Il film con Jennifer Aniston spreca un soggetto esplosivo per eccesso di autocensura buonista. Ora su Netflix.
di Ilaria Ravarino
Allevata dalla zia Rosie a Clover City, in Texas, Willowdean Dickson è da poco rimasta sola al mondo: sua madre Lucy, ex reginetta di bellezza locale, non ha mai saputo né voluto occuparsi di lei. Da quando la zia non c'è più, alla ragazza resta solo la sua migliore amica Ellen, con cui condividere la passione per la musica di Dolly Parton e dalla quale farsi aiutare per difendersi dai bulli del liceo. Willowdean viene presa in giro perché è sovrappeso, e per lo stesso motivo, ne è convinta, sua madre la disprezza. E così, un giorno, elabora un piano per vendicarsi di lei: iscriversi al concorso di bellezza del paese per metterla in imbarazzo davanti a tutti.
"Non voglio diventare la Giovanna d'Arco delle ciccione": quando Willowdean pronuncia questa battuta nel film, superata la lunga zuccherosa introduzione sulla sua infanzia, si ha come un brivido sulla schiena. È la scossa del politicamente scorretto, della cattiveria, di quella crudeltà tanto umana e tanto vera che le commedie in stato di grazia riescono a comunicare senza ferire, effettivamente, nessuno.