Natalie Portman (Natalie Hershlag) è un'attrice israeleana, regista, produttrice, produttrice esecutiva, sceneggiatrice, è nata il 9 giugno 1981 a Gerusalemme (Israele). Natalie Portman ha oggi 43 anni ed è del segno zodiacale Gemelli.
Per l'attrice americana è un momento magico: esce «Mr. Magorium» con Dustin Hoffman e il colosso dei cartoni l'ha voluta per la versione orientale della celebre favola. Ma un piccolo scandalo le rovina la festa: «Non credevo di fare tanto scalpore».
Favolosamente nuda, Natalie Portman. Mentre sta per arrivare in sala (il primo febbraio) con Dustin Hoffman nella favola Mr. Alagorium e la bottega delle meraviglie e la Disnev l'ha scelta Biancaneve in un film-remake del classico d'animazione, l'ex principessa Amidala di Guerre Stellari è la più cliccata su YouTube grazie a un corto decisamente osé.
In ,Hotel Chevalier, prologo di tredici minuti del film The Darjeeling limited di Wes Anderson, l'attrice, 26 anni, si esibisce in un focoso amplesso d'addio con Jason Schwartzman. La si vede, per qualche istante, completamente nuda, di profilo. Natalie Portman non è per niente contenta di tutto questo entusiasmo del popolo di Internet: «Sono davvero sconcertata Per il nudo che ho fatto. Ho agito senza pensare, lasciandomi trascinare da quello che gli altri si aspettavano da me. In futuro dirò qualche no in più», ha dichiarato infastidita.
L'attrice, che ultimamente ha spesso giocato al contrasto tra il viso angelico e ruoli trasgressivi, (vedi la spogliarellista di Closer), svetta in cima a molte classifiche di gradimento: è seconda solo ad Angelina Jolie nella hit delle star più sexy compilata dalla rivista Empire. E, va detto, vince anche quando è vestita: la rivista InStyle l'ha eletta l'attrice più elegante. Chissà come uscirà dal confronto sul set con un'altra icona sexy, la bionda Scarlett Johansson: nel film storico The Other Boylen Girl le due attrici sono le sorelle Anna e Maria Bolena e si contendono l'amore di Enrico VIII (Eric Bana).
Intanto Natalie è già sul set del bizzarro remake di Biancaneve, ambientato nella Hong Kong del diciannovesimo secolo. Reincarnata in una fanciulla inglese, Biancaneve combatterà la matrigna e in suo aiuto, al posto dei sette nani, avrà altrettanti, maneschi, monaci shaolin.
Da Il Venerdì di Repubblica, 4 gennaio 2008
Riflessa nel vetro dei finestrino d'un taxi, quella che potrebbe essere una bambina dodicenne piange in silenzio accorata: è un'attrice di venticinque anni, israeliana nata a Gerusalemme, emigrata a New York con la famiglia a tre anni, ancora (quando può) studentessa di psicologia all'università di Harvard. E Natalie Portman diretta dal regista israeliano Amos Gitai in Free Zone, zona libera: che sarebbe un luogo in Giordania, in mezzo ai deserto, vicino alle frontiere israeliana, irachena, siriana. saudita, dove tutta la gente della regione si ritrova per fare commercio di veicoli usati d'ogni genere. Un'Utopia del Medio Oriente, un posto pacifico dove anche tre donne intrecciano i propri destini.
Natalie Portman è molto brava, in questo film insolito e interessante. Ha ancora la testa piccola e i lineamenti minuti squisitamente disegnati della bambina conosciuta nel 1994 accanto ai killer Jean Reno in Léon di Luc Besson, della figlia del presidente degli Stati Uniti vista in Mars Attacks! di Tim Burton, d'una componente della famiglia ricca, eccentrica e liberale di New York in Tutti dicono I Love You di Woody Allen. Ma la svolta della sua carriera arrivò nel 1999, quando in Star Wars, Episodio I, La minaccia fantasma George Lucas le affidò il personaggio della regina-bambina Amidala in fuga dal pianeta Naboo verso il pianeta Tatooine.
