Titolo originale | Le sel des larmes |
Titolo internazionale | The Salt of Tears |
Anno | 2019 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia |
Durata | 100 minuti |
Regia di | Philippe Garrel |
Attori | Oulaya Amamra, André Wilms, Souheila Yacoub, Logann Antuofermo, Louise Chevillotte Aline Belibi, Teddy Chawa, Martin Mesnier, Michel Charrel, Stefan Crepon, Lucie Epicuero, Alice Rahimi, Alban Guyon, Gaetan Garcia, Hammou Graïa, Luigi Tangredi, Virgil Leclaire, Bénédicte Choisnet, Sabrina Delarue, Jean Chevalier, Ana Blagojevic, Clara Choï, Adrien Dewitte, Léa Surya Diouf, Zelinda Fert, Matisse Humbert, Jin Xuan Mao, Quentin Vernede, Pascal Duthuin. |
Tag | Da vedere 2019 |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,11 su 11 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 23 dicembre 2021
I primi incontri romantici di un giovane e l'ammirazione che prova per suo padre. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Lumiere Awards,
CONSIGLIATO SÌ
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Luc, giovane di belle speranze, arriva in treno a Parigi dalla provincia per sostenere un esame di ammissione a una scuola di falegnameria. Neanche il tempo di prendere l'autobus che il suo cuore è già rapito da Djemila, ragazza in attesa alla fermata di fronte. Luc, però, deve tornare alla casa che condivide con il padre, falegname anche lui. Ci vorrà qualche mese per trasferirsi definitivamente a Parigi, ma nel frattempo riappare una vecchia fiamma, Geneviève, che non vorrebbe una relazione a distanza. Non sarà l'ultima tappa dell'educazione sentimentale di Luc, osservata da lontano da un papà orgoglioso e preoccupato.
Le relazioni e gli incontri, le separazioni e i momenti, il bianco e nero e il legame familiare ammantano il film di Philippe Garrel del calore del già conosciuto, in uno dei tanti esempi di quel suo cinema perso nel tempo che sembra sempre troppo agile per qualcosa di così incisivo.
Al centro della scena, stavolta priva di membri del clan Garrel, c'è la faccia fresca di Logann Antuofermo, archetipico giovanotto che incarna tutta la piccola codardia maschile sfoggiabile nei rapporti - consecutivi, a volte paralleli, infine ripetuti - con tre donne e un padre. È proprio il confronto con la presenza "kaurismatica" del veterano André Wilms a dare alla storia gli angoli più taglienti e profondi, quelli che attraverso i non detti fanno più male, e che altrimenti Garrel non raggiunge nel distacco sempre un po' ironico che mostra nel trattare le questioni d'amore.
Le tre donne sono l'una la risposta all'altra, con la purezza titubante di Djemila (a cui Oulaya Amamra regala un paio di momenti di profonda vulnerabilità non appena rimane in scena da sola) rimpiazzata dalla sensualità vorace di Geneviève (Louise Chevillotte, già con Garrel in L'amant d'un jour e nello strepitoso Synonymes di Lapid). La presenza/insistenza di quest'ultima non può che essere sublimata in un tipo di rapporto diverso, quello con Betsy; qui Luc esplora, e Garrel ritorna, a un'idea di terzetto spontaneo e un po' accampato, in un film che allegoricamente riconduce ognuna delle relazioni al padre lontano e che dunque rende reale un'idea quando è il momento di dirle addio.
La scrittura essenziale di Jean-Claude Carrière e Arlette Langmann, così come il bianco e nero di Renato Berta, sono certezze che rendono possibile la regia icastica di Garrel, intrappolata nella sua efficacia ma mai del tutto permanente - e un po' simile alle bare impeccabili fabbricate dal papà di Luc, che si contenta di ciò che sa perché in fondo la gente continua a morire, anche se non più qui.
