hollyver07
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domenica 20 febbraio 2011
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marv89
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Intanto grazie per la cortese replica. In merito alla recitazione è formalmente corretto ed evidente che entrambi resteremo "ancorati" sulle rispettive opinioni, giusto così! Faccio solo una precisazione, nel mio scritto non presumevo intenzionalmente tu volessi affermare che il film fosse un potenziale impulso per la rinascita del Western, bensì, essendo a mio avviso un film avulso rispetto alla filosofia del west hollywoodiano (ma anche ragù e spaghetti vari) proprio per sbilanciarmi nel giudizio, al massimo lo interpreto come "sub-genere" potrebbe quindi fare storia a se...!
Ah! Quasi dimenticavo, Il riferimento a "tombstone" non era li per rinforzare la mia opinione, l'ho inserito solo per ampliare il giuco lessicale dato dai titoli dei film.
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Intanto grazie per la cortese replica. In merito alla recitazione è formalmente corretto ed evidente che entrambi resteremo "ancorati" sulle rispettive opinioni, giusto così! Faccio solo una precisazione, nel mio scritto non presumevo intenzionalmente tu volessi affermare che il film fosse un potenziale impulso per la rinascita del Western, bensì, essendo a mio avviso un film avulso rispetto alla filosofia del west hollywoodiano (ma anche ragù e spaghetti vari) proprio per sbilanciarmi nel giudizio, al massimo lo interpreto come "sub-genere" potrebbe quindi fare storia a se...!
Ah! Quasi dimenticavo, Il riferimento a "tombstone" non era li per rinforzare la mia opinione, l'ho inserito solo per ampliare il giuco lessicale dato dai titoli dei film. Di nuovo saluti
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paraclitus
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domenica 20 febbraio 2011
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filmettino
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Bah...bah...proprio una cosina miserella. Jeff Bridges poi è solo un onesto figurante e i registi non lo aiutano certo relegandolo in un ruolo che è doppiamente da caratterista dato che il film è un remake, quindi manieristico per costruzione e per di più smaccatamente commerciale (anche se secondo me almeno in Italia di soldi non ne farà moltissimi).
Prevale la logica del mercato, come è anche ovvio e la maggior parte del pubblico pagante è costituito da gente che non ha tanta voglia di stare lì a pensare.
Il cinema ormai si rivolge solo alla fetta più larga di pubblico, quella di bocca buona che cerca solo lo svago serale, quella che vuole solo sognare un pò; e allora non ci resta che aspettare l'eccezione o magari qualche film indipendente di un regista che se poi avrà successo sarà subito arruolato dalla grande industria dello spettacolo e comincerà anche lui a fare filmastri noiosi e ripetitivi.
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Bah...bah...proprio una cosina miserella. Jeff Bridges poi è solo un onesto figurante e i registi non lo aiutano certo relegandolo in un ruolo che è doppiamente da caratterista dato che il film è un remake, quindi manieristico per costruzione e per di più smaccatamente commerciale (anche se secondo me almeno in Italia di soldi non ne farà moltissimi).
Prevale la logica del mercato, come è anche ovvio e la maggior parte del pubblico pagante è costituito da gente che non ha tanta voglia di stare lì a pensare.
Il cinema ormai si rivolge solo alla fetta più larga di pubblico, quella di bocca buona che cerca solo lo svago serale, quella che vuole solo sognare un pò; e allora non ci resta che aspettare l'eccezione o magari qualche film indipendente di un regista che se poi avrà successo sarà subito arruolato dalla grande industria dello spettacolo e comincerà anche lui a fare filmastri noiosi e ripetitivi.
O remake del kaiser come questo.
