il cinefilo
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lunedì 6 giugno 2011
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l'albero della vita
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Uno dei grandi quesiti lanciati da TREE OF LIFE potrebbe essere:"può un regista essere grande anche se guidato da un ambizione sfrenata e,spesso,incontrollabile?"la mia risposta,in buona parte dei casi,sarebbe stata NO...ma questo non è un caso normale perchè T.Malick NON è un regista normale.
In questi tempi di pop-corn movie e altre scempiaggini d'ogni tipo sono diversi i registi che emergono per intelligenza e bravura:Clint Eastwood,Micheal Mann,Christopher Nolan,Quentin Tarantino,Martin Scorsese(non vi annovero Woody Allen perchè mi pare stia attraversando,stilisticamente,un periodo"modestissimo")e pochi altri...eppure,è una mia ferma convinzione,il cinema di Malick resta infinitamente superiore a quello dei signori citati.
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Uno dei grandi quesiti lanciati da TREE OF LIFE potrebbe essere:"può un regista essere grande anche se guidato da un ambizione sfrenata e,spesso,incontrollabile?"la mia risposta,in buona parte dei casi,sarebbe stata NO...ma questo non è un caso normale perchè T.Malick NON è un regista normale.
In questi tempi di pop-corn movie e altre scempiaggini d'ogni tipo sono diversi i registi che emergono per intelligenza e bravura:Clint Eastwood,Micheal Mann,Christopher Nolan,Quentin Tarantino,Martin Scorsese(non vi annovero Woody Allen perchè mi pare stia attraversando,stilisticamente,un periodo"modestissimo")e pochi altri...eppure,è una mia ferma convinzione,il cinema di Malick resta infinitamente superiore a quello dei signori citati.
TREE OF LIFE,così come LA SOTTILE LINEA ROSSA,è un esperienza per il cuore,la mente e il cervello:non s'erano mai viste,negli ultimi decenni,opere"criptiche"di questa fattura ma voglio tornare a parlare del quesito iniziale...la megalomania come difetto e la megalomania come pregio.
Accumulare l'esistenza dell'universo,dei pianeti,delle stelle e della vita sulla terra nelle sue svariate forme di vita intorno a una famiglia americana degli anni cinquanta era un azzardo che nessun cineasta(forse nemmeno Kubrick)avrebbe avuto il coraggio di tentare...ma Malick ha tentato e anche nel caso avesse fallito il film resta di una magnificenza visiva senza paragone alcuno con molte altre grandi opere del nuovo millennio...e questo pregio è quanto mi basta per assegnargli cinque stelle.
Attraverso le cadenze di un lunghissimo flashback dell'infanzia di un uomo(l'attore è Sean Penn)si sprigiona(attraverso il sole,le nuvole,gli animali marini,i fili d'erba dei campi,l'acqua e la spiaggia finale su cui arriva l'uomo oltrepassando una specie di"porta")il"cosmo"del film:il protagonista si ricorda degli insegnamenti e dei maltrattamenti di suo padre e della tragica morte del fratello a cui segue,inevitabilmente,lo strazio della madre...e il dolore per una perdita così atroce non si può,forse,rendere ancor più velatamente"trasparente"grazie a certe"onde in subbuglio"dell'oceano inquadrate,con la consueta grazia,dal regista?e la maschera tipica del carnevale che viene inquadrata mentre si inabissa nelle profondità marine non può rappresentare,forse,la caduta dell'ipocrisia perbenista precedentemente(nell'infanzia dell'uomo)radicata in quell'ambiente familiare?ecco due domande con una risposta probabile ma per nulla sicura.
