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La politica degli autori: Stefano Sollima

Un regista esordiente dallo stile personale e dal futuro promettente.
di Mauro Gervasini

In foto Stefano Sollima, regista del film ACAB - All Cops are Bastards.
Stefano Sollima (58 anni) 4 maggio 1966, Roma (Italia) - Toro. Regista del film ACAB - All Cops Are Bastards.

mercoledì 11 gennaio 2012 - Approfondimenti

Direte: una politica degli autori dedicata a Sollima riguarderà cose meravigliose del passato, tipo il Sandokan televisivo con Kabir Bedi, il noir d'azione con Charles Bronson Città violenta oppure il trucido spaghetti western La resa dei conti con Lee Van Cleef. E invece no. Quello è Sergio, il papà. A noi interessa Stefano, il figlio. Il quale ha girato un solo film per il grande schermo, ACAB – All Cops Are Bastards, che neppure è stato distribuito (ma è questione di giorni: dal 27 gennaio è in sala). E sarebbe già un autore?!? No, ovviamente. A noi però interessa il percorso, paradigmatico di come autore si possa diventare, con una cifra stilistica personale, delle storie da raccontare, un mondo da rappresentare.

Stefano Sollima (Roma, 4 maggio 1966) la gavetta non la fa scrivendo e filmando fiction, ma come operatore dei principali canali all news, tra i quali il più importante di tutti, CNN. Macchina da presa in spalla, sabbia del deserto negli occhi: percorre i luoghi del Medio Oriente, solca le zone di guerra, filma l'inaccessibile e l'inaudito. Per altre emittenti americane celeberrime, NBC e CBS, realizza anche documentari. Poi torna in Italia ed elabora l'esperienza in altri campi, soprattutto in televisione con Romanzo criminale - La serie (2008-2010), liberamente ispirato al libro di Giancarlo De Cataldo e al film di Michele Placido, omonimi.

Perché nella carriera di Sollima è importante il "prima"? Perché parliamo di un regista che valuta attentamente anche altri aspetti del "fare cinema", a partire dalla sceneggiatura, sulla cui stesura è attivissimo; ma al quale la preparazione tecnica permette di avere uno "sguardo" per tradurre in immagini la scrittura. In un panorama di cineasti italiani che considerano la regia esclusivamente funzionale al resto, e che sono incapaci di tenere loro in mano una macchina da presa, Sollima impone un ritorno alla tradizione di suo padre e di quelli come lui. Si passa dal concetto ambiguo di autore a quello ben definito di artigiano. Abbiamo visto ACAB ed è una prova di tutto questo. Il film è ispirato al libro di Carlo Bonini (edito da Einaudi) che segue vite e carriere dei celerini romani, alcuni dei quali identificabili con personaggi realmente esistenti. Insieme a Daniele Cesarano, Barbara Petronio e Leonardo Valenti, già sceneggiatori di Romanzo criminale, Sollima ha romanzato i personaggi, che hanno altri nomi e altri pseudonimi, lasciando però intatto il contesto. La Roma degli scontri con gli ultrà e dell'omicidio Reggiani; l'urbe della campagna elettorale avvelenata dalla violenza e dei celerini che nel conflitto quotidiano finiscono per sembrare una banda tra bande.

Al di là degli aspetti narrativi, che non ci interessa valutare in questa sede, è appunto lo sguardo a fare la differenza. Quello che ad esempio permette a Sollima di filmare con estremo nervosismo l'irruzione dei poliziotti protagonisti (Marco Giallini, Pierfrancesco Favino, Filippo Nigro e la recluta Domenico Diele) nel covo dei fascisti, o la diversa operazione ai giardinetti. Lo sguardo è lo stesso di Romanzo criminale: permette di trasformare la città in una zona di guerra, come raramente si è visto nel cinema italiano recente. Poi, a ben guardare, anche sulla serie ispirata a De Cataldo andrebbe aperta una parentesi. Sollima e il suo staff avevano un compito da far tremare i polsi: "rileggere" un libro magmatico che attraverso la mitologia criminale degli anni '70 e '80 crea un vero e proprio immaginario. E bisognava anche non copiare il film. Non solo Romanzo criminale – La serie non fa il verso a niente e a nessuno, ma rilancia vivificando i personaggi delle pagine e mettendo in scena il loro mondo. Con un realismo duro e crudo che non solo era inconcepibile nella fiction italiana precedente, tipo Maresciallo Rocca o Distretto di polizia, ma non è raggiunto a questi livelli nemmeno dalla versione cinematografica di Placido.

Dedicando la nostra politica degli autori a Stefano Sollima ci rivolgiamo quindi a un cineasta non tanto del presente quanto del futuro. Il destino del cinema italiano, specie quello popolare, passa anche da persone come lui.

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