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marv89
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domenica 20 febbraio 2011
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@hollyver07
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Riguardo alle interpretazioni ti dico: Briedges recita come deve recitare, non sbaglia una virgola è il suo personaggio che deve essere così, il libro lo vuole così....la Steinfeld (calcoliamo che è al suo primo film) è tosta, è veramente un portento, ragazzi è un classe 1996 che tiene testa a attori del calibro di Briedges e Damon, poi oscar canta...per quanto riguarda il rinverdire il western mi hai preso troppo sulla parola...non intendevo dire che il film è talmente grandioso da far rinascere un filone culturale, ma che il suo successo unito a riconoscimenti eventuali potrà avviare un sottospecie di riscoperta graduale di un genere che è stato quasi lasciato nel dimenticatoio.
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Riguardo alle interpretazioni ti dico: Briedges recita come deve recitare, non sbaglia una virgola è il suo personaggio che deve essere così, il libro lo vuole così....la Steinfeld (calcoliamo che è al suo primo film) è tosta, è veramente un portento, ragazzi è un classe 1996 che tiene testa a attori del calibro di Briedges e Damon, poi oscar canta...per quanto riguarda il rinverdire il western mi hai preso troppo sulla parola...non intendevo dire che il film è talmente grandioso da far rinascere un filone culturale, ma che il suo successo unito a riconoscimenti eventuali potrà avviare un sottospecie di riscoperta graduale di un genere che è stato quasi lasciato nel dimenticatoio...tutto qui
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hollyver07
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domenica 20 febbraio 2011
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interessante...
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. marv89 - Perdona l'intrusione ed il "tu", inoltre riscrivo questo commento in esterno perchè non ho ricevuto il feed-back dal sito.
In merito al tuo commento su "Il grinta", mi è garbata la tua disamina del film, è davvero interessante ed offre un ulteriore punto di vista e la possibilità di valide riflessioni sulla pellicola. Altresì, se mi consenti, non concordo molto sulle prove recitative degli attori in questione. Jeff Bridges (per quanto formalmente e qualitivamente all'altezza del ruolo) mi è parso un pò "gigionesco", chissà... forse era troppo preoccupato di assecondare le "attese stilistiche" dei Coen.
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. marv89 - Perdona l'intrusione ed il "tu", inoltre riscrivo questo commento in esterno perchè non ho ricevuto il feed-back dal sito.
In merito al tuo commento su "Il grinta", mi è garbata la tua disamina del film, è davvero interessante ed offre un ulteriore punto di vista e la possibilità di valide riflessioni sulla pellicola. Altresì, se mi consenti, non concordo molto sulle prove recitative degli attori in questione. Jeff Bridges (per quanto formalmente e qualitivamente all'altezza del ruolo) mi è parso un pò "gigionesco", chissà... forse era troppo preoccupato di assecondare le "attese stilistiche" dei Coen. Di Hailee Steinfeld hai scritto che (al pari di Bridges) è stata grandiosa; perdona il quesito ma... in cosa...? Vero è che lei abbia retto bene la scena al cospetto di cotante "star" (Bridges, Damon, Brolin, Pepper) peraltro non mi sono apparse così luminose. Ma in cosa Hailee è davvero stata grandiosa? francamente mi è sembrata brava ma non avvincente nella sua perfomance. In definitiva, per quanto concerne il film, si tratta di una bella realizzazione cinematografica ben distanziata dall'originale "filosofia" Western anche se, a mio avviso, assolutamente non idonea a rinverdire, o reinventare, un genere che quasi sicuramente vivrà solo di remake più o meno riusciti.
P.S. -
....C'era una volta il west...diceva Leone ........forse no...risponde il grinta....ma può essere una.... tombstone....
Perdona la celia finale, ad ogni buon conto, saluti a teCiao,
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edward teach
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domenica 20 febbraio 2011
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da perdere
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Film inutile, ma non avendo di meglio da fare si può pure vederlo.
In fondo non è né carne né pesce; non è un rifacimento del vecchio genere far west un pò falso ma entusiasmante né una rivisitazione in chiave colta e moderna.
E' una cosetta semplice semplice come acqua e zucchero, peccato che dai fratelli C. uno si aspetterebbe di meglio. Sarà la vecchiaia, la noia, la decadenza dell'Impero Americano ma da quelle parti è un pò che non arrivano se non boiate per pecoroni da batteria tipo Avatar o Inception.
