evilnightmare 90
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domenica 17 aprile 2011
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il grinta è jeff bridges
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Uno dei migliori film mai visti. I fratelli Coen ormai è assodato sono una garanzia. Già mi ero divertito con "Non è un paese per vecchi", ma con "Il Grinta" ho ritrovato un modo tutto nuovo di concepire il cinema. Senza troppi indulgi si può dire che il 50% del film è basato sulla figura di Jeff Bridges che, spostandosi semplicemente la benda da un'occhio all'altro, è riuscito a rendere un personaggio già interpretato alla perfezione da John Wayne, totalmente suo. Ho amato la riproduzione del "Nuovo" west, se così si può definire, messa in atto dai Coen. Da citare assolutamente l'interpretazione della piccola Hailee Stenfield che è riuscita a creare una perfetta sintonia con Jeff Bridges.
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Uno dei migliori film mai visti. I fratelli Coen ormai è assodato sono una garanzia. Già mi ero divertito con "Non è un paese per vecchi", ma con "Il Grinta" ho ritrovato un modo tutto nuovo di concepire il cinema. Senza troppi indulgi si può dire che il 50% del film è basato sulla figura di Jeff Bridges che, spostandosi semplicemente la benda da un'occhio all'altro, è riuscito a rendere un personaggio già interpretato alla perfezione da John Wayne, totalmente suo. Ho amato la riproduzione del "Nuovo" west, se così si può definire, messa in atto dai Coen. Da citare assolutamente l'interpretazione della piccola Hailee Stenfield che è riuscita a creare una perfetta sintonia con Jeff Bridges. Paradossalmente inutile la figura di Matt Damon che, nonostante apprezzi alcuni dei suoi lavori, è letteralmente invisibile. La sua figura è offuscato nel 90% delle scene dalla presenza della coppia Bridges -Stenfield. Comunque un gran bel film da vedere possibilmente in lingua originale, in quanto si può sentire il duro lavoro svolto dagli attori per imparare l'accento del sud.
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nicolas bilchi
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giovedì 7 aprile 2011
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il grinta.
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Joel ed Ethan Cohen sono ormai due garanzie del cinema contemporaneo, due registi di alto livello che conoscono il grande cinema del passato e lo rispettano, ma che vogliono anche mettersi in gioco e gareggiare con esso. D'altronde quale più alta forma di rispetto c'è che riconoscere ai capolavori d'un tempo il loro status e cercare di eguagliarli, se non di superarli? E' proprio ciò che succede con "Il Grinta", film attraverso cui i Cohen sfidano non solo la precedente opera di Henry Hathaway, ma tutto il cinema western in generale.
"Il Grinta" può essere analizzato con due diverse chiavi di lettura: quella che evidenzia il tema principale nella Storia (che è anche Storia del cinema) e quella che si concentra sul dramma umano dei tre protagonisti del film, il vecchio vicesceriffo Rooster Cogburn (Jeff Bridges), il texas ranger LeBouef (Matt Damon) e l'orfanella Mattie Ross, in cerca di vendetta dopo l'omicidio del padre.
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Joel ed Ethan Cohen sono ormai due garanzie del cinema contemporaneo, due registi di alto livello che conoscono il grande cinema del passato e lo rispettano, ma che vogliono anche mettersi in gioco e gareggiare con esso. D'altronde quale più alta forma di rispetto c'è che riconoscere ai capolavori d'un tempo il loro status e cercare di eguagliarli, se non di superarli? E' proprio ciò che succede con "Il Grinta", film attraverso cui i Cohen sfidano non solo la precedente opera di Henry Hathaway, ma tutto il cinema western in generale.
