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frenky86
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venerdì 20 maggio 2011
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un dialogo con dio
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Un magnifico dialogo tra una famiglia in lutto e Dio. Un lutto che genera problemi e domande da confidare a Dio. La rielaborazione, il superamento della tragedia, avviene quando ogniuno dei componenti comprende di far parte di un progetto divino più grande, che prevede anche la morte. Grande capolavoro che eleva lo spettatore per 140 minuti.
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paolo t.
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venerdì 20 maggio 2011
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capolavoro formale, e non solo
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Un film nuovo nella forma, eterno nella sostanza. Malick racconta la nostra vita come una girandola di schegge: di vissuto quotidiano, e dell'immensità da cui veniamo e verso cui andiamo. Non ricorre ad una narrazione lineare, perché di fronte ai massimi enigmi non esiste tempo lineare: esistono solo schegge di memoria del nostro passato, presente, futuro. Un film metafisico, grandioso, fatto di macchie di colore, totalmente slegato dall'idea classica di narrazione.
[+] recensione sintetica, ma perfetta
(di fabruss)
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jumpiero
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lunedì 23 maggio 2011
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ma che vor dì?
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Ci vorrebbe Anna Longhi di "Dove vai in vacanza". Si, quel film dove Sordi e consorte vanno alla biennale e lei si siede sotto a una pianta all'interno di una sala espositiva. Passa un gruppo di "intenditori" e apprezzano l'"opera con corpo adagiato".
Per il film di Malik, si parla di capolavoro e a Cannes lo premiano con la palma d'oro. Ma se devo scegliere fra la giuria di Cannes e Anna Longhi, scelgo l'ultima e chiedo: ma che vor dì? E' un film "snob", uno di quelli che "se annoia è arte".
Tutta la parte che inquadra la storia (banale) in un contesto ancestrale è un documentario di National Geographic.
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Ci vorrebbe Anna Longhi di "Dove vai in vacanza". Si, quel film dove Sordi e consorte vanno alla biennale e lei si siede sotto a una pianta all'interno di una sala espositiva. Passa un gruppo di "intenditori" e apprezzano l'"opera con corpo adagiato".
Per il film di Malik, si parla di capolavoro e a Cannes lo premiano con la palma d'oro. Ma se devo scegliere fra la giuria di Cannes e Anna Longhi, scelgo l'ultima e chiedo: ma che vor dì? E' un film "snob", uno di quelli che "se annoia è arte".
Tutta la parte che inquadra la storia (banale) in un contesto ancestrale è un documentario di National Geographic. Lasciamo perdere la scena dei dinosauri. Alcune inquadrature di vita quotidiana sono interessanti, altre molto belle, altre ancora un po' "patinate". I due genitori sono quanto di più stereotipato ci possa essere: il papà severo ed egoista, la mamma così dolce da star bene in una pubblicità del mulino bianco. I dialoghi? Retorica pura! La musica? Così così! Giudizio generale? Noia astrale!
Lo spirituale di Malik è puro estetismo, assenza di umanità... è una brutta predica subita in chiesa la domenica mattina.
Per questo film si cita "Odissea nello spazio": è vero, fa pensare a Kubrick... per provarne nostalgia.
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[+] come diceva qualcuno, qualche anno fa.............
(di elpedronero)
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fabio2
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lunedì 23 maggio 2011
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riscoprire il senso della vita....
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Per legarsi a questo film non bisogna per forza vivere il dramma della perdita di un figlio, ma anche vivere un'esperienza che ti porta via quasi tutto e ti permette nel contempo di riscoprire la bellezza del sorriso di un bambino, l'abbraccio di tuo figlio che cresce, immagini senza tempo che si amalgamano con la genesi dell'universo. In questo film il disattento giudizio dell'uso della telecamera a mano, è la mancata comprensione che dietro non c'è il regista. Malick, forse vuole dirci che c'è Dio che ci parla, ci assiste e c'invita a capire che aldilà della carriera, della ricerca della perfezione, ci vuole solo il tempo di riscoprire l'affetto ed apprezzare il meraviglioso dono della vita.
