devismd
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giovedì 19 maggio 2011
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poema di amore per la vita
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Malick torna con il suo canto magico. Pura poesia di immagini, suoni, colori, emozioni, viaggi nello spazio-tempo. Un linguaggio nuovo che prende forma da tecniche consolidate eppure ogni volta capaci di esplorare sentieri poco battuti nella storia del cinema. Al di là di una storia familiare del Texas anni '50, c'è in The tree of life la volontà di amalgamare microcosmo e macrocosmo, di superare le barriere tra questi due mondi e dilatare lo spazio-tempo in modo da dare un senso al suo inizio e, perché no, alla sua fine. Un film che nasce come un amarcord malickiano, ma continuamente preoccupato di una ricerca estetica che sappia coinvolgere ed appassionare fin nei minimi particolari.
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Malick torna con il suo canto magico. Pura poesia di immagini, suoni, colori, emozioni, viaggi nello spazio-tempo. Un linguaggio nuovo che prende forma da tecniche consolidate eppure ogni volta capaci di esplorare sentieri poco battuti nella storia del cinema. Al di là di una storia familiare del Texas anni '50, c'è in The tree of life la volontà di amalgamare microcosmo e macrocosmo, di superare le barriere tra questi due mondi e dilatare lo spazio-tempo in modo da dare un senso al suo inizio e, perché no, alla sua fine. Un film che nasce come un amarcord malickiano, ma continuamente preoccupato di una ricerca estetica che sappia coinvolgere ed appassionare fin nei minimi particolari. Non un inquadratura casuale, movimenti di macchina e montaggio che danno l'idea di una danza cosmica, salti spazio-temporali che ricercano una simbiosi tra l'attimo presente e l'eternità.
Vorrei non scomodare nessuno, ma come non pensare a Fellini (Amarcord ecc), Bergman (Fanny e Alexander, che termina con la frase "Tutto può accadere, tutto è possibile e verosimile. Il tempo e lo spazio non esistono, l'immaginazione fila e tesse nuovi disegni"), al Proust della Recherche (per fare un salto nella letteratura), oppure persino agli albori della storia del cinema, alla lanterna magica (tanto cara al già citato Bergman), a quel Meliès ed al suo cinema delle meraviglie, un cinema che si preoccupa di stupire ed attrarre lo spettatore. Ma Malick ritorna con un film che nessuno può dire di aver già visto: un qualcosa che suscita lo stupore, la meraviglia ("stupitevi" dice Mrs. O'Brien ai figli), l'amore per una vita che è alla continua ricerca di sé stessa; un film che non vuole di-mostrare niente, ma semplicemente mostrare, liberare la "quarta dimensione", quella dell'interiorità, dalle pastoie che la rendono incapace di vedere al di là (la maschera che cade alla fine del film, "Un giorno cadremo e verseremo lacrime, e capiremo tutto, ogni cosa"). Natura e grazia, egoismo ed amore, morte e vita (molto ricca la simbologia dell'acqua, oltre quella dell'albero) si intrecciano ed alla fine si abbracciano nell'eterna spiaggia delle lacrime versate. Nessuno può restare indifferente: o lo si ama, o lo si odia. Un capolavoro. Un nuovo cinema?
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andreas perugini
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mercoledì 8 giugno 2011
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un capolavoro di elementi
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"È un film di poesia. Chiaro e profondo… Un film pensante, filosoficamente stereofonico, di emozioni forti e dirette, avvolto dalla musica di Mahler e Bach” (Silvio Danese)
The tree of life (l'albero della vita) non è un film complesso e difficile: nessuno psicanalista dovrà spiegarvene il senso. È acqua, aria, terra e fuoco. Un film evocativo, mistico e metafisico che riesce ad unire la dimensione cosmica a quella dell'intimo, le visioni della sonda Cassini a quelle molecolari. Il mondo viene sondato dall'obiettivo del microscopio e quello del telescopio e l'evoluzione della vita sul pianeta coincide con la nascita di una nuova vita in una famiglia borghese del Texas negli anni '50. La natura è in perenne conflitto con la grazia: "Papà, mamma.
