pepito1948
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giovedì 24 febbraio 2011
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il regista a due teste ed i suoi depistaggi
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IL GRINTA dei fratelli Cohen
Dopo 42 anni da Il Grinta di Henry Hathaway con il mitico John Wayne, arriva nelle nostre sale l’ultima fatica dei fratelli Cohen, con lo stesso titolo e tratto dallo stesso romanzo. Il “regista con due teste”, come qualcuno li ha chiamati, in una recente intervista respinge la connotazione di “remake” del film con Wayne, ed afferma di non aver voluto girare un western alla John Ford ma di essersi ispirato direttamente alla storia del romanzo di Portis .
C’è sicuramente molto western nel nuovo Grinta dei Cohen, almeno quanto a cornice, ambientazione, moventi, paesaggi, personaggi fissi, duelli.
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IL GRINTA dei fratelli Cohen
Dopo 42 anni da Il Grinta di Henry Hathaway con il mitico John Wayne, arriva nelle nostre sale l’ultima fatica dei fratelli Cohen, con lo stesso titolo e tratto dallo stesso romanzo. Il “regista con due teste”, come qualcuno li ha chiamati, in una recente intervista respinge la connotazione di “remake” del film con Wayne, ed afferma di non aver voluto girare un western alla John Ford ma di essersi ispirato direttamente alla storia del romanzo di Portis .
C’è sicuramente molto western nel nuovo Grinta dei Cohen, almeno quanto a cornice, ambientazione, moventi, paesaggi, personaggi fissi, duelli. Analizziamo meglio. Nel western classico in linea generale tutto nasce dalla Vendetta, che è il motore propulsivo e motivazionale della vicenda che tende alla punizione del colpevole ed a cui i personaggi sono legati, come perseguitori o resistenti. La lotta tra queste due categorie di “attori” genera conflitto, e, visti gli strumenti usati per risolverlo, il prezzo è la soccombenza dei meno forti o dei perdenti. La legge impera e quindi gli schieramenti sono conseguenziali al suo rispetto o alla sua violazione; sceriffi e banditi, cacciatori e prede, inseguitori ed inseguiti, oltre ad una folla di spettatori che assistono passivamente o si trovano coinvolti nelle gesta degli uni e degli altri. La pistola o il fucile sono i mezzi sbrigativi di persuasione o di resistenza, in un mondo in cui il dialogo e la dialettica hanno scarsa presa sui contendenti. L’ambiente è quello dei villaggi polverosi e sperduti tra vaste distese selvagge dell’America di fine ‘800. L’epopea del lontano Ovest è essenzialmente uomocentrica, la presenza femminile è irrilevante o funzionale alle imprese degli uomini. I massimi rappresentanti delle due fazioni (pro o contro la legge) sono ben delineati, e chi prevale nello scontro finale trionfa e sopravvive.
Naturalmente dai Cohen non ci si aspetta che i fondamentali del genere classico siano rispettati. Tutt’altro; i nostri sono abili manipolatori dei generi storicamente codificati, e ne cambiano le regole spiazzando continuamente lo spettatore. Sicchè, mentre Non è un Paese per vecchi è nella sostanza un western ambientato in una cittadina americana ai giorni nostri, il nostro Grinta è una storia di uomini e donne coinvolti in un unico disegno e delle loro interazioni, di valori, di incontri e scontri, che vengono innestati in una cornice da Far West con i suoi tipici ingredienti come impiccati, sparatorie, speroni, cavalcate, ecc.
