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Orgoglio e pregiudizio è la rassegna che mancava. Ecco i titoli che hanno cambiato la percezione del mondo LGBTQIA+

Al Nuovo Olimpia di Roma uno sguardo sul cinema queer che vola nella storia: si va dal 1961 al presente. VAI ALLO SPECIALE »
di Giovanni Bogani

Adèle Haenel (35 anni) 1 gennaio 1989, Parigi (Francia) - Capricorno. Interpreta Floriane nel film di Céline Sciamma Naissance des pieuvres.
venerdì 5 aprile 2024 - Focus

È una grande rassegna di film a tema queer, un grande viaggio attraverso le storie, i volti, i film che hanno cambiato la rappresentazione e la percezione del mondo LGBTQIA+. Si tratta di una ricca selezione, oltre la metà dei quali inediti in Italia. La rassegna, che è in corso e andrà avanti fino al 6 maggio al cinema Nuovo Olimpia di Roma, ha per titolo Orgoglio e pregiudizio. La curano Cesare Petrillo, cofondatore di Teodora film, e Simone Ghidoni.

Sembra quasi impossibile, ma non c’era una rassegna simile a Roma. Ci sono festival e rassegne che trattano questi temi a Milano, a Torino, a Firenze – il Queer film fest – e a Palermo. A Roma no. Nella città più legata al cinema d’Italia, nella città che produce più cinema, non c’era uno spazio per raccontare, per mostrare il cammino fatto dalla rappresentazione di storie, temi, conflitti del mondo LGBTQIA+.

Lo sguardo che propongono Petrillo e Ghidoni è uno sguardo che vola sulla storia: si va dal 1961 al presente. Per scoprire che molte cose sono cambiate. All’alba degli anni Sessanta, negli Stati Uniti il codice Hays proibiva di parlare apertamente di omosessualità in un film: e Quelle due di William Wyler, con Shirley MacLaine e Audrey Hepburn, poteva solo alludere a quelle minacciose calunnie che gravavano sulla reputazione delle due protagoniste del film.

All’alba degli anni Sessanta, in Gran Bretagna l’omosessualità era un reato perseguibile: e Victim di Basil Dearden mostra un Dirk Bogarde tenuto in pugno da un ricattatore senza scrupoli. Eppure, paradossalmente, era l’Inghilterra nella quale stava per esplodre la musica colorata e libera dei Beatles. Ma l’omosessualità era ancora vista come uno scherzo della natura, e Dirk Bogarde – che dieci anni dopo avrebbe interpretato Morte a Venezia di Luchino Visconti – era ancora un gay non dichiarato, sullo schermo e nella vita.

Entrambi i film, Quelle due di Wyler e Victim di Dearden, fanno parte della rassegna in corso al Nuovo Olimpia di Roma. Ma molte sono le scoperte o le riscoperte che la rassegna permette. Prima fra tutte, la scoperta dei film dell’argentino Marco Berger, al quale viene dedicata una retrospettiva completa. Il regista argentino, 45 anni, vincitore a Berlino del Teddy Award, è in questi giorni ospite della manifestazione.

“Il primo nucleo della rassegna parte proprio dalla scoperta di questo autore”, dice Cesare Petrillo, curatore della rassegna. “Ho visto un suo film quasi per caso, ho cercato tutti gli altri, li ho trovati tutti estremamente interessanti. E mi sono chiesto come mai in Italia film del genere non trovino una uscita nelle sale, nonostante ci siano tanti piccoli distributori, che seguono però tutti più o meno lo stesso percorso. Così, con l’aiuto di Circuito cinema, ho creato la rassegna attorno ad una retrospettiva di Marco Berger”.

