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L'eterno ritorno di Don Camillo, una boccata d'aria pura

Retequattro trasmette Don Camillo, una sicurezza; Cervi e Fernandel amici eterni.
di Pino Farinotti

martedì 7 giugno 2022 - Focus

Retequattro ha trasmesso due film. Didascalia: “Nemici come noi”. I titoli: Don Camillo monsignore...ma non troppo e Il compagno don Camillo. Che bel ritorno. Benemerito, eterno, una sicurezza, un amico fedele. E gradimento sempre alto. E grazie a quel fenomeno, quel genio, che era Giovanni Guareschi

Nacque a Fontanelle di Roccabianca il primo maggio (ed è un discreto segnale) del 1908. Un altro segnale è la famiglia. Il padre, Primo Augusto era un sindacalista socialista, la madre Lina Maghenziani era una fervente cattolica. Dunque un destino già segnato e anche una fortuna. Il mantra di Guareschi sono la lotta e il contrasto. Don Camillo e Peppone ne sono i modelli perfetti e completi, e intelligenti, soprattutto il prete. E’ legittimo dire che per il suo carattere aggressivo e spigoloso, il Giovannino fosse sempre in pericolo. Diceva: “se devo discutere con un fascista divento comunista, e viceversa.” E così accadde, ed è uno dei tanti episodi, che dovette farsi un anno di galera per aver insultato Mussolini. Lavorò alla rivista Bertoldo, della Rizzoli, poi al Candido. Del quale scrisse: “Qualcuno si ostinerà a voler trovare che Candido ha vaghe tendenze destrorse, il che non è vero per niente in quanto Candido è di destra nel modo più deciso e inequivocabile». Sì, roba alla Guareschi.  

E poi, nel 1948 ecco il primo romanzo, "Don Camillo e Peppone". Successo immediato e il cinema lì pronto.   I film sono 5. Don Camillo (regia di Julien Duvivier 1952); Il ritorno di don Camillo (Duvivier 1953); Don Camillo e l’onorevole Peppone (Carmine Gallone 1955); Don Camillo monsignore… ma non troppo (Gallone 1961); Il compagno don Camillo (Luigi Comencini 1965). Le storie non sono mai casuali, vengono da spunti di storia e di cronaca. “Monsignore ma non troppo” parte da un’immagine dove Eisenhower stringe la mano a Krusciov. Allora si chiamava “distensione”. Ma fra i due contendenti di distensione ce n’è poca. “Il ritorno…” parte dall’alluvione del Polesine, che fu in quel 1951 una grande tragedia. Ma dove i due danno il meglio di sé stessi è in Don Camillo e l’onorevole Peppone. Siamo in tempo di elezioni.  Certo sono antagonisti per ideologia e partito e mistica. Peppone è sempre circondato da un collettivo di compagni. Ma Camillo, da solo, è sempre in grado di fregarlo. Il film presenta una battuta che ha fatto storia, del prete: “Nella cabina dio ti vede, Stalin no.” E ancora.  Per dare un esempio di cultura, sicuro di sé Peppone cita “Risus abundat in bucca stultis. Camillo gli risponde “gloria a te Peppone, oh fronte della cultura” Quello era il gioco, bello e irresistibile. E buono. Esplicitato dalla voce fuori campo del narratore Emilio Cigoli. I due pedalano di lena in bicicletta, si superano a vicenda.  “Incomincia l’eterna gara nella quale ognuno dei due vuole disperatamente arrivare primo. Però, se uno dei due s’attarda l’altro lo aspetta. Per continuare assieme il lungo viaggio fino al traguardo della vita.” E’ la frase che chiude “… l’onorevole Peppone. E poi le invenzioni. Ancora una volta geniale è il crocefisso che parla col prete. E’ la sua coscienza, che lo frena quando Camillo sta esagerando. Erano due le voci, la prima di Ruggero Ruggeri che poi morì e venne sostituito da Renzo Ricci. Erano giganti del teatro, e anche del cinema di allora. E le voci erano simili, erano poesia. 

  La musica. Alessandro Cicognini, gran maestro, (centinaia di colonne) componeva due sinfonie, una allegra e una sentimentale. Un esempio possono essere le musiche della serie “Pane, amore”. Fanno parte della vicenda come gli scenari e gli attori. Cervi e Fernandel. Amici eterni e… una boccata d’aria pura.  


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