Vabbé, c'è sempre emule.
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matauitatau
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domenica 20 febbraio 2011
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scarso
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Comincia abbastanza bene e per i primi venti 30 minuti sembra la preparazione di uno dei film riusciti dei Coen, con una base molto realistica intessuta da una fitta trama di riferimenti simbolici come in Non è un paese per vecchi o A Serious Man.
E invece dopo un po' si sgonfia complice la figura del Grinta che sebbene interpretato da un attore eccellente davvero non puo' competere con il vecchio John Wayne né per fisico né per carisma. I Coen gli hanno messo la benda sull' altro occhio, Wayne il sinistro, Bridges il destro ma non bastano queste inezie per poter aggiungere qualcosa al pistolero del 1969.
Il western è finito come genere fumettistico-mitologico, ma non sarebbe finito del tutto se gente come i Coen cercassero di darne una lettura in una chiave più sofisticata.
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Comincia abbastanza bene e per i primi venti 30 minuti sembra la preparazione di uno dei film riusciti dei Coen, con una base molto realistica intessuta da una fitta trama di riferimenti simbolici come in Non è un paese per vecchi o A Serious Man.
E invece dopo un po' si sgonfia complice la figura del Grinta che sebbene interpretato da un attore eccellente davvero non puo' competere con il vecchio John Wayne né per fisico né per carisma. I Coen gli hanno messo la benda sull' altro occhio, Wayne il sinistro, Bridges il destro ma non bastano queste inezie per poter aggiungere qualcosa al pistolero del 1969.
Il western è finito come genere fumettistico-mitologico, ma non sarebbe finito del tutto se gente come i Coen cercassero di darne una lettura in una chiave più sofisticata. Ma purtroppo non si farebbe casetta e i fratelli registi questa volta non avevano proprio voglia di stare a perdere tempo e magari denaro con idee nuove e originali.
Comunque a un certo pubblico ppuò piacere anche questa commediola.
Comunque è da un bel po' che non esce più niente di veramente interessante; mi sono dovuto scaricare “Under the Hawthorn Tree” di Zhang Yimou che mi pare non sia nemmeno uscito in Italia.
Aspettiamo con fiducia qualcosa che venga dal festival di Berlino o magari il prossimo di Ang Lee. E' restato poco da raschiare, però.
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marv89
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domenica 20 febbraio 2011
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c'era una volta il w...forse no
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Nell'anno 1903 nasceva con il film "Assalto al treno" un filone culturale che avrebbe, di li a poco, scritto le piu belle pagine della storia della cinema: il western. Il percorso strorico del genere vede uno crocevia negli anni trenta con l'avvento dei più grandi registi che si siano mai cimentati con esso: Ford e Hawks. Grandi pellicolee sono entrate di diritto nella mente e nel cuore del pubblico del XX secolo, influenzando non sono la società, ma tutto il panorama cinematografico (si sfrornavano western con una facilità disarmante); col tempo si crearono sotto-generi come i nostrani spaghetti-western che influenzarono a loro volta il western americano che cambiò stile e tematiche sfociando nei cosidetti revisionisti.