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Per legarsi a questo film non bisogna per forza vivere il dramma della perdita di un figlio, ma anche vivere un'esperienza che ti porta via quasi tutto e ti permette nel contempo di riscoprire la bellezza del sorriso di un bambino, l'abbraccio di tuo figlio che cresce, immagini senza tempo che si amalgamano con la genesi dell'universo. In questo film il disattento giudizio dell'uso della telecamera a mano, è la mancata comprensione che dietro non c'è il regista. Malick, forse vuole dirci che c'è Dio che ci parla, ci assiste e c'invita a capire che aldilà della carriera, della ricerca della perfezione, ci vuole solo il tempo di riscoprire l'affetto ed apprezzare il meraviglioso dono della vita. E gli attori? siamo solo noi ad identificarci..... se abbiamo vissuto esperienze drammatiche questo film ci potrà aiutare, se siamo stati esentati dal versare lacrime e dal dover ricominciare da zero, pensiamo che un giorno o l'altro anche noi saremo chiamati a dare provare della maturità
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angius48
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martedì 24 maggio 2011
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palma d'oro discutibile
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Se la Giuria fosse stata presieduta da un europeo forse il pur ottimo film non avrebbe vinto.L'albero della vita ovvero "Il Mistero". Film caotico,atemporale ma affascinante , si esce dalla sala con la senzazione di aver assistito ad una rilessione teologica sui misteri dell'esistenza.Ma la narrazione a tratti poetica e seducente. Si esce però anche angosciati, forse il media cinematografico non è il più adatto a tali tematiche, infatti il gande pubblico non lo capirà. La vicenda è tipicamente americana, una famiglia così in europa non esiste come differente e la cultura europea sui temi snsibili della vita, vedi come lo stesso argomento è stato trattato da Moretti nella "Stanza del Figlio".
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Se la Giuria fosse stata presieduta da un europeo forse il pur ottimo film non avrebbe vinto.L'albero della vita ovvero "Il Mistero". Film caotico,atemporale ma affascinante , si esce dalla sala con la senzazione di aver assistito ad una rilessione teologica sui misteri dell'esistenza.Ma la narrazione a tratti poetica e seducente. Si esce però anche angosciati, forse il media cinematografico non è il più adatto a tali tematiche, infatti il gande pubblico non lo capirà. La vicenda è tipicamente americana, una famiglia così in europa non esiste come differente e la cultura europea sui temi snsibili della vita, vedi come lo stesso argomento è stato trattato da Moretti nella "Stanza del Figlio". Bella la fotografia, gli effetti speciali la colonna sonora. Ottima la recitazione dei protagonisti.
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francesco giuliano
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giovedì 26 maggio 2011
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tutto scorre, tutto si trasforma.
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L’albero della vita è un film con il quale il regista Terrene Malick cerca di dare un senso all’esistenza dell’uomo sulla Terra roteando attorno alla concezione eraclitea del continuo trasformarsi della Natura. Il regista magistralmente riesce a far "parlare" la Natura, che costituisce il baricentro del film, con le bellissime immagini galattiche che gli astronomi ci permettono di vedere ma che non corrispondono alla situazione effettiva corrispondente al momento in cui noi le vediamo e ci fa osservare come il mutare delle condizioni climatiche conseguenti alla caduta di un meteorite possa determinare, come si suppone, la scomparsa di forme di vita e la comparsa di nuove forme di vita come la nostra.
