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Nient'altro che noi porta il tema del bullismo al cinema

Un film per raccontare la cronaca scolastica e distribuire le colpe.
di Gabriele Niola

Un film sul bullismo

mercoledì 15 aprile 2009 - Approfondimenti

Un film sul bullismo
Può il cinema essere parte attiva in un processo di denuncia e (forse) di attenuamento del fenomeno del bullismo? A questo cerca di rispondere in qualche modo Angelo Antonucci, regista di Nient'altro che noi e a sua volta vittima di episodi di bullismo ai tempi del liceo.
Il regista spiega come non ci possa essere risposta a questa domanda ma ad ogni modo il film sarà proiettato in molte scuole. I risultati di tali proiezioni saranno poi da valutare, se cioè i ragazzi si identificheranno nel fenomeno, se ne vorranno prendere le distanze per come esso è stigmatizzato o se il film avrà un perverso effetto boomerang di rappresentazione grottesca.
Sembrano dubbiosi sui possibili effetti del film anche gli attori, che a loro volta sono stati testimoni o anche parti attive di piccoli e controllati episodi di bullismo. Su una cosa però concordano tutti quelli che hanno preso parte alla lavorazione del film: gran parte della colpa va ai genitori, incapaci di accettare i messaggi, gli avvertimenti e le critiche del corpo insegnanti e troppo inclini a difendere i figli in ogni caso: "Ai miei tempi i genitori erano severi e se c'era da riprenderci lo facevano!" dice Annica Rodolico, classe 1989.

I genitori non sono più quelli di una volta
La trama di Nient'altro che noi unisce diversi fatti realmente accaduti con elementi di finzione per fare un racconto che possa essere il più possibile attaccato alla realtà. Per le stesse ragioni di aderenza sceglie di utilizzare anche altri espedienti come il far raccontare tutto ad una delle protagoniste mentre lo scrive sul proprio blog.
Eppure non sono tanto i ragazzi l'oggetto di denuncia quanto i genitori. Il bullo della situazione avrà dei momenti per tentare di redimere parzialmente il proprio personaggio, mentre nulla di simile è lasciato ai suoi genitori: distanti, impotenti, divisi e presi in vortici come quello della droga tanto quanto il figlio.
Il bullismo come risposta a delle carenze affettive, come valvola di sfogo e come modo di manifestare la propria inadeguatezza: "Il mio personaggio per certi versi mi somiglia" racconta l'interprete Gabriele Merlonghi "anch'io sono stato per un certo periodo un bullo. Non esageravo, avevo una serie di remore personali e mi ponevo continuamente domande su quello che stavo facendo ma non posso negare di non averlo fatto".
Più serafico invece Philippe Leroy che nel film interpreta il maestro di violino della vittima dei bulli: "Il mio è un personaggio molto legato all'arte e propone una fuga e un'idealizzazione delle possibili soluzioni ai problemi attraverso essa".

Internet cattiva maestra
Insegnanti impotenti, omertà delle vittime, genitori assenti e poco d'esempio ma anche tanta tecnologia. Internet, YouTube e i videotelefoni che consentono di inviare i video che diffondono le "bravate", questi i principali indiziati nel film e anche nelle opinioni del regista. Quelle stesse compagnie telefoniche (o costruttori di telefoni, non è stato possibile appurare bene) che si sono rifiutate di contribuire a sponsorizzare il film con il product placement, "...forse timorosi di una pubblicità negativa" lascia intendere Angelo Antonucci.
Nonostante il film sia riuscito a trovare moltissimi sponsor e quindi ad autofinanziarsi posizionando i loro marchi ripetutamente nel film (dall'università LUISS, all'ENEL, a diverse marche di abbigliamento) le aziende orbitanti attorno alla telefonia cellulare non hanno voluto prendere parte sebbene siano state contattate.
Dunque tecnologia colpevole o collusa? Il film non lo afferma nè lo nega apertamente. Se infatti i telefoni cellulari sono spesso mostrati nelle mani dei bulli che si riprendono nell'esercizio delle proprie funzioni alla fine si ritorcono contro di loro e diventano arma di giustizia.
Di sicuro Antonucci è rimasto stupito da quello che ha visto in rete: "Ci sono siti come ScuolaZoo dove i video fatti a scuola sono ordinati e catalogati per categorie a seconda delle bravate che contengono". In realtà sono taggati più che ordinati in categorie, che è leggermente diverso, ma il succo rimane. Internet diffonde e amplia cose che esistevano anche prima "Ai miei tempi si chiamava nonnismo" dice sempre Antonucci, ma forse influisce negativamente sull'agire dei genitori.

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