"Il Grinta" può essere analizzato con due diverse chiavi di lettura: quella che evidenzia il tema principale nella Storia (che è anche Storia del cinema) e quella che si concentra sul dramma umano dei tre protagonisti del film, il vecchio vicesceriffo Rooster Cogburn (Jeff Bridges), il texas ranger LeBouef (Matt Damon) e l'orfanella Mattie Ross, in cerca di vendetta dopo l'omicidio del padre. Per quanto riguarda la prima, i fratelli Cohen raccontano, come già avevano fatto in "Fratello dove sei?", un pezzo di storia d'America con un accenno nostalgico sul tempo che passa: facendo narrare la vicenda ad una Mattie Ross ormai adulta che rievoca ed osserva la grande avventura della sua vita, i due registi e lo spettatore assumono lo stesso punto di vista. Come in John Ford, il western è solo proiettato sullo schermo; chi guarda il film non vive il West, perchè non deve viverlo, ma lo osserva con il distacco che lo schermo cinematografico crea e partecipa della sua magia, di una magia di un'era che è ormai svanita. Gli ingredienti classici ci sono tutti: i paesaggi, le luci, i dialetti, le sparatorie, l'eroe solitario che si rimette in discussione per provare a sè stesso il proprio valore; Joel ed Ethan creano un western che, per sconfiggere i capolavori del passato, ne riprende le forme e le rielabora per mezzo di contenuti nuovi, a tratti ironici, ma sempre rispettosi della tradizione. La morte del Mito di Frontiera, la fine di un'epoca, è magnificamente simboleggiata dal finale, quando Mattie si reca al circo del Far West e la telecamera mostra immortali per sempre (ma ormai solo immagini) sui manifesti i volti di quegli indiani, di quei banditi, di quegli intrepidi paladini della giustizia che la ragazza ha conosciuto e nell'era dei quali ha vissuto. E malinconica e spiazzante, quasi tragica, è la frase di chiusura: il tempo ci sfugge.
Ma i Cohen sono talmente bravi da costruire il film su di un secondo binario, che è l'unica vicenda che intreccia le vite di tre personaggi e ci svela i loro lati più intimi e profondi con una umanità anch'essa propria dell'occhio di Ford per gli eroi del suo cinema: uomini, in quanto tali mai perfetti, rappresentati nella loro pura fisicità (che scivola a tratti in tendenze quasi iper-realistiche, più alla Sergio Leone) ma anche in quei sentimenti e predisposizioni d'animo semplici che danno loro dignità e gli fanno meritare il rispetto dello spettatore. Bridges è il vecchio lupo solitario, all'apparenza duro, ma che rimane colpito, e fors'anche un po' turbato, dall'energia e, appunto, dalla grinta che traspare dal carattero combattivo di Mattie Ross; si affeziona a lei, poco più di una bambina che le avversità della vita hanno reso anzitempo matura e violenta, fino al punto di condurla all'uccisione a sangue freddo di un essere umano del quale rimarrà eternamente ossessionata, e, insieme a LeBouef (il personaggio meno riuscito del film), riesce a compiere la sua vendetta.
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claudio30
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lunedì 4 aprile 2011
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un'opera minore
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Un film decisamente minore all'interno della produzione dei Fratelli Cohen. Non particolarmente divertente e un po' noioso, ha tutte le sembianze di un esercizio di stile mal riuscito e di cui forse non se ne sentiva il bisogno. Giustamente uscito a mani vuote dai premi Oscar, Il grinta soffre di una vena inventiva un po' stanca che non trova mai il colpo d'ala o un momento di grande cinema. La confezione, seppur impeccabile, non puo' di per se' rappresentare l'unico interesse di un film.
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davide_chiappetta
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domenica 3 aprile 2011
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remissivi e visionari
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“Il Grinta” dimostra come fratelli Coen siano due registi poliedrici. Questa volta decidono
di riportare al cinema il genere western, un po’ trascurato negli ultimi anni.
La sfida non è semplice: realizzare il remake del film del 1969 che consentì a John Wayne
di vincere l’unico Oscar di una gloriosa carriera cinematografica. Difficile fare un
confronto con la pellicola di Henry Hathaway: il contesto politico e sociale ed i mezzi
tecnici dopo 40 anni sono del tutto diversi. Di ottima qualità la fotografia di Roger
Deakins nonostante i colori lividi dell’ambientazione invernale. Incredibile la qualità
delle immagini realizzate durante le scene notturne, illuminate soltanto dal fuoco dei
falò.