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L’albero della vita è un film con il quale il regista Terrene Malick cerca di dare un senso all’esistenza dell’uomo sulla Terra roteando attorno alla concezione eraclitea del continuo trasformarsi della Natura. Il regista magistralmente riesce a far "parlare" la Natura, che costituisce il baricentro del film, con le bellissime immagini galattiche che gli astronomi ci permettono di vedere ma che non corrispondono alla situazione effettiva corrispondente al momento in cui noi le vediamo e ci fa osservare come il mutare delle condizioni climatiche conseguenti alla caduta di un meteorite possa determinare, come si suppone, la scomparsa di forme di vita e la comparsa di nuove forme di vita come la nostra. Tutto si trasforma, dunque. Mette in risalto quindi la forza e la bellezza della Natura, di cui noi stessi facciamo parte integrante, ma della quale abbiamo perso la capacità di coglierne quegli aspetti che ci suscitano emozioni bellissime e di apprezzare di conseguenza la vita stessa, in quanto ci siamo “ingabbiati” nel cemento e nell’acciaio delle città, fuggendo dalla campagna. L’uomo è poca cosa, è come un infinitesimo granello impercettibile se messo a confronto con l’infinita grandezza dell’universo. Eppure, in questo contesto, il regista riesce a farci apprezzare la magnificenza dell’uomo narrando, e dandone centralità, le vicissitudini di una famiglia, frammiste di gioie e di dolori, di meriti e di errori, nello scorrere del tempo. Bravissimi l’integerrimo Brad Pitt e la splendente Jessica Chastain. (Francesco Giuliano)
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ennio
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giovedì 26 maggio 2011
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un film difficile
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Film difficile da capire e quindi da criticare. Bellissima la fotografia iniziale. Ma cosa rappresenta? Le origini del mondo? Se si, non è chiaro come si inserisce nel resto del film. Forse invece è un tentativo di tradurre con immagini i sentimenti strazianti dei genitori che hanno perso uno dei tre figli. Se è così, è indubbiamente un tentativo ambizioso e originale, apprezzabile ma eccessivamente lungo, fino alla noia. Il resto del film è caratterizzato soprattutto da una grande lentezza narrativa, forse perchè la trama è appena accennata e - fra l'altro - incentrata sui valori negativi del rapporto conflittuale padre possessivo violento-figli e della madre succuba , valori negativi contrastati dalla voce fuori campo che invita all'amore e alla speranza.
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Film difficile da capire e quindi da criticare. Bellissima la fotografia iniziale. Ma cosa rappresenta? Le origini del mondo? Se si, non è chiaro come si inserisce nel resto del film. Forse invece è un tentativo di tradurre con immagini i sentimenti strazianti dei genitori che hanno perso uno dei tre figli. Se è così, è indubbiamente un tentativo ambizioso e originale, apprezzabile ma eccessivamente lungo, fino alla noia. Il resto del film è caratterizzato soprattutto da una grande lentezza narrativa, forse perchè la trama è appena accennata e - fra l'altro - incentrata sui valori negativi del rapporto conflittuale padre possessivo violento-figli e della madre succuba , valori negativi contrastati dalla voce fuori campo che invita all'amore e alla speranza.
Ennio
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cry223
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venerdì 27 maggio 2011
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un film per pochi
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Di sicuro il film di Mallick non è una di quelle pellicole che scorre in modo veloce e appassionante, con le sue lunghe sequenze di immagini, la sua lentezza, i silenzi interminabili. Bisogna farmarsi a riflettere dare un significato a quello che si è visto, un film che celebra la grandezza e l'infinta potenza della natura, il bene e il male come sua espressione, questi due fenomeni che lottano anche nel microcosmo umano.
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flaviomerenda
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martedì 7 giugno 2011
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poema spiritualista.
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Una cascata di epifanie germogliano sul letto dell’esistenza accrescendo l’albero della vita - l’universale eterna coscienza - apportandone linfa divina che scorre. L’uno e il molteplice, antiteticamente, si identificano nel principio della memoria bergsoniana rombante e silenziosa, lenta e vorticosa quanto gli eventi fisici dell’universo. Fisica e metafisica si completano in vista di un unico ricongiungimento spirituale. Il linguaggio cinematografico muta accogliendo l’intuizione poetica dell’estetica crociana, intuizione, per altro, cara allo stesso profeta del rinnovamento spirituale moderno: Henri Bergson. Siamo di fronte ad un’opera teosofica dal linguaggio umile e semplice quale quello evangelico, un flusso di coscienza che diviene dialogo con la divinità che si esprime in tutta la sua tumultuosa e drammatica sincerità.