A volte può capitare che una persona tenda a desiderare di"scrostare"via dalla sua vita ogni ricordo infelice e rimpiazzarlo con la propria personale"gioia di costruirsi il presente e il futuro"(se questo è possibile)e a questo,forse,voleva arrivare Malick(ma questa è,come ho già scritto in precedenza,una delle tante possibili chiavi di lettura)nell'inquadrare la folla di persone che camminano sulla spiaggia e che segna il finale...sotto il sole luminoso ovvero la bellezza del vivere che"avvolge e coinvolge"moltissimi abitanti della terra(non tutti,pultroppo,come è ovvio)dove Jack cerca la sua famiglia per trovare,in realtà,se stesso...ma lui non è che uno dei tanti dove,sulla spiaggia,trovano la serenità in tutto ciò che li circonda e li rende partecipi di quell'unica immensa e travolgente"parziale utopia"(così almeno viene lasciato intendere)chiamata,molto semplicemente,solidarietà umana.
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[+] bufala
(di edoardo187)
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maricordis
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lunedì 13 giugno 2011
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semplicemente un emozione
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quindi molto poco da opinare o analizzare...assolutamente suggestivo nella fotografia, nella scelta degli attori (specie dei bambini che hanno occupato l'intero film), nella colonna sonora...una costruzione epica,una salve di emozioni difficile da razionalizzare.Semplicistico parlare di religione, filosofia della vita o ritratto storico-culturale...un'analisi sterile. Penso che la chiave sia lasciarsi trasportare ed è assolutamente possibile in questo film.
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ananas
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mercoledì 22 giugno 2011
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capolavoro
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Terrence Malick torna alla regia dopo sei anni, con The tree of life, che quest’anno ha vinto la palma d’oro durante il 64esimo festival di Cannes.
La vicenda si basa sulla storia di una famiglia americana degli anni cinquanta nella quale coesistono la figura di un padre severo e duro con i tre figli e di una madre amorevole, delicata e meno attenta alle regole di Bon Ton a cui la figura paterna tiene molto. Il tema del doppio sistema educativo si intreccia perfettamente con quello religioso non solo perché i figli crescono nella piena consapevolezza dell’esistenza della fede e si appellano spesso a Dio, ma anche per tutta la lunghissima sequenza finale nella quale avviene l’affidamento del foglio morto a Dio da parte della madre.
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Terrence Malick torna alla regia dopo sei anni, con The tree of life, che quest’anno ha vinto la palma d’oro durante il 64esimo festival di Cannes.
La vicenda si basa sulla storia di una famiglia americana degli anni cinquanta nella quale coesistono la figura di un padre severo e duro con i tre figli e di una madre amorevole, delicata e meno attenta alle regole di Bon Ton a cui la figura paterna tiene molto. Il tema del doppio sistema educativo si intreccia perfettamente con quello religioso non solo perché i figli crescono nella piena consapevolezza dell’esistenza della fede e si appellano spesso a Dio, ma anche per tutta la lunghissima sequenza finale nella quale avviene l’affidamento del foglio morto a Dio da parte della madre. Ma questo è un film che vuole andare oltre, che vuole narrare la storia della Terra tramite una lunga digressione sulle origini del pianeta, sulle prime forme di vita, sul passaggio dal mare alla terraferma, fino ad arrivare al mondo dei dinosauri. Non mancano le immagini visionarie e fantascientifiche che ricordano il capolavoro kubrickiano 2001: odissea nello spazio.
Il tutto è armonizzato dallo stile di Malick che grazie ad un grande uso di primi piani, a sequenze molto lunghe e ad una resa del silenzio sublime che riesce a superare l’espressività dei dialoghi, ci fa uscire dalla sala un po’ rintronati ma sicuri di aver compreso il suo messaggio: la natura è superiore a qualsiasi azione umana. Infatti sono moltissime le sequenze nelle quali è evidente il richiamo al mondo naturale per evidenziarne la magnificenza, come era avvenuto anche ne la sottile linea rossa, dove domina il contrasto tra la natura e la bellezza dei luoghi con gli orrori umani della guerra.
Il padre ormai pentito pronuncia verso la fine una frase – chiave capace di riassumere l’intero significato del film: ho umiliato lo splendore e non ne ho ammirato la magnificenza.
