donni romani
|
venerdì 24 maggio 2013
|
gatsby e l'inquietudine negli anni venti
|
|
|
|
Scelto per aprire fuori concorso la rassegna di Cannes 2013 il Gatsby di Luhrmann ha echi di Moulin Rouge nelle scene coreografate di danze sfrenate nei ruggenti Anni Venti, un amore sofferto e drammatico come quello di Romeo + Juliet, una voce fuori campo che evoca la inarrivabile bellezza letteraria di Fitzgerald ma lascia talvolta perplessi pur costruendo un affresco d'epoca di grande fascino. Siamo ai primi Anni venti e il giovane Nick Carraway, aspirante scrittore, si trasferisce a New York dove inizia a frequentare, grazie alla cugina Daisy, il mondo torbido, annoiato e trasgressivo dell'high society.
[+]
Scelto per aprire fuori concorso la rassegna di Cannes 2013 il Gatsby di Luhrmann ha echi di Moulin Rouge nelle scene coreografate di danze sfrenate nei ruggenti Anni Venti, un amore sofferto e drammatico come quello di Romeo + Juliet, una voce fuori campo che evoca la inarrivabile bellezza letteraria di Fitzgerald ma lascia talvolta perplessi pur costruendo un affresco d'epoca di grande fascino. Siamo ai primi Anni venti e il giovane Nick Carraway, aspirante scrittore, si trasferisce a New York dove inizia a frequentare, grazie alla cugina Daisy, il mondo torbido, annoiato e trasgressivo dell'high society. Il giro di feste sfrenate, di tradimenti e alcool a gogò nasconde una noia sociale, un'inquietudine culturale e un vuoto esistenziale che Nick inizialmente fatica a comprendere ma a cui presto si abituerà grazie alla conoscenza del suo vicino di casa, il ricchissimo J. Gatsby, passato oscuro e fascino esibito nei sfarzosissimi party che dà ogni sera nella sua villa. Nick scoprirà pian piano molte verità su Gatsby, personaggio da sempre ambiguo, complesso, con un bisogno assoluto di controllo su se stesso e sugli altri, capace di un amore puro ed idealizzato verso Daisy e di scatti di pura violenza. Le vicende sentimentali si intrecciano nella pellicola di Luhrmann con l'ampiezza scenografica e coreografica, alternando un intimissimo senso di vuoto con un caleidoscopio di luci, suoni, colori che stordiscono e catturano. C'è un cuore aritmico che è in bilico fra fibrillazioni sociali e bradicardiche delusioni affettive in Gatsby, c'è un'ambizione sfrenata che non stempera l'inquietudini delle umili origini, ma c'è soprattutto un mondo, un'epoca, un esplosione di musica jazz, di mondanità e di stordimento che se nelle pagine di Fitzgerald aveva il tono languido della trasgressione decadente ha, in un film che esce nel 2013, gli echi di un annoiato fine settimana in qualunque metropoli del mondo. Difficile imputare al regista questo senso di banalità che traspare dalle pur bellissime scene di ballo e di bevute, ma forse quello che manca per fare di questo Gatsby un grande Gatsby è la capacità di andare oltre le apparenze, anche se Di Caprio è magistrale nel caratterizzare il sulfureo J. che si trasforma in goffo e imbarazzato adolescente quando deve rivedere il grande amore della sua vita. C'è la morte alla fine della strada di chi esagera in sicurezza di sè, in speculazioni economiche ed emotive, e c'è lo sguardo gigantesco di un cartellone pubblicitario che tutto vede e niente giudica, perchè un personaggio come Gatsby risucchia ogni remora morale, ogni pregiudizio e ogni etica, inghiottite dal vortice di vitalità, di forza e di fragilità nascosta che emana ad ogni gesto, ad ogni desiderio, ad ogni sorriso. Bravissimo Di Caprio come dicevamo, un po' sottotono la Mulligan che non accende mai la su Daisy e Maguire fa ciò che deve, il testimone sbiadito di una vita superlativa, che fra fuochi d'artificio e bollicine di champagne non riesce mai ad assaporare il senso profondo della vita, vittima di quella sete insaziabile di perfezione e di assoluto che lo consuma.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a donni romani »
[ - ] lascia un commento a donni romani »
|
|
d'accordo? |
|
rita branca
|
lunedì 30 giugno 2014
|
“morir d’amore” di rita branca
|
|
|
|
Il grande Gatsby (2013) film di Baz Luhrmann con Leonardo DiCaprio, Tobey Maguire, Carey Mulligan, Joel Edgerton, Isla Fisher, Jason Clarke, Elisabeth Debicki ed altri
Una nuova ( la quarta!) e più bella trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di Francis Scott Fitzgerald, in cui l’accento è posto maggiormente sulla grandezza del misterioso protagonista Jay Gatsby che non sulla superficialità e inconsistenza della ricchissima e viziata Daisy, la donna di cui, ragazzo poverissimo, si innamora perdutamente e che, con determinazione si propone di conquistare, capovolgendo la sua posizione economica, con mezzi poco chiari e assai chiacchierati.
