robertalamonica
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lunedì 13 giugno 2011
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un'impresa epica
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Ringrazio l'ispirata musa che mi ha distolto dall'idea di andare a vedere questo film in seconda serata...Il film tratta la 'madre' di tutti i temi: chi siamo, da dove veniamo, dove ci dirigiamo...Il tutto in un mix fortemente alcolico (nel senso che si resta storditi)fra documentario da National Geographic( sono chiamate in causa addirittura le teorie di Alvarez sull'estinzione dei dinosauri)e il dramma della tipica famiglia borghese costretta e invischiata negli schemi del progetto di vita condiviso tra marito e moglie, genitori e figli, vita e morte...Lo sguardo è religioso e speranzoso, il film sicuramente arte e poesia,lo sforzo richiesto allo spettatore EPICO.
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fridericus
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sabato 18 giugno 2011
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una sottile linea dorata
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"L'essere è e non può non essere". Con queste parole di antica sapienza si potrebbe riassumere l'insegnamento derivato da questo film. Un insegnamento che ad ogni modo non ha nulla del didascalico o dell'autoreferenziale, ma è un invito del regista a condividere (o perlomeno a spendere un po' di tempo su) alcune risposte a domande lanciate nei suoi film precedenti. Del resto, anche al prete che le dice come "...ora tuo figlio è nelle mani di Dio", la madre risponde: c'è sempre stato. Nulla va perduto, e il solo fatto di essere esistiti (sotto forma di stella, spuma del mare, rettile, o uomo) è una garanzia per l'eternità. E la domanda sul cosa verrà dopo (dopo la fine del mondo, o dopo la fine dell'infanzia) è una domanda non lecita, dato che la risposta è già a portata di mano, e non serve altro: ama tutto ciò che entra nell'orizzonte dell'essere.
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"L'essere è e non può non essere". Con queste parole di antica sapienza si potrebbe riassumere l'insegnamento derivato da questo film. Un insegnamento che ad ogni modo non ha nulla del didascalico o dell'autoreferenziale, ma è un invito del regista a condividere (o perlomeno a spendere un po' di tempo su) alcune risposte a domande lanciate nei suoi film precedenti. Del resto, anche al prete che le dice come "...ora tuo figlio è nelle mani di Dio", la madre risponde: c'è sempre stato. Nulla va perduto, e il solo fatto di essere esistiti (sotto forma di stella, spuma del mare, rettile, o uomo) è una garanzia per l'eternità. E la domanda sul cosa verrà dopo (dopo la fine del mondo, o dopo la fine dell'infanzia) è una domanda non lecita, dato che la risposta è già a portata di mano, e non serve altro: ama tutto ciò che entra nell'orizzonte dell'essere.
E nuova speranza possono trovare i 'Figli degli Uomini' di cuaròniana memoria, e nuovo scenario è il 'New World' cantato dalla Selma-che-danza-nell'-oscurità.
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paperino
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martedì 28 giugno 2011
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un film coraggiosamente mistico
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Si esce dalla sala travolti da tali e tante immagini ed emozioni che è molto difficile decidere da dove iniziare il commento.
La mia sensazione è stata quella di aver visto un film che lancia tanti messaggi, ha diversi livelli di lettura, presenta immagini suggestive e dense di significato: come semi sparsi al vento i frutti che daranno e non daranno e la loro qualità dipenderà dal terreno in cui cadranno.Ho notato naturalmente rimandi ad altri film :"Odissea nello spazio" e anche l'ultima scena di "Incontri ravvicinati del terzo tipo". Qui però c'è il desiderio di scavo psicologico basato più sulle immagini che sulle parole che a volte si confondono volutamente in un brusio: operazione perfettamente riuscita grazie alla maestria di Malick con i primi piani e la macchina da presa che gira attorno ai volti e alla bravura dei protagonisti che riescono a parlare con le espressioni.
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Si esce dalla sala travolti da tali e tante immagini ed emozioni che è molto difficile decidere da dove iniziare il commento.