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Nell'anno 1903 nasceva con il film "Assalto al treno" un filone culturale che avrebbe, di li a poco, scritto le piu belle pagine della storia della cinema: il western. Il percorso strorico del genere vede uno crocevia negli anni trenta con l'avvento dei più grandi registi che si siano mai cimentati con esso: Ford e Hawks. Grandi pellicolee sono entrate di diritto nella mente e nel cuore del pubblico del XX secolo, influenzando non sono la società, ma tutto il panorama cinematografico (si sfrornavano western con una facilità disarmante); col tempo si crearono sotto-generi come i nostrani spaghetti-western che influenzarono a loro volta il western americano che cambiò stile e tematiche sfociando nei cosidetti revisionisti. Dagli eccessi degli anni quaranta si passa però ad un abbandono progressivo del genere causato principalmente dalla nuova mentalità del pubblico e dalle decisioni dei piani alti del cinema, fino alla media odierna di un film western all'anno (remake per lo più). Nell'anno 2010 ecco che la singola cartuccia a disposizione è sparata dai fratelli coen, che arma da fuoco hanno usato? hanno centrato l'obiettivo? Come da presupposto il film in questione è un remake del noto "True Grit" datato 1969, o meglio(a dirla come i Coen) è basato come il precedente sullo stesso romanzo omonimo, quindi il paragone è doveroso e giusto farlo. Il grinta di Hataway è un western classico, per intenderci sulla riga di Ford e Hawks (con le dovute proporzioni), arricchito dalla grande interpretazione di un Wayne sul viale del tramonto, ma povero di quella epicità e atmosfera che richiede una trama di questo tipo.
True grit 2010? Bè che dire, il film è un ritorno al cinema di una volta,e quello si che era cinema, con uno stile diverso, sotto certi punti di vista migliore, marchio di fabbrica dei due fratelli di Minneapolis; quelle caratteristiche che venivano a mancare nel vecchio Grinta qui esplodono in un connubio perfetto. Il tempo cinematografico qui è quello della Mattie Ross adulta che sul treno che la sta riportando dopo anni da Rooster rammenda quello spezzato di vita che l'ha cambiata emotivamente e fisicamente. La voglia di vendetta fa da spina dorsale ad uno scheletro molto più complesso, nel quale vengono analizzati i personaggi principali senza però intermezzi pesanti che rallentano il tempo cinematografico; la trama è lineare, priva di colpi di scena, ma chi li vuole? La grandezza è tutta lì, la grandezza è nella semplicità; siamo davanti a una storia emotivamente importante e piena di significati. Grandiosi Briedges e la Steinfeld, il primo oscura l'oscar di Wayne con una maestosità palpabile dalla prima scena; la ragazzina invece emerge con un mix di innocenza e caparbietà che gli traspare dalle movenze e dalle espressioni. Le doti tecniche del film sono eccelse: fotografia non inferiore a pellicole dello stesso genere,elogiate a loro tempo sotto questo punto di vista,come: corvo rosso non avrai il mio scalpo...eleganza, stile e scelta dell'angolo mixate al genio dei fratelli rendono il video perfetto all'occhio umano. La speranza del sottoscritto è quella che True Grit funga da carburante per far ripartire il motore del genere western....C'era una volta il west...diceva Leone ........forse no...risponde il grinta
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laulilla
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domenica 20 febbraio 2011
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il cielo stellato e il mondo morale
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A prima vista gli ingredienti di un western ci sono tutti: pistole e pistoleri; frontiera in pieno deserto ad ovest dell'Arkansas, ai limiti del Texas; cavalli e cowboys; sceriffi un po' ubriachi e un po' corrotti; vendetta e giustizia self-made. Quello che fa la differenza sono i fratelli Coen, che certamente apprezzano il cinema western, ma ne fanno occasione per trattare i temi che li contraddistinguono: il ridimensionamento dell'eroe; la casualità degli eventi che sfugge a qualsiasi logica progettuale; la conoscenza del male. Qui, come in altri loro film questi argomenti innescano una serie di invenzioni formali di grandissima suggestione, punteggiate dall'ironia di sempre.