[+]
Il grande Gatsby (2013) film di Baz Luhrmann con Leonardo DiCaprio, Tobey Maguire, Carey Mulligan, Joel Edgerton, Isla Fisher, Jason Clarke, Elisabeth Debicki ed altri
Una nuova ( la quarta!) e più bella trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di Francis Scott Fitzgerald, in cui l’accento è posto maggiormente sulla grandezza del misterioso protagonista Jay Gatsby che non sulla superficialità e inconsistenza della ricchissima e viziata Daisy, la donna di cui, ragazzo poverissimo, si innamora perdutamente e che, con determinazione si propone di conquistare, capovolgendo la sua posizione economica, con mezzi poco chiari e assai chiacchierati. Come nel romanzo di Fitzgerald, la vicenda è narrata dal cugino di lei, Nick, scrittore di nessun successo, che assiste alle vicende e testimonia la veridicità di un amore straordinario e disposto al sacrificio fino all’assunzione di colpe per un delitto non commesso, per una creatura molto fragile e forse indegna di un sentimento non comune. Nick assiste sconcertato ai burrascosi eventi che si tingono di rosso ed evidenzia la nobiltà di un uomo totalmente incompreso.
Impeccabile l’interpretazione di DiCaprio, perfetto e bellissimo nelle vesti del romantico eroe Gatsby; incisive anche quelle degli altri artisti, particolarmente dell’intensa Carey Mulligan, di Tobey Maguire e di Joel Edgerton.
Splendida la fotografia e stupefacente la sceneggiatura.
Un bel film davvero che incoraggia a credere che si possa ancora amare in maniera travolgente, disinteressata e per lungo tempo, dettaglio impressionante in un’epoca in cui questo sentimento non differisce molto dagli altri articoli esistenti sul mercato, frettolosamente acquistati e altrettanto frettolosamente gettati via.
Rita Branca
[-]
|
|
[+] lascia un commento a rita branca »
[ - ] lascia un commento a rita branca »
|
|
d'accordo? |
|
marce84
|
lunedì 7 luglio 2014
|
la grande ipocrisia
|
|
|
|
Il Grande Gatsby di Baz Luhrmann è un film ridondante di musica, colori, feste, esagerazioni. Proprio come lo erano gli anni ’20 in America, i cosiddetti “Anni Ruggenti”. Anni in cui le illusioni di ricchezza e di un futuro prospero stavano crescendo e in parallelo si abbassava il livello morale di una società corrotta e vuota. Il tutto avrebbe portato, infatti, nel giro di poco meno di un decennio alla Grande Depressione del ’29.
Nel film questo è facilmente interpretabile e il regista non smette di sottolinearlo, di portare tutto all’eccesso da un lato per criticare l’America dall’altro per dire agli spettatori “guardate che tutto è illusione, l’esagerazione porta alla tragedia, la ricchezza priva di valori è effimera”.
[+]
Il Grande Gatsby di Baz Luhrmann è un film ridondante di musica, colori, feste, esagerazioni. Proprio come lo erano gli anni ’20 in America, i cosiddetti “Anni Ruggenti”. Anni in cui le illusioni di ricchezza e di un futuro prospero stavano crescendo e in parallelo si abbassava il livello morale di una società corrotta e vuota. Il tutto avrebbe portato, infatti, nel giro di poco meno di un decennio alla Grande Depressione del ’29.
