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Dopo il matrimonio, un remake che rivela la nobiltà dei suoi interpreti

Il film, governato da Bart Freundlich con destrezza, diventa la celebrazione di tre grandi attori e l’occasione di esplorarne il rilievo. Ora in streaming su MioCinema. GUARDALO SUBITO »
di Marzia Gandolfi

sabato 6 giugno 2020 - Focus

Possiamo fuggire dall’altra parte del mondo ma il nostro passato finirà sempre per riprenderci. Era vero per Mads Mikkelsen nel film di Susanne Bier del 2006 (Dopo il matrimonio), è vero per Michelle Williams che occupa la medesima posizione (esistenziale) nel remake firmato da Bart Freundlich. Per nessuno dei due l’India è abbastanza grande o abbastanza popolata perché possano nascondersi, cancellare tutto e ricominciare da zero.

Lo scambio di genere costituisce certamente il cambiamento più forte ed evidente di questa nuova versione americana che ha al centro la coppia Julianne Moore e Billy Crudup, un duo di attori la cui complicità è palpabile fin dalle prime battute. Nel film interpretano rispettivamente una ricca imprenditrice newyorkese e un artista di incerto successo. ‘Distinti’ nella professione ma uniti nella passione, hanno due gemelli di pochi anni e una figlia alla vigilia del matrimonio, momento cardine  di questo racconto di redenzione. Alla cerimonia partecipa ‘per caso’ Isabel (Michelle Williams), una giovane donna che dirige un orfanotrofio in India e a cui la madre della sposa è pronta a fare una generosa offerta.

Per chi non avesse visto il film di Susanne Bier, non andremo più lontano. Ci accontenteremo di un’osservazione, le motivazioni dei protagonisti sono più complesse di quanto appaiano e i due film illustrano in fondo la stessa verità: gli errori del passato finiscono immancabilmente per presentare il conto al presente.

La ‘dimostrazione’ diretta da Bart Freundlich appare meno viscerale di quella di Susanne Bier, particolarmente nei passaggi indiani, così splendidi e luminosi che fatichiamo a credere che l’orfanotrofio di Isabel sia sull’orlo dell’abisso. Ma è sufficiente la presenza bionda e malinconica di Michelle Williams a superare l’impasse e a trasferirsi a New York.


Il capitolo newyorkese, governato dal regista con più destrezza, diventa la celebrazione di tre grandi attori e l’occasione di esplorarne il rilievo.
Marzia Gandolfi, MYmovies.it

Se la necessità imperiosa di un remake resta ancora da dimostrare, la somma di sentimenti complessi e contraddittori era già impressionante nel film originale, Dopo il matrimonio esibisce da par suo tre performance difficili da dimenticare. Julianne Moore conferma l’eminenza del suo ruolo a Hollywood, dosando ragione e sentimento, metodo e gusto del rischio. Quando appare sullo schermo impone subito l’illusione della perfezione che è in relazione con la sua fisionomia, un miracolo rinascimentale, ma soprattutto con l’autorità che emana un’attrice al lavoro. Una composizione e una compostezza che vengono minate, se non distrutte nel corso della proiezione, dal ‘vizio’ (Maps to the Stars) o nello specifico dalla malattia. In una delle scene più struggenti, Julianne Moore fa nascere, proprio come in Gloria Bell (guarda la video recensione), un film inedito, più vulnerabile e lirico del suo predecessore.

Ma è anche sulle spalle di Michelle Williams, attrice ‘estrema’ che si serve della sua fisicità amabile per condurre lo spettatore negli angoli più reconditi della psiche dei personaggi, che riposa il film di Bart Freundlich. Lo sguardo nocciola sempre brillante di lacrime, il mezzo sorriso, i tratti delicati, il taglio essenziale donano a Michelle Williams quell’aria eternamente discreta e alle sue eroine quella loro fragilità apparente. Di una delicatezza rara, la sua Isabel affianca la vertigine Moore ricorrendo ancora una volta a un processo introspettivo, lo stesso che le ha permesso di incarnare in passato la più splendente e la più triste delle attrici hollywoodiane (Marilyn). Il ruolo sottile di Isabel le va come un guanto e produce una performance densa e sobria fino a quando la superficie esplode. Potente restando umile, dona carne a un personaggio riservato che si incrina sotto i colpi dell’amore.


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