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“Il Grinta” dimostra come fratelli Coen siano due registi poliedrici. Questa volta decidono
di riportare al cinema il genere western, un po’ trascurato negli ultimi anni.
La sfida non è semplice: realizzare il remake del film del 1969 che consentì a John Wayne
di vincere l’unico Oscar di una gloriosa carriera cinematografica. Difficile fare un
confronto con la pellicola di Henry Hathaway: il contesto politico e sociale ed i mezzi
tecnici dopo 40 anni sono del tutto diversi. Di ottima qualità la fotografia di Roger
Deakins nonostante i colori lividi dell’ambientazione invernale. Incredibile la qualità
delle immagini realizzate durante le scene notturne, illuminate soltanto dal fuoco dei
falò. Straordinaria da cult, infine, la scena della corsa del Grinta e della ragazzina
vista in soggettiva da quest'ultima che ormai delirante e in una soglia onirica che precede
la morte, veda sul far del tramonto, dal cavallo su sui si trova moribonda, i cadaveri dei
banditi per terra e il distacco visivo da quello spazio visivo che poco prima è stata la
contenitrice della sua breve avventura rocambolesca e pericolosa, per correre verso
l'ignoto che è anche forse la sua salvezza e il ritorno alla normalità (arrivare al più
presto possibile da un dottore che gli leva dal corpo il veleno mortale causato da un morso
di un serpente), qui si da libero sfogo artistico al direttore della fotografia britannico
Roger Deakins, con l’utilizzo di un blu molto scuro ed intenso, quasi irreale che accentua
il dramma del momento; preferireri credere che i Coen abbiano scritto la sceneggiatura in
funzione di questa sequenza, in sintonia con il tema del film che parla del distacco,
distacco dal padre, dall'adolescenza da un mondo rassicurante, per approdare nel mondo degli adulti.
La colonna sonora di Carter Burwell, malinconica e drammatica, aggiunge autenticità alla storia.
Qualche difetto: c'è poco dinamismo visto il genere, tutto appare un po’ troppo riflessivo, tanto che, ad esempio, durante il procedere a cavallo nei boschi con carrellate ad avanzare viene spesso in mente il capolavoro “Dead man” di Jim Jarmusch, e come quel film tra una sequenza e un altra appaiono barlumi di creatività e esplosioni di violenza;
Jeff Bridges non prende come modello John Wayne, evitando così ogni possibile paragone. Il
suo “Grinta” sembra il Drugo Lebowski invecchiato e ingrassato. Davvero sorprendente la
prova di Matt Damon nei panni LaBoeuf, il Texas Ranger che si diverte in questo ruolo.
Rimandato il giudizio su Josh Brolin , il suo contributo si limita ad un paio di scene. La
prova migliore è, tuttavia, quella di Hailee Steinfeld. La ragazzina è suo agio di fronte
alla mdp. Hailee ruba la scena mostrando tutta la forza di volontà, il carattere testardo
di Mattie, un’adolescente molto più matura della sua età.
In sintesi, “Il Grinta” è un film molto più che riuscito grazie alla remissività dei
fratelli Coen, capaci di lasciare a casa il loro atteggiamento irriverente e sarcastico, rimanendo sempre geniali e visionari, essendo consapevoli che era impossibile per loro sfornare un capolavoro originale da una sceneggiatura non originale.
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frank.frank
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sabato 2 aprile 2011
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la vera grinta è quella della bambina!!!
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Perchè continuiamo a distorcere i titoli dei film in fase i doppiaggio? "True grinta" - Vera grinta - è la grinta della bambina che fa l'impossibile per consegnare l'assassino alla giustiza. La vera grinta è quella sua, della bambina, come si denota dal titolo in originale!
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manu^^
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venerdì 1 aprile 2011
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poetico...