Nel film questo è facilmente interpretabile e il regista non smette di sottolinearlo, di portare tutto all’eccesso da un lato per criticare l’America dall’altro per dire agli spettatori “guardate che tutto è illusione, l’esagerazione porta alla tragedia, la ricchezza priva di valori è effimera”.
In questo contesto la figura di Gatsby, come al solito ben interpretato da Di Caprio, è complice e vittima allo stesso tempo. Perché Gatsby è il prodotto di quella società, fatta di illusioni, di facili promesse di ricchezza, di corruzione, di arricchimento sfrenato e voglia irrefrenabile di scalare la classe sociale. Però Gatsby è anche vittima, in quanto, nonostante tutto, egli è portatore di un sentimento puro e incorrotto, di un disegno folle ma ricco di speranza. Ma in questo contesto l’amore puro non può trionfare e la tragedia è dietro l’angolo.
I personaggi che riescono ad adattarsi meglio all’epoca sono i coniugi Buchanan, ricchi, ambigui, opportunisti: parlo chiaramente di Tom Buchanan, che curiosamente il regista ha scelto di rappresentare quasi come se fosse un personaggio “da cartone animato”, “un pupazzo”, come per dire “lui rappresenta la negatività dell’epoca, però non prendetelo troppo sul serio, potete anche usare l’ironia per sopportarlo”. E l’altra è Daisy, oggetto del desiderio di Gatsby, ma scostante, insicura e che alla fine fa la scelta più comoda.
Difficile sopravvivere ai tempi se si è invece come Gatsby, dall’animo puro e dalla speranza incorruttibile o come Nick Carraway, persona dalle buone maniere, che non vuole “sporcarsi” con il marcio che lo circonda, mantenendo il distacco nei confronti del mondo, pur chiedendo anch’egli un proprio posto.
In conclusione, credo che la rappresentazione di Luhrmann sia stata resa così eccessiva e caotica, proprio per sottolineare meglio un aspetto della società umana, metaforizzata con l’America degli anni ’20, ovvero l’ipocrisia umana: sentimento che privilegia l’apparenza, il caos, la superficie, ma che nasconde il vuoto, l’immoralità, l’ambiguità e che, probabilmente è simboleggiata, nella forte immagine della bara solitaria di Gatsby, che contrasta con le scene di festa sfrenata che aveva organizzato in casa sua.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a marce84 »
[ - ] lascia un commento a marce84 »
|
|
d'accordo? |
|
fedecap
|
lunedì 25 gennaio 2016
|
il grande imbroglio
|
|
|
|
Quarto adattamento cinematografico del celebre romanzo di Francis Scott Fitzgerald (dopo la versione muta del 1926, quella del 1949 con Alan Ladd e quella del 1974 con Robert Redford e Mia Farrow), 'il grande Gatsby' di Baz Luhrmann è la versione forse più appariscente ed estroversa delle quattro finora portate sul grande schermo, tanto da vincere due oscar: per i migliori costumi, sgargianti e coloratissimi, e la miglior scenografia, imponente e meravigliosamente chiassosa, come lo erano i 'roaring twenties'.
La storia incomincia nell’inverno del 1929 con Nick Carraway (Tobey Maguire), veterano della prima guerra mondiale laureatosi a Yale, in cura presso un ospedale psichiatrico a causa della sua dipendenza dall’alcol.
[+]
Quarto adattamento cinematografico del celebre romanzo di Francis Scott Fitzgerald (dopo la versione muta del 1926, quella del 1949 con Alan Ladd e quella del 1974 con Robert Redford e Mia Farrow), 'il grande Gatsby' di Baz Luhrmann è la versione forse più appariscente ed estroversa delle quattro finora portate sul grande schermo, tanto da vincere due oscar: per i migliori costumi, sgargianti e coloratissimi, e la miglior scenografia, imponente e meravigliosamente chiassosa, come lo erano i 'roaring twenties'.
La storia incomincia nell’inverno del 1929 con Nick Carraway (Tobey Maguire), veterano della prima guerra mondiale laureatosi a Yale, in cura presso un ospedale psichiatrico a causa della sua dipendenza dall’alcol. Il giovane, durante le sedute con il medico, racconta del suo incontro con un certo Gatsby (Leonardo DiCaprio) durante l’estate del 1922 e di come sia rimasto affascinato dalla sua figura e dal suo passato misterioso, in cui pare sia coinvolta la cugina Daisy (Carey Mulligan). Su suggerimento del medico, Nick incomincerà a scrivere la sua storia su carta.