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"È un film di poesia. Chiaro e profondo… Un film pensante, filosoficamente stereofonico, di emozioni forti e dirette, avvolto dalla musica di Mahler e Bach” (Silvio Danese)
The tree of life (l'albero della vita) non è un film complesso e difficile: nessuno psicanalista dovrà spiegarvene il senso. È acqua, aria, terra e fuoco. Un film evocativo, mistico e metafisico che riesce ad unire la dimensione cosmica a quella dell'intimo, le visioni della sonda Cassini a quelle molecolari. Il mondo viene sondato dall'obiettivo del microscopio e quello del telescopio e l'evoluzione della vita sul pianeta coincide con la nascita di una nuova vita in una famiglia borghese del Texas negli anni '50. La natura è in perenne conflitto con la grazia: "Papà, mamma... voi due siete in lotta dentro di me. E lo sarete sempre."
Il tutto inizia con la comunicazione della morte di un figlio e di un fratello. Da qui parte una poetica riflessione che è anche una parabola sul nascere e sul morire... sul senso della vita ed il dolore immanente. "Dio perché devo esser buono se tu non lo sei?" si chiede il bambino protagonista. "Se non ami la tua vita passerà in un lampo".
Amore ed odio genitoriale, amore e conflitto fraterno. Grazia e brutalità, felicità e sofferenza, intimo e universale in un'opera che è tanto mistica quanto darwinista e che riesce ad unire l'Umanità in un afflato universale. Potremmo dilungarci ancora paragonado questo film al povero Hearafter di Clint Eastwood. Oppure potremmo accennare ad un paragone ben più probabile con 2001 Odissea nello Spazio di Kubrick.
Se siete ancora convinti che dopo cento anni l'arte cinematografica sia la riduzione per immagini della narrativa evitate di andare a vedere l'ultima opera di Terrence Malick (geniale regista con solo 5 film in quarant’anni di carriera cinematografica). Se invece siete consapevoli che il Cinema è il mezzo espressivo più versatile e potente di cui dispone l'umana creatività non potete perdervi questo capolavoro.
Voto 10.
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lord wells
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giovedì 16 giugno 2011
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notevole
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Un film esistenzialista, cupo, profondo, visivamente stupendo. A tratti mi ha fatto pensare a Kubrick (!), in altri momenti mi ha ricordato Powaqqatsi di Godfrey Reggio, soprattutto per l'uso della musica solenne/magniloquente (Lacrimosa di Mozart su tutti). La storia è semplice, forse anche troppo, ma lo sguardo dal basso del regista e il modo di raccontare lo rendono un film semplice ma estremamente complesso allo stesso tempo. Peccato per Sean Penn, qui in una parte veramente minuscola.
Resta comunque un film notevole.
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m.d.c
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mercoledì 18 maggio 2011
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il senso della vita secondo malick
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Un film di fervida immaginazione, una successione di immagini che catturano la vista e il cuore e si imprimono nella memoria. The tree of life (l'albero della vita) è probabilmente il film che molti aspettavano, non solo per l'alone di mistero che ne ha circondato la lavorazione e l'uscita(più volte annunciata e poi rinviata)ma per la dirompente, quasi primigenia forza che si sprigiona fin dalle prime scene di questo opus immaginativo e solenne che consegna il suo autore, lo schivo Terrence Malick, nel pantheon dei visionari della settima arte. Dare una consitenza sensoriale, visiva, a temi come la nascita e la morte, la natura e la spiritualità sarebbe proibitivo per qualsiasi regista, per quanto ambizioso, eppure Malick (un pò come Kubrick con il suo sconvolgente 2001)non si è fatto intimidire dallo sforzo titanico dell'impresa, anzi si è immerso nel suo ossessivo progetto di rappresentare ciò che sembrerebbe irrappresentabile, dando una dimensione sensoriale a quello che, convenzionalmente, viene definito "il senso della vita".