La mia sensazione è stata quella di aver visto un film che lancia tanti messaggi, ha diversi livelli di lettura, presenta immagini suggestive e dense di significato: come semi sparsi al vento i frutti che daranno e non daranno e la loro qualità dipenderà dal terreno in cui cadranno.Ho notato naturalmente rimandi ad altri film :"Odissea nello spazio" e anche l'ultima scena di "Incontri ravvicinati del terzo tipo". Qui però c'è il desiderio di scavo psicologico basato più sulle immagini che sulle parole che a volte si confondono volutamente in un brusio: operazione perfettamente riuscita grazie alla maestria di Malick con i primi piani e la macchina da presa che gira attorno ai volti e alla bravura dei protagonisti che riescono a parlare con le espressioni.
Il mio primo pensiero è stato quello di un tentativo di cinema allo stato puro fatto di immagini più che di parole, immagini a volte così intense da non aver proprio bisogno di commenti. Questo per quanto riguarda non solo la lunga sequenza di quella che io definirei "la Genesi" del Pianeta Terra e, simbolicamente, di ognuno di noi, ma anche le immagini di tenerezza fra il padre e i figli : gesti misurati, carezze sui capelli, braccia sulle spalle," venite ad abbracciare vostro padre "ma un solo abbraccio autentico, richiesto peraltro dal figlio maggiore, che proprio perchè autentico, spiazza questo genitore decisamente contraddittorio.
E' un padre confuso, insicuro e paranoico, pensa di poter dare ai figli un futuro migliore del suo " temprandoli " alla vita con un comportamento esasperatamente rigido ottenendo esattamente il contrario di quanto desidera. Anche il figlio maggiore ha un atteggiamento altalenante fra il desiderio di assomigliare al padre nell'essere "cattivo" come lui e quello di negarlo fino a desiderarne la morte.
L'importanza data alla natura in tutti i suoi aspetti da quelli distruttivi a quellli portatori di vita sempre rinnovata è un inno al Creato.
Per quanto riguarda le corde che ha fatto vibrare in me lo definirei un film mistico che tenta di dare un senso all'esistenza dell' intero pianeta e di ogni singolo uomo rifacendosi al concetto orientale di spazio : non lineare ma circolare.
Accettando questo principio esseri viventi ed entità spirituali riescono a rimanere sempre in contatto e chiarire ogni incomprensione.
La scena finale in cui tutti si ritrovano in uno stato di perenne giovinezza, stupiti e felici nel capire che nessun legame si era spezzato è una metafora del Paradiso.
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adalberto6
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venerdì 14 ottobre 2011
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un 'albero' che tenta di svelare un 'mistero
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Opera complessa, ma da non perdere.
Due narrazioni, come due film autonomi, si intersecano e si dipanano sullo schermo.
Nella prima si racconta del rapporto conflittuale fra un padre severe ed autoritario ed i tre figli adolescenti, in particolare il primo, ribelle e riflessivo, in un'America post-bellica, fatta di villette linde e barbecue in giardino.
Il padre, funzionario della Marina militare, è alla spasmodica ricerca di un acquirente per i brevetti che continua ad inventare.
Il figlio è alla ricerca di un gesto di affetto 'diverso' e 'sentito' da parte del genitore.
Si (ri)conosceranno molto tempo dopo, con il figlio ormai adulto ed i genitori defunti, in un luogo/al-di-là, in un'atmosfera onirica (che ci ricorda il girotondo finale dell' OTTO E MEZZO felliniano), dove passeranno, forse, in rassegna vita vissuta e passato ingombrante.
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Opera complessa, ma da non perdere.
Due narrazioni, come due film autonomi, si intersecano e si dipanano sullo schermo.
Nella prima si racconta del rapporto conflittuale fra un padre severe ed autoritario ed i tre figli adolescenti, in particolare il primo, ribelle e riflessivo, in un'America post-bellica, fatta di villette linde e barbecue in giardino.
Il padre, funzionario della Marina militare, è alla spasmodica ricerca di un acquirente per i brevetti che continua ad inventare.
Il figlio è alla ricerca di un gesto di affetto 'diverso' e 'sentito' da parte del genitore.
Si (ri)conosceranno molto tempo dopo, con il figlio ormai adulto ed i genitori defunti, in un luogo/al-di-là, in un'atmosfera onirica (che ci ricorda il girotondo finale dell' OTTO E MEZZO felliniano), dove passeranno, forse, in rassegna vita vissuta e passato ingombrante.