La notorietà internazionale non ha cambiato l'attrice, seria, attenta a scegliere di lavorare con registi eccellenti, impegnata nel lavoro, appassionata sino al fanatismo al destino politico del suo Paese d'origine, che dice: «Preferisco essere intelligente piuttosto che essere una stars, ma che fa di tutto per essere l'una e l'altra. Insieme con la bellezza delicata e la bravura, stranezze da star ne ha già in numero sufficiente: antipatia per l'aereo, ripugnanza a mangiare in pubblico («esercizio volgare», dice), ostilità per i gioielli («invecchiano»), amore per l'obbedienza ai maestri («così rilassante»), segretezza assoluta nelle cose d'amore.
Da Lo Specchio, 20 maggio 2006
Cannes, grazie al capitolo conclusivo di guerre stellari, è stata per qualche giorno il centro della galassia. È nel cuore di questo universo immaginario si poteva scorgere un’attrice minuta, piccola, dotata di un grazia incomparabile e di una bellezza pura, erede accreditata e legittima di Audrey Hepburn: Natalie Portman. L’attrice ventitreenne (saranno ventiquattro il prossimo g giugno), nata a Gerusalemme e cresciuta negli Stati Uniti dove è arrivata con i genitori quando aveva tre anni, ha accompagnato al Festival due film: il blockbuster Star Wars: Episodio III - La vendetta dei Sith di George Lucas e il film in Concorso di Amos Gitai, Free ‚Zone. Due giovani donne che non riuscirebbero mai a essere amiche La stilizzata Padmé Amidala protagonista di una saga fastosamente più esagerata della vita e della fantasia e la più verosimile Rebecca, ebrea americana in cerca di se stessa insieme ad altre due donne lungo le frontiere geografiche e mentali del Medioriente. Due ruoli antitetici, con pochi punti di contatto, privi di analogie. Il che dovrebbe essere abbastanza comune nella filmografia di un’attrice, ma che accade, consuItando titoli, storie e cast, con minore frequenza di quanto si supponga. II 2005, passata la ricreazione cannense, continua a essere un anno importante per la Portman. Si è aperto con la vittoria del Golden Globe per la sua interpretazione in Closer, il suo primo personaggio ambiguo e adulto, e con la sua prima nomination agli Oscar sempre per il film di Nichols. La previsione storica di Ted Demme si è rivelata più vera del vero. Nel infatti, il regista aveva detto dell’attrice-bambina: «Tra dieci anni avrà il mondo del cinema ai suoi piedi». Non ci Sono trucchi o scorciatoie nel tragitto cinematografico di Natalie Portman. La sua è un storia professionale in cui un talento versatile si accompagna a scelte azzardate, a rifiuti meditati, a una saldezza di nervi e di principi che sono un plusvalore insolito a Hollywood. Non ancora adolescente nel 1994, tiene testa a Jean Reno e strega il pubblico con il viso acerbo e la figura gracile di Mathilde in Léon. I più attenti si rendono conto, dopo poche scene, che non sarà una delle tante fugaci Shirley Temple dell’era postelevisiva. Dopo quel film sarà la figlia di Al Pacino in Heat e la incontreremo in Beautiful Girls, Tutti dicono I Love You, La mia adorabile nemica e in altre storie, rallenta con gli impegni cinematografici per laurearsi ad Harvard o per portare a teatro II diario di Anna Frank Più di altre attrici, cosiddette emergenti, rinuncia a copioni che potrebbero favorire l’ingresso nel club dei volti popolari.
Sono gentilmente restituite al mittente le sceneggiature di Romeo & Giulietta di Baz Luhrmann, Ice Storm di Ang Lee, Lolita di Adrian Lyne, L’uomo che sussurrava ai cavalli di Robert Redford. Sul tappeto rosso della Croisette, accanto a un emozionato Lucas che accompagnava alla festa di diploma la sua folgorante intuizione epica responsabile di aver trasformato, per sempre, le immagini dello schermo, le acconciature ardite della fanciulla Amidala e la parrucca-caschetto rosa della lap-dancer Alice di Closer erano sparite per rivelare un cranio rasato a zero. Una prova del nove del fascino ampiamente superata. Qt,iante altre attrici e diverte da discount potrebbero reggere senza danni alla macchinetta tosacapelli? Qj,iella testa spoglia in cui gli occhi sono più vivi che mai arriva dal set berlinese dove la Portman sta girando V for Vendetta dell’esordiente James McTeigue, prodotto da Joel Silver e dai fratelli “Matrix” Wachowski, ispirato alla graphic-novel di Alan Moore. Si tratta di un intreccio di fantapolitica ambientato in una Gran Bretagna schiacciata da una feroce dittatura. Mentre nelle sale italiane sta per arrivare il film indipendente La mia vita a Garden State con la Portman capace di cambiare la vita dei suoi compagni di finzione, produttori, regista e coprotagonisti la aspettano per Goya’s Ghosts per vestire i panni di Ah-cia, la musa del celebre pittore.