Baz Luhrmann, dopo il mediocre kolossal 'Australia', torna alla regia di un film più affine al suo stile, molto coreografico e melodrammatico, un po’ musical con colonna sonora estranea al tempo narrato, ma di grande impatto: da ricordare la canzone 'Young and beautiful' di Lana del Rey, anche se eccessivamente ripetuta all’interno del film. Così facendo il regista ritorna all’estetica di 'Moulin Rouge!' (suo precedente capolavoro, che ha ottenuto otto candidature agli Oscar), anche per quando riguarda l’impianto narrativo, con un narratore esterno alla storia. Luhrmann ritrova poi anche l’attore DiCaprio (diretto in Romeo + Giulietta di William Shakespeare, per la cui interpretazione vincerà l’orso d’argento a Berlino), che entra in scena in maniera spettacolare, anche se la sua recitazione per il resto del film non va oltre lo standard: DiCaprio ha recitato in maniera molto più espressiva in altri film, e anche Joel Edgerton (Tom Buchanan) e Carey Mulligan (Daisy) hanno recitato molto meglio in altri film, vuoi perché costretti da una sceneggiatura che si attiene all’unilateralità dei personaggi del romanzo. Contrapposti ad una scenografia davvero ben fatta e ad una fotografia nitida e colorata, ci sono purtroppo un montaggio, in alcune parti, frettoloso e movimenti di scena troppo veloci, rispetto a voci e immagini, e che rendono difficoltosa la comprensione della storia in alcuni punti. L’adattamento al romanzo e ai temi che tratta sono esposti in maniera convincente, con la propensione alla speranza e al ‘sogno americano’ di Gatsby e l’arrivismo che caratterizza i nuovi ricchi come lui (per cui i soldi e la ricchezza che ne deriva possono farti avere tutto dalla vita, anche l’amore) contrapposto all’arroganza e all’indifferenza della vecchia aristocrazia familiare incarnata dai Buchanam (non a caso i due modi di intendere la ricchezza e il potere si guardano dalle rive opposte dell’East River). Infine, viene raccontata molto bene anche l’epopea di Nick all’interno di questo mondo a lui nuovo, guardato all’inizio con meraviglia e curiosità ma che alla fine si rivelerà essere un mondo contradditorio, pieno di crudeltà e vittimismo. Nick alla fine se ne andrà disgustato dalla città e dalla fine del ‘sogno americano’ , con conseguente dipendenza dall’alcol: perché, come disse lo stesso Fitzgerald, “a volte è più difficile privarsi di un dolore che di un piacere”.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a fedecap »
[ - ] lascia un commento a fedecap »
|
|
d'accordo? |
|
paolp78
|
lunedì 10 agosto 2020
|
soggetto ideale per luhrmann
|
|
|
|
Il celebre romanzo di Francis Scott Fitzgerald, da cui già più volte in passato sono state tratte pellicole, viene fatto oggetto dell'ennesima trasposizione cinematografica ad opera del regista australiano Baz Luhrmann.
Anche per questa pellicola Luhrmann adopera il suo consueto stile sfarzoso e stravagante, alla ricerca ostinata dell'eccesso e del glamour. Tale cifra registica che in taluni casi in passato aveva dato risultati controversi, è invece indiscutibilmente l'ideale per le atmosfere festaiole e gli ambienti lussuosi che caratterizzano “Il grande Gatsby”.
Dopo avere visto la pellicola viene da sentenziare che non ci poteva essere stile più adatto a mettere in scena il romanzo di Fitzgerald: sbilanciandomi voglio sostenere che la pellicola dell'autore australiano sia da considerare senz'altro quale la migliore versione cinematografica, tra le tante realizzate, di questo immortale classico della letteratura americana.
[+]
Il celebre romanzo di Francis Scott Fitzgerald, da cui già più volte in passato sono state tratte pellicole, viene fatto oggetto dell'ennesima trasposizione cinematografica ad opera del regista australiano Baz Luhrmann.
