrmann ha forse voluto dare un taglio particolare al suo film, sottolineando l'aspetto intimo e combattuto di Gatsby più che il suo lato enigmatico e sicuro, ma il risultato è un film abbastanza pesante, interpretato in modo pesante, con un finale altrettanto pesante. Come tutti i film che girano attorno ad un personaggio, l'interpretazione di quel personaggio fa il film. Conclusione: Di Caprio meritava un film più adatto al suo spessore e taglio artistico, Il Grande Gatsby meritava un attore più adatto alla sua già travagliata e tragica storia.
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[+] di caprio
(di p.camezind)
[ - ] di caprio
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