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Horror Frames: Stake Land e i film del dopo apocalisse

Jim Mickle fa sul serio senza rischiare di sfociare nel ridicolo.
di Rudy Salvagnini

In foto Nick Damici in una scena del film Stake Land di Jim Mickle.
Nick Damici . Interpreta Mister nel film di Jim Mickle Stake Land.

martedì 6 settembre 2011 - Approfondimenti

Il cinema ha spesso dipinto scenari apocalittici o post-apocalittici. C’è un intero sottogenere che può essere sbrigativamente definito come i film del dopo-bomba, dove si descrivono le conseguenze della distruzione della civiltà come la conosciamo a seguito di una guerra atomica, oppure più genericamente di qualche evento disastroso comunque collegato all’opera dell’uomo. Si va dai post-atomici all’italiana costruiti con pochi soldi dove le periferie degradate, i capannoni abbandonati e le discariche svolgono il compito di rappresentare le conseguenze dell’apocalisse - esempi presi a caso possono essere 1990 - I guerrieri del Bronx di Enzo G. Castellari e 2019 - Dopo la caduta di New York di Sergio Martino o quel più recente e curioso (ma fallimentare) connubio tra post-atomico, avventura e horror che è La regina degli uomini pesce ancora di Martino - sino ai kolossal come Waterworld di Kevin Reynolds con cui Kevin Costner si giocò buona parte del suo appeal di star e ai film pensoso-ammonitori come The Day After di Nicholas Meyer. Ci sono poi le conseguenze disastrose generate da virus - ne abbiamo un esempio anche recentemente con Contagion, ma è solo l’ultimo di una moltitudine - e quelle derivanti da innumerevoli altre cause (The Road è un caso recente).

Il cinema catastrofico fa storia a sé e riguarda solo perifericamente questo contesto: nel cinema catastrofico, la catastrofe è l’oggetto dell’attesa, mentre in quello post-apocalittico è la premessa dell’azione. Il cinema horror ha spesso utilizzato scenari apocalittici accoppiandoli con cause interamente appartenenti al genere. Gli stessi zombie di Romero sono in fondo gli agenti dell’apocalisse. Ma anche i vampiri - anche se magari tipi particolari di vampiri - sono stati utilizzati quali cause o effetto di catastrofi planetarie. Il romanzo Io sono leggenda di Richard Matheson, nelle sue varie incarnazioni cinematografiche, è l’esempio più noto.

Recentemente, i vampiri sono tornati a essere protagonisti di uno scenario post-catastrofico con Stake Land di Jim Mickle, forse sulla scia della fortunata ultima versione filmica del romanzo di Matheson, interpretata da Will Smith e premiata al botteghino. In Stake Land la catastrofe è già avvenuta prima dell’inizio e il film parte con la descrizione di un mondo devastato dall’invasione dei vampiri, con pochi esseri umani “normali” a fronteggiare un avvenire incerto e pericoloso. Le istituzioni sono collassate, i membri del governo fuggiti: il Paese non esiste più. Piccole, fragili oasi resistono, sorrette da comunità disilluse e stanche, unite solo dalla invincibile voglia di sopravvivere. Il rude ed efficientissimo Mister, laconico e carismatico cacciatore di succhiasangue, sa molte cose della lotta conto i vampiri e le insegna un po’ alla volta al giovane Martin, un giovane che ha visto frantumarsi tutte le sue certezze quando la sua famiglia è stata sterminata e lui si è salvato casualmente proprio grazie all’intervento di Mister. I due viaggiano insieme su una vecchia auto. La loro meta è New Eden, a nord, dove sperano di trovare una risposta a tutta la disperazione che vedono attorno a loro.

Scene di desolazione si accompagnano a improvvisi scoppi di violenza, assai efficaci e dirompenti. Come i film di Romero insegnano, la catastrofe causa anche il crollo dei valori e l’erompere dell’odio e del furore che il sottile diaframma della civiltà tiene a stento sotto controllo. Così non sono solo i vampiri la minaccia, ma anche la furia dei sopravvissuti che si rivolge contro i più deboli. L’episodio nel quale i due protagonisti incontrano quella che per qualche tempo diventa parte riluttante di un terzetto - una suora - è significativo a questo proposito. Jim Mickle - autore del per molti versi analogo Mulberry Street - dipinge un quadro sulfureo e desolante, ricco del pessimismo sulla natura umana che spesso alberga in questo genere di film. Nel farlo, non riesce a evitare qualche luogo comune, come nel tratteggio della comunità spietata che unisce nazismo, pseudoreligione e malvagità per sfruttare la catastrofe ai propri fini. Ma per lo più riesce a tenere insieme il racconto in modo funzionale e spesso mirabile, generando un’accettabile tensione senza perdere in credibilità. Nella gestione dei personaggi, Mickle si basa molto sugli stereotipi, ma li usa con saggezza: la coppia del pivello e dello scafato è più che sperimentata, ma funziona quasi sempre. La ricerca di un’impossibile normalità è il filo che unisce i vari personaggi e che, in tempi di crescente crisi economica, funge da stringente metafora per descrivere lo sconcerto e il desiderio di un ritorno agli antichi fasti che caratterizza il mondo occidentale.

Alcune immagini curiose sono disseminate per il film, come il Babbo Natale vampirizzato e notizie bizzarre sono affidate ai dialoghi: il Medio Oriente non c’è più, è diventato terra di vampiri e conseguentemente è finita anche la guerra per i marines che vi si trovavano. I vampiri sono del tipo mostruoso, non hanno nulla dell’alone romantico di Dracula o di quello molle e languido della saga di Twilight: sono difficili da uccidere, agili e selvaggi, crudeli e animaleschi, ricordano un po’ - graficamente e nel comportamento - quelli orientali della fantasmagorica serie di Mr. Vampire di Ricky Lau. In questo, sono un incrocio tra i vampiri e gli zombie veloci dell’ultima generazione. Il cast è ben immedesimato nei ruoli. Nick Damici - anche sceneggiatore del film, assieme a Mickle - è duro e ieratico al punto giusto nel ruolo di Mister, una sorta di Charles Bronson per i tempi dell’apocalisse: la sua è l’interpretazione che sorregge il film. Paolo Connor sostiene con affidabilità la parte del ragazzo, mentre Danielle Harris - una presenza costante nel genere horror (con ben quattro Halloween al suo attivo) - dipinge con vivacità la sua parte. Si rivede anche la veterana Kelly McGillis, un tempo giovane attrice protagonista di successo (Witness - Il testimone) e ora valida caratterista, capace di dare spessore al ruolo della suora alle prese con l’Apocalisse sulla Terra.
Stake Land è un horror che si prende sul serio e non diventa ridicolo per questo. Con le sue pecche e le sue scorciatoie drammatiche, è comunque una pellicola che si lascia vedere con interesse e non perde coerenza con il trascorrere dei minuti, concludendosi in modo adeguato, anche se in qualche modo tipico.

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