La seconda ci racconta la nascita e l'evoluzione della Terra e la nascita del genere umano, attraverso immagini di una Natura che avanza ed una continua esplosione, di crateri e di colori, ed embrioni in crescita.
E l'evoluzione si concentra anche sui Primati. In questo senso ci ricorda ODISSEA NELLO SPAZIO di Kubrick: dove lì avevamo incontrato gli scimpanzè, qui troviamo i dinosauri.
Anche in questo film Terrence Malick, al quinto in 38 anni di carriera, si avventura sul difficile pendio della ricerca di un senso, sociale storico personale e collettivo, da dare alla vita.
Personalmente, avremmo sfrondato un pò la magniloquenza del tutto da alcune sovrabbondanti iterazioni visive e da situazioni familiari leggermente ripetute.
Ma questo nulla toglie alla grandezza e all’importanza dell'opera.
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myvnà
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mercoledì 25 maggio 2011
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esperienza malick
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Appena le luci in sala sono spente si ha la sensazione che una sorta di viaggio stia per cominciare. The tree of life è una risposta personale ( quindi coraggiosa e allo stesso tempo discutibile) ai quesiti esistenziali che accomunano tutti. Esteticamente favoloso (specialmente nella parte iniziale), riesce,anche se non costantemente, a infondere gli slanci vitali di cui è promotore. Evitabli alcuni momenti troppo intangibili e lenti in cui si rischia seriamente di perdersi, e perdere la corrente dell'intero film. Ovviamente la storia familiare è un pretesto dovuto affinchè l'intera struttura potesse reggere, quindi non caricherei la trama in se di responsabilità che non le competono.
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Appena le luci in sala sono spente si ha la sensazione che una sorta di viaggio stia per cominciare. The tree of life è una risposta personale ( quindi coraggiosa e allo stesso tempo discutibile) ai quesiti esistenziali che accomunano tutti. Esteticamente favoloso (specialmente nella parte iniziale), riesce,anche se non costantemente, a infondere gli slanci vitali di cui è promotore. Evitabli alcuni momenti troppo intangibili e lenti in cui si rischia seriamente di perdersi, e perdere la corrente dell'intero film. Ovviamente la storia familiare è un pretesto dovuto affinchè l'intera struttura potesse reggere, quindi non caricherei la trama in se di responsabilità che non le competono.The tree of life resta un'esperienza che vale la pena vivere,scandita dal lento procedere degli eventi e che necessita di una certa predisposizione d'animo per essere gustata al meglio.
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pepito1948
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venerdì 27 maggio 2011
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filosofia e poesia
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LE ORIGINI
Aria, acqua, terra, fuoco, i principi vitali emersi dalle speculazioni dei presocratici. Gli elementi si combinano, si aggregano, si disuniscono sotto la spinta delle opposte forze dell’Amore e dell’Odio. Anassimene, Empedocle. L’Amore ordina e armonizza le cose, Odio ne determina il caos, le annienta, ma Amore prevale, poi deve cedere lo scettro a Odio, da cui lo riconquista… Il trascendente è di per sé, si palesa, si nasconde, controlla, gestisce, osserva, partecipa, pretende. Essere (vita), non essere (morte), Divinità (trascendente). Big Bang, esplosione primordiale, irradiamento di materia ed energia, casualità, luce e assenza di luce, gli astri combinati in sistemi, predisposizione alla nascita della vita.