Dunque, prima variante: il film inizia e finisce, in un’ottica di circolarità narrativa, con una donna, che è la vera protagonista, colei che avvia il progetto di vendetta predisponendo le condizioni migliori per darvi attuazione. E’ lei che, appena 14enne, per sistemare preliminarmente alcune questioni in sospeso, contratta alla pari con un un furbacchione che aveva fatto affari con il padre, con cui ingaggia un lungo duello a distanza ravvicinata e verbale di mosse e contromosse, in cui si dimostra all’altezza dell’interlocutore nel conquistare il massimo vantaggio possibile (qui forse s’intravede una sottile autoironia dei registi nel ricordare la propria origine ebraica). E’ lei che assolda il vendicatore, si allea ad un Ranger federale interessato alla stessa preda, accompagna i due uomini di legge fino alla resa dei conti, che ricompare dopo anni per rivivere il ricordo di quella vicenda davanti a ciò che resta del suo salvatore.
Il vendicatore prescelto è un attempato sceriffo orbo di un occhio, appesantito dagli anni e dall’alcool, sepolto sotto i panni corposi ed ingombranti che affievoliscano il senso di freddo, indurito da una vita spigolosa e sempre attratto dall’odore dei soldi, ma ancora sensibile alle richieste di giustizia, oltre che ammantato dalla fama di grande pistolero. Cogburn è recalcitrante, burbero, poi conciliante ed infine accondiscende al progetto di una ragazzina che ha dimostrato di essere ai suoi occhi un “vero uomo”. Non è l’uomo tutto d’un pezzo con il fazzoletto rosso al collo di John Wayne, ma l’anziano sceriffo che ha perso per strada qualche pezzo e la sicurezza giovanile, conservando tuttavia i tratti valoriali della scelta di campo a suo tempo effettuata e mantenuta.
L’assassino ricercato verso cui converge la ricerca e l’attenzione di noi spettatori, è in realtà un imbecille che , grazie ad un incontro casuale, presto esce di scena. Inaspettatamente la preda cambia volto ed il duello finale si trasforma in singolar tenzone dove i contendenti, pistole in resta, si lanciano al galoppo sfidandosi all’ultimo sangue.
Tutto si svolge in Arkansas –che è ad Est, non ad Ovest- in ambientazioni fredde, nevose, in distese che non hanno nulla a che vedere con i territori desertici e piatti contrassegnati da cactus e torri rocciose a picco, tipici scenari in cui si muovevano i “cow boys” tradizionali.
Pertanto i continui depistaggi , i personaggi fuori schema, i movimenti imprevedibili delle pedine in campo rendono costantemente viva l’attenzione verso una vicenda in cui ha poco spazio l’azione e prevale il dialogo, la dinamica tra i tre partecipanti alla caccia, fatta di alleanze, separazioni, scontri, solidarietà. Un film che svela citazioni importanti (mi vengono in mente Uomini e cobra o un certo Spielberg ossessionato dalla presenza minacciosa dei serpenti), accuratissimo, come sempre, nella confezione e preziosità delle immagini: memorabile l’affannosa corsa notturna sul cavallo nero il cui sudore brilla nel vago chiarore della sabbia illuminata dal cielo stellato.
Jeff Bridges, molto maturato negli ultimi anni, ritorna nel circo Cohen con un’interpretazione di alto spessore ed intelligentemente contenuta (in un ruolo che, visto il personaggio, si presterebbe facilmente ad eccessi istrionici), mentre Matt Damon, trasformato dal truccatore da Big Jim, come qualcuno l’ha definito, ad uomo del West, mi sembra fuori parte:ma forse questo rientra nelle depistanti atipicità che i fratelli registi tanto amano.
Resta l’impressione comunque che il nuovo Grinta non raggiunga la vetta artistica di altri film dei Cohen e, quanto alle numerose candidature agli Oscar, non credo regga il confronto con il diretto concorrente: Il discorso del Re e Colin Firth sono ben altra cosa, anche se dai Signori di Hollywood c’è da aspettarsi di tutto.
CLAUDIO
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monnnyticia
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giovedì 24 febbraio 2011
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grintosissimo
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Il Grinta è davvero un ottimo film, Jeff Bridges sicuramente è il miglior attore del cast senza dimenticare Matt Damon..