Anche per questa pellicola Luhrmann adopera il suo consueto stile sfarzoso e stravagante, alla ricerca ostinata dell'eccesso e del glamour. Tale cifra registica che in taluni casi in passato aveva dato risultati controversi, è invece indiscutibilmente l'ideale per le atmosfere festaiole e gli ambienti lussuosi che caratterizzano “Il grande Gatsby”.
Dopo avere visto la pellicola viene da sentenziare che non ci poteva essere stile più adatto a mettere in scena il romanzo di Fitzgerald: sbilanciandomi voglio sostenere che la pellicola dell'autore australiano sia da considerare senz'altro quale la migliore versione cinematografica, tra le tante realizzate, di questo immortale classico della letteratura americana.
Memorabili e imbattibili le messe in scena delle feste nella villa di Gatsby (in particolare la prima), risultato ottenuto attraverso il ricorso a mezzi davvero notevoli, probabilmente non facilmente disponibili nelle versioni del passato.
La scena in cui Gatsby si presenta è costruita stupendamente da Luhrmann che può dare pieno sfoggio del suo stile, senza alcuna limitazione.
Di Caprio è certamente l'attore ideale per ricoprire il mitico ruolo di Jay Gatsby, ma devo dire che anche gli altri interpreti se la cavano egregiamente, a cominciare da Joel Edgerton nella parte dell'odioso marito di Daisy, la donna amata dal protagonista; quest'ultima è interpretata da Carey Mulligan, anch'essa molto in parte ed apprezzabile per il taglio malinconico ed etereo che riesce a dare al suo personaggio.
Il ritmo è travolgente, anche grazie alle ottime musiche.
Saggia la scelta della voce fuori campo del personaggio di Tobey Maguire, utilizzata per introdurre e spiegare le varie fasi della storia e giustificata grazie all'espediente di presentare la storia stessa come un resoconto fatto da quest'ultimo a fatti già avvenuti.
Notevoli i costumi.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a paolp78 »
[ - ] lascia un commento a paolp78 »
|
|
d'accordo? |
|
enzo70
|
domenica 19 maggio 2013
|
una storia di amore impossibile
|
|
|
|
Questo film è, anzitutto, un omaggio alla magia del cinema. La scena della festa organizzata da Gatsby è una rivisitazione all’americana dei sogni di Fellini, penne, orli, musica, alcool, donne, donnine, donnacce, gangster e politici in una dimensione onirica che da sola vale il costo del biglietto. D’altronde il regista, Baz Luhrmann, di film ne fa pochi, ma li sceglie grandi; come Gatsby, il protagonista, enorme l’interpretazione di Leonardo di Caprio, del romanzo di Scott Fitzgerald che dà il titolo al film. New York, come al solito, dà una grande mano al film, come l’ambientazione negli anni 20, quando c’erano tutti gli ingredienti giusti per il cinema; l’importante, poi, è dosarli.
[+]
Questo film è, anzitutto, un omaggio alla magia del cinema. La scena della festa organizzata da Gatsby è una rivisitazione all’americana dei sogni di Fellini, penne, orli, musica, alcool, donne, donnine, donnacce, gangster e politici in una dimensione onirica che da sola vale il costo del biglietto. D’altronde il regista, Baz Luhrmann, di film ne fa pochi, ma li sceglie grandi; come Gatsby, il protagonista, enorme l’interpretazione di Leonardo di Caprio, del romanzo di Scott Fitzgerald che dà il titolo al film. New York, come al solito, dà una grande mano al film, come l’ambientazione negli anni 20, quando c’erano tutti gli ingredienti giusti per il cinema; l’importante, poi, è dosarli. Ma il grande Gatsby è soprattutto un’impossibile storia d’amore tra un uomo che travolge la vita ed una donna destinata ad esserne travolta. Il ritmo del racconto dettato da un ottimo Tobey Maguire che smette gli abiti dell’uomo ragno per indossare quelli di Nick Carraway, trentenne alle prese con un uomo che riesce a destare ammirazione e compatimento allo stesso tempo, è perfetto. Manca qualcosa per parlare di capolavoro, ma questo succede quasi sempre quando il film viene dettato da un libro di successo come quello di Fitzgerald. Ogni variazione sul tema rischia di essere visto dalla critica come un’eresia; ed ogni volta che il film va sulla scia del libro si rischia l’appiattimento. Ma il lavoro del regista deve essere quello di dare un tocco di magia e Luhrmann ci riesce.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a enzo70 »
[ - ] lascia un commento a enzo70 »
|
|
d'accordo? |
|
eugenio
|
sabato 6 luglio 2013
|
barocco e decadenza nella ruggente america anni 20
|
|
|
|
L’antica locuzione latina del Repetita iuvant sembra abbia ispirato molti odierni registi impegnati in curiose quanto audaci sperimentazioni rivisitazioni di antichi miti passati: celebri esempi sono stati Frankestein di James Whale del 1931 ripreso ultimamente da Burton nell’edulcorato Frankeenweenie (e prima ancora in una serie di numerose pellicole anni ’70), King Kong (del 2005 con Spielberg) e l’ultima fatica della Warner Bros targata Lurhmann Il grande Gatsby. Gli aficionados cinefili si ricordano dell’affascinante Redford che nel 1974 aveva dato il volto e l’anima al misterioso quanto ricco uomo di Long Island che organizzava feste sfarzose in quella America da sogno degli anni ’20 che avrebbe visto il declino alcuni anni dopo con Wall Street.