Basterebbe osservare come Philippe Garrel usa Fleur de ma ville, brano dei Téléphone scritto da Jean-Louis Aubert tratto dal loro terzo album Au coeur de la nuit, che nelle intenzioni della band (rifiutate dalla casa discografica) doveva intitolarsi Sweet heroïne, per capire cosa significhi per il regista fare (ancora) cinema e cosa intenda ottenere con le immagini.
"Quando si vive non accade nulla. Le scene cambiano, le persone entrano ed escono, ecco tutto. Non vi è mai un inizio. I giorni si aggiungono ai giorni, senza capo né coda, è un'addizione interminabile e monotona". Jean Paul Sartre sentiva di aver carpito con La nausea le più segrete verità sulla condizione umana, sul carattere precario e limitato dell'esistenza.
Incompreso a Berlino, Garrel raccoglie in sé la tradizione di Renoir, Godard, Straub, Truffaut, Rozier, Rivette, Akerman. Un cinema fatto con una sapienza antica e che risulta straordinariamente contemporaneo. Un film realizzato con sapienza artigianale e lucidità politica. Affidandosi ancora une volta al bianco e nero dell'eccellente Renato Berta, il regista tesse nella filigrana delle avventure sentimenta [...] Vai alla recensione »
Che cosa è il cinema? Cosa ha significato? Philippe Garrel lo sa. Sa che il cinema è esistito. Il sale delle lacrime, che titolo magnifico!, è una storia del cinema - vissuta dalla prospettiva della nouvelle vague - nelle cui articolazioni sembrano riverberare le parole e i pensieri dell'ultimo Serge Daney. Ovvero che il cinema è un fare e un sapere che esprime una comunità.
Indipendentemente dalle tendenze attuali, dalle mode, dalla frenesia della vita contemporanea nelle nostre grandi metropoli, il regista francese Philippe Garrel continua instancabilmente a forgiare il suo percorso di purista che lavora in bianco e nero e a perfezionare il suo studio psicologico, con una leggera tendenza alla rimozione, delle emozioni umane più semplici ai limiti dell'esistenzialismo, [...] Vai alla recensione »
Alla non giovanissima età di 72 anni Philippe Garrel esordisce a Berlino e viene direttamente accolto nel concorso con un originale film piacevolmente vintage, intitolato Le sel des larmes (Il sale delle lacrime). Il paradosso originale+vintage (in conferenza stampa Garrel parlerà di tradizione e modernismo) nasce dal fatto che il film si basa su una sceneggiatura borghese, ben fatta, non a caso scritta [...] Vai alla recensione »
Luc è a Parigi per sostenere l'esame d'ingresso alla scuola di ebanisteria Boulle. Conosce Djemila a una fermata dell'autobus. La loro storia d'amore dura lo spazio dei due giorni che Luc passa a Parigi: tornato in provincia, dove vive con il padre che fabbrica casse da morto, ritrova l'amore del liceo Geneviève, e instaura una relazione con lei nell'arco di qualche mese.
Storia di un provinciale. Come tante. Giovinezza e amori di Luc, tra donne, studio e lavoro, aspirazioni, desideri e rimpianti. La vita, insomma. Ciò che tocca tutti e che Garrel prova ancora una volta a incrociare tra le immagini e la scrittura. Con la delicatezza dello sguardo e il dolore della sincerità. Perché tutto è semplice, ma fottutamente complicato.
Il cinema di Philippe Garrel è sempre uguale a sé stesso, è un mondo chiuso e simbolico come quello di una fiaba o un sogno. A mancare, nei suoi film, è il respiro delle città, il passare del tempo, il movimento dello spazio che circonda i personaggi. In Le sel des larmes, presentato in concorso alla Berlinale, tra la metropoli Parigi e la provincia del nord, lungo la Marna, non c'è quasi differenza, [...] Vai alla recensione »
Dimitri spera di diventare ebanista ma intanto la cosa che gli riesce meglio è lusingare le donne per portarsele a letto. Ennesimo scandaglio sull'amore e sui suoi fraintendimenti, puntualmente in bianco e nero, di un regista che forse non ha più motivo di sorprendere, ma che riesce comunque sempre a raccontare una storia, qui polifonica, con una lucidità invidiabile.