Da Film Tv, n. 21, 2005
Siamo nel 2020. Dopo un lungo periodo di esplosioni atomiche e di guerra batteriologica, l'unica isola dove c'è ancora un'apparenza di vita umana è un'Inghilterra caduta in preda alla barbarie e governata da bande neofasciste. Ma ecco: capitanata da Evey, una ragazza minuta, pallida, con la testa completamente rasata, la popolazione si ribella. Partendo da Trafalgar Square marcia infuriata su Whitehall e appena raggiunge il Parlamento, lo dà alle fiamme all'urlo di 'Freedom', libertà.
Per filmare quella scena finale di V for Vendetta i fratelli Andy e Larry Wachowski hanno dovuto mettersi in ginocchio di fronte a 14 diverse agenzie del governo di Sua Maestà, timorose che la distruzione di uno dei simboli più potenti delle democrazie occidentali potesse venire interpretata come un invito al terrorismo. Un dibattito che avrà la sua risposta dopo il 4 novembre, giorno di lancio del nuovo film dei due leggendari creatori di The Matrix. Nel frattempo una cosa è certa, ed è che questo si profila come l'anno della ragazza rapata a zero del loro film: Natalie Portman. "Mi è piaciuta l'idea di non dovermi preoccupare dei miei capelli", sostiene l'attrice ventiquattrenne: "E poi, per la prima volta nella mia vita ho avuto l'impressione che la gente avesse paura di me".
Con quel suo fisico fragile, gli occhioni scuri dentro il volto ancora innocente, quasi sempre vestita con jeans e Converse ai piedi, la paura non è esattamente la prima sensazione che viene in mente quando si incontra Natalie Portman. Rispetto, semmai: ha saputo guadagnarsi quello del pubblico e dei critici. Negli ultimi anni, poi, è diventata anche famosa, una condizione che per una come lei, nata in una famiglia colta, laureata ad Harvard, cresciuta senza mai sognare di diventare un'attrice e tanto meno una diva, è ancora un po'difficile da accettare. Già, perché prima del prossimo film dei Wachowski, c'è stato anche quel 'piccolo'film, visto da decine di milioni di spettatori in giro per il mondo, chiamato Guerre Stellari: lei è la misteriosa regina Padma Amidala, che nell'ultimo episodio della serie assiste impotente alla trasformazione di Anakin Skywalker, il suo innamorato, nel perfido Darth Vader. "È solo un'altra esperienza, un altro evento nella mia vita", minimizza: "Quando penso a Guerre Stellari non mi entusiasmo troppo: non mi guardo allo specchio dicendomi che è incredibile che io sia arrivata a questo punto".
Lo dicono tutte: il successo non è importante, soldi e fama nemmeno. Nel caso della Portman, sarebbe tuttavia perlomeno riduttivo giudicarla attraverso la sua partecipazione al kolossal di George Lucas. C'era anche lei, a Cannes, quando hanno lanciato l'ultimo episodio. Ma era sulla Riviera soprattutto per dare supporto a Free Zone, il film di Amos Gitai girato in Giordania e centrato sull'incontro fra tre donne, un'ebrea americana, una israeliana e una palestinese. "I miei nonni vengono da Auschwitz", esclama la Portman nel film. "E i miei dalla Palestina", si sente rispondere. Per Natalie, nata a Gerusalemme da un medico israeliano e da madre americana i cui nonni sono finiti ad Auschwitz per davvero, quel film ha avuto una risonanza particolare. Si è preparata meticolosamente, leggendo l'autobiografia di Yitzhak Rabin e tutti i testi di David Grossman. "Nessuna donna vuole che i propri figli muoiano", spiega: "Dobbiamo dare speranza al popolo palestinese e trovare un modo perché tutti possano convivere in pace con sicurezza e dignità".
