Quando uscì nel 1886, il racconto "Lo strano caso del Dr. Jekyll e del signor Hyde" di Robert Louis Stevenson ebbe un immediato e clamoroso successo. Non erano in tanti a saper leggere, ancora a fine Ottocento, ma quelle decine di migliaia divorarono la storia. Perché proprio questo mito letterario ha suscitato tanto clamore e ha meritato tante versioni cinematografiche? Il tema del doppio, evidentemente, ha affascinato e continua ad affascinare generazione dopo generazione, magari mescolandosi a questioni non solo psicologiche, come quelle sociali, politiche e culturali.

Venom, fin dalla sua nascita come personaggio fumettistico, e ora certamente nella versione diretta da Ruben Fleischer, segue lo schema di Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Una volta mescolato al simbionte, il protagonista diviene oggetto di una schizofrenia. Se i suoi poteri non apparissero anche all'esterno, farebbe la figura del matto o del visionario.

Venom è un doppio quasi onnipotente, e soprattutto è preda degli istinti più basici: si scontra violentemente col prossimo, è sempre affamato (di corpi vivi), propone costantemente comportamenti incivili e brutali, è dominante e istintuale. Proprio come Hyde, che trasformava letteralmente il corpo di Jekyll, e che ne rappresentava la parte oscura, incivile, e fors'anche seducente e carismatica. Venom, insomma, risulta simpatico agli spettatori, e non è un caso che sia raffigurato con occhi e volto non lontani dallo Stitch di Lilo & Stitch, ovviamente in versione nera e ringhiante.

L'esperienza di vedere Venom in una sala piena, inoltre, è istruttiva per altri motivi. Il film produce reazioni divertite, e le risate non si contano. Pur abituati a una certa dose di commedia anche nei serissimi protagonisti del Marvel Cinematic Universe ufficiale, notiamo che questa alternativa della Sony pare puntare chiaramente al comico, quando non a effetti parodistici, talvolta scorretti e sarcastici. E tornando alla suggestione iniziale, non possiamo dimenticare le versioni umoristiche di Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Una su tutte, Le folli notti del Dr. Jerryll con l'immenso Jerry Lewis che affidava al suo alter ego tutta la capacità di piacere alle ragazze e di rappresentare il maschio alpha che il timido professore non riusciva a esprimere.

Ancora di più, un'altra versione non ufficiale del racconto di Stevenson, era presente in The Mask con Jim Carrey, forse il film che Venom maggiormente ricorda.

Quel continuo slittare, anche con gli effetti speciali digitali, da un volto umano a un essere strano e bizzarro, ribelle e eccessivo, ha lo stesso schema del prodotto tratto dalla Marvel. Il che non significa che i realizzatori la buttino per forza in caciara, ma che il motore del film è la sensazione liberatoria di vedere il personaggio alle prese con la scissione dentro di sé e le imbarazzanti conseguenze del caso. Tom Hardy possiede il physique du rôle del caso? Ai posteri l'ardua sentenza. Di nuovo e sorprendente, questa volta, c'è che la schizofrenia ha le potenzialità per essere ricomposta attraverso un compromesso. La nostra parte oscura ci libera e forse ci travolge, ma noi possiamo a nostra volta educarla. In epoca di violente contrapposizioni ideologiche e politiche - in tutto il mondo - dal grottesco e leggero Venom ci arrivano insomma indicazioni di una certa saggezza. Non è poco.