Il manifesto di un femminismo che assume i toni dell'estetica dadaista, spiazzando lo spettatore e costringendolo all'attenzione. Da lunedì 15 maggio al cinema.
di Giancarlo Zappoli
Due giovani donne (che scopriremo chiamarsi entrambe Maria) in costume da bagno si trovano ai bordi di una piscina con atteggiamento apatico. Si trovano così a riflettere su come va il mondo e ne deducono che la corruzione e la cattiveria sono ovunque. Possono quindi permettersi di essere anche loro cattive dando così il via a una catena di trasgressioni che includono il cibo, il fumo, le relazioni con gli uomini e un'ampia sequela di stravaganti provocazioni.
Vera Chytilová, una delle più importanti registe del cinema ceco, realizza con questo film la sua opera più significativa e trasgressiva. Sua opera terza questo film si presenta come il manifesto di un femminismo che assume i toni dell'estetica dadaista mostrando come l'autodefinitosi sistema socialista avesse finito con il fare propri gli aspetti più decadenti e retrivi della borghesia
Chytilová utilizza tutti i mezzi che la tecnologia dell'epoca poteva metterle a disposizione per spiazzare lo spettatore costringendolo all'attenzione. Si passa indifferentemente dal colore al bianco e nero o al seppiato senza che vi sia una vera e propria ragione ma per il gusto della variazione sul ritmo estetico.