Prima di Gitai, era stata la volta di Closer, il film di Mike Nichols che ha come protagonisti due uomini e due donne incapaci di fedeltà e al centro di relazioni distruttive perché fin troppo oneste. La Portman recita la parte di Alice, spogliarellista con la faccia da angelo crudelmente provocatoria. Per una che ha rifiutato un remake di Lolita perché immorale e che si è sempre tenuta lontana dal nudo, non è stato facile accettare di ritrovarsi di fronte alle telecamere con addosso una parrucca viola, dei frammenti di vestiti piazzati strategicamente e poco di più. Natalie non si considera troppo sexy, oltretutto. Si vede piccolina di statura, sostiene che i lobi delle sue orecchie sono quasi inesistenti, una delle sue tante anormalità fisiche. Ma quando l'ha vista sullo schermo Anthony Lane, critico del 'New Yorker', ha scritto: "La bellezza della Portman è così estrema che il suo solo fine è quello di alimentare un'ossessione".
Oggetto di ossessioni. Ninfa del sesso. Protagonista di blockbuster che costano trilioni di dollari e dove tutto è effetti speciali. Niente di quello che speravano per lei mamma e papà quando sbarcarono in America. Aveva tre anni, Natalie, e il suo cognome era Hershlag (Portman viene dalla nonna materna). Un'esperienza che l'ha segnata, ricorda, perché come bambina in un ambiente nuovo si sentì subito una outsider, una che non aveva senso di appartenenza. E questa sensazione, confessa, non le è mai andata via. Per compensare, forse, si buttò negli studi, con il risultato che agli occhi di tutti era la secchiona di turno. Poi un giorno, a 11 anni, mentre stava mangiando una pizza con le amiche, venne avvicinata da un talent scout. "Vuoi fare la modella?", gli chiese. "Modella?", rispose lei: "È una cosa stupida! Semmai, mi piacerebbe recitare". Un anno dopo era la bambina adottata da Jean Reno, il killer di Leon. Con quella sua faccia innocente unita a una performance inquietantemente matura, la Portman si fece notare non solo dai potenti di Hollywood. "Ritrovarti a quella età a leggere commenti sulla dimensione del tuo seno è abbastanza orrendo", ricorda.
Decise che non voleva più saperne, che sarebbe tornata a concentrarsi sulla scuola per poter diventare, un giorno, una veterinaria. "Non mi importa se rovino la mia carriera", diceva: "Preferisco essere intelligente che una diva del cinema". Ma poco dopo il film di Besson è arrivata la chiamata di Lucas che l'ha voluta come la sua regina per i tre nuovi episodi. Poi sono giunte altre proposte, molte da registi ai quali non ha potuto dire di no. Ted Demme per Beautiful Girls, Michael Mann per Heat a fianco di Al Pacino, Tim Burton per Mars Attacks!, Woody Allen per Everyone Says I Love You, quindi Anthony Minghella per Cold Mountain e, subito prima di Closer, Garden State, un film di Zach Braff nel quale la Portman recita la parte di una deliziosa ragazza epilettica che balla il tip-tap.
Natalie si è laureata ad Harvard, come voleva. Ed è diventata quello che non voleva e che le sembrava così bizzarro: una stella del cinema. Non è certo la prima attrice di Hollywood che ha studiato in un college della Ivy League e che si è pronunciata contro la guerra. O che, in difesa dell'ambiente, ha comprato non una Porsche, ma una Toyota a motore ibrido. Ma la Portman è una che non esita a dichiarare cose impopolari come: "Non guardo la televisione, non ci riesco proprio". A gennaio, ai Golden Globes, ha insistito per avere al suo fianco non il suo agente o il boss di uno studio, ma la cugina israeliana il cui volto è stato deturpato da un'esplosione a una stazione di bus e alla quale, quando è salita sul palco vittoriosa, ha voluto rendere pubblico omaggio. E poi, quanti attori ci sono a Hollywood che regalano in giro i 'Frammenti di un discorso amoroso'? Sì, quando ha voluto fare un regalo a Jude Law e a Julia Roberts, i suoi co-protagonisti in Closer, Natalie è andata a scegliere il saggio di Roland Barthes.
Da L'Espresso, 8 luglio 2005
Ovviamente non si trova sexy proprio per niente. Dice di sé che ha un corpo da ragazzo; dice che non le piacciono i lobi delle sue orecchie. Non che le orecchie in quanto tali la disgustino, anzi le trova «molto carine». II fatto è che non hanno i lobi: «È stato un problema, per un po’, ma poi l’ho superato» ha dichiarato alla stampa. Che dia-mine, «essere senza lobi non è la fine del mondo».