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Un film di fervida immaginazione, una successione di immagini che catturano la vista e il cuore e si imprimono nella memoria. The tree of life (l'albero della vita) è probabilmente il film che molti aspettavano, non solo per l'alone di mistero che ne ha circondato la lavorazione e l'uscita(più volte annunciata e poi rinviata)ma per la dirompente, quasi primigenia forza che si sprigiona fin dalle prime scene di questo opus immaginativo e solenne che consegna il suo autore, lo schivo Terrence Malick, nel pantheon dei visionari della settima arte. Dare una consitenza sensoriale, visiva, a temi come la nascita e la morte, la natura e la spiritualità sarebbe proibitivo per qualsiasi regista, per quanto ambizioso, eppure Malick (un pò come Kubrick con il suo sconvolgente 2001)non si è fatto intimidire dallo sforzo titanico dell'impresa, anzi si è immerso nel suo ossessivo progetto di rappresentare ciò che sembrerebbe irrappresentabile, dando una dimensione sensoriale a quello che, convenzionalmente, viene definito "il senso della vita". Ma the tree of life è probabilmente qualcosa di più, un'opera cinematografica assolutamente libera ed estrema, un cosmico abbraccio profondissimo ed incollocabile che può essere imparentato a pochissimi altri film che hanno segnato della tappe, altrettanto memorabili, nella storia del cinema(Hiroshima mon amour di Resnais, la jeteè di Marker, il già citato 2001 odissea nello spazio, I giorni del cielo dello stesso Malick, il cielo sopra Berlino di Wenders potrebbero essere degli esempi). Qualsiasi altro tentativo di raccontare il film dalla trama(la vita di una famiglia negli anni '50 colpita dalla morte di un figlio)alle magmatiche digressioni, assimilabili ad un flusso spazio-temporale, che vanno dalla nascita della vita alla fine del tempo, è destinata a scontrarsi con l'irraggiungibile senso di the tree of life, dal suo significato che sembra rinnovarsi sullo schermo, scena dopo scena. E anche questo è un altro successo per Malick, avere girato un film irriducibile in una sintesi, estraneo a possibili definizioni ed etichette, che schiva le parole ed ha una vita propria che va oltre la proiezione in sala ed è destinato ad influenzare chiunque sia abbastanza libero, e aperto, da farsi trasportare dal flusso di questo avvolgente e misterioso poema. Matteo De Chiara
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zoom e controzoom
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lunedì 23 maggio 2011
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questo non è un film
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Questol film ha il 50% di ciò che costituisce un gran bel film. Questo film è privo del 50% di ciò che costituisce un gran bel film.
La fotografia è a volte splendida - Le scene sono spesso prive di continuità e questo ha significato solo per l'autore.
Tutto è costruito su di una storia semplice - La storia è un pretesto per costruire delle scene.
La lentezza si giustifica con i soggetti della fotografia. La lentezza non permette allo spettatore di identificarsi con i soggetti della fotografia.
Ogni elemento ha il suo contrario.
Potrebbe definirsi un'opera sperimentale e controcorrente, ma non c'è la profondità ardità, ma una ricerca di sofisticata semplicità.
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Questol film ha il 50% di ciò che costituisce un gran bel film. Questo film è privo del 50% di ciò che costituisce un gran bel film.
La fotografia è a volte splendida - Le scene sono spesso prive di continuità e questo ha significato solo per l'autore.
Tutto è costruito su di una storia semplice - La storia è un pretesto per costruire delle scene.
La lentezza si giustifica con i soggetti della fotografia. La lentezza non permette allo spettatore di identificarsi con i soggetti della fotografia.
Ogni elemento ha il suo contrario.
Potrebbe definirsi un'opera sperimentale e controcorrente, ma non c'è la profondità ardità, ma una ricerca di sofisticata semplicità.
Non viene trasmessa alcuna emozione se non nei rari momenti in cui si pone il conflitto tra la figura umana e le immagini astratte, ma è l'evento che suscita l'emozione il contrasto tra i personaggi peraltro fissato in un'algidità non collocabile, non le immagini e non la struttura del racconto.
Lontana rievocazione "Zabriskie Point", fa rimpiangere una capacità stilistica che faceva apparire semplice e naturale il procedere tra realtà e irrealtà, qui siamo all'eccesso opposto: si sente un'opacità costruita da copertina dietro all'immagine sia sogno o vissuto.
E' un lavoro barocco- moderno con intenzioni di stilizzazione. Non può non far pensare ad una catarsi per chi ha percorso la propria vita e si concede uno sprofondamento nel racconto biblico con libertà moralistiche personali, nella quali entra la storia familiare o a una lectio magistralis.
Da notare i falsi attacchi sull'asse, che, più che tali, sono il sovrapporsi di scene ripetute pur essendo la medesima.
Se la parola "film" ha un significato comune che è trasmettere l'emozione e il pensiero, qui non esiste; altresì se significa fare una ricerca illustrata tipo , qui ci siamo. "la Corazzata Potionki" sarebbe molto più facile da rivedere di questo prodotto.
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[+] sono pignolo, lo so, perdonatemi
(di tommaso battimiello)
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bravobene
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martedì 24 maggio 2011
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doloroso omaggio alla vita
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Ci sono opere che raggiungono il loro scopo con immediatezza e semplicità, altre che hanno bisogno di tempo e perseveranza. Il film in questione appartiene alla seconda categoria. Due ore abbondanti (strabordanti) di cui si percepisce pienamente il lento trascorrere ed è proprio il fatto di sentirlo quel tempo che procede come un adagio, piano a volte pianissimo a rendere lo spettatore partecipe della cronotopia che guida la pellicola dall'inizio alla fine.
