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Anita Caprioli, un'attrice a tutto tondo

Dal film Non pensarci, all'omonima serie tv in onda ogni lunedì su Fox.
di Alessandra Giannelli

Un'attrice vera
Anita Caprioli (50 anni) 11 dicembre 1973, Vercelli (Italia) - Sagittario. Nel film di Gianni Zanasi, Lucio Pellegrini Non Pensarci - La serie.

lunedì 1 giugno 2009 - Televisione

Un'attrice vera
Dopo una considerevole formazione teatrale, Anita Caprioli diviene la protagonista di molti film italiani per registi come Salvatores, Ferrario, Odorisio e Verdone; spicca, la sua interpretazione, in pellicole, per citarne alcune, come Santa Maradona, Denti, Ma che colpa abbiamo noi, Manuale d'amore fino agli ultimi successi di Non pensarci di Gianni Zanasi e Si può fare di Giulio Manfredonia. In queste settimane, il film culto, così è stato definito dalla critica, diretto da Zanasi è diventato una serie tv per Fox, in onda tutti i lunedì alle 23 (per dodici puntate) e, tra gli interpreti, in quel di casa Nardini, produttori di ciliegie sciroppate, c'è questa brava attrice che interpreta il ruolo di Michela, sorella di Stefano (Valerio Mastandrea), musicista agli eterni albori e Alberto (Giuseppe Battiston), marito e padre depresso. Un'attrice vera per la sua formazione e il suo già considerevole bagaglio di esperienza, pronta però a ricominciare ogni volta per migliorarsi e crescere professionalmente.

Perché, secondo te, Non pensarci è diventato un film culto?
Credo, innanzitutto, per l'essere molto autentico, che è una sua caratteristica e, all'interno di questo, troviamo il fatto che parlava di un contesto, quello familiare, in maniera diversa da come siamo abituati a trattarne, c'era molto realismo, molta semplicità. Era molto diretto il messaggio del regista che era quello non di ricreare la realtà, ma di farla esistere in quel momento e fermarla nelle inquadrature.
Quando ti hanno detto che il film sarebbe diventato una serie, cosa hai pensato?
La mia reazione è stata simile a quella degli altri, all'inizio eravamo titubanti perché il film aveva avuto un suo percorso e aveva una sua ragione di essere; il fatto di andare a estrapolare dal film un altro percorso narrativo, che poteva andare in altre direzioni, provocava, appunto, una certa titubanza anche perché poi tutti noi attori, ma anche il regista, eravamo un po' lontani dalla serie come concetto, come tipologia di lavoro. Invece, devo dire che la grande forza è stata quella di avere un grande gruppo, molto solidale, che aveva voglia prima di tutto di portare avanti un progetto che non fosse così diverso dal film per quello che andava a raccontare e per come lo faceva. Alla fine c'è stata una grande condivisione di questo lavoro tra di noi.
Quanto credi che questa serie sia attuale, parli cioè di problematiche reali?
È evidente che sia cosi! Non pensarci parla di una famiglia ed è il soggetto, ma, con chiavi più profonde, racconta molto altro e cioè il rapportarsi all'altro, tratta dei limiti dell'essere umano. In fin dei conti, la famiglia Nardini è composta da cinque elementi che fanno fatica a relazionarsi tra di loro e col mondo, per cui hanno un grande limite e questo è alla base della problematica dell'essere umano. Questo viene raccontato, metaforicamente, attraverso la crisi, il fallimento di questa fabbrica, di questa piccola ditta che sembra aver fatto il suo corso perché l'epoca delle ciliegie è finita. Ci sono tanti aspetti dei rapporti dell'essere umano che vengono colti con questa serie, ma che era anche il tentativo del film.