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(di federico bernardini)
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salvocardillo
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sabato 28 aprile 2012
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noioso, fatto talmente male che fa riflettere.
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Il film descrive la storia di un padre-padrone americano degli anni 50 in cui vengono giustapposte bellissime immagini
(Da National Geographic) che vi fanno navigare per oltre 20 minuti di seguito dalla dimensione macro dell'universo al micro (scopico) passando ad una breve scene forse girata per Giurassic Park.
Cosa c'entra con la storia? Appunto.
Fa riflettere: perché? Si vede il "trucco". Le cose non riuscite evidenziano talvolta aspetti che altrimenti non si noterebbero:
come si costruisce e cos'è, in cosa consiste, ad esempio l'ideologia:
Nel creare un collegamento, fuori dal tempo - tra le nostre storie e l'universo.
Spropositato il rinvio tra il dolore di un quarantenne,
per la morte avvenuta venti anni prima di suo fratello ed i movimenti astrali,
gli sconvolgimenti che avvengono nell'universo e nella natura.
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Il film descrive la storia di un padre-padrone americano degli anni 50 in cui vengono giustapposte bellissime immagini
(Da National Geographic) che vi fanno navigare per oltre 20 minuti di seguito dalla dimensione macro dell'universo al micro (scopico) passando ad una breve scene forse girata per Giurassic Park.
Cosa c'entra con la storia? Appunto.
Fa riflettere: perché? Si vede il "trucco". Le cose non riuscite evidenziano talvolta aspetti che altrimenti non si noterebbero:
come si costruisce e cos'è, in cosa consiste, ad esempio l'ideologia:
Nel creare un collegamento, fuori dal tempo - tra le nostre storie e l'universo.
Spropositato il rinvio tra il dolore di un quarantenne,
per la morte avvenuta venti anni prima di suo fratello ed i movimenti astrali,
gli sconvolgimenti che avvengono nell'universo e nella natura.
Noiosetto.
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nicdard
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domenica 22 maggio 2011
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capolavoro
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NON definirlo capolavoro è veramente arduo.
Contenutisticamente si spinge dove solo il "2001" Kubrickiano aveva osato. Visivamente non ha probabilmente eguali. Ogni inquadratura è una piccola grande opera d'arte. La sequenza riguardante la creazione della terra raggiunge il sublime. Questo film è una preghiera a un dio senza nome su creazione e distruzione, morte e resurrezione. E' un inno alla vita appassionato. Una poesia per gli occhi e per la mente.
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zeus cronide
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giovedì 26 maggio 2011
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Questo film di Terrence Malick, che già ci aveva abituato a capolavori senza tempo come "I giorni del cielo" e "La sottile linea rossa", è anch'esso un opera somma, fondamentale punto di svolta non soltanto per la sua (di Malick) cinematografia, bensì per la cinematografia mondiale; guardandolo, infatti, si è consapevoli di essere di fronte a una rivoluzione nel modo di concepire e fare il cinema (o almeno, ne è consapevole chiunque abbia conoscenza del cinema d'autore, non certo coloro che amano il cinema commerciale e sempre uguale a sé stesso). "The tree of life" è avanguardia pura nella struttura onirica, nel montaggio frammentato ma al contempo fluido, nella predominanza delle immagini sulle parole, nella potenza evocativa e riflessiva, nell'emozione profonda che trasmette durante la visione, vera e propria esperienza sensoriale e metafisica (grazie anche alla splendida fotografia e a una magnifica colonna sonora): non esagero nel dire che non si era mai visto, nella storia del cinema, una tale maestosità, se non nelle pellicole di Stanley Kubrick e Andrej Tarkovskij.
