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I Viceré, il progetto più prestigioso e complesso che la Rai abbia prodotto

Il passaggio della storia italiana dal regno dei Borboni all'Italia unita.
di Désirée Colapietro Petrini

Liberamente ispirato al capolavoro di Federico De Roberto
Cristiana Capotondi (43 anni) 13 settembre 1980, Roma (Italia) - Vergine. Interpreta Teresa nel film di Roberto Faenza I viceré.

venerdì 21 novembre 2008 - Incontri

Liberamente ispirato al capolavoro di Federico De Roberto
Arriva nelle serate di domenica 23 e lunedì 24 novembre in prima serata su Raiuno, I Vicerè, film di Roberto Faenza sul momento del passaggio della storia italiana dal regno dei Borboni all'Italia unita. Liberamente ispirato al capolavoro di Federico De Roberto (pubblicato nel 1894) e presentato nella versione cinematografica alla seconda edizione della Festa del Cinema di Roma (premiata quest'anno con quattro David di Donatello), "I Vicerè - ha spiegato Tini Andreatta di RaiFiction - "è il progetto più prestigioso e complesso che la Rai abbia prodotto. Accolto con freddezza dalla critica feroce del tempo e oggetto di attenzione da parte di registi come Fellini e Visconti, il romanzo deve la sua trasposizione televisiva a Faenza che insieme agli sceneggiatori, ponendo al centro della storia il personaggio del principe Consalvo (Alessandro Preziosi), il vincente Vicerè dei suoi tempi, sono riusciti a darne la giusta chiave di lettura".
Il trasformismo all'italiana
In uno scenario di trasformismo all'italiana in cui si sviluppano le vicende drammatiche della famiglia Uzenda - una delle più eminenti dell'aristocrazia siciliana di origine spagnola (da qui la scelta di un cast internazionale che vede, tra gli altri, la partecipazione di Lucia Bosè, Assumpta Serna, Pep Cruz e Jorge Calvo)- si alternano amori delusi, odi familiari e vendette atroci: un affollarsi personaggi equivoci e corrotti, politicanti tuttofare, pseudorivoluzionari, governanti e avvocati, nobili e borghesi, monaci e cardinali ed intellettuali pronti a schierarsi col potente di turno. Una vera e propria massa di trasformisti al centro dei quali Consalvo mostra di sapersi adattare con raro cinismo.
"Il personaggio di Consalvo mi ha fatto capire cosa vuol dire essere corrotti, permettendomi di entrare a contatto con quelle che sono le proprie inclinazioni verso il male e di scoprire la capacità di reagire allo stato delle cose", ha detto Alessandro Preziosi. "L'insegnamento più importante che ho avuto è stato comprendere che se lo vuoi cambiare devi essere spietato. Non deve trattarsi però di un'esperienza individuale quanto collettiva. Questo film è certamente una radiografia impietosa del nostro Paese. Ricorderò la lavorazione di questo film come un'esperienza indimenticabile anche grazie alle persone con le quali ho lavorato tra cui Faenza, la costumista Milena Canonero e il direttore della fotografia Maurizio Calvesi".
Al suo fianco, nel ruolo dell'ostile padre (personaggio dallo spessore scespiriano), c'è Lando Buzzanca. "Se faccio parte di questo cast lo devo alla Rai e a Saccà. Faenza stava cercando un attore siciliano che potesse interpretare il ruolo del principe Giacomo. E quando Saccà gli ha detto che ero di Palermo è rimasto stupito. Credeva addirittura che fossi veneto!", ha raccontato divertito il settantatreenne attore. "Il mio personaggio è, per dirla nel mio dialetto, una persona 'cicigna', vale a dire un duro ma palpabile. E' un aristocratico vero e, se vogliamo, la mia città è aristocratica per antonomasia. Probabilmente ce l'avevo dentro senza nemmeno saperlo. Mi colpì molto quello il modo in cui Bertinotti commentò il mio personaggio dopo la visione del film. Mi disse: 'Lei è riuscito a camminare su un filo sottilissimo senza mai sbucciarsi'. Credo sia riuscito a cogliere esattamente il senso con cui sono entrato in questo ruolo che ho amato molto e che ho fatto senza intellettualismi".
"Il mio personaggio Benedetto Giulente, un giovane avvocato liberale, è uno dei pochissimi positivi", ha invece raccontato Paolo Calabresi. "E' un perdente in quanto realista. Per quanto riesca ad avere un riscatto a livello personale, non ce l'ha a livello pubblico. Forse è l'unico non trasformista. E per uno come me, abituato a trasformarsi, non è poco!".
Un romanzo misinterpretato "Se questo film ha aspettato 50 anni prima di esser stato fatto, il motivo è perché il romanzo di Federico de Roberto è stato misinterpretato", ha spiegato il regista.
"E' stato, a mio parere, erroneamente visto come un atto nichilista mentre invece è solo un atto d'amore verso l'Italia. Non si voleva dire che gli italiani sono corrotti quanto piuttosto che c'è una parte del nostro Paese che non funziona. Se siamo riusciti a portarlo in televisione, lo dobbiamo soprattutto ai dirigenti della tv di questo momento. Fino ad oggi infatti c'è stata una tendenza a chiudersi davanti alle innovazioni. Sono stato fortunato per due motivi: per avere avuto una produttrice come Elda Ferri che per dieci anni ha perseguito questo progetto e per aver trovato davanti a me una classe dirigenziale più coraggiosa rispetto a quella del passato".
"Questo film, proprio per questo trasformismo di cui si parla, è di grande attualità", ha detto Giancarlo Leone, vicedirettore della Rai e amministratore delegato di Rai Cinema cui si deve gran parte della produzione del film (4milioni e mezzo di euro su 8 milioni totali di budget). E ha ironicamente concluso: "Dedico I Viceré a tutti i trasformisti di ieri e di oggi".

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