Uno dei pochi film che merita il prezzo del biglietto al cinema =)
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spike
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mercoledì 23 febbraio 2011
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la lontana frontiera dei coen
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Nell'ultimo film dei fratelli Coen alla fine arrivava una tempesta, cosa dovevano aspettarsi gli Stati Uniti dal futuro? Dopo il buio dell'era Bush cosa avrebbero trovato gli americani? Il grinta sembra voler fare un auspicio, dare una speranza... Ottimi interpreti 8la ragazzina in particolare), buona la regia, ottima la sceneggiatura e la fotografia. Come ogni film dei Coen si presta ad una seconda visione per la complessità e molteplicità dei sottotesti. Non mi stupirebbe se facesse incetta di Oscar. Per gli amanti dei Coen un film imprescindibile.
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olinad
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mercoledì 23 febbraio 2011
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un western secondo i coen
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Sicuramente a mio parere è meglio dell'originale.
Film spolverato della classica retorica ...elegiaca ...romantica patina dei westerns anni '60 americani.Asciutto nei dialoghi con botte e risposte piacevoli e secche.
La sceneggiatura è tipica e originale dei Coen...spoglia ...dilatata...lunare a volte spettrale.
I Coen riescono a far plasmare dei personaggi che rispecchiano il modo di vivere in quel contesto che puo' sembrare nei comportamenti cinico...spietato...vendicativo specialmente nel comportamento della ragazza... ma realistico della frontiera americana dell'epoca.
Tutto è regolato dal denaro e dalle pallottole.
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Sicuramente a mio parere è meglio dell'originale.
Film spolverato della classica retorica ...elegiaca ...romantica patina dei westerns anni '60 americani.Asciutto nei dialoghi con botte e risposte piacevoli e secche.
La sceneggiatura è tipica e originale dei Coen...spoglia ...dilatata...lunare a volte spettrale.
I Coen riescono a far plasmare dei personaggi che rispecchiano il modo di vivere in quel contesto che puo' sembrare nei comportamenti cinico...spietato...vendicativo specialmente nel comportamento della ragazza... ma realistico della frontiera americana dell'epoca.
Tutto è regolato dal denaro e dalle pallottole...ma tutto finalizzato ad un senso di giustizia che ha sempre caratterizzato e reso forte l'ideale americano.
Interpretazioni piu' che convincenti della giovane Steinfeld e specialmente di Bridge che conferma il grande talento dimostrato in altri films di Coen.Zoppica un po' Dammon forse un po' a meno agio in una parte non proprio ritagliata per lui.
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giuliacanova
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mercoledì 23 febbraio 2011
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western ma non troppo
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Questo è un film candidadto a 10 premi Oscar e sicuramente qualcuno sarà suo. E' un film formalmente perfetto, una sceneggiatura granitica, la tredicenne che interpreta Mattie Ross capace di tenere testa ad attori del calibro di Jeff Bridges. La storia è quella nota del romanzo da cui era già stato tratto il film con l'interpretazione di John Wayne che gli valse l'Oscar, e i fratelli Coen firmano una regia che conserva tutta la classicità del genere Western ma che dissemina per tutto il film le metafore che riguardano il presente.
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Questo è un film candidadto a 10 premi Oscar e sicuramente qualcuno sarà suo. E' un film formalmente perfetto, una sceneggiatura granitica, la tredicenne che interpreta Mattie Ross capace di tenere testa ad attori del calibro di Jeff Bridges. La storia è quella nota del romanzo da cui era già stato tratto il film con l'interpretazione di John Wayne che gli valse l'Oscar, e i fratelli Coen firmano una regia che conserva tutta la classicità del genere Western ma che dissemina per tutto il film le metafore che riguardano il presente. E' un film certamente godibile al di là che piaccia o no il genere, ma non ritengo che sia tra i più meritevoli per l'Oscar come miglior film tra quelli in concorso, nonostante l'eccelsa fattura è un film che non mi ha coinvolta, mi sono sentita sempre dentro il film e non dentro la storia, e questo denota che il film non appassiona. Quattro stelle per la bella confezione, ma tre per il coinvolgimento dello spettatore.
