Se il sodalizio con Leone è irrinunciabile, le sorprese si trovano nel Morricone nascosto e meno conosciuto, quello sperimentale o frivolo. Ascoltali subito »
di Emanuele Sacchi
In una serata scialba e piena di assegnazioni ed esclusioni discutibili come quella degli ottantottesimi Academy Awards, la lieta novella destinata a mettere tutti d'accordo riguarda il sospirato e tardivo Oscar a Ennio Morricone. L'uomo che ha inventato quel misto di deguello e tradizione italica che ha codificato la musica dei duelli e degli spaghetti western di Sergio Leone, che ha generato epigoni a non finire, che ha lavorato con tutti i più grandi registi, mettendo alla prova la sua duttilità.
Se il sodalizio con Leone è irrinunciabile, le sorprese si trovano nel Morricone nascosto e meno conosciuto, quello sperimentale o frivolo, che ha saputo adattarsi alle atmosfere più disparate dei grandi del cinema italiano e straniero.
All'epicità di Bertolucci, allo choc di Dario Argento, al pop di Bava, alle stilettate morali di Petri. Tutto questo è Ennio Morricone.
Dall'omonimo film di Elio Petri. Tra un mandolino pizzicato come fosse un clavicembalo e un maranzano, strumenti del nostro meridione, una storia tutta italiana (e tutta meridionale) di un rappresentante delle forze d'ordine e della sua impunibilità, in un'Italia che sembra andare in pezzi.
Da Il buono, il brutto, il cattivo di Sergio Leone. Tuco, il Brutto, insegue il sogno di una nuova vita, un tesoro sepolto che splende in un panorama di morte, desolazione, tradimento e vite svendute. Per un attimo il più meschino degli uomini corre leggero come un puledro e noi con lui, catturati dall'estasi dell'oro.
Da Mission di Roland Joffé. Nonostante sia stato sfruttato in molteplici contesti, si dimostra impermeabile all'usura lo struggente tema di Mission e di Robert De Niro, che scala una montagna in cerca di una tardiva redenzione.
Da Novecento di Bernardo Bertolucci. Gli archi che accompagnano il movimento di un popolo che avanza, degli oppressi in cerca del sospirato riscatto mentre la Storia procede a passo spedito. Un suono che racchiude in sé un'intera nazione, un intero secolo.
Da C'era una volta in America di Sergio Leone. Ancora note malinconiche e archi che nascondono un pianto infinito. Quello di un amore rovinato dal destino e beffato da un orgoglio indomabile. Il pianto di una vita svenduta per essere vissuta da altri, come quella di Noodles.
Da Diabolik, di Mario Bava. Il Morricone più insolito, quello lounge e sbarazzino degli anni Sessanta coloratissimi di Diabolik e Eva Braun, coppia sexy al centro del groove kitsch di Deep Down. Brano ripreso e coverizzato dagli alternative anni '90, da Mike Patton ai Broadcast.
Da Il clan dei siciliani di Henri Verneuil. Il tuffo nelle atmosfere del polar francese, con Alain Delon e Jean Gabin, senza perdere mai il proprio inconfondibile tocco.
Dal film omonimo di Dario Argento. Organo hammond e urla freeform in una jam infernale a metà tra jazz e progressive, con una punta di modernità kraut-rock. Sono i titoli di testa di uno dei più importanti film di Dario Argento e un esempio di Morricone horror.
Da Una lucertola con la pelle di donna di Lucio Fulci. Ispirato dal fascino ambiguo della "lucertola" Florinda Bolkan, un esempio fulgido del Morricone più sperimentale, trascinato da un ritmo di batteria in libertà e da una chitarra ultradistorta. Sempre un passo più avanti.
Da I giorni del cielo di Terrence Malick. Un treno che sfreccia nell'America degli Anni Dieci. Amori, menzogne e tradimenti tra i campi di grano di una nazione che sembra infinita, ostile e affascinante.
Da C'era una volta in America di Sergio Leone. Nell'interpretazione dell'Orchestra di Verona rivive la tensione del duello imminente e del sangue destinato a scorrere. La resa dei conti è vicina.
Dal film omonimo di Sergio Leone. Per i più nota come "Sean, Sean", per molti il vertice della produzione artistica di Ennio, il suo marchio di fabbrica e insieme summa sonora. Mai così struggente come nell'invocazione all'anti-eroe Sean, disilluso, autodistruttivo ma incorruttibile e amico sincero.
Da The Hateful Eight di Quentin Tarantino. E infine la colonna sonora che vale il sospirato e strameritato Oscar, la musica che accompagna una diligenza di canaglie disposte a tutto, mentre attraversa il gelo di una terra sconfitta dall'odio.