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Beppe Fiorello, il debutto da produttore

L'attore racconta i prossimi progetti, tra cinema e televisione.
di Giovanni Bogani

Giuseppe Fiorello Altri nomi: (Giuseppe Fiorello ) (55 anni) 12 marzo 1969, Catania (Italia) - Pesci.

lunedì 28 marzo 2011 - Incontri

Un corto, un film, una serie tv per Beppe Fiorello. La sfida di un esordio come produttore cinematografico, e quella di raccontare – per il grande pubblico televisivo – il dramma dei padri separati. Infine, il ritorno al cinema, con il film di Emanuele Crialese Terraferma.

Fiorello, iniziamo dal tuo esordio come produttore. Il corto Domani, due minuti su uno dei principi della Costituzione italiana. Come è nato tutto?
In modo molto semplice. Giovanni Bufalini, un regista che da tempo lavora con me, mi ha proposto l'idea. C'era un concorso, per il quale potevano partecipare corti di due minuti, ispirati a princìpi della Costituzione. Abbiamo scelto il più semplice: la bandiera italiana è composta di tre rettangoli di eguale dimensione, bianco, rosso e verde. E ci abbiamo composto sopra una storia, breve e – spero – poetica.

Perché fare il produttore?
Per affrancarmi dai soliti meccanismi burocratici, dalle lungaggini, dai voleri di quelli più grandi di te. Quando c'è una buona idea, vorrei poterla realizzare, senza dover dipendere dai voleri di altri. In questo primo tentativo mi ha aiutato moltissimo mio fratello, Rosario. Gli ho detto: 'Rosa', damme una mano'. E lui non si è tirato indietro. Ci ha messo i suoi consigli, il suo entusiasmo, la sua società di produzione.

Ma sono state le prove generali per un film "lungo", da produrre in proprio?
Beh, in qualche modo sì. Produrre un film corto significa affrontare le stesse difficoltà che incontri nel produrre un film vero e proprio: cercare i permessi per girare, tutta la burocrazia, gestire un budget, gestire una troupe, curare che tutto sia professionale. Tutta esperienza che spero ci sia utile per affrontare un lungometraggio. L'idea c'è, abbiamo iniziato a scrivere la settimana scorsa. Sarà una commedia sul tema della famiglia, da girare il prossimo autunno, o nella primavera 2012. E mi piacerebbe che fosse lo stesso regista del corto, Giovanni Bufalini, ad affrontare l'impegno.

E il cinema degli altri, il cinema italiano degli "autori", che rapporto ha con te?
Sono sincero. Io non ho fatto parte del cinema italiano degli ultimi anni, e non è stato per mia volontà. Anzi, ne ho sofferto. Perché il cinema italiano l'ho sempre seguito, e apprezzato, e amato. Avevo esordito con Marco Risi ne L'ultimo compleanno, insieme a Claudio Santamaria, e poi avevo proseguito con Carlo Verdone, un'esperienza straordinaria, in C'era un cinese in coma. Poi, più niente, praticamente. Ma non sono stato io a volerlo.

Adesso, però, un film importante c'è.
Sì: e sono stato molto felice che un regista come Emanuele Crialese, che ha talento da vendere, si sia ricordato di me. Mi ha dato un ruolo in Terraferma, e mi è sembrato in qualche modo di rinascere, al cinema. Abbiamo girato a Linosa, con un cast di attori e di non attori: con me c'erano Donatella Finocchiaro, Mimmo Cuticchio, Filippo Pucillo, ma anche pescatori veri.

Qual è il tuo ruolo in Terraferma?
Sono Nino, un pescatore che non crede più in quello che hanno fatto i suoi padri, la sua gente, per generazioni. E che vuole usare la barca di suo padre per portarci su i turisti. É il crollo di un mondo, la trasformazione di un'economia. Io spero che il film di Crialese sia un modo, per me, per riaffacciarmi ad un mondo, quello del cinema italiano, che mi ha messo un po' da parte, senza che io lo volessi.

In compenso, per anni la televisione ti ha dato un ruolo centrale. Lo rinneghi?
No, niente affatto! La televisione mi ha permesso di diventare, per tanti italiani, un narratore di storie. Mi ha permesso anche di raccontare cose che forse il cinema non ha avuto il coraggio di raccontare. Come quando abbiamo fatto La vita rubata, su un omicidio di mafia, una storia rimasta insabbiata per vent'anni. Io credo che in molti casi la televisione abbia avuto più coraggio del cinema, nell'affrontare la nostra storia.

E ora quale storia vorresti raccontare?
É un tema che ho in mente da tanti anni. E che riguarda milioni di italiani. Il dramma dei padri separati. In Italia sono quattro milioni, i padri separati. E quasi un milione di loro vive sotto la soglia della povertà. Non è una cosa da niente. Perché? Perché quando una coppia si separa, è sempre lui a dover abbandonare il tetto coniugale, e quindi a doversi cercare una casa, e pagare gli alimenti. E molti non sono in grado di affrontare questo impegno.

Stai per iniziare a girare una serie su questo tema?
Sì: iniziamo a girare l'11 aprile. É una miniserie per Raiuno, due puntate che andranno in onda probabilmente in autunno. La regia è di Lodovico Gasparini. E ci saranno Ana Caterina Morariu, Rodolfo Laganà, Angelo Orlando e Gioia Spaziani. Il titolo provvisorio è Sarò sempre tuo padre.

Che cosa racconterete, esattamente?
Per esempio, che cosa succede, quando una coppia si separa, a un padre cui non viene data la possibilità di vedere suo figlio, che viene buttato fuori di casa, che non sa più dove andare a mangiare e a dormire... Quando gli sceneggiatori mi hanno fatto leggere la storia, ho detto loro: ma non avete esagerato? Mi hanno consigliato di visitare alcuni siti di assistenza a padri separati. Ho conosciuto storie che mi hanno messo i brividi. Ho scoperto situazioni addirittura tragiche. Gente che non sa come mangiare, dove dormire, che si adatta a dormire sotto i ponti. E tutto questo, in un'Italia apparentemente 'normale'.

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