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Questo film di Terrence Malick, che già ci aveva abituato a capolavori senza tempo come "I giorni del cielo" e "La sottile linea rossa", è anch'esso un opera somma, fondamentale punto di svolta non soltanto per la sua (di Malick) cinematografia, bensì per la cinematografia mondiale; guardandolo, infatti, si è consapevoli di essere di fronte a una rivoluzione nel modo di concepire e fare il cinema (o almeno, ne è consapevole chiunque abbia conoscenza del cinema d'autore, non certo coloro che amano il cinema commerciale e sempre uguale a sé stesso). "The tree of life" è avanguardia pura nella struttura onirica, nel montaggio frammentato ma al contempo fluido, nella predominanza delle immagini sulle parole, nella potenza evocativa e riflessiva, nell'emozione profonda che trasmette durante la visione, vera e propria esperienza sensoriale e metafisica (grazie anche alla splendida fotografia e a una magnifica colonna sonora): non esagero nel dire che non si era mai visto, nella storia del cinema, una tale maestosità, se non nelle pellicole di Stanley Kubrick e Andrej Tarkovskij. Chiunque affermi che questo film è noioso semplicemente non ama il cinema in quanto arte, per cui non dovrebbe vedere film del genere, i quali non fanno per lui. L'ultima opera di Malick, per la quale la Palma d'Oro a Cannes quest'anno era d'obbligo, è un film meraviglioso che amalgama poesia e filosofia, incanta in tutta la sua durata e insegna a chi sa ascoltare e osservare (non soltanto udire e vedere)...
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reservoir dogs
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venerdì 27 maggio 2011
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un parto nell'utero universo
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Anni '50 circa. Una famiglia come tante altre si ritrova in un futuro non molto lontano a mettere in discussione la propria esistenza attraverso l'elaborazione di un lutto; un padre despota e un po' troppo rigido, un madre dolce ma accondiscendente e tre fratelli, ciascuno dei quali assorbe parte dei genitori in maniera diversa.
Il microcosmo familiare in rapporto all'infinità dell'Universo che nasce, crea, muta. Dal "brodo primordiale" all'essere "completo" con i suoi pregi e difetti.
Terrence Malick al suo quinto lungometraggio presentato a Cannes 64 -sotto fischi beceri dopo poco più di mezz'ora di film in sala preceduta da una folla idolatrante all'entrata- trasgredisce al tabù della Creazione, infrangendo quella parete in cui sono circoscritti Spazio e Tempo, dove molti registi non si sono spinti (da escludere Kubrick).
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Anni '50 circa. Una famiglia come tante altre si ritrova in un futuro non molto lontano a mettere in discussione la propria esistenza attraverso l'elaborazione di un lutto; un padre despota e un po' troppo rigido, un madre dolce ma accondiscendente e tre fratelli, ciascuno dei quali assorbe parte dei genitori in maniera diversa.
Il microcosmo familiare in rapporto all'infinità dell'Universo che nasce, crea, muta. Dal "brodo primordiale" all'essere "completo" con i suoi pregi e difetti.
Terrence Malick al suo quinto lungometraggio presentato a Cannes 64 -sotto fischi beceri dopo poco più di mezz'ora di film in sala preceduta da una folla idolatrante all'entrata- trasgredisce al tabù della Creazione, infrangendo quella parete in cui sono circoscritti Spazio e Tempo, dove molti registi non si sono spinti (da escludere Kubrick).
Attraverso inquadrature che annichiliscono il fruitore (e ce ne sono molte), il demiurgo Malick sublima le Parole che fungono da monologo interiore dei personaggi e illusoria didascalia, alle Emozioni negli infiniti antri dell'Universo.
Un montaggio emotivo, privo di ogni funzionalità alla narrazione (quasi assente) e logicità; fluido come l'incessante scorrere del tempo, contribuisce costantemente in questo profondo viaggio emozionale.
Le discrepanze dei genitori si riversano inevitabilmente sui figli sino ad arrivare in un non-luogo simile ad una spiaggia che non ha niente da invidiare a quella de "La sottile linea rossa" dove Tempo e Spazio diventano relativi.
Un film dolce e duro dunque, onirico e naturalistico, siderale ed umano; un parto nell'utero Universo.
