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La più grande storia della contemporaneità

I geek al potere: i nuovi pirati della Silicon Valley.
di Gabriele Niola

Justin Timberlake e Jesse Eisenberg in una scena del film The Social Network.
Jesse Eisenberg (Jesse Adam Eisenberg) Altri nomi: (Jesse Adam Eisenberg ) (41 anni) 5 ottobre 1983, New York City (New York - USA) - Bilancia. Interpreta Mark Zuckerberg nel film di David Fincher The Social Network.

lunedì 25 ottobre 2010 - News

Il film su Facebook. Niente di più istantaneo, semplice, commerciale e cinematograficamente svilente. L'abbiamo fatto in Italia e si chiamava Feisbum, aggregava diverse storie che di comune avevano ben poco e soprattutto non affrontava nemmeno uno dei temi inerenti agli sconvolgimenti portati nella società dai nuovi media.
L'esatto contrario di quello che ha fatto David Fincher, il quale non ha girato "un film su Facebook" ma si è posto l'obiettivo altissimo di raccontare la storia di chi ha messo in piedi uno dei colossi di maggiore successo dell'economia contemporanea, con lo scopo recondito di mostrare un'altra America ancora, quella moderna, della nuova finanza, della nuova imprenditoria e dei nuovi media. Un'America intravista unicamente con toni grotteschi e ironici nel cinema delle teen comedies.
Sono i geek al potere, un processo che almeno dagli anni '90, e a partire dalla Silicon Valley, sta progressivamente mutando i prodotti di cui fruiamo (cinema incluso, vedasi il profluvio di film fumettistici) e il modo in cui la tecnologia entra nella nostra vita e inevitabilmente la cambia. Si potrebbe dire che il compito scelto da Fincher è tra i più gravosi: raccontare, attraverso The Social Network, la più grande storia della contemporaneità, come l'emergere delle tecnologie digitali stia dando una forma diversa ai rapporti sociali.
Già in passato un film come I pirati della Silicon Valley aveva cominciato a raccontare quel mondo, ma troppo immaturo era il tema e troppo corti i tempi. Ora, a poco più di dieci anni di distanza, il rapporto tra creatori dei nuovi strumenti tecnologici e loro creature è pronto a fare da chiavistello per un racconto di più ampio respiro e di ancora maggior urgenza. Se il cinema è la forma d'arte che meglio intercetta e analizza il contemporaneo un film come The Social Network allora ne deve essere la quintessenza.

Il rapporto con il vero Mark Zuckerberg
Mark Zuckerberg, che a 23 anni è diventato miliardario con un'invenzione che forse non è proprio tutta farina del suo sacco (ma di quanti grandi inventori della storia si può dire lo stesso?), non ha solo fatto la sua fortuna personale, è anche diventato uno dei più importanti tasselli nel processo di mutamento del modo in cui stringiamo relazioni mediate da strumenti tecnologici. Di questo parla The Social Network, di come lo strumento che ha evangelizzato la socialità in rete ad un pubblico che in precedenza non credeva fosse possibile, sia nato da una persona con problemi di socialità e che è finito in una causa da milioni di dollari con quello che era il suo migliore amico.
La storia non è frutto di investigazioni dirette o di eccessiva finzione, è stata adattata da Aaron Sorkin dal libro di Ben Mezrich "Miliardari per caso - L'invenzione di Facebook: una storia di soldi, sesso, genio e tradimento". Libro non di finzione ma di cronaca, dal quale la figura del miliardario ragazzino non esce molto bene. Del resto è stato abbastanza chiaro che Zuckerberg stesso non abbia molto gradito il film quando ha dichiarato di non sentirsi rispecchiato per nulla da quanto aveva visto. Cosa alquanto prevedibile, i fatti sono arbitrari e la storia è palesemente romanzata per adattarsi ai ritmi e ai tempi di un film. Inoltre nello Zuckerberg di The Social Network, quello concepito da Aaron Sorkin e David Fincher, non c'è solo il vero Mark, ma tutto il mondo che lui rappresenta. Gli studenti universitari che con idee e competenze sgomitano per guadagnarsi un posto nella storia dell'informatica contemporanea, quello della giovane imprenditoria della rete, dei suoi meccanismi e delle sue leggi spietate che si consumano in aule di tribunale.
A suo tempo Steve Jobs fu molto più spietato e sportivo al tempo stesso. Dopo che I pirati della Silicon Valley era uscito nelle sale, nonostante il suo personaggio (interpretato da Noah Wyle) non facesse una bella figura, chiamò l'attore, lo vestì con il suo tradizionale maglione a collo alto e alla consueta presentazione dei prodotti Apple di quell'anno fece comparire lui per primo sul palco, con un ritorno d'immagine che schiacciò le polemiche sul film.

Nuovi autori e nuovi attori raccontano nuovi esseri umani
Se il film rispecchi realmente la realtà del mezzo o meno, se parli più dei fatti che hanno portato un ragazzo a fare miliardi rubando, imbrogliando e tradendo o di chi siano questi nuovi imprenditori, in Italia lo scopriremo dal 12 novembre. Intanto in patria l'accoglienza di critica e di pubblico è stata senza precedenti, tanto che si comincia a mormorare la parola Oscar...
All'ovazione della critica quasi interamente schierata a favore, ha fatto eco dopo poco un incasso da grandissimo blockbuster, di quelli che raramente accompagnano film dalle ambizioni intellettuali molto alte, anche in una cinematografia attenta al pubblico come quella hollywoodiana. Alla terza settimana sugli schermi americani il film si è praticamente ripagato i 50 milioni di dollari spesi per la produzione e questo senza contare gli incassi negli altri paesi.
Una consacrazione che è tale anche per il protagonista, Jesse Eisenberg, il quale come molti giovani attori della sua generazione è stato prescelto per incarnare un nuovo specifico umano sotto la direzione di un'altra generazione: quella dei registi cresciuti dagli anni '80. Autori come Greg Mottola, Judd Apatow, Edgar Wright e via dicendo hanno dato vita, attraverso attori come Micheal Cera, Jonah Hill, Jon Heder o lo stesso Eisenberg, a film che hanno preso in esame la grande contraddizione degli ultimi anni, ovvero come la grande quantità di informazioni a disposizione abbia generato ragazzi diversi, più consapevoli, a tratti più introspettivi e radicalmente differenti dagli adolescenti che popolavano i teen-movie della stagione d'oro (gli anni '80 ovviamente).
Mark Zuckerberg, nella sua complessità e nella sua vita immediatamente adulta, è solo un altro personaggio di questa galleria di giovani adulti (termine entrato in voga non a caso negli ultimi dieci anni ad opera del marketing più spietato), scollati dal resto della società, non identificabili in nessun ideale, nessun gruppo e nessun movimento che sia politico o ideologico. Semplicemente "persone". "Chi siete?" - "Esseri umani" rispondevano già nel 1970 i viaggiatori di Giorni e notti nella foresta di Satyajit Ray.

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