E' un film sui rapporti irrisolti e sul sogno di riconciliazione, appunto in una dimensione qual'è quella che vediamo nel finale, dove è possibile che i piani temporali, noi stessi nelle nostre diverse età, il passato e presente si incontrino e trovino una possibilità estrema di dialogo.
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Ci sono opere che raggiungono il loro scopo con immediatezza e semplicità, altre che hanno bisogno di tempo e perseveranza. Il film in questione appartiene alla seconda categoria. Due ore abbondanti (strabordanti) di cui si percepisce pienamente il lento trascorrere ed è proprio il fatto di sentirlo quel tempo che procede come un adagio, piano a volte pianissimo a rendere lo spettatore partecipe della cronotopia che guida la pellicola dall'inizio alla fine.
E' un film sui rapporti irrisolti e sul sogno di riconciliazione, appunto in una dimensione qual'è quella che vediamo nel finale, dove è possibile che i piani temporali, noi stessi nelle nostre diverse età, il passato e presente si incontrino e trovino una possibilità estrema di dialogo. Bellissima, al termine di un estenuante succedersi di eventi giustapposti, la lunga sequenza sulla battigia, con le orme lasciate sulla sabbia umida, il segno del passaggio. Scena che mi ha ricordato il fondamentale epilogo de La dolce vita di Fellini, nel rumore del vento e delle onde, le voci che si confondono col fragore del mare, qui sostituito da un coro.
Come spesso accade, i migliori attori sono i bambini, travolgenti, veri, sia nelle azioni che nell'aspetto. Sembra di sentire il profumo che può avere solo la pelle del bambino dopo essere stato fuori a giocare, quelle macchie di terra ed erba sui vestiti, i capelli spettinati, il camminare ciondolando. E la voce del ragazzo che non può far altro che constatare che ciò che fa non gli piace e non l'accetta. Ciò che non è giusto non è ammissibile agli occhi di un bambino.
Se Kubrik nel suo 2001 Odissea etc faceva un percorso in avanti, qui gli eventi si sovrappongono, vengono messi a confronto, si intersecano e non può essere altrimenti visto che il regista ci porta immediatamente al di là dei nostri limiti, ci mostra ciò che non vediamo ma che è sempre presente. Perciò, una volta abbandonati i propri preconcetti, lo spettatore non si stupirà di veder la breve storia di un dinosauro, esplosioni e fuoriuscite magmatiche, antri dalle forme voluttuose, crateri, cascate, flutti sottomarini che si mescolano alla storia di una famiglia, di un padre ambizioso e vittima della sua ambizione, di una madre-santa, di tre ragazzini che volgiono capire, sperimentare, scoprire, sottrarsi alle imposizioni ingiustificate e irragionevoli.
Cosa lasciamo in eredità? Usando la retorica più spicciola ma piegandola in maniera mirabile alla miglior riuscita del film, quello che ci pùò salvare è l'amore, altrimenti la vita passerà come un lampo.
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[+] cronotopia
(di sergio marchetti)
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iosonoleggenda691
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mercoledì 25 maggio 2011
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indimenticabile
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Un film ricco di poesia e filosofia. Malick, con questo film, ci offre riflessioni sulla nostra società che cade a pezzi, su un dio sentito assente dall' uomo e sul modo di affrontare la vita.
Il lato tecnico è PERFETTO: dalla regia di Malick che ci regala delle inquadrature da brividi alla fotografia divina.
Bellissimo, da vedere e rivedere.
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angea
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mercoledì 25 maggio 2011
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una bellezza difficile
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Questo è un film sulla "banalità". La banalità della vita di un ragazzo che diventa un uomo e della sua famiglia, la banalità delle domande e delle risposte che lui, sua madre e suo padre si pongono. I piccoli diverbi personali, le piccole e grandi tragedie familiari, i piccoli odi e le piccole meschinità, le piccole bellezze della loro e della nostra vita.
Sì, il film è banale come è “banale” il nostro “esserci nel mondo”. E dunque una banalità che non è per nulla banale, ma è il fondamento del nostro stesso esistere.
Chi non si è mai posto queste domande:
Perché sono qui?
Da dove vengo?
Verso dove vado?
Perché esiste il male?