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[+] mattonata
(di patrizia de cristofaro)
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raffaella
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sabato 21 maggio 2011
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demiurgo
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Le attese di tre anni sono state ampiamente soddisfatte, Malick ha sfornato uno dei migliori film mai visti prima.
Filosofia, vita, morte, microcosmo e macrocosmo nella loro nascita ed evoluzione assimilabili, religione nel senso di spiritualità, ricerca e lotta interiore, redenzione nell'equilibrio. E' un'esperienza totalizzante, che avvinghia lo stato emotivo e lo trascina in un viaggio nel proprio passato, nelle radici di infanzia e dinamiche familiari, nello smarrimento dell'oggi.
Cast strepitoso, dai bambini a Brad Pitt... Sean Penn immenso come sempre. Montaggio mai visto prima, fotografia oltre l'Oscar, colonna sonora straordinaria (compresi i brani composti da Desplat), e le immagini.
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Le attese di tre anni sono state ampiamente soddisfatte, Malick ha sfornato uno dei migliori film mai visti prima.
Filosofia, vita, morte, microcosmo e macrocosmo nella loro nascita ed evoluzione assimilabili, religione nel senso di spiritualità, ricerca e lotta interiore, redenzione nell'equilibrio. E' un'esperienza totalizzante, che avvinghia lo stato emotivo e lo trascina in un viaggio nel proprio passato, nelle radici di infanzia e dinamiche familiari, nello smarrimento dell'oggi.
Cast strepitoso, dai bambini a Brad Pitt... Sean Penn immenso come sempre. Montaggio mai visto prima, fotografia oltre l'Oscar, colonna sonora straordinaria (compresi i brani composti da Desplat), e le immagini... Ci sono fotogrammi che non abbandoneranno mai più gli occhi e il cuore.
Quanto alla regia, Terrence Malick è ormai sinonimo di Demiurgo. Vedere per credere. Non credevo che potesse concepire un'opera all'altezza de La sottile linea rossa, e invece...
Insomma, un'opera estremamente complessa la cui magnificenza non risiede soltanto nella sua architettura, ma nella sostanza più pura che il cinema possa offrire.
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olgadik
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giovedì 26 maggio 2011
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troppo di tutto, comprese le banalità
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Il film di Malick, salvo alcune caratteristiche senz’altro particolari nel linguaggio e nella tessitura dei contenuti, a me non è piaciuto poiché l’ho trovato presuntuosa, scucito, fortemente condizionato dall’assunto filosofico. Al centro la storia di una famiglia americana anni ’50, Texas, che assurge a paradigma universale nel rapporto tra Dio e l’Uomo, tra la Natura e la Grazia, la Vita e la Morte. Il tutto condito con effetti speciali quasi da cortometraggio divulgativo. La storia cosmica viene rappresentata servendosi di varie categorie: immagini ottenute da telescopi e sonde spaziali, processi derivati dall’osservazione al microscopio, altri effetti ancora ispirati alla storia naturale.
