Anno | 2007 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Italia |
Durata | 100 minuti |
Regia di | Renato Giordano |
Attori | Lidia Vitale, Francesco De Vito, Eleonora Neri, Fausto Verginelli, Giacomo Furia Marco Cacciapuoti, Carloalberto Verusio, Luca Pizzurro, Renato Giordano, Maria Basile. |
Uscita | venerdì 27 novembre 2009 |
MYmonetro | 2,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 24 novembre 2017
In Italia al Box Office Senza amore ha incassato 3 mila euro .
CONSIGLIATO NÌ
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Figlio illegittimo di un padre finito presto in carcere e di una madre disillusa e socialmente emarginata, Luigi è un bambino che trascorre tutto sommato felicemente le sue giornate, fra partite a calcio per le strade del beneventano e spettacoli di balletto trasmessi in tv, finché a scuola comincia a ricevere le attenzioni di un vigile che lavora come addetto comunale per l'istituto. Questi, lavoratore integerrimo e buon padre di famiglia, passa presto da dolciumi e gesti di affetto ad abusi sessuali, pagando con denaro e con feste per il piccolo l'omertà della madre. Ma quando il compagno della sorella di Luigi, Gaetano, sorprende l'uomo durante uno di questi abusi, lo minaccia violentemente e lo fa fuggire. Con gli anni, Luigi cresce nella totale disaffezione della madre, con solo l'amore del cognato e della sua insegnante di danza Laura a dargli forza. Così, quando quest'ultima decide di trasferirsi a Roma con il proprio compagno, Luigi li segue per cercare fortuna come ballerino, ma sono ancora molti i traumi che si porta dentro.
Dai salotti benpensanti delle tv alle platee sempre più vuote dei cinema, un tema come la pedofilia richiederebbe, nel passaggio, di essere trattato, se non con un po' più di rigore formale, con una ricerca meno compiaciuta del particolare turpe e scabroso. Da questo punto di vista, Senza amore è un oggetto che sfugge ad una tipologia di caratterizzazione. Tratta di pedofilia e soprattutto delle conseguenze di chi la subisce, ma non persegue né la facile retorica della cronaca scandalistica o le strategie comunicative di una pubblicità progresso (sia nella sua variante shock che in quella più didatticamente soft), né tenta di confondersi con quel cinema indipendente americano che ha dato dimostrazione di sapersi confrontare con simili situazioni (Gregg Araki e Todd Solondz in particolar modo).
Le intenzioni di Renato Giordano guardano così a raccontare una storia di provincia e a identificare un exemplum morale sulla sofferenza legata ad una mancanza e ad un abuso degli affetti, senza prender le mosse da un preciso riferimento cultural-cinematografico. Anzi, si può piuttosto affermare che è nella pressoché totale mancanza di un linguaggio propriamente inteso, del più elementare rapporto fra forma e contenuto, che sta il più grave problema della sua opera prima.
La didascalia in apertura ci tiene a precisare che si tratta di una storia vera e il fatto che il regista metta in scena se stesso ci aiuta a comprendere il film all'interno di una logica personale. La necessità e la disposizione di Giordano a raccontare un dramma da lui indirettamente vissuto, comportano naturali sgrammaticature frutto degli inganni del cuore, ma anche gravi lacune nelle scelte di economia narrativa e di composizione. Ellissi e lungaggini sono motivate solo da una logica dell'impulso, dalla necessità di fare del cinema attraverso l'autobiografia. Trauma e tragedia hanno la patina trash e la struttura un po' retrograda del film-sceneggiata. Ma soprattutto, moralismo e libero pensiero si intrecciano e trovano espressione in una languida sovraesposizione della bellezza dei corpi degli attori, a discapito di una focalizzazione forte, non banalizzata, dei rapporti che meritano visibilità (quello fra Luigi con la propria madre e con il violentatore).
Scelte che, in difesa di una vecchia cinefilia, potremmo definire immorali, abiette, se solo non dimostrassero un'incredibile ingenuità ad ogni cambio di inquadratura.
Una colonna sonora bellissima,da brividi, firmata da Pericle Odierna...da vedere e ascoltare