[+]
L’antica locuzione latina del Repetita iuvant sembra abbia ispirato molti odierni registi impegnati in curiose quanto audaci sperimentazioni rivisitazioni di antichi miti passati: celebri esempi sono stati Frankestein di James Whale del 1931 ripreso ultimamente da Burton nell’edulcorato Frankeenweenie (e prima ancora in una serie di numerose pellicole anni ’70), King Kong (del 2005 con Spielberg) e l’ultima fatica della Warner Bros targata Lurhmann Il grande Gatsby. Gli aficionados cinefili si ricordano dell’affascinante Redford che nel 1974 aveva dato il volto e l’anima al misterioso quanto ricco uomo di Long Island che organizzava feste sfarzose in quella America da sogno degli anni ’20 che avrebbe visto il declino alcuni anni dopo con Wall Street. Quel Redford che si rifaceva all’Alan Legg di Nugent a sua volta ispirato dal Gatsby di Brenon interpretato dal cupo Warner Baxter nel lontanissimo 1926, l’anno dopo l’uscita del libro, pare qui messo da parte. L’ideale quadratura del cerchio giunta alla quarta trasposizione cinematografica che purtroppo avvalora la tesi del focus delle pellicole hollywoodiane ai sequel/rifacimenti di illustri passati, risulta priva malgrado le ottime intenzioni, di una struttura drammatica consona al testo di Fitzgerald.
Leonardo di Caprio è qui l’eterno adolescente, il giovane amante della vita sino alla morte, tormentato dall'amore per Daisy (Carey Mulligan), sua fiamma dai tempi della prima guerra mondiale (ora sposata un altro) , incapace di accettare disillusioni e armato di una folle volontà di riconquistare l’amore perduto. Suo alter ego, anima saggia e razionale, è il bravissimo Tobey Maguire,il Nick Carraway del romanzo, qui capace di tenere testa con abilità alla spocchiosa maniacalità di Gatsby. Nick ha gli occhi dello spettatore, è incantato ma soprattutto incuriosito dalla bellezza di quelle misteriose feste del vicino di cui ne ignora il fine ma delle quali è irrimediabilmente attratto. Nick è il narratore stesso le cui pagine della vita scorrono davanti agli occhi dello spettatore grazie alla funzionale voce di fondo che descrive le emozioni del protagonista partecipe della barocca magnificenza in cui finirà risucchiato. Dinanzi alla misteriosa luce verde del faro, Nick, perfettamente in sintonia con il romanzo di Fitzgerald, diventerà la spalla sostenitrice della romanticheria sentimentale di Gatsby facendolo rinsavire ove possibile e portandolo inconsapevolmente, tramite l’avvicinamento con la cugina Daisy, alla rovina accennata all’inizio.