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A prima vista gli ingredienti di un western ci sono tutti: pistole e pistoleri; frontiera in pieno deserto ad ovest dell'Arkansas, ai limiti del Texas; cavalli e cowboys; sceriffi un po' ubriachi e un po' corrotti; vendetta e giustizia self-made. Quello che fa la differenza sono i fratelli Coen, che certamente apprezzano il cinema western, ma ne fanno occasione per trattare i temi che li contraddistinguono: il ridimensionamento dell'eroe; la casualità degli eventi che sfugge a qualsiasi logica progettuale; la conoscenza del male. Qui, come in altri loro film questi argomenti innescano una serie di invenzioni formali di grandissima suggestione, punteggiate dall'ironia di sempre. Una ragazzina di soli quattordici anni, Mattie Ross è fermamente intenzionata a ottenere giustizia: vorrebbe vedere condannato all'impiccagione Tom Chaney che è l'assassino di suo padre, ma che si è dato alla fuga. La prima parte del film ci mostra Mattie che va alla ricerca di un uomo che sia in grado, per esperienza e determinazione, di trovarlo e di portarlo davanti a un giudice. Le sembra che Rooster Cogburn, anziano e feroce sceriffo, sia la persona giusta e, per persuaderlo a tenerla con sé, durante la ricerca, non esita a seguirlo anche nel luogo che sembra il meno adatto a lei: la piazza dell'impiccagione di tre condannati a morte, cui assisterà senza alcun turbamento, ottenendo poi di dormire nell' improvvisato obitorio del becchino. Comincerà a questo punto il viaggio di formazione di Mattie, perché questo è, almeno secondo me, il senso del film. Affianca a a tratti il viaggio di Mattie e Rooster anche La Boeuf, ranger texano, a sua volta alla ricerca di Chaney. Non c'è alcun piano, per quanto accuratamente preparato, che si realizzi secondo le previsioni: il caso é costantemente con i personaggi e con il loro spostarsi dentro una natura fotografata meravigliosamente. Contro ogni attesa, e nel momento più tranquillo, Chaney verrà riconosciuto da Mattie e solo lei lo affronterà uccidendolo, ma subito dopo precipitando in una grotta sotterranea in cui farà l'incontro coi serpenti in agguato. La caduta, l'incontro coi serpenti, la difficile riemersione alla luce, la fuga e la conclusione del viaggio (non del film, che è più convenzionale) mi pare abbiano significati allegorici e metafisici e riecheggiano, in qualche misura le suggestioni bibliche, che già l'incipit del film, aveva opportunamente evocate. In questa luce andrebbe interpretata, a mio avviso, la bellissima e suggestiva scena notturna in cui la cavalcata di Rooster e Mattie sta per concludersi: l'infinito deserto, illuminato dalle infinite stelle del cielo, sfondo della stanchezza e del dolore di Mattie. Il mondo morale che ora, dopo l'esperienza del male, la giovane ha conquistato e custodisce in sé, è separato, forse in modo incomunicabile, dal resto dell'universo di cui il cielo stellato è emblema, come ci ricordava Kant. Ritengo quindi che sia fuorviante parlare di questo film come di un western: si tratta, come sempre per i Coen, di un film con contenuto morale e metafisico, principalmente. Gli attori sono magnifici e magnificamente diretti, davvero tutti quanti. Ogni riferimento al film precedente è a mio avviso alquanto improprio.
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ensciac
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domenica 20 febbraio 2011
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non è un capolavoro!
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Un buon film, ma niente di più, buona l'interpretazione da parte di tutti gli attori con un occhio di riguardo per la giovane attrice. Non sono appassionato dei film western ma mi attirava l'idea di vedere la nuova opera dei fratelli Coen, che comunque non mi hanno entusiasmato come in passato. Il film è bello da vedere anche se.........
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reiver
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domenica 20 febbraio 2011
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true cinema
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E' un grande film, ed è anche un vero western. Senza debiti con spaghetti o altri tipi di pasta; senza concessioni alla "cinepresa virulenta" dei giorni nostri; senza, soprattutto, la presunzione di "rivisitare" il genere, tipica dei registi-intellettuali alla Arthur Penn. No."Il grinta" è un elenco lunghissimo di meriti.Formali e sostanziali.I Coen si muovono con passo "antropologico", avendo ben chiari in mente i western "autunnali", ma lo fanno con incredibile sagacia, alternando momenti "leggeri" ad altri pieni di tensione (notevole la sceneggiatura, fantastici i dialoghi). Nuotano nel mare del western con una invidiabile sicurezza, tanto che i rimandi ad altri film, al cinema di Mann, di Ford, di Peckinpah non sono mai frutto di una febbre citazionistica o di giustapposizioni, ma la naturale conseguenza di un profondo rispetto per il cinema americano, per quei registi, persino per un artigiano come Hathaway, autore del primo film, di cui si riconosce la perizia.