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LE ORIGINI
Aria, acqua, terra, fuoco, i principi vitali emersi dalle speculazioni dei presocratici. Gli elementi si combinano, si aggregano, si disuniscono sotto la spinta delle opposte forze dell’Amore e dell’Odio. Anassimene, Empedocle. L’Amore ordina e armonizza le cose, Odio ne determina il caos, le annienta, ma Amore prevale, poi deve cedere lo scettro a Odio, da cui lo riconquista… Il trascendente è di per sé, si palesa, si nasconde, controlla, gestisce, osserva, partecipa, pretende. Essere (vita), non essere (morte), Divinità (trascendente). Big Bang, esplosione primordiale, irradiamento di materia ed energia, casualità, luce e assenza di luce, gli astri combinati in sistemi, predisposizione alla nascita della vita. L’acqua come elemento principe tra gli elementi primigeni della vita; s’accumula, scorre, contiene e trasporta, evapora, precipita, feconda. La terra mista al fuoco ribolle, si consolida, si raffredda. L’aria, condizione di vita, si popola, riceve luce e calore, li perde, li recupera. Il sole, come la vita, nasce e muore per rinascere e morire di nuovo. Il sistema diventa ciclo; macro, micro, infinito sono le dimensioni spazio-temporali dove essere e non essere si alternano, convivono. Diventano realtà. Appaiono i viventi, prima nell’acqua, poi sulla terra e nel cielo. La natura seleziona le specie secondo i rapporti di forza. Ma un piccolo dinosauro s’imbatte in un suo simile disteso e in difficoltà, istintivamente cerca di schiacciarne la testa, ma indugia e ritira la zampa e se ne va: ciò insinua qualcosa di rivoluzionario che maturerà nel corso di una lunghissima evoluzione, ed avrà per protagonista l’ultimo arrivato. L’uomo ed il Discernimento. L’uomo e l’Amore, l’uomo e l’Odio. L’uomo e l’Etica. L’uomo e Dio, che l’uomo riconosce o inventa e con il quale costituirà un intenso, tormentato, appassionato, opportunistico, anaffettivo, formale rapporto. Bene e male, Natura e Grazia, forza e (com)passione. Panta rei.
JACK E LA FAMIGLIA
Un immenso cono rovesciato senza base -divergente verso il cielo e con il vertice puntato su una piccola famiglia texana negli anni ‘50- nel quale fluiscono attraverso la memoria le componenti cosmiche e della vita nelle loro interazioni, contraddizioni, essere e non essere, materia e spirito, dimensioni interna ed esterna, natura e grazia, fino a generare riflessioni, sensazioni ed interrogativi sull’essenza ed il senso della esistenza umana. Tre fratellini in balia di due modelli di vita stridenti se non contrapposti. Padre padrone, severo, a tratti brutale e iroso ma capace di grandi aperture affettive verso i figli, soprattutto il primogenito Jack: Natura, la forza come guida delle proprie azioni, la pervicacia a tutti i costi come metodo di autorealizzazione, l’esclusione della bontà come ostacolo al raggiungimento dell’obiettivo. Madre satellite, ma premurosa ed esaltatrice delle virtù più pure dell’uomo: la Grazia, la bontà, l’amore, la fratellanza. La nascita dei fratellini, la successiva morte di uno di loro (forse in quell’inghiottitoio di giovani vite che fu la guerra in Vietnam, chissà), il lutto, il dolore, la sofferenza. I pensieri, i movimenti inconsci, le preghiere che scaturiscono come sussurri dai molteplici stimoli esterni, dai ricordi, dal disperato bisogno di fare domande a cui nessuno risponderà. Jack, il figlio maggiore ormai giunto alla piena maturità, fiaccato dalla perdita del fratello 19enne e dai troppi nodi esistenziali irrisolti, si aggira tra le perfette e lineari geometrie di acciaio e di vetro di una città superevoluta, su cui volteggiano in corale sintonia (o sinfonia) formazioni improvvisate di storni. Jack, tormentato della sue incertezze, scorre in avanti ed indietro non solo nei meandri tortuosi della storia, a cominciare da quella della sua famiglia, ma anche tra le volute della dimensione “altra”, quella delle percezioni non sensoriali, della fantasia, dei sentimenti, della visionarietà onirica, alla ricerca della quadratura dei tanti cerchi rimasti aperti: la dimensione tutta umana dove si può scrutare ciò che non è visibile, penetrare nell’immensità di misteri altrimenti insondabili, come la nascita e la morte. E vi troverà, con i compagni di cammino tra la frescura rassicurante della battigia, il sole caldo e la sabbia accarezzata dal mare, i motivi di conciliazione delle contraddizioni irrisolte, la capacità di riannodare i fili troncati, in un andare senza pause dove finalmente prevarranno senza ipocrisie l’amore, gli abbracci, i sorrisi., pur nella consapevolezza che questa apparente eternità è destinata a finire, ed i soli, tutti i soli si spegneranno quando un giorno dopo il tramonto non seguirà alcuna alba.