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[+] ottimo pronostico
(di arcad)
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robert
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martedì 22 febbraio 2011
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???
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E' da un po' che noto un sistematico uso -a prescindere-da parte dei visitatori dei forum, del "totalizzatore" rosso dei dissensi nei confronti di tutti (ma proprio tutti,positivi o negativi che siano) i commenti e le recensioni che gentilmente e liberamente vengono postati e messi a disposizione di tutti dagli utenti del forum appassionati di cinema.Sono ben consapevole del fatto che le opinioni e i gusti siano moolto mooolto soggettivi;ma non comprendo come mai le percentuali di dissensi superino sempre quelle dei consensi,a prescindere-ripeto-dall'opinone espressa,positiva o negativa che sia nei riguardi del film analizzato.Capisco il diritto di critica,ma mi chiedo: possibile mai che non ci siano commenti in grado di suscitare il consenso della maggioranza
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E' da un po' che noto un sistematico uso -a prescindere-da parte dei visitatori dei forum, del "totalizzatore" rosso dei dissensi nei confronti di tutti (ma proprio tutti,positivi o negativi che siano) i commenti e le recensioni che gentilmente e liberamente vengono postati e messi a disposizione di tutti dagli utenti del forum appassionati di cinema.Sono ben consapevole del fatto che le opinioni e i gusti siano moolto mooolto soggettivi;ma non comprendo come mai le percentuali di dissensi superino sempre quelle dei consensi,a prescindere-ripeto-dall'opinone espressa,positiva o negativa che sia nei riguardi del film analizzato.Capisco il diritto di critica,ma mi chiedo: possibile mai che non ci siano commenti in grado di suscitare il consenso della maggioranza degli utenti,come avveniva più facilmente in passato? Ci sono ancora in Italia due persone almeno che la pensino allo stesso modo? O il feedback è così frammentato da replicare anche nei gusti cinematografici la litigiosità e la più completa disunità e contrapposizione di idee che già affliggono la vita civile,sociale e politica del nostro Paese?Ricordiamoci tutti che la funzione del forum è quella di essere una palestra di idee,non il quadrato di un ring! Voglio sperare veramente che si tratti del solito idiota sport dell' "andare contro tutto e tutti comunque",ma anche in questo caso, come scherzo, ha decisamente stancato!! Chi come me ha memoria della bagarre che si scatenò su queste pagine web all'uscita di "Gran Torino" di Eastwood,sa di che cosa parlo e di che cosa farei volentieri a meno! Salute a tutti
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daneel69
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martedì 22 febbraio 2011
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merita di essere visto al cinema. bello
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Bel film. Cattura l'attenzione dal primo minuto fino alla fine. Dialoghi strepitosi (per me molto importanti nel valutare un film es: V per vendetta) e bellissima fotografia.
Al cinema il film è bellissimo, non illudetevi di ottenere le stesse emozioni con il vostro bel home theatre e 45 pollici lcd :-)
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giacomogabrielli
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lunedì 21 febbraio 2011
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d'altri tempi! ****
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Grazie a questo grandissimo film diretto magistralmente, facciamo un tuffo nel passato, soprattutto nel buon cinema di qualche anno fa. Non parlo del Grinta originale -film modestissimo- ma di quei bei lavori, impegnati e ben confezionati che si facevano una volta, anche solo fino agli anni 80. Un film curato con amore nei minimi dettagli grazie anche alla fotografia di Roger Deakins, che secondo me merita l'Oscar 2011. Qui il tratto coeniano si nota meno che in altri loro film, ma il tutto è comunque ben calcolato e perfettamente impostato. Un grande classico perfetto in tutto; sembra scontato ma non lo è: dopotutto siamo nel 2011. Le immagini sviluppate in 4K svelano bellissimi dettagli, luci intense ed interpretazioni sublimi.