Queste domande “banali” sono i fondamenti e che hanno portato alla nascita di ogni filosofia e di ogni religione.
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Questo è un film sulla "banalità". La banalità della vita di un ragazzo che diventa un uomo e della sua famiglia, la banalità delle domande e delle risposte che lui, sua madre e suo padre si pongono. I piccoli diverbi personali, le piccole e grandi tragedie familiari, i piccoli odi e le piccole meschinità, le piccole bellezze della loro e della nostra vita.
Sì, il film è banale come è “banale” il nostro “esserci nel mondo”. E dunque una banalità che non è per nulla banale, ma è il fondamento del nostro stesso esistere.
Chi non si è mai posto queste domande:
Perché sono qui?
Da dove vengo?
Verso dove vado?
Perché esiste il male?
Queste domande “banali” sono i fondamenti e che hanno portato alla nascita di ogni filosofia e di ogni religione. Perché sono le domande che noi, creature situate in uno spazio e un tempo preciso, non possiamo a un certo punto della nostra vita evitare. Proprio noi che viviamo un tempo che è quello di un istante tra innumerevoli evi avanti e dietro di noi, noi che viviamo uno spazio che è un punto nell’immensità dell’universo.
Noi schiacciati e sgomenti “canne pensanti” davanti all’immensità infinite, noi in bilico tra la “via della natura” e “quella della grazia” (spirito geometrico e spirito di finezza secondo la definizione di Pascal).
E l’esposizione del film, in bilico tra Kubrick e lo “Specchio” di Tarkovskij, è un inno alla bellezza carica di sublime di questo mondo di trepidazione, dolore, mistero, luce, grazia che coinvolge l’uomo e tutte le creature..
Certo non è un film semplice, ma per apprezzarne la bellezza occorre prenderlo per ciò che è: abbandonare il concetto di successione logica o cronologica, lasciarsi trascinare dal vortice delle associazioni di idee secondo un processo analogico.
Immagini bellissime e salti temporali (dall’inizio del tempo ai dinosauri, all’alba dell’umanità alla fine dell’universo), lentezza della narrazione e sovrapposizione dei temi. E un prefinale sulla resurrezione dei morti in bilico tra cristianesimo, speranza umana e la possibilità di una “pace nel nulla” (gli uomini che si ritrovano sulla spiaggia al crepuscolo del giorno).
Un accenno infine alle scelte musicali: Solenni e magnifiche le musiche in particolare straordinare le “Barricate misteriose” di Couperin, il preludio e fuga BWV 853 di Bach e “lacrimosa” dal Requiem di Preisner.
Un film ispirato, sicuramente da vedere, pensare, sentire col cuore.
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hidalgo
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lunedì 30 maggio 2011
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il cinema e la poesia
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Il misterioso Terrence Malick (5 film in 38 anni) non è un regista che si preoccupa di "accontentare" il pubblico. E' bene tenerlo a mente prima di visionare un suo film. The tree of life è la sua opera (d'arte) più ambiziosa e sorprendente, nel bene e nel male. Un film difficile, toccante e profondo, che non piacerà a tutti e forse è anche giusto che sia così. Non perfetto, discutibile e dalla narrazione oggettivamente lenta, è sostenuto da una grazia e da una poesia che fanno passare i (pochi) difetti del film in secondo piano, ma sta allo spettatore coglierne l'essenza. Malick emoziona e commuove attraverso immagini e musiche meravigliose che valgono più di mille parole.
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Il misterioso Terrence Malick (5 film in 38 anni) non è un regista che si preoccupa di "accontentare" il pubblico. E' bene tenerlo a mente prima di visionare un suo film. The tree of life è la sua opera (d'arte) più ambiziosa e sorprendente, nel bene e nel male. Un film difficile, toccante e profondo, che non piacerà a tutti e forse è anche giusto che sia così. Non perfetto, discutibile e dalla narrazione oggettivamente lenta, è sostenuto da una grazia e da una poesia che fanno passare i (pochi) difetti del film in secondo piano, ma sta allo spettatore coglierne l'essenza. Malick emoziona e commuove attraverso immagini e musiche meravigliose che valgono più di mille parole. La creazione del mondo, a livello visivo, è un pezzo di cinema da consegnare alla storia. Il film ha come tema centrale il mistero della vita e della fede, con il piccolo Jack in conflitto con il padre - padrone Brad Pitt e il Padre Onnipotente, colpevoli entrambi di predicare bene e razzolare male. Dio è buono, ma fa morire i bambini. Papà ci ama, ma è severissimo e ci proibisce di fare determinate cose che lui invece fa. E' veramente buono Dio? E' veramente buono papà? La risposta è nell'amore e nel perdono, nell'accettare che il Signore ci dà e ci toglie. Un film che racconta di morte ma che è un inno alla vita. La scena finale, aperta a più interpretazioni, invade il cuore e l'anima dello spettatore, lasciandolo stordito a fissare i titoli di coda. Piaccia o no, è comunque un film che va visto; in un periodo (cinematografico) segnato da vampiri, maghetti e pirati, questa pellicola può riconciliarci con il cinema.
