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È morto Jean-Paul e come fai ad essere indifferente?

È impossibile "schiacciare" Belmondo in una definizione o in un genere. È stato tutto, al livello più alto.
di Pino Farinotti

lunedì 6 settembre 2021 - News

È morto Jean Paul, e come fai ad essere indifferente? I vecchi attori muoiono, è una notizia frequente, quasi sempre fai mente locale, lo ricordi, l'hai visto in questo o quel film. La memoria si ferma lì. Ma Belmondo era uno di quelli che, nel ricordo, non passano via. Dico qualcosa di banale: era un amico. La sua presenza è stata importante, nel tempo e nell'azione. Ha interpretato un centinaio di film dal 1956 al 2008. Aitante, simpatico, ironico, charmant, non bello. Non come un Alain Delon, ma capace di contrastarlo sul piano dell'appeal in Borsalino, dove i due si muovevano spalla a spalla.

È impossibile "schiacciare" Belmondo in una definizione o in un genere. È stato tutto, al livello più alto. Ci sono attori, anche importanti, specialisti in questo o quel ruolo, l'avventuroso, il drammatico, l'amoroso, l'uomo della legge, il criminale, l'intellettuale. Tutto questo l'attore lo ha toccato. E così occorre stare alla memoria di getto, che è quella che funziona meglio, che porta a galla i momenti salienti.
Pino Farinotti

E non si può non iniziare dal 1960, l'anno magico. Belmondo è protagonista di Fino all'ultimo respiro, (Jean Luc Godard), Asfalto che scotta (Calude Sautet), Moderato cantabile (Peter Brook), L'adultera, episodio di La francese e l'amore, (Henri Verneuil), Le distrazioni (Jacques Dupont), Lettere di una novizia (Alberto Lattuada). Infine, La ciociara (Vittorio De Sica).

L'attore, plasmato da questi maestri, uscirà da quell'anno accreditato in assoluto. A 27 anni il cinema gli si inchina. Due titoli vanno privilegiati, il primo: Fino all'ultimo respiro (À bout de Souffle) gran manifesto della Nouvelle Vague. Nel 1983 il regista Jim McBride diresse All'ultimo respiro, il remake, con Richard Gere, che non era uno qualunque. Ma la qualità del master non fu neppure sfiorata. L'altro titolo non può che essere La ciociara, dove Jean Paul faceva Michele, il giovane idealista e coraggioso che finisce ucciso dai fascisti. Da allora le performance si sono susseguite, sempre attraverso caratteri diversi. Fra le molte ricordiamo il rompicollo irresistibile de L'uomo di Rio, il partigiano in Parigi brucia?, il popolano Henri Fortin nell'edizione dei "Miserabili" diretta da Claude Lelouch. Ma siamo, come si dice, nella punta dell'iceberg.

Ma voglio concedermi un mio ricordo personale: il film Quando torna l'inverno, di Henri Verneuil, del 1962. In una cittadina della costa francese si incontrano Albert, (Gabin), un anziano che ha fatto la guerra e ha viaggiato in oriente, e Gabriel (Belmondo), sulle tracce di una figlia che intende visitare in un collegio. Gabriel è un visionario mezzo matto, ma intelligente, la sua ambizione sarebbe fare il torero, in Francia. I due sognano insieme. L'anziano si gode l'ultima occasione prima di arrendersi alla vecchiaia. Il film era tratto da un romanzo di Antoine Blondin. La memoria rimanda la sequenza dove Gabriel-Jean Paul, in mezzo alla strada, si destreggia con la muleta, sfiorando le macchine. Belmondo giocava alla pari con il partner Gabin. Non era facile.


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