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Grazie a questo grandissimo film diretto magistralmente, facciamo un tuffo nel passato, soprattutto nel buon cinema di qualche anno fa. Non parlo del Grinta originale -film modestissimo- ma di quei bei lavori, impegnati e ben confezionati che si facevano una volta, anche solo fino agli anni 80. Un film curato con amore nei minimi dettagli grazie anche alla fotografia di Roger Deakins, che secondo me merita l'Oscar 2011. Qui il tratto coeniano si nota meno che in altri loro film, ma il tutto è comunque ben calcolato e perfettamente impostato. Un grande classico perfetto in tutto; sembra scontato ma non lo è: dopotutto siamo nel 2011. Le immagini sviluppate in 4K svelano bellissimi dettagli, luci intense ed interpretazioni sublimi. Anche se prodotto da Steven Spielberg, non trasuda tratti da "mega-blockbuster": è un film che concilia molto bene una certa autorialità con le caratteristiche e la leggerezza di un film per il pubblico più vasto. Un ottimo prodotto che spero riporterà in voga un genere che era stato abbandonato e ucciso da pochi e mediocri prodotti e che grazie alla maestria di questi grandi cineasti è risorto nel migliore dei modi. D'ALTRI TEMPI! ****
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livingrloving
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lunedì 21 febbraio 2011
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gran bel film
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mi è piaciuto questo film dei fratelli coen che ultimamente pensavo avessero un po' calato le loro straordinarie prestazioni cinematografiche (si sa con meno aspettative riesci ad apprezzare moolto meglio)
il film è una bella storia western (decisamente non il mio genere preferito) che mi ha ricordato un po' Leon di Luc Besson in versione western..
gli elementi comuni sono molti: una ragazzina che sembra molto piu grande dell'eta che ha ingaggia uno sceriffo (nel caso di Leon un sicario) per vendicarsi dell'assassinio del padre.
anche qui come in leon la cosa che piu mi ha colpito è il rapporto tra i due, tra una bambina diventata adulta per necessita e sofferenza e un uomo con lacune emotive notevoli e alcolizzato, un amore platonico e molto dolce.
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mi è piaciuto questo film dei fratelli coen che ultimamente pensavo avessero un po' calato le loro straordinarie prestazioni cinematografiche (si sa con meno aspettative riesci ad apprezzare moolto meglio)
il film è una bella storia western (decisamente non il mio genere preferito) che mi ha ricordato un po' Leon di Luc Besson in versione western..
gli elementi comuni sono molti: una ragazzina che sembra molto piu grande dell'eta che ha ingaggia uno sceriffo (nel caso di Leon un sicario) per vendicarsi dell'assassinio del padre.
anche qui come in leon la cosa che piu mi ha colpito è il rapporto tra i due, tra una bambina diventata adulta per necessita e sofferenza e un uomo con lacune emotive notevoli e alcolizzato, un amore platonico e molto dolce.
inoltre c'è meno amarezza rispetto ai passati loro film, il ridicolo si (matt damon azzeccatissimo nel texas ranger), insomma è leggero e spensierato.
hailee steinfeld bravissima e jeff bridges stupendo anche se il grande lebowski e il grande lebowski...
insomma andate a vedere questo bel film, non un capolavoro, ma molto piacevole
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mario scafidi
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lunedì 21 febbraio 2011
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consigliato anche ai non amanti del genere
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Solitamente amo poco il genere Western. Eccezion fatta per i grandi classici (Mezzogiorno di fuoco, Gli Spietati), io con i film di cowboy e sceriffi col catarro mi addormento. Il Grinta mi ha, invece, letteralmente catturato: merito di una sceneggiatura che è un'opera d'arte e delle interpretazioni più che convincenti di tutto il cast artistico. Regia e fotografia d'eccellenza.
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