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Il film di Malick, salvo alcune caratteristiche senz’altro particolari nel linguaggio e nella tessitura dei contenuti, a me non è piaciuto poiché l’ho trovato presuntuosa, scucito, fortemente condizionato dall’assunto filosofico. Al centro la storia di una famiglia americana anni ’50, Texas, che assurge a paradigma universale nel rapporto tra Dio e l’Uomo, tra la Natura e la Grazia, la Vita e la Morte. Il tutto condito con effetti speciali quasi da cortometraggio divulgativo. La storia cosmica viene rappresentata servendosi di varie categorie: immagini ottenute da telescopi e sonde spaziali, processi derivati dall’osservazione al microscopio, altri effetti ancora ispirati alla storia naturale. A tutto ciò è affidato il compito di descrivere, tra il visionario e lo scientifico, come si arriva alla nascita e al pullulare della vita ai vari livelli ed è su questo sfondo che si sviluppa la storia della piccola famiglia di riferimento. La prima metà del film è quasi tutta dedicata al cosmo, senza dialoghi, con sottolineature musicali forti, perlopiù efficaci. Qua e là salti temporali e contenutistici introducono flash sulla famiglia di Jack (padre madre e due suoi fratelli), su Jack divenuto un uomo che cerca in una città di grattacieli di vetro e di uffici supertecnologici, un senso alla sua vita passata presente e futura. Il montaggio, che è uno degli aspetti molto personali della regia di Malick, è emotivo, spezzato, pur con nessi non sempre funzionanti o facili da cogliere, ma questo sembra poco importante, perché lo spettatore sta lì quasi narcotizzato da questa orgia di immagini selezionate tra chilometri di pellicola girata con tutte le tecniche che il regista controlla da smaliziato artigiano. Personalissimo è l’uso della luce naturale, i colori smorzati o chiarissimi, i volti frugati senza l’aiuto di lampade messe al posto giusto e quindi esposti in tutta la loro impurità e fisicità. Tra lampi di buon cinema, il resto del racconto (seconda parte) scorre come una specie di Amarcord americano, fortemente segnato dalla religiosità protestante, da temi teologici, che affiorano nello scarno dialogo tra l’uomo e il Dio della Bibbia e che ricalcano domande scontatissime,quelle che qualsiasi adolescente si pone e risolve poi a suo modo nella crescita. Come può Dio volere il Male e la Morte? Perché sparge sale nelle ferite invece di sanarle? E via di questo passo. Alcuni tratti poetici fanno tenerezza; altri risultano già visti e abusati, per cui sottrarli a una sostanziale monotonia risulta difficile anche a una personalità come Malick. Attraverso la crescita del protagonista bambino si arriva alla “illuminazione” finale e qui sta a mio parere il peggio del film, cioè il tentativo di rappresentare l’Aldilà all’americana, con una presunzione e una ingenuità maldestre che rendono questa passeggiata onirica quasi risibile. In un tripudio di suoni da chiesa. Ancora una volta, come in Hereafter’ultima opera di Eastwood, non si sfugge alla tentazione di rappresentare in immagini ciò che solo a stento la parola riesce a suggerire. E io non trovo che a un regista famoso vada tutto perdonato, né dimentico che per creare questo piatto mal cucinato, Malick ha avuto a disposizione cifre che altri autori possono solo sognare (si parla di 150 milioni di dollari). Tra gli attori, degni di nota quelli che impersonano i tre figli; gli altri risultano invece monocordi, sovrastati dalle immagini, imbrigliati in personaggi scarsamente sfaccettati.
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[+] nessun finale all'americana
(di berto0)
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odisseo2001
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lunedì 27 giugno 2011
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malick mantiene tutte le sue (pessime) promesse!
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Uno dei film più (inconsapevolmente, involontariamente e fallimentariamente) cupi della storia del cinema, direi ai livelli de Il Cavaliere Oscuro (che però lo era a ragion veduta, ossia era quello almeno in parte il suo messaggio): stessa follia caotico-thanatofila, sotto una patina di formalistico ordine-repressione ben incarnato da una musica classica (melo)drammatica che cade come una maschera o un sudario su un ambiente che traspira inautenticità e anaffettismo, morte: fino al finale altrettanto posticcio e appiccicato con lo sputo d'una fede che i fatti stessi (la trama e il suo trattamento del tutto non immedesimativo) smentiscono. Fosse stato un horror, il ragazzino protagonista avrebbe preso la sega elettrica dopo mezz'ora per far fuori quella specie di vacui zombies che si ritrova al posto del padre e della madre: con tutte le ragioni del mondo e, almeno, della sana ironia (o pirandelliano umorismo) che invece difetta totalmente a Malick! Perché questo è l'ennesimo superpappone pseudointimista d'un regista che s'atteggia a neoprofeta di obsolete costruzioni confessionali, già sgamabile in questa pessima tendenza fin dal simile La Sottile Linea Rossa che conteneva in nuce tutto questo fantomatico delirio fintomistico che ci propina per ben 2 ore, senz'arrivare a nessuna autentica partecipazione emotiva e/o intellettuale.