Segnatevi tutto di Nathalie Hershllag, in arte Portman, 24 anni ancora da compiere, la stella in ascesa del firmamento erotico hollywoodiano. Se vi era piaciuta al suo esordio in Léon di Luc Besson, a 12 anni scarsi, o se l’avevate notata in Heat, in Beautiful Girls, in Star Wars. L’attacco dei doni e in Cold Mountain, ora applauditela. Ha appena vinto il Golden globe come attrice non protagonista in Cbser. Ha un carnet strapieno fino al 2006 è oltre. Sarà di nuovo Amigdala in «Star Wars: Episode lII, brillerà in Paris, je t’aime dei fratelli Coen, sarà la compagna di un terrorista in «V» for Vendetta di James McTeigue.
Ma, soprattutto, sedurrà il suo insegnante in The Smoker, diretto da un Richard Linklater pronto a sfruttare le particolari qualità erotiche con cui la fanciulla ha sedotto l’America e con-turbato l’Europa, complice uno spogliarello in Closer.
Sostiene infatti l’americano Time che per molti uomini in una certa fascia d’età, e anche per alcuni molto più in là con gli anni, Nathalie rappresenti il sogno erotico per eccellenza, anche se «per ragioni non del tutto sane». Malgré una laurea a pieni voti in psicologia a Harvard, Portman ha conservato un certo non so che di infantile nell’aspetto, un misto di «innocenza e spontaneità e quieta solitudine, che ispirerebbe al genere maschile la stolta, e del tutto inattuale, sensazione che ella possa pendere gioiosamente dalle sue labbra.
Sarebbe, insomma, quel genere di fantasia erotica che si può tranquillamente «presentare alla propria madre». Alla quale, probabilmente, basterebbe invece un’occhiata per capire quanto la fanciulla in questione sia un osso ben più duro di quel che appare. Chi l’ha vista ballare seminuda in Closer, davanti agli occhi bavosi di Clive Owen, e aprirgli serafica le gambe davanti al naso, sganciandosi il perizoma con nonchalance suprema, farebbe molta fatica a credere che fosse alla prima scena sexy della sua vita. Sbagliando, perché uno dei comandamenti inderogabili di Nathalie, nata a Gerusalemme nel giugno 1981, unica figlia di un ginecologo israeliano e di un’artista dell’Ohio, è sempre stato questci: alla larga dal nudo. Per non doversi spogliare, ha rifiutato di essere Lolita per Adrian Lyne. «Non per una questione di censura, ma di disagio personale» ha sempre dichiarato. Non si sentiva «pronta», ecco, per quel genere di scene. Finché il ruolo di Alice in Closer non l’ha convinta: quel misto di sensualità e di purezza, di nudità e di innocenza, che persino i giornalisti di Time porterebbero a casa dalla mamma.
Da Panorama, 27 gennaio 2005
In seguito al suo debutto, all’età di 11 anni, nel film di Luc Besson The Professional, Natalie Portman è apparsa in numerose produzioni, fra cui Beautiful Girls, Everyone Says I Love You (Tutti dicono I Love You), Mars Attacks!, Anywhere But Here (La mia adorabile nemica), Where The Heart Is (Qui dove batte il cuore), e la produzione teatrale di “The Diary of Anne Frank.” Mentre ultimava gli studi in psicologia presso l’Università di Harvard, la Portman è stata la protagonista dei prequel di Star Wars (Guerre Stellari), di Cold Mountain, della produzione al Public Theater's Central Park di “The Seagull” al fianco di Meryl Streep e Philip Seymour Hoffman, di Garden State, e di Closer, che le è valso una nomination all’Oscar® nonché un Golden Globe® come Migliore Attrice Non Protagonista.
La Portman di recente ha interpretato Mr. Magorium’s Wonder Emporium (Mr.
Magorium e la bottega delle meraviglie), Goya’s Ghosts (L’ultimo inquisitore) di Milos Forman, My Blueberry Nights di Wong Kar Wei, e V for Vendetta. E’ apparsa inoltre in The Darjeeling Limited (Il treno per il Darjeerling) di Wes Anderson. Presto la vedremo in Brothers, al fianco di Jake Gyllenhaal, per la regia di Jim Sheridan.
Con più di dieci anni di carriera al suo attivo, candidata quattro volte al Golden Globe® e vincitrice di un BAFTA,