Berger”, dice Petrillo, “mette a fuoco storie di uomini contemporanei, senza oscurare gli aspetti teneri e quelli tossici. Berger non ha paura di riprendere questi uomini nella loro nudità fisica: i genitali, nel suo cinema, non sono mai rappresentazione pruriginosa, ma un aspetto normale del corpo, come gli occhi, le mani, le bocche, i capelli. E insieme a lui, scopriamo una parte della società dell’Argentina contemporanea, che fino a poco tempo fa era intrappolata in un modello maschile latino, virile, invulnerabile”.

 


In foto una scena di Tangerine di Sean Baker.

I film di Berger non sono mai arrivati in Italia. Ma non sono gli unici non pervenuti: in Italia è ancora scarsa la circuitazione di film a tematica LGBTQIA+. Molti film queer non arrivano nelle sale italiane, gran parte delle quali sono ancora sale parrocchiali. Non tutti lo sanno, ma ha ancora una grande influenza nella programmazione delle sale la Commissione nazionale valutazione film, ovvero la “critica cinematografica”, spesso molto attenta e anche illuminata, ma pur sempre di nitida ispirazione moralista, espressione della Conferenza episcopale italiana.

La rassegna romana propone grandi cult movies popolari insieme a film più rari. Fra i cult movies, Cabaret di Bob Fosse, che nel 1972 consacrò il talento di Liza Minnelli, in una storia ambientata nella Berlino degli anni Trenta, travolto dalla follia nazista. Il film è in programma il 15 aprile alle 20:30.

Ma è un cult anche My Beautiful Laundrette di Stephen Frears, che alla metà degli anni ’80 segnò un punto di svolta, il momento della rinascita del cinema britannico, che di lì a poco avrebbe emozionato il pubblico europeo con i film enigmatici di Peter Greenaway, con i film sensuali e queer di Derek Jarman, con la furia politica di Ken Loach. My Beautiful Laundrette vede protagonista un giovane Daniel Day-Lewis nei panni di un fascistello sexy e sfacciato, che s’invaghisce imprevedibilmente di un giovane pakistano. Il film è in programma il 16 e il 22 aprile.

Basato sulla pièce teatrale "La calunnia" di Lillian Hellman, Quelle due di William Wyler è il primo film hollywoodiano a parlare di lesbismo. Lo fa con Audrey Hepburn e Shirley MacLaine. L’anno è il 1961, lo stesso di Victim di Basil Dearden con Dirk Bogarde. Torniamo negli anni ’80 con Desert Hearts di Donna Deitch, un film indipendente che fu presentato, all’epoca – 1985 – al festival di Locarno, dove vinse il Pardo di bronzo. Racconta l’amore fra una professoressa universitaria e una ragazza abbandonata dalla madre, nel deserto del Nevada. È il primo film a rappresentare una relazione lesbica in modo non tragico: pare che Greta Garbo, niente di meno, avesse apprezzato molto il film.

Negli ultimi anni, sono stati i grandi festival internazionali – Cannes, Venezia, Berlino – le grandi vetrine della produzione queer. Ma lo sono stati in modo differente: Cannes seleziona molti film a tematica queer, ma privilegia spesso un’estetica spettacolare, “borghese”. Il più coraggioso dei festival internazionali, al riguardo, rimane Berlino.

Frugando ancora nella programmazione, troviamo Naissance des pieuvres, l’opera prima di Céline Sciamma, con Adèle Haenel – oggi icona queer – in uno dei suoi primissimi ruoli. La storia è quella di tre nuotatrici adolescenti, e dell’esplodere inatteso e violento dei loro sentimenti. And Then We Danced è stato presentato nel 2019 alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes: racconta le vicende di due ballerini georgiani, rivali professionalmente ma attratti l’uno dall’altro. Non è difficile immaginare come il governo georgiano abbia boicottato il film. È uscito dappertutto, tranne che in Italia, Tangerine di Sean Baker, girato con gli iPhone e un budget ridottissimo in pochi giorni sul Santa Monica Boulevard di Los Angeles, e proiettato al Sundance, dove ha riscosso un successo enorme, diventando velocemente un cult movie.


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