Terrence Malick, desaparecido da decenni, connotati attuali sconosciuti, laureato in filosofia con tesi su Heidegger, autore e regista dai tempi di produttività biblici. Due anni di montaggio, location sparse per il mondo, compresi Bomarzo e Villa Lante nel Lazio, citazioni varie (perfino Disney e la sua Bella Addormentata) ed un omaggio riverente al Kubrik di 2001 (unico l’artefice degli effetti speciali, Douglas Trumbull). Brad Pitt, produttore coraggioso e (speriamo) lungimirante.
Non si può commentare secondo i soliti schemi un film talmente straordinario (=fuori dalle regole) come questo, che più che un prodotto cinematografico appare come un trattato di filosofia, misto di pensiero arcaico, evoluzionismo e fideismo uniti come facce dello stesso prisma, espresso con l’uso personalissimo di tutti i mezzi conosciuti ed innovativi propri del cinema. Sicchè non resta che raccontare e verbalizzare al meglio le sensazioni, così come vengono a galla, evocate dall’incredibile turbinio di immagini (in media ogni inquadratura non dura che pochi secondi), colori, stimoli luminosi sparati sullo schermo. Enrico Ghezzi dice “ho avuto terrore che la storia del cinema finisse con questo film, che rendesse inutile qualunque altro film”. Tappa spartiacque nella storia del cinema, quindi, molto più di Avatar, già da molti (a mio avviso a torto) definito come tale. E se è così, che cosa ci regalerà Malick alla prossima occasione, probabilmente tra 7 o 8 anni?
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[+] filosofia spicciola
(di susannatog)
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[+] recensione ed evocazione
(di pepito1948)
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trambusto
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venerdì 17 giugno 2011
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carezze alle coscienze perennemente tormentate
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La disperata e forse infinita (per tanti nella vita reale) ricerca di una stabilità interiore, innescata dalle violenze e dalle prepotenze patriarcali subite nel più classico e coerente modello cattolico familiare e amplificata dalla morte di un caro. La contrapposizione dell'amore del padre, vomitato dall'ossessione della fermezza, della sicurezza e dell'aggressività come strumenti essenziali nel futuro dei propri figli, a quello candido e incontaminato del semplice istinto materno nel presente. Natura contro Grazia. Violenza contro leggerezza e sentimento. La vastità psicologica che ha bisogno di fondersi nell'indescrivibile bellezza dell'immensità spazio/temporale, per poter ritrovare la gioa di vivere o quanto meno del sollievo.
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La disperata e forse infinita (per tanti nella vita reale) ricerca di una stabilità interiore, innescata dalle violenze e dalle prepotenze patriarcali subite nel più classico e coerente modello cattolico familiare e amplificata dalla morte di un caro. La contrapposizione dell'amore del padre, vomitato dall'ossessione della fermezza, della sicurezza e dell'aggressività come strumenti essenziali nel futuro dei propri figli, a quello candido e incontaminato del semplice istinto materno nel presente. Natura contro Grazia. Violenza contro leggerezza e sentimento. La vastità psicologica che ha bisogno di fondersi nell'indescrivibile bellezza dell'immensità spazio/temporale, per poter ritrovare la gioa di vivere o quanto meno del sollievo.
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pipay
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domenica 22 maggio 2011
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un sermone asfissiante che uccide il film
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Penso che un regista debba porsi degli obiettivi: prima di tutto quello di averde rispetto nei riguardi del pubblico. Questo Terrence Malick chi si crede di essere? Facile pontificare, affastellare immagini su immagini, girare una storia che è quasi priva di senso e comunque certamente è priva di interesse. Il tutto condito con cori da messa e con frasi evangeliche. Un polpettone-sermone stucchevole, che denota mancanza di equilibrio e tradisce una poco elegante dose di presunzione. Per non parlare di Sean Penn che vagola come un allucinato e di un Brad Pitt, appesantito, spigoloso quanto i lati di un cubo, che svolge il ruolo di un padre autoritario e odioso. E anche i figli non è che siano tanto simpatici.
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Penso che un regista debba porsi degli obiettivi: prima di tutto quello di averde rispetto nei riguardi del pubblico. Questo Terrence Malick chi si crede di essere? Facile pontificare, affastellare immagini su immagini, girare una storia che è quasi priva di senso e comunque certamente è priva di interesse. Il tutto condito con cori da messa e con frasi evangeliche. Un polpettone-sermone stucchevole, che denota mancanza di equilibrio e tradisce una poco elegante dose di presunzione. Per non parlare di Sean Penn che vagola come un allucinato e di un Brad Pitt, appesantito, spigoloso quanto i lati di un cubo, che svolge il ruolo di un padre autoritario e odioso. E anche i figli non è che siano tanto simpatici... Un film che va dall'inizio della creazione del mondo e della vita alla fine della vita stessa, ma che precipita inesorabilmente in un gorgo che risucchia e annienta il film e il cinema in generale.
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[+] chi si crede di essere?
(di nicdard)
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(di vivite72)
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(di zoom e controzoom)
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(di elpedronero)
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(di partenopeo7)
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darkan
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martedì 24 maggio 2011
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l'apoteosi dei colori e dei buoni sentimenti
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Questo non è un film, questa è poesia, questa è arte in movimento, questo è il miglior film di un genio, Terrence Malick. Uno prima di vedere un film deve informarsi. Considerare un filmetto, il titolo che ha vinto (stracciando i rivali) la palma d'oro a Cannes, e che al 99% farà record su record agli oscar. La nuova opera di Terrence Malick, non è un film, è molto di più, è l'apoteosi dei colori, e la rappresentazione perfetta del tema che tratta, Malick è riuscito ha realizzare un opera magnifica, capace di commuovere e di far ricordare allo spettatore, ricordi che aveva quasi dimenticato.
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joe nca
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mercoledì 1 giugno 2011
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l’essenziale crudelta’ della pura vita
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Il padre padrone Brad Pitt perde l’adorato figlio diciannovenne cresciuto a pane, botte, disciplina e amore patriottico. Il trauma scuote dalle fondamenta l’americana famiglia profondamente cattolica, portando ogni singolo individuo del suo nucleo a chiedersi quale dio abbia permesso il verificarsi di tale tragedia. Ma, nell’incedere del passaggio dei giorni che scandiscono la nostra presenza sulla Terra, l’uomo è un essere troppo piccolo per pretendere d’avere l’attenzione di quella divinità che sembra voltargli le spalle nei momenti più duri, poiché la morte, mera componente dell’esistenza, ci accompagna da quando lo stesso concetto di vita è apparso sul nostro pianeta.
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Il padre padrone Brad Pitt perde l’adorato figlio diciannovenne cresciuto a pane, botte, disciplina e amore patriottico. Il trauma scuote dalle fondamenta l’americana famiglia profondamente cattolica, portando ogni singolo individuo del suo nucleo a chiedersi quale dio abbia permesso il verificarsi di tale tragedia. Ma, nell’incedere del passaggio dei giorni che scandiscono la nostra presenza sulla Terra, l’uomo è un essere troppo piccolo per pretendere d’avere l’attenzione di quella divinità che sembra voltargli le spalle nei momenti più duri, poiché la morte, mera componente dell’esistenza, ci accompagna da quando lo stesso concetto di vita è apparso sul nostro pianeta. Nel frastuono degli interrogativi che si pongono sulla presenza o meno di un dio a controllare le azioni degli uomini, Malik se ne sta in disparte ad osservare l’evolversi della vicenda, senza darci alcuna risposta, senza schierarsi da nessuna parte, ma ricostruendo con kubrickiana perizia l’origine dell’Universo, attraverso memorabili sequenze realizzate con magistrale uso della computer grafica che farebbero invidia ai documentari della famiglia Angela. La domanda si esplica attraverso la lentezza accelerata della narrazione: nel caos ordinato del riciclo di specie che, dagli albori della creazione, passando a grandi linee per i lucertoloni del Jurassico, ci porta fino alla nostra attuale condizione, cosa importa della morte di un semplice individuo, quand’egli fosse pure il giovane figlio di una famiglia bigotta? Sean Penn, il fratello superstite del defunto, se lo chiede ancora adulto mentre vaga smarrito per le vie di una New York distratta, e nessuna risposta, nonostante l’avanzare della modernità, arriva a risolvere il rimosso di quel trauma adolescenziale. Non ci rimane che la disperata ricerca delle ragioni del divino. Sempre che esso esista.
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