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mariangela sansone
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giovedì 24 marzo 2011
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il grinta: il western raccontato dai fratelli coen
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Se una donna si mette in testa qualcosa è difficile dissuaderla,soprattutto se si tratta di una donna dotata di una notevole dose di testardaggine e ferocemente assetata di vendetta; la donna in questione è una giovane quattordicenne, con gli occhi da cerbiatto impaurito e lunghe trecce alla Laura Ingalls, ostinata e decisa nel suo intento di consegnare alla giustizia l'uomo che ha ucciso suo padre. E' difficile dire di no a Mattie Ross, anche per un uomo come Rooster Cogburn, dallo sguardo reso liquido dall'alcool, ma ancora considerato il più spietato in circolazione, noto a tutti come Il Grinta. Il burbero Rooster,reso unico dalla recitazione di un convincente Jeff Bridges, e l' impertinente texas ranger La Boeuf, interpretato da un ottimo Matt Damon, si convincono ad aiutare Mattie, colpiti dal coraggio della piccola donna cresciuta in fretta.
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Se una donna si mette in testa qualcosa è difficile dissuaderla,soprattutto se si tratta di una donna dotata di una notevole dose di testardaggine e ferocemente assetata di vendetta; la donna in questione è una giovane quattordicenne, con gli occhi da cerbiatto impaurito e lunghe trecce alla Laura Ingalls, ostinata e decisa nel suo intento di consegnare alla giustizia l'uomo che ha ucciso suo padre. E' difficile dire di no a Mattie Ross, anche per un uomo come Rooster Cogburn, dallo sguardo reso liquido dall'alcool, ma ancora considerato il più spietato in circolazione, noto a tutti come Il Grinta. Il burbero Rooster,reso unico dalla recitazione di un convincente Jeff Bridges, e l' impertinente texas ranger La Boeuf, interpretato da un ottimo Matt Damon, si convincono ad aiutare Mattie, colpiti dal coraggio della piccola donna cresciuta in fretta.I tre partono per un viaggio che li condurrà attraverso un percorso di crescita interiore e di consapevolezza sulla caducità della vita, inseguendo il miraggio della vendetta, in nome dei principi di un'etica giusta per il polveroso west; chi sbaglia paga, perchè "si deve pagare per tutto in questo mondo, niente è gratuito, tranne la grazia di Dio". Il film è il remake di True Grit, di Henry Hathaway, western classico ma anomalo per gli anni in cui fu girato, a ridosso dei settanta, periodo degli spaghetti western di Sergio Leone e dei western crepuscolari. True Grit, del 1969, trasposizione cinematografica del libro "Un vero uomo per Mattie Ross",di Charles Portis, rimane unico nel suo genere, proprio perchè il protagonista, Reuben J. "Rooster" Cogburn, è ben lontano dallo stereotipo dell'eroe pistolero taciturno e belloccio di leoniana memoria, come "Il Buono" Clint Eastwood. Il Grinta è un vecchio imbolsito, ubriacone e sbruffone, guercio da un occhio, un antieroe interpretato, nel film del 1969, da John Wayne, che tornava al western ormai passati i sessant'anni, e che con questo ruolo ottenne l'unico Oscar della sua carriera.Il fascino dei cavalli lanciati al galoppo nelle sterminate praterie,le atmosfere polverose, le lunghe passaggiate a cavallo per gli angusti sentieri montani, tra i silenzi di uomini consumati dall'alcool e dalla ferocia di quel west selvaggio, dove vige la regola del più forte e si preferisce sparare piuttosto che parlare, hanno evidentemente affascinato le menti geniali di Joel ed Ethan Coen, che hanno confezionato un prodotto godibile e curato. I registi si confrontano con il remake di un film importante, come già avevano fatto in passato con Ladykillers, rifacimento de La signora omicidi di Alexander Mackendrick, riuscendo a caratterizzare il loro prodotto con l'inconfondibile impronta Coen, avvalendosi di una fotografia curata, dell'ottimo Roger Deakins, e delle musiche di Carter Burwell.Abbandonati i toni sarcastici della commedia nera, i fratelli Coen si affidano alla faccia sorniona di Jeff Bridges; se nel film di Hathaway tutto verteva sul viso del Duca, rugoso come una cartina geografica, rappresentativo di un certo cinema western, classico e nostalgico, ne Il Grinta firmato Coen, Jeff Bridges affascina il pubblico riproponendo a tratti il Dude-Drugo, hippie reduce degli anni sessanta, de Il grande Lebowski. Il Grinta è una lunga cavalcata nello spazio libero del territorio indiano dell'Arkansas sotto un cielo nero rischiarato dalla luce delle stelle alla riscoperta di un genere, il western, che mancava da tempo, forse troppo, sugli schermi cinematografici.