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E' un grande film, ed è anche un vero western. Senza debiti con spaghetti o altri tipi di pasta; senza concessioni alla "cinepresa virulenta" dei giorni nostri; senza, soprattutto, la presunzione di "rivisitare" il genere, tipica dei registi-intellettuali alla Arthur Penn. No."Il grinta" è un elenco lunghissimo di meriti.Formali e sostanziali.I Coen si muovono con passo "antropologico", avendo ben chiari in mente i western "autunnali", ma lo fanno con incredibile sagacia, alternando momenti "leggeri" ad altri pieni di tensione (notevole la sceneggiatura, fantastici i dialoghi). Nuotano nel mare del western con una invidiabile sicurezza, tanto che i rimandi ad altri film, al cinema di Mann, di Ford, di Peckinpah non sono mai frutto di una febbre citazionistica o di giustapposizioni, ma la naturale conseguenza di un profondo rispetto per il cinema americano, per quei registi, persino per un artigiano come Hathaway, autore del primo film, di cui si riconosce la perizia.Quello che i Coen aggiungono dal loro sacco è una farina "esistenzialista", un discorso sul significato della vita, della giustizia, della vendetta. Sul prezzo che ognuno di noi paga per ottenere qualcosa. Su una civiltà fondata sulla violenza perchè nata da germi violenti. Gli attori sono fantastici. Ammetto di essermi emozionato grazie a Bridges. Intendiamoci: "rifare" John Wayne in un film western è come sfidare a tennis Federer. Eppure il grande Jeff regala una interpretazione unica,che solo un grande attore, o meglio un grande attore americano (in quel ruolo), può sfornare. Una performance incredibile, che merita almeno un paio di statuette: non è una caratterizzazione, non è la semplice descrizione di un uomo burbero. E' la capacità di mostrare l'umanità e le sfumature di un uomo. Eccellente la piccola Hailee Steinfeld. Era dai tempi di "Paper moon" che non vedevo un'attrice bambina caricarsi una parte così consistente di film sulle spalle. E poi, ricordando sempre che la forza del cinema "classico" era quella di avere attori formidabili in ruoli di supporto, mi piace sottolineare il bravo Damon, che infonde nel personaggio di "ranger texano" una grande umanità, sottraendolo agli stereotipi. Le sequenze del salvataggio finale sono quelle che hanno fatto scattare in me il "clic".La parte notturna della cavalcata, in particolare, è pura magia. Magia formale e sostanziale, perchè Bridges diventa un "orco buono" che salva la bambina: l'esatto contrario di Robert Mitchum in "La morte corre sul fiume", in quella che non è una semplice citazione, ma una prepotente affermazione di potenza cinematografica. I Coen non hanno paura di confrontarsi con i classici: non ripetono una lezione a memoria, non pagano tributi a nessun tipo di cinema che non sia il proprio. Dimostrano di essere difensori di una fede, di un patrimonio, di un secolo di storia: e non con vuote parole, ma con pesantissimi fatti. Ecco, io lì mi sono proprio innamorato. Disinnamorarsi di una donna forse è possibile, a volte persino necessario. Molto più difficile che ciò avvenga per un film: "True grit" è "true cinema", e per me anche "true love". Credo che molta gente non andrà a vederlo perchè è un western (che, secondo me, è come non voler bere da una bottiglia perchè è di vetro piuttosto che di plastica), ma non credo che questo sia un problema. In fondo anche Van gogh, da vivo, non lo considerava nessuno, e questo non vuol dire che fosse morto, ma che si apprestava a vivere in eterno, grazie alle sue opere.
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