Luhrmann, fedele al testo di Fitzgerald esalta i toni melò del dramma, ne contestualizza l’azione (anche se la crisi arrivata negli States si è sentita nelle riprese effettuate in Australia) ma è troppo “audace” nella sviluppo che, spesso nelle feste, ricorda Moulin Rouge spostandosi dall’intento dell’opera che invece, oltre a esaltare i valori decadenti del Sogno americano, voleva enfatizzarne la vanità e la crisi di un’identità effimera affogata nel bagno della ricerca sfrenata delle passioni sopite. Di Caprio, qui one-man show (anche se spesso Mc Gregor gli ruba -giustamente-la scena) è convincente ma poco incline all’autorevolezza originale che fu di Baxter, i suoi lineamenti ripresi spesso con primi piani che ne sottolineano la mutevolezza dello stato d’animo, sono mascherati da un eccessiva affettazione del ruolo che trascende spesso la naturalezza.
Abile nel mischiare dramma a musical, ribellione a conservatorismo e apparenza, Il Gatsby di Luhrmann, nonostante la durata superiore ai classici home-video, intrattiene e spettacolarizza (grazie anche all’abusato 3D che aggiunge il tocco di colore alle lunghe scene da ballo della prima parte) con attori appropriati.
Certo il quid è merce rara oggigiorno ma nel 2013 americo/australiano sembra essersi estinto o - meglio- sepolto sotto un’abbondante dose di sentimenti ed estetica truffaldina.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a eugenio »
[ - ] lascia un commento a eugenio »
|
|
d'accordo? |
|
istian gonny
|
giovedì 9 gennaio 2014
|
il grande leonardo...
|
|
|
|
questo film non mi è affato dispiaciuto... narrato perfettamente e nello stesso stile del libro... ma le scenografie e canzoni sono state un vero azzardo che hanno rovinato un pò l'atmosfera del film... grande merito a Leonardo Di Caprio che come al solito ci regala una perfomance ottima
|
|
[+] lascia un commento a istian gonny »
[ - ] lascia un commento a istian gonny »
|
|
d'accordo? |
|
iuriv
|
domenica 8 febbraio 2015
|
il grande schermo verde.
|
|
|
|
La prima cosa che mi ha colpito di questo film è la ricerca estetica che il regista ha voluto mettere in atto. L'orgasmico green screen da un fantastilione di dollari che Luhrmann impone alla sua pellicola, infatti, più che fare da sfondo, sembra sommergere tutta la narrazione, con i suoi fari verdi, le sue luci in lontananza e il suo aspetto coloratissimo.
Questa scelta, se non proprio coraggiosa, è comunque fortemente distintiva. Il romanzo di Fitzgerald ha già beneficiato di un paio di trasposizioni cinematografiche e c'è da aspettarsi che altre ne verranno in futuro. Quindi Luhrmann decide di metterci il marchio, proponendone una versione molto pomposa, al limite del barocco.
Quello che realmente manca è una riflessione su quello che la storia ha il potenziale di raccontare.
[+]
La prima cosa che mi ha colpito di questo film è la ricerca estetica che il regista ha voluto mettere in atto. L'orgasmico green screen da un fantastilione di dollari che Luhrmann impone alla sua pellicola, infatti, più che fare da sfondo, sembra sommergere tutta la narrazione, con i suoi fari verdi, le sue luci in lontananza e il suo aspetto coloratissimo.
Questa scelta, se non proprio coraggiosa, è comunque fortemente distintiva. Il romanzo di Fitzgerald ha già beneficiato di un paio di trasposizioni cinematografiche e c'è da aspettarsi che altre ne verranno in futuro. Quindi Luhrmann decide di metterci il marchio, proponendone una versione molto pomposa, al limite del barocco.
Quello che realmente manca è una riflessione su quello che la storia ha il potenziale di raccontare. Non ho mai letto il testo originale, ma mi pare di intuire che, dietro lo scenario in CGI, in realtà si possa parlare una vicenda che mette insieme vari contrasti, sia sociali che personali, che vanno dalla lotta di classe tra i ricchi e i minatori, a quella più sottile tra vecchia aristocrazia e nuovi milionari. Ma queste situazioni risultano appena accennate.
Ciò è dovuto principalmente a una caratterizzazione dei personaggi non troppo approfondita, quasi che il regista ci tenesse a farci sapere che la sua intenzione è esclusivamente quella di intrattenere.