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Una cascata di epifanie germogliano sul letto dell’esistenza accrescendo l’albero della vita - l’universale eterna coscienza - apportandone linfa divina che scorre. L’uno e il molteplice, antiteticamente, si identificano nel principio della memoria bergsoniana rombante e silenziosa, lenta e vorticosa quanto gli eventi fisici dell’universo. Fisica e metafisica si completano in vista di un unico ricongiungimento spirituale. Il linguaggio cinematografico muta accogliendo l’intuizione poetica dell’estetica crociana, intuizione, per altro, cara allo stesso profeta del rinnovamento spirituale moderno: Henri Bergson. Siamo di fronte ad un’opera teosofica dal linguaggio umile e semplice quale quello evangelico, un flusso di coscienza che diviene dialogo con la divinità che si esprime in tutta la sua tumultuosa e drammatica sincerità. L’immagine violenta di una natura darwiniana, positivistica, giurassica, capitalistica, materiale, si scontra con una visione cristiana della carità e della grazia. Con tensioni e abissi psicologici che potrebbero far impallidire Freud, questa proiezione moderna del purgatorio dantesco (così vicino alla condizione dell’uomo pellegrino e già ricco di dolcezza e speranza) si esprime con tutta la sua sofferenza in immagini che appaiono lontane quanto così forti nella memoria. Il correlativo oggettivo si manifesta in tutta la sua forza poetica trasformandosi, magistralmente, in un profetico simbolismo. Questo poema spiritualista sfugge ogni dogma religioso, ogni sistema filosofico, ogni schematizzazione narrativa, ogni logica spazio-temporale e cinematografica. Quest’opera rappresenta probabilmente un miracolo perché ne esprime, appunto, quello dell’esistenza. Con un rispetto immenso per questa pellicola mi congedo dal volerne analizzare ulteriormente le infinite bellezze e i gesti; in questo caso aderisco al concetto crociano della critica lasciando a questo film la parola e la veduta, rimettendomi ad esso come un riverente fruitore della bellezza poetica. L’unico consiglio che suggerisco è quello di non aver paura di lasciarsi penetrare dall’estrema sincerità di questa condivisione esistenziale con la più umile e innocente semplicità, poiché l’unico principio che vi dimora è quello dell’amore.
Terrence, ti sono vicino.
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stefano pariani
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giovedì 19 maggio 2011
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il valore del ricordo è l'albero della vita
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Ormai abituati ad attendere ogni suo film con una certa curiosità, Terrence Malick torna con una nuova e ambiziosa opera, che riflette sulle origini e sul senso della vita e sull'importanza del ricordo. Con immagini splendide e pochissimi dialoghi, il registra stende il suo sguardo all'origine dell'universo, alle prime tracce di vita sulla terra e all'armonia cosmica, dove non c'è l'ombra dell'ingiustizia e della violenza umana, e approda ai giorni nostri. Una città modernissima di grattacieli, di architetture dalle linee nette e purissime che vanno come a ritagliare il cielo e che entrano in contatto con quella natura semplice e buona delle origini, dove c'è ancora spazio per il volo di un gabbiano, ma pochissimo per i rapporti umani.
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Ormai abituati ad attendere ogni suo film con una certa curiosità, Terrence Malick torna con una nuova e ambiziosa opera, che riflette sulle origini e sul senso della vita e sull'importanza del ricordo. Con immagini splendide e pochissimi dialoghi, il registra stende il suo sguardo all'origine dell'universo, alle prime tracce di vita sulla terra e all'armonia cosmica, dove non c'è l'ombra dell'ingiustizia e della violenza umana, e approda ai giorni nostri. Una città modernissima di grattacieli, di architetture dalle linee nette e purissime che vanno come a ritagliare il cielo e che entrano in contatto con quella natura semplice e buona delle origini, dove c'è ancora spazio per il volo di un gabbiano, ma pochissimo per i rapporti umani. In mezzo a questi due estremi c'è la vita dell'uomo, esemplificata da una famiglia americana degli anni '50 in cui crescono Jack e i suoi due fratelli, amati in modo diverso da una madre dolce e protettiva ed un padre ruvido e autoritario. E' sulle cose del mondo che si posa lo sguardo del piccolo Jack e nascono le domande: perchè esiste il male, perchè la violenza, perchè si provano sentimenti contrastanti, perchè la morte? Perchè se tutto è buono in origine, poi si tende al male? Sorretto da una forte tensione religiosa, il film non dà risposte, ma ci consegna momenti di pura poesia, come le cose più vere ed essenziali della vita, le più semplici: una corsa in mezzo al prato, il sorriso di una mamma, il cielo azzurro. Con rimandi a 2001: odissea nello spazio ed echi della Valle dell'Eden, Malick si fa perdonare qualche scivolata, come la documentaristica origine del cosmo, il finale in un onirico aldilà e, di sicuro, qualche minuto di troppo. Nulla che il regista non ci abbia già raccontato nei suoi precedenti film o che già non si sapesse, ma fa piacere ritrovare un cinema non omologato e dal linguaggio personalissimo che incanta lo sguardo e fa uscire dalla sala in silenzio e un po' straniti.
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