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alabama87
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venerdì 18 marzo 2011
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un film stanco e mediocre
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tipico degli ultimi film dei coen, un film pretenzioso, autoreferenziale, che vuole dire troppo e non riesce ad esprimere niente, che si perde nell'uso di metafore incomprensibili abbandonando la coerenza di una trama solida con la mera scusa di un' autorialità immeritata. i coen hanno avuto la fortuna di girare il grande lebowsky (ottimo film, come tutti i loro vecchi film), che ha regalato loro una schiera di assidui ''fanboys'' tra critica e pubblico, pronti ad esaltare ogni loro singolo film senza che questo ne abbia alcun merito. se i coen riprendessero una cacca per due ore (ovviamente con un budget di 200 milioni di dollari) tutti questi fanboys applaudirebbero al capolavoro.
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tipico degli ultimi film dei coen, un film pretenzioso, autoreferenziale, che vuole dire troppo e non riesce ad esprimere niente, che si perde nell'uso di metafore incomprensibili abbandonando la coerenza di una trama solida con la mera scusa di un' autorialità immeritata. i coen hanno avuto la fortuna di girare il grande lebowsky (ottimo film, come tutti i loro vecchi film), che ha regalato loro una schiera di assidui ''fanboys'' tra critica e pubblico, pronti ad esaltare ogni loro singolo film senza che questo ne abbia alcun merito. se i coen riprendessero una cacca per due ore (ovviamente con un budget di 200 milioni di dollari) tutti questi fanboys applaudirebbero al capolavoro.
e così si finisce a fare apprezzamenti sulla fotografia, perchè effettivamente c'è poco altro da dire.. e anche sulla fotografia poi si esagera, perchè quel cielo notturno ricreato al computer nel finale è francamente inguardabile (nonchè immotivato, un cielo naturale è un miliardo di volte più bello ed evocativo), così come il fumo dei treni ricreato in digitale, e altri dettagli tanto inutili quanto irritanti se ci si fa caso.
sul film in se invece c'è poco da dire. non presenta alcuna innovazione del genere western, ma è anzi un grandissimo passo indietro, dopo che costner, eastwood, raimi (e anche ''rango'' e ''appaloosa'' di recente) avevano portato il genere piu classico d'america verso nuovi e inesplorati orizzonti.
se non fosse un remake sarebbe una bella operazione nostalgica, così non è altro che un filmetto. godibile percarità, ma che non lascia assolutamente nulla.
i coen dovrebbero mettersi in testa che non sono tarantino. non sono degni neppure di leccargli le unghie dei piedi, visti gli obrobri dei loro ultimi film.
do al film il voto piu basso possibile benchè di per se sia un film sufficiente, solo per abbassare la media altissima che ha su questo sito.
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[+] non temere...
(di lady libro)
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batiza
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giovedì 17 marzo 2011
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un bel film
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sinceramente mi aspettavo di più dalla vena geniale dei Coen.
A mio modo di vedere rispecchia più un western ormai al crepuscolo e ancora odorante di selvaggio e violenza gratuita anche quando lavora per la giustizia un film come "Gli spietati" di Eastwood del 1992 o "Appaloosa" di Harris del 2008.
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marvelman
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martedì 15 marzo 2011
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povero jeff bridges
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Probabilmente questo film è anche più brutto di Tron Legacy...
[+] mistero
(di lady libro)
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