E se DiCaprio, con il suo ricco campionario di mossette, riesce a dare una fisicità al suo Gatsby, gli altri si adeguano all'andazzo generale e si accontentano di esserci. Maguire prima di tutti, che sembra sempre quello che va alle feste perché è amico del padrone di casa, ma se ne sta in un angolo senza riuscire a integrarsi. Un po' è il suo personaggio che richiede questo approccio, interpretando colui che può osservare la parabola di Gatsby da una posizione privilegiata. Pare però di capire che, per il biondo Leo, la figura di Nick sia importante e che si aspetti da lui collaborazione. Collaborazione che l'ex Peter Parker non sembra in grado di offrirgli, preferendo farsi sovrastare dalla recitazione più consapevole di DiCaprio.
Poi c'è "lacrima facile" Mulligan, attrice che non sono quasi mai riuscito a farmi piacere a causa del suo stile piagnucoloso che tende ad appiattire tutti i personaggi che porta in scena. Stile che ha, secondo me, portato fuori di più di qualche metro l'essenza della sua Daisy, togliendole parte di quella sua crudeltà infantile che solo lo spiegone finale ha provato a restituire.
Nonostante questo (o forse proprio per questo) Il Grande Gatsby è una pellicola che scivola via bene e non fa sentire il peso delle sue due ore e venti. Questo perché beneficia di un ritmo vivace, che si armonizza bene con le immagini che passano sullo schermo. La computer grafica e la ricerca estetica sono spinte, ma c'entrano l'obbiettivo di essere belle.
Menzione a parte merita la colonna sonora. Anche qui la scelta è ardita e dai risultati altalenanti. Per dare un colpo da nuovo millennio a questa storia, la selezione musicale punta su inserti moderni, spesso sostituendo lo swing o il jazz dell'epoca con rivisitazioni in chiave rap o rock. In alcuni punti l'alchimia riesce bene, ma vedere ballare l'hip hop in un contesto anni venti non è una cosa molto elegante. Insomma si è osato, ma non è andata sempre bene.
In conclusione Gatsby è un film che si guarda anche volentieri. Ma l'impressione è che la sua pomposità non verrà ripagata dall'immortalità cinematografica.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a iuriv »
[ - ] lascia un commento a iuriv »
|
|
d'accordo? |
|
vincenzoborrelli
|
lunedì 23 marzo 2015
|
una vita in un cinelibro
|
|
|
|
Prendiamo , nel XXI secolo, un vecchio libro con una trama parimenti grande al suo autore (per chi non lo sapesse ,si tratta di Francis Scott Fitzgerald) prendiamo un cast eccezionale e in particolare un attore che, a caccia da anni di un meritato premio oscar (che non gli hanno mai dato per chissà quale male egli abbia fatto alla critica cinematografica contemporanea) , un pizzico di musica rap\hiphop e pop americana recente che va a contrastare in maniera affascinante con la miriade di costumi e scenografie anni 20 e diamo il tutto in mano a un regista di spessore come Bazz Luhrmann. Risultato? la riproduzione fedele di un romanzo che ci ha fatto sognare ed illudere di una vita all'insegna del successo , della grandezza e del raggiungimento di un amore impossibile.
[+]
Prendiamo , nel XXI secolo, un vecchio libro con una trama parimenti grande al suo autore (per chi non lo sapesse ,si tratta di Francis Scott Fitzgerald) prendiamo un cast eccezionale e in particolare un attore che, a caccia da anni di un meritato premio oscar (che non gli hanno mai dato per chissà quale male egli abbia fatto alla critica cinematografica contemporanea) , un pizzico di musica rap\hiphop e pop americana recente che va a contrastare in maniera affascinante con la miriade di costumi e scenografie anni 20 e diamo il tutto in mano a un regista di spessore come Bazz Luhrmann. Risultato? la riproduzione fedele di un romanzo che ci ha fatto sognare ed illudere di una vita all'insegna del successo , della grandezza e del raggiungimento di un amore impossibile. Questo film è quindi ciò che noi immaginiamo quando leggiamo il libro; ed è infine raro , forse quasi strettamente impossibile, che un film possa soddisfare così appieno le esigenze di lettori.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a vincenzoborrelli »
[ - ] lascia un commento a vincenzoborrelli »
|
|
d'accordo? |
|
|