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[+] grazia e poesia
(di calamity jane)
[ - ] grazia e poesia
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cassanonat
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giovedì 9 giugno 2011
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questo albero manca di radici
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Lo ammetto, prima di pormi davanti al computer per recensire il film, ho dovuto prendermi un giorno di riflessione. Perchè in questo film qualcosa manca e comprenderlo in profondità è difficile.
Forse la presenza di Brad Pitt e Sean Penn mi ha traviato. Sapevo che non era un film leggero, ma qui si esagera.
Trama apparentemente normale: Texas, anni 50, il vecchio ufficiale di marina Brad Pitt, inserito nella realtà americana del periodo (case con giardino, famiglia che da fuori appare perfetta, ma dentro è marcia fino al midollo) riceve la notizia della morte del figlio diciannovenne. Questo è il punto di partenza per un continuo flashback che ripercorre l'adolescenza dei 3 figli, focalizzandosi soprattutto sul difficile rapporto del maggiore con il violento navy.
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Lo ammetto, prima di pormi davanti al computer per recensire il film, ho dovuto prendermi un giorno di riflessione. Perchè in questo film qualcosa manca e comprenderlo in profondità è difficile.
Forse la presenza di Brad Pitt e Sean Penn mi ha traviato. Sapevo che non era un film leggero, ma qui si esagera.
Trama apparentemente normale: Texas, anni 50, il vecchio ufficiale di marina Brad Pitt, inserito nella realtà americana del periodo (case con giardino, famiglia che da fuori appare perfetta, ma dentro è marcia fino al midollo) riceve la notizia della morte del figlio diciannovenne. Questo è il punto di partenza per un continuo flashback che ripercorre l'adolescenza dei 3 figli, focalizzandosi soprattutto sul difficile rapporto del maggiore con il violento navy.
Ciò che bisogna analizzare, e che più mi ha lasciato basito è il processo costruttivo del film. Inquadrature rapida, spesso da angolazioni particolare (molto amata la prospettiva da sotto il viso del protagonista) con rapidi cambi di inquadratura. Questo in qualche modo mi ha confuso, non permettendomi di comprendere precisamente la confusa trama, che tende a cambiare il protagonista dell'inquadratura, muovendosi confusamente dal flashback al presente della storia, senza far respirare lo spettatore.
Altra nota un po dolente sono i dialoghi. O per meglio dire i monologhi. Un misto tra fedeli preghiere e ricerca spirituale di un Dio che sembra sempre più evanescente, unita ad alcune punte di filosofia spicciola che sembrano messe lì a caso, con immagini random alla superquark .
Non ho proprio compreso perchè dalla storia, si passa senza preavviso a scenari galattici con buchi neri, meteore e zoom su disastri naturali (lava su tutti) che avvengono nei suddetti pianeti. Fino ad arrivare alla nascita della vita, con embrione annesso che si trasforma pian piano in scorazzanti dinosauri.
La scena avanguardistica, che strizza l'occhio ad ossa volanti di Kubrickiana memoria è proprio ciò che rende il film "debole". Un albero con le radici appassite insomma.
Qualcosa veramente non convince, i ritmi sono troppi rallentati e tendono a far perdere l'attenzione. Non è facile rappresentare sullo schermo il rapporto combattivo del figlio maggiore con un Dio "che non può essere che cattivo, se permette tanta cattiveria nel mondo", ma le evocative immagine non riescono a catturare i sensi.
Insomma un'occasione persa per Terrence Mallick, che avrebbe dovuto rappresentare una storia che lasci meno tempi alle riflessioni e ai monologhi e più allo sviluppo psicologico che fuoriesce nei rapporti interpersonali della famiglia e nel loro complicato rapporto di odio/amore con un'essenza distante, un Dio a cui bisogna essere fedeli anche se loro stessi non ci credono.
Benvenuti nei bigotti anni 50.
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