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Storia "poconormale" del cinema: puntata 102

Una rilettura non convenzionale della storia del cinema. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto Kevin Costner in una scena del film Balla coi lupi
Kevin Costner (Kevin Michael Costner ) (69 anni) 18 gennaio 1955, Lynwood (California - USA) - Capricorno. Interpreta Il tenente John Dunbar nel film di Kevin Costner Balla coi lupi.

venerdì 4 febbraio 2011 - Focus

Il sociale
Gli anni novanta sono certamente quelli di un nuovo ordine. Vicende politiche che hanno creato un vuoto, una ripartenza, con una velocità alla quale nessuno era preparato. E nessuno possedeva gli strumenti per affrontarla. L'abbrivio era del decennio precedente. Gli avvenimenti li conosciamo: la rivoluzione gorbacëviana, la caduta del muro, la fine della guerra fredda col dissolvimento del blocco sovietico e della stessa URSS. È anche la stagione della nuova informatica, che produce un'ulteriore accelerazione che connette trasversalmente le problematiche del mondo favorendo quella che viene chiamata globalizzazione. Tutti i Paesi e tutti gli umani si trovano davanti uno spazio infinito e "veloce" da riempire. Si trovano immersi in una realtà virtuale e nel futuribile, a scapito della percezione della realtà vera, del "qui e adesso". La cultura, cerca di capire e di difendersi.

Cinema
A noi interessa il cinema. È anche questo un decennio dove comanda il cinema americano. Significa una proposta generale dove nessun genere prevale sull'altro. Ci sono film di qualità e di evasione, capaci di lasciare segnali visibili ed eco ascoltabili anche a distanza. Il 1990 vive nel segno di Balla coi lupi. Proprio quando sembrava che il western fosse un genere superato, addirittura dimenticato, Kevin Costner ha l'intuizione giusta... forse l'ultima. Interpreta e dirige un grande western epico. Naturalmente qualcosa di nuovo occorre inventare, ma deve essere funzionale, non una maniera o un'accademia, oppure un'evoluzione, sterili. Così Costner trova una formula, anzi un insieme di formule convincenti: sta dalla parte degli indiani ma con le giuste misure, salva un segmento di epica senza affondare nell'epica, trova una bella soluzione rispetto all'antropologia di quelli che erano i primi veri americani facendo parlare agli autoctoni la loro lingua. Costner, col suo film, vince sette Oscar, fra i quali gli assoluti, al film e alla regia. Balla coi lupi merita attenzione e una citazione particolare, per l'iniziativa, benemerita, e riuscita, di richiamare un genere eroico.

Cinese
Anche il '91 è un anno ricordabile nel segno di un cinema lontano, quello cinese. Non si tratta di un fenomeno culturale come quando a Venezia, nel 1950, irruppe il Giappone con Kurosawa e il suo Rashômon, ma il vento lontano di Zhang Yimou era potente, e il suo Lanterne rosse aveva un respiro profondo, non era la solita opera che arrivava dall'estremo oriente, curiosa e contestualizzata, era per tutto il mondo. E qui si inserisce il cinema italiano, con Mediterraneo di Salvatores, che ottenne l'Oscar. Un riconoscimento che sarebbe spettato di diritto proprio a Lanterne rosse. Come ammise, dopo, lo stesso Salvatores. Il primo anno del decennio è nel segno di un eroe, nostro. Federico Fellini firma la sua ultima opera, La voce della luna. Il regista riminese non ha più l'energia di un tempo ma sa ancora leggere la realtà, secondo la sua poetica. E la realtà sembra essere stanca come lui. I protagonisti non sono un Mastroianni, ma Benigni e Villaggio, due giullari nobili, che si guardano intorno e vedono un generale tramonto volgare di tutto, e sentono un gran rumore inutile, e Benigni, alla fine guarda in alto e indica la luna, e invoca il silenzio, che permetta di ascoltare quel poco che il rumore non soffoca, quel poco che ancora può essere ascoltato.

Tarantino
A fronte della fine delle lezioni di un maestro emerge un cineasta che maestro non è, mai lo diventerà, ma indicherà delle strade molto percorse. È Quentin Tarantino che non ha nessuna remora a intitolare il suo film che più lo identifica Pulp Fiction, riprendendo la definizione dai pulp magazine, storie disegnate di criminalità, ultrapopolari. Tarantino creerà un precedente raccolto da un'infinità di adepti e un linguaggio ripreso dovunque, moda, pubblicità, gergo. Tutto costruito sul violento grottesco, il verboso grottesco, con contenuti che non sono contenuti, ma sono quasi sempre citazioni riprodotte secondo il filtro Tarantino. Con talento "filmico", certo.

I Novanta sono gli anni di grandi operazioni e grandi prodotti preconfezionati, costruiti per gli Oscar. Spielberg col suo Schindler's List intende dire l'ultima parola sulla rappresentazione dell'olocausto. Film molto importante, naturalmente. James Cameron "decide" di battere tutti i record di Oscar col Titanic, prodottone ricchissimo, tecnologico e furbo. E i record sono battuti. Nel '99 l'Oscar spetta a La vita è bella, di Benigni: anche quello un modo di vedere l'olocausto. Discusso, ma grande film. Oscar dovuto. Nel '99 Kubrick firma Eyes Wide Shut, il suo ultimo film. Kubrick altro eroe, come Fellini, finisce in quel decennio, consegnandoci l'ultimo smarrimento, suo e di tutti.

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