Tu interpreti Michela Nardini, quali saranno le evoluzioni del tuo personaggio?
La base è quella del film, poi sono stati approfonditi degli aspetti, soprattutto di Michela e, in questo caso, la sua iperattività nei confronti di qualsiasi cosa, del mondo esterno che può ricevere il suo aiuto: è volontaria nell'ambulanza, fa parte di un'associazione umanitaria, è una super ecologista, lavora al delfinario, ha una situazione sentimentale completamente sottesa, nel senso che ha un'attività talmente frenetica durante la giornata che non riesce non solo a pensare a un possibile rapporto, ma anche a se stessa, è un po' questa la sua nevrosi. Si riempie talmente la vita di cose forse per non fermarsi e farsi delle domande. Ha un carattere molto istintivo, irascibile che la porta ad essere spesso molto incongruente nei confronti delle cose che fa: cerca di aiutare gli altri, ma combina dei gran casini perché non riesce a tenere insieme le due cose. Ci sarà un fatto, legato a un concetto un po' particolare, ma non dico altro perché è una cosa molto precisa che arriverà nelle ultime puntate. Si tratta di una presa di coscienza, ma i personaggi, in realtà, non si evolvono, rimanendo un po' incastrati in loro stessi. Tanti film raccontano di personaggi che spesso, nel corso della storia, hanno un'illuminazione, ma poi capita che nella vita questo non succede. La situazione, però, nella serie si modificherà e ci sarà un risultato diverso, ma non posso parlare di evoluzione dei personaggi.
I pregi del tuo personaggio?
Sono gli stessi, è talmente buffo questo suo voler aiutare che poi provoca tenerezza nel suo non sapersi aiutare, invece. La serie ha aggiunto, rispetto al film, una visione molto buffa, ma anche tenera, dei personaggi nel senso che si raccontano molto di più i loro limiti, le loro inettitudini e questo, anche da spettatrice, è abbastanza commovente perché vedi i personaggi che raccontano di persone. I loro limiti fanno tenerezza e Michela, guardandola dal di fuori, me ne fa tanta.

Come è stato sul set il rapporto con Valerio Mastandrea e Giuseppe Battiston?
Ormai noi siamo tre fratelli adottivi, ci siamo adottati a vicenda, un po' per forza un po' per piacere. È stato bello, abbiamo lavorato bene anche con i registi (nella serie Zanasi è affiancato da Lucio Pellegrini). C'era una grande libertà che ci ha permesso di avventurarci in situazioni magari, all'inizio, dubbiose che poi alla fine si sono rivelate dei punti di forza.
Tu hai avuto una formazione seria, cosa pensi di molti attori che oggi si improvvisano tali?
Il mio pensiero non è solo in relazione al mestiere della recitazione, ma credo che ci debbano essere sempre le competenze. È necessario che una persona, per andare a ricoprire un ruolo, abbia bisogno di competenza, ma questo anche all'interno di un ospedale o in un istituto scolastico, etc... . A maggior ragione, nel momento in cui si parla di musica, di letteratura, di arte, è necessario che ci sia una competenza perché quello che vai ad offrire è un gran risultato e davanti hai un pubblico che deve goderne. Nell'ambito dello spettacolo ne sarebbe danneggiato lo spettatore, che fruisce di quell'opera, e il rischio è che il livello si appiattisca un po'.
Ti è mai capitato di confrontarti con un personaggio che non ti piaceva?
No, nel senso che è una scelta che si fa a priori quando capisci che un progetto non ti piace, non ti corrisponde. Tutte le cose che ho fatto mi hanno sempre dato qualcosa ed io ho dato qualcosa; è sempre stato un incontro creativo, interessante, anche se più o meno difficile, ma non ho mai detestato un mio personaggio.

Tu hai lavorato con i più importanti registi italiani, che cosa hai imparato?
Non ho mai la sensazione di aver finito un percorso di apprendimento, anche se è ovvio che, dopo alcuni anni, hai un bagaglio di esperienze, hai acquisito delle informazioni e capacità che puoi usare per migliorare. Però è un percorso che non ha fine, per cui è come se fossi sempre all'inizio ed è la cosa che più mi piace di questo lavoro, probabilmente sarebbe noioso il contrario. È affascinante per me, ogni volta, mettermi di nuovo in discussione per poter crescere e prendere qualcosa. Anche la serie, che era una cosa lontana dalla mia esperienza, alla fine ci ha arricchito tanto anche se la modalità di lavoro è diversa da quella del cinema. Noi avevamo voglia di riuscire a tenere alta la qualità, per cui il fatto di mettersi in una condizione di difficoltà ti porta a trovare strade diverse e ti fa crescere.
C'è un'attrice che ammiri particolarmente?
Ci sono attrici che stimo e ho stimato tanto come Monica Vitti o Giulietta Masina che, nel percorso del nostro cinema, sono riuscite a passare dal melodramma alla commedia con grande semplicità. Attrici a tutto tondo ed è la cosa che mi affascina di loro.
Prossimi progetti?
Ho girato due film che usciranno il prossimo autunno anche se non so dire le date esatte: un'opera prima di Claudio Noce Good morning, Aman e il nuovo film di Pasquale Pozzesere dal titolo, probabilmente provvisorio, Coca pop.

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