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Uno dei film più (inconsapevolmente, involontariamente e fallimentariamente) cupi della storia del cinema, direi ai livelli de Il Cavaliere Oscuro (che però lo era a ragion veduta, ossia era quello almeno in parte il suo messaggio): stessa follia caotico-thanatofila, sotto una patina di formalistico ordine-repressione ben incarnato da una musica classica (melo)drammatica che cade come una maschera o un sudario su un ambiente che traspira inautenticità e anaffettismo, morte: fino al finale altrettanto posticcio e appiccicato con lo sputo d'una fede che i fatti stessi (la trama e il suo trattamento del tutto non immedesimativo) smentiscono. Fosse stato un horror, il ragazzino protagonista avrebbe preso la sega elettrica dopo mezz'ora per far fuori quella specie di vacui zombies che si ritrova al posto del padre e della madre: con tutte le ragioni del mondo e, almeno, della sana ironia (o pirandelliano umorismo) che invece difetta totalmente a Malick! Perché questo è l'ennesimo superpappone pseudointimista d'un regista che s'atteggia a neoprofeta di obsolete costruzioni confessionali, già sgamabile in questa pessima tendenza fin dal simile La Sottile Linea Rossa che conteneva in nuce tutto questo fantomatico delirio fintomistico che ci propina per ben 2 ore, senz'arrivare a nessuna autentica partecipazione emotiva e/o intellettuale. Film tetro e falso/depistante fin dall'inizio, dunque, film a tesi secondo assiomi prestabiliti e indimostrati: non c'è un raggio di vero e pieno sole, sia atmosferico che spirituale, fino a circa dopo ben 1 ora e 45 minuti di segregazione dell'anima in sofferenze puritane made in USA, quando il muscolòtico e "vincente" padre-sergente-padrone riceve una meritata mazzata esistenziale (perde, anzi semplicemente deve cambiar lavoro) e dichiara il suo fallimento (?!?) e l'amore per i figli: ultima "cosa" su cui può in fondo esercitare ancora il suo egòico possesso, ché di questo si tratta in realtà; ma almeno si apre un po', e finalmente, a livello emotivo! Per tutto il film, i ragazzini non ridono mai profondamente (né la madre, né il padre in primis): sì, secondo l'eta giocano e ogni tanto fan dei ghigni in realtà terrificanti; ma son costantemente senza gioia, angosciati e oppressi mortalmente, difatti arrivano a pensieri genitoricidi! Almeno avesse fatto un pur discutibile ma onesto remake de La Bibbia, invece scimmiotta una serie di film infinitamente migliori: dall'immenso Kubrik con le inquadrature spaziali e la prospettiva cosmica, addirittura Dune con quegli pseudosussurri mentali incentrati su un "Dio" mai nominato ma riconoscibilissimo non certo come percorso autoconoscitivo quanto proprio come mero dogma precotto, per arrivar a plagiare infine il recente e di ben altra caratura The Rabbit Hole! E poi, il padre sarebbe la via della natura che vuol imporsi etc. e la madre quella della grazia che tutto accettae perdona? Ma se basta già un santo autentico come Francesco, ben 8 secoli fa, a smentir questa pagliacciata skyzofrenica tipicamente cattolica! Non c'è un dialogo realmente aperto per tutto il film, anche verso la fine il padre non parla col cuore in mano: parla a cuore colpito, anzi ha solo l'ego frustrato (giustamente, peraltro)! E il finale d'abbracci oltretemporali sulla spiaggia: altro plagio di Al di là dei sogni! Insomma, un Malick che, assieme al suo omologo Cameron (Avatar), raggiunge la più sorprendente poltiglia di riciclo americanoide new-agista mai vista da quand'è nata la Settima Arte.
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[+] le 2 stelle solo per la fattura (almeno quella).
(di odisseo2001)
[ - ] le